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Numeri: il ritorno di Klizan e la conferma del ‘nuovo’ Thiem

Analisi dettagliata della settimana appena trascorsa: a Metz sorprese e una conferma, quella di Thiem. Osaka è in rampa di lancio ma ‘soffre’ ancora le top 10. Tutti i numeri, compresi quelli degli italiani

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10 – la serie di successi consecutivi (durante i quali ha perso un solo set) interrotta nella finale di Tokyo da Naomi Osaka. La quasi 22enne giapponese- compie gli anni il 16 ottobre – ha giocato il torneo di casa reduce dal trionfo a New York. Nella Grande Mela Naomi aveva vinto sette partite cedendo un set alla sola Sabalenka e nella capitale giapponese è arrivata in finale senza sudare, lasciando pochi game a Cibulkova (6-2 6-1), Strycova (6-3 6-4) e Giorgi(6-2 6-3). Queste dieci vittorie sono accomunate da un fattore: nessuna delle avversarie sconfitte (a New York erano state Siegemund, Glushko, Sasnovich, Sabalenka, Tsurenko, Keys e Serena) era una top ten. Chiaramente la Williams non lo è soprattutto per aver giocato molto poco (appena sette tornei da quando è rientrata lo scorso marzo), ma Naomi curiosamente si è fermata, perdendo con un duplice 6-4, non appena ha trovato sul suo cammino Karolina Pliskova, appunto ottava giocatrice nel ranking WTA. Osaka, il cui bilancio nella giovane carriera contro le prime dieci della classifica è inevitabilmente in negativo, 4 vittorie e 14 sconfitte (2-5 quest’anno con i successi a Indian Wells su Halep e Pliskova) sa di dover confermare di essere la splendida giocatrice ammirata agli US Open. Non è detto accada subito: non va dimenticata la versione immediatamente precedente di Naomi, arrivata a New York con una vittoria nelle ultime quattro partite giocate e capace di vincere tre partite di fila, dopo il titolo magnificamente conquistato a Indian Wells lo scorso marzo, solo nel piccolo International di Nottingham.

34 – i tornei giocati fuori dalla terra battuta da Dominic Thiem, tutti con una classifica da top ten, dopo la finale persa a Metz contro Pouille esattamente due anni fa. In questo periodo e in tali tornei, il tennista austriaco aveva raggiunto una sola semifinale, non disputata quest’anno a Doha a causa della febbre. Questo il misero rendimento col quale il numero 8 del mondo si è presentato all’ATP 250 di San Pietroburgo, dove era accreditato della prima testa di serie. Dopo la finale al Roland Garros, l’austriaco aveva vissuto un’estate alquanto travagliata, arrivando agli US Open con appena tre vittorie in cinque tornei giocati e ben quattro sconfitte rimediate contro avversari non nella top 50. A New York un grande torneo, nel quale aveva eliminato buoni giocatori (Basic, Johnson e Fritz) e il finalista di due degli ultimi quattro Major giocati (Anderson), aveva però mostrato i miglioramenti di Thiem, confermati definitivamente dalla splendida battaglia di quasi cinque ore, persa per appena due punti di distanza, contro Nadal. A San Pietroburgo, dove tornava per la seconda volta dopo la semifinale raggiunta nel 2015, Thiem ha prima avuto la meglio su Struff (7-6 6-4), poi ha superato a fatica Medvedev. Superato questo grosso pericolo, l’austriaco non ha avuto problemi a conquistare l’undicesimo titolo (secondo fuori dalla terra, dopo Acapulco 2016): in semifinale ha eliminato Bautista Agut e in finale Klizan.

85 – il best career ranking di Matias Bachinger, 31enne finalista all’ ATP 250 di Metz. Il tennista di Monaco di Baviera, prima di superare le qualificazioni al Moselle Open non vinceva un match – ad eccezione del primo turno nel torneo di casa contro Kukhushkin lo scorso aprile – nel circuito maggiore da giugno 2015. Aveva vissuto ultime stagioni difficili anche a causa di un infortunio, tornando solo nel 2017 a chiudere l’anno tra i primi 200; in carriera si era distinto in poche altre occasioni, le due semifinali di Bucarest 2012 e Stoccolma 2014 e l’unica vittoria contro un top 20 (Seppi a Rotterdam nel 2013). Ha vinto appena due partite negli Slam e ha chiuso solo il 2011 tra i primi 100. Un onesto frequentatore dei challenger, insomma, che ha vissuto a Metz la settimana più bella della carriera anche grazie a un tabellone modesto. Dopo aver superato le quali (superando Gombos e Maden), al primo turno ha eliminato Munar e poi due lucky loser di seguito: il francese Barrere (6-0 6-3), e – per la seconda volta in pochi giorni – Maden. In semifinale la vittoria più importante e prestigiosa della carriera contro il n.12 del mondo (reduce dalle semifinali a New York) Kei Nishikori, sconfitto col punteggio di 2-6 6-4 7-5. Nella prima finale della carriera è stato in partita solo nel primo set, prima di cedere a Simon (7-6 6-1).

181 – il ranking di Martin Klizan a fine dello scorso febbraio, la posizione più bassa occupata in classifica dallo slovacco da fine 2010. Colpa di un 2017 sfortunato, nel quale si era ritirato per tre volte a match in corso e altre sette a tabelloni già compilati, a causa di un persistente problema al polpaccio sinistro. Il 29enne slovacco (ex 24 ATP nel 2015), in carriera capace di battere Nadal a Pechino nel 2014 (e altri due top ten come Tsonga e Nishikori), è stato bravo a risalire con costanza: prima ha vinto a Indian Wells il Challenger che precede il Masters 1000, poi è arrivato ai quarti a Barcellona – unico a mettere in difficoltà per un set Nadal e bravo, in precedenza, a sconfiggere il fantasma di Djokovic – e infine a Monaco. Il rientro nei primi 100 è avvenuto nell’ultimo torneo della stagione sulla terra, con il titolo, sesto della carriera, a Kitzbuhel, dove ha avuto la meglio su Thiem prima di sconfiggere in finale Istomin. Dopo aver saltato la trasferta sul cemento nordamericano e aver giocato un paio di Challenger in Italia senza troppa fortuna, a San Pietroburgo (dove aveva vinto nel 2012 uno dei suoi due tornei non sulla terra, l’altro è Rotterdam) è tornato in finale. Prima ha battuto Donskoy, poi ha sconfitto per la terza volta in carriera Fognini. Per arrivare in finale è stato costretto a rimontare due match molto equilibrati: prima contro Shapovalov (3-6 7-5 6-3), poi contro Wawrinka (4-6 6-3 7-5). Il suo ritorno – giocatore istrionico e mai banale – a buoni livelli è una bella notizia per il tennis.

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