Agnieszka Radwanska, futuro in bilico - Pagina 3 di 3

Al femminile

Agnieszka Radwanska, futuro in bilico

Lo storico coach di Radwanska, Tomasz Wiktorowski, ha rivelato che Aga non ha ancora deciso se continuare o ritirarsi. Una scelta difficile per tanti motivi, legati anche all’evoluzione dell’intero circuito femminile

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2. Il futuro di Radwanska rispetto alle avversarie
Credo però che per capire meglio la situazione di Radwanska sia interessante conoscere quello che lei stessa ha raccontato rispetto alla professione, e a come la interpreta nel contesto del circuito attuale. Aga ha scritto un articolo dal titolo “Teens are such complete players now, no kidding” nell’aprile 2017 (quando era ancora Top 10) in cui descrive la propria condizione. Cito i passaggi più significativi, (traduzione e grassetti sono miei): “Il tempo vola nel tennis. Ogni volta che vado a un torneo, mi sento come se ci fossi stata ieri. Iniziamo l’anno in Australia, andiamo in America, passiamo quattro mesi in Europa, poi torniamo in America, prima di finire in Asia. Due mesi dopo, inizia un’altra nuova stagione. Cambiano i nomi nei sorteggi, ma tutto il resto è lo stesso. Tutto, tranne una cosa: ti senti più vecchia.
Tutti si sentono più vecchi. Qualche volta non ti rendi conto del tempo che passa; certo lo capisci quando ti guardi allo specchio. Di sicuro percepisco tutti i match che ho giocato, tutti gli anni in cui sono stata nel Tour, li percepisco nelle mie ossa”.

Poi Aga fa un interessante ragionamento sulle nuove leve, e ci offre una valutazione dall’interno sullo sviluppo del circuito femminile: “Sono diventata professionista quando avevo 16 anni, e quando ne avevo 18 anni ero già in Top 30. Ripensando ad allora, sono sorpresa di come potessi giocare senza alcuna pressione. Colpivo e basta. E non era un problema giocare negli stadi più importanti. Penso sia per quello che ho migliorato la mia classifica così velocemente all’inizio. Ora capisco come si sentivano le miei avversarie all’epoca.”

“Devo dire che le giocatrici più giovani del Tour in questo momento sono pericolose. Oggi le teenager giocano un tennis davvero maturo. Anni fa non erano così capaci; colpivano la palla senza un vero piano di gioco: colpivano di dritto e rovescio senza realmente costruire gli scambi, per questo quando le affrontavi non sentivi una gran pressione, eri sempre in controllo. Ora però il livello del tennis femminile è molto cresciuto. È dura sin dal primo turno, perfino contro le wild card. Ci sono tante giocatrici molto vicine, e solo perché una è classificata numero 50 non significa che non sappia offrire un livello da Top 20. Questo è sicuramente ciò che è cambiato. Una volta i primi turni erano molto più facili, non avevi bisogno di dare il 100% e vincevi comunque in due set. Oggi te lo puoi scordare. Se non dai il massimo, te ne vai subito a casa, dritta a fare la doccia.
Ne parliamo tra di noi (anziane ndr). Le ragazzine stanno arrivando! Penso che la nuova generazione di giocatrici sia migliore rispetto all’inizio della mia carriera. Giocano davvero in modo intelligente”.

Qui Radwanska dice due cose. Una per me molto evidente, l’altra più sorprendente. La prima è che il livello medio è molto cresciuto e basta una prestazione non ottimale per perdere. Ergo: sin dal primo turno si devono spendere tante energie fisiche e nervose.
L’altra cosa che dice però è meno attesa, e smentisce la vulgata che spesso dipinge le nuove arrivate come “sparapalle senza cervello”: oggi le giovani sono più esperte tatticamente e questo è un ulteriore problema. Che lo sostenga una giocatrice considerata maestra nella lettura del gioco, chiamata anche “la professoressa”, rende per me il parere ancora più autorevole e degno di ascolto. Piccola nota cronologica: l’articolo di Agnieszka venne pubblicato l’8 aprile 2017. Due mesi dopo, il 10 giugno 2017, una “ragazzina terribile” come Jelena Ostapenko avrebbe vinto il Roland Garros.

A questo discorso di Radwanska sulla maggiore maturità tattica delle giovani, mi permetto di aggiungerne un altro più banalmente quantitativo, che si riferisce alla velocità di palla del circuito. Fino a 4-5 anni fa, a tirare molto forte c’erano Serena Williams, e poi direi Venus, Kvitova, Sharapova. C’erano anche altre tenniste in grado di farlo, come per esempio la citata Sabine Lisicki, però molto altalenanti nel rendimento. Di fronte a Serena soprattutto, ma anche di fronte a Venus, Petra, Maria, alcune avversarie si trovavano in difficoltà anche solo a gestire la loro palla; già questo era sufficiente a fare la differenza, quasi senza che si entrasse realmente in partita sotto altri aspetti. E parlo di giocatrici fra le prime cento del mondo.

Poi però sono arrivate tenniste più giovani in grado di tirare ancora più forte. Abbiamo visto nel 2015 in Australia Madison Keys “mettere sotto” sia Venus che Kvitova proprio sul piano della potenza. Subito dopo Keys si sono affacciate altre giocatrici in grado di rivaleggiare sotto questo aspetto, se non anche di far meglio: per esempio Jelena Ostapenko, Naomi Osaka, Aryna Sabalenka.
Con l’avvento di queste nuove giocatrici c’è stata una conseguenza anche sul versante opposto: in seguito alla diffusione di questo tipo di gioco, anche chi doveva fronteggiarle ha cominciato a prendere le misure. Oggi capita molto raramente di vedere tenniste in Top 100 andare in crisi per la sola velocità di palla. Il risultato della combinazione dei due progressi è che sempre più spesso si assiste a scambi in cui la velocità media è aumentata, di fatto rendendo sempre più competitivo il circuito.

E così, in estrema sintesi, la situazione attuale è questa: le giovani leve che si affacciano in WTA devono essere pronte a misurarsi con queste nuove condizioni, mentre le più anziane devono invece dimostrare di sapersi evolvere, per rimanere al passo con tempi che richiedono un ulteriore progresso in termini fisico-tecnici. E non è detto che per tutte sia così automatico riuscirci.

Credo che anche su questo Radwanska stia ragionando, per capire se saprà farlo e tornare così ad alti livelli. Perché nell’intervista di Wiktorowski che ho citato all’inizio, è spiegato chiaramente che Aga non ha intenzione di rimanere nel Tour per vivacchiare: se continua, l’obiettivo è riconquistare le posizioni di vertice.
E l’esempio a cui si rifa il coach è quello di Wozniacki, l’altra “polacca” del circuito, che nel 2016 era scesa così tanto in classifica da disputare gli US Open come numero 74 del ranking. In quel periodo Caroline e suo padre discussero seriamente se smettere definitivamente con il tennis. Poi Wozniacki seppe rimettere le cose a posto, sino a vincere prima il Masters (fine 2017) e poi addirittura uno Slam (gennaio 2018). Oggi è il turno di Radwanska interrogarsi a fondo sul futuro: scopriremo tra qualche settimana se è convinta di essere in grado di risorgere oppure no.

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