Agnieszka Radwanska, futuro in bilico - Pagina 2 di 3

Al femminile

Agnieszka Radwanska, futuro in bilico

Lo storico coach di Radwanska, Tomasz Wiktorowski, ha rivelato che Aga non ha ancora deciso se continuare o ritirarsi. Una scelta difficile per tanti motivi, legati anche all’evoluzione dell’intero circuito femminile

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Il primo momento topico è stato a Wimbledon 2012, coinciso con la finale persa in tre set contro Serena Williams; finale raggiunta al termine di un torneo pieno di tribolazioni meteo che su Radwanska avevano avuto conseguenze fisiche. Partite giocate in parte sotto la pioggia, con condizioni di agibilità al limite; ricordo il suo match dei quarti contro Maria Kirilenko con quattro interruzioni, e addirittura il cambio del campo di gioco. Match infatti cominciato sul Campo 1 alle due del pomeriggio e concluso indoor sul Centrale poco prima delle 10 di sera, visto che gli organizzatori non riuscivano a trovare la finestra di tempo necessaria per portarlo a termine (7-5 4-6 7-5 ).
In quei giorni Aga si era presa l’influenza, e aveva giocato la finale con la febbre. Anche se dubito sarebbe comunque riuscita a battere la Williams di quella edizione, certo non si può dire sia stata fortunata ad affrontare in quelle condizioni la partita più importante della carriera.

Il secondo passaggio fondamentale mancato era stata la semifinale di Wimbledon 2013, sicuramente il suo più grande rimpianto. Non credo riuscirà mai a digerire del tutto il quasi-derby perso contro Sabine Lisicki per 6-4 2-6 9-7: un match pieno di rovesciamenti di punteggio, nel quale Radwanska si era trovata sotto un set e un break, ma poi anche avanti 3-0 nel set decisivo. Semifinale disputata per seconda nella giornata, sapendo che se avesse vinto avrebbe trovato in finale Marion Bartoli, contro cui in carriera vantava un 7-0 negli scontri diretti, e un record di 14 set vinti di fila… Sono convinto che Aga pensi che nei game conclusivi della semifinale le sia sfuggito un sicuro titolo dei Championships.

Il terzo momento-chiave avvenne qualche mese dopo agli Australian Open 2014, quando Radwanska sconfisse nei quarti di finale la bicampionessa in carica Azarenka esibendo un tennis strepitoso (6-1, 5-7, 6-0, probabilmente la miglior partita di Rawanska che io ricordi), in una giornata di caldo terribile. Tre set durissimi, con in più una sfortuna di quelle che può determinare un destino sportivo: nella programmazione dello Slam australiano quello era l’unico turno senza giorno di riposo successivo.
Obbligata a rigiocare a meno di 24 ore di distanza, semplicemente Aga non fu in grado di recuperare: era stato troppo lo sforzo fisico e mentale profuso contro Azarenka, tanto che praticamente non scese in campo contro Cibulkova, perdendo 6-1, 6-2. Ricordo che la vincente di quel match avrebbe trovato in finale Li Na, contro cui Aga non partiva battuta (5-6 negli scontri diretti), al contrario di Dominika, che non ha mai sconfitto Li in carriera.

Forse anche quelle circostanze negative contribuirono a far diventare gli Slam una specie di ossessione per lei, tanto che alla fine della stagione 2014 Radwanska provò a modificare il proprio team tecnico, iniziando una collaborazione con Martina Navratilova. Chi meglio di una nove volte vincitrice a Wimbledon avrebbe potuto aiutarla a compiere l’ultimo progresso necessario? Ma invece che migliorare, il rendimento peggiorò drasticamente, sino alla separazione dopo qualche mese.
La mia sensazione è che dal 2015, malgrado abbia ancora mantenuto ottime posizioni in classifica, le migliori occasioni fossero ormai passate. Avversarie troppo forti per il suo tipo di tennis e anche una certa dose di sfortuna avevano reso il Major un obiettivo irraggiungibile.

Aga si è “consolata” con la vittoria al Masters di Singapore 2015, in una edizione in cui girò tutto a suo favore: senza Serena (che aveva vinto 3 Slam stagionali su 4), Radwanska approdò in semifinale per il rotto della cuffia, grazie al quoziente set, dopo aver perso nel girone due match su tre (da Sharapova e Pennetta).
In semifinale sconfisse 7-5 al terzo la favoritissima Muguruza, che fino a quel momento nel torneo aveva sovrastato le avversarie, ma che al dunque si era ritrovata in riserva di energie, visto che in sette giorni aveva avuto in calendario otto match da disputare (Garbiñe prendeva parte anche al Masters di doppio insieme a Suarez Navarro). In finale Aga sconfisse con una ottima prestazione Kvitova, grazie anche alla superficie (cemento molto lento) a suo vantaggio. Dopo gli episodi sfortunati degli Slam, il titolo a Singapore in un certo senso fu anche un risarcimento della sorte; anche se molto parziale, visto che nessuno baratterebbe uno Slam per un Masters.

Da allora Aga non è più stata realmente protagonista ai massimi livelli, malgrado il già citato terzo posto nel ranking raggiunto nel 2016, con l’ultimo successo in un torneo a Pechino, in finale su Johanna Konta.
Nel 2017, a 28 anni, stagione davvero negativa: nessuna Top 10 sconfitta e nessun torneo vinto; appena 25 partite vinte e 18 perse. Il 2018 non ha fatto che confermare la discesa, con l’unico vero acuto nella partita vinta a Miami sulla numero uno Halep. Stagione ormai terminata, con un bilancio di 14 vinte e 14 perse, e il forfait al Roland Garros per gravi problemi alla schiena. Per Radwanska si è trattato del primo Slam saltato dopo 48 partecipazioni consecutive, e la sensazione che il fisico cominci a scricchiolare.

Inutile girarci intorno: siamo di fronte a una vera e propria crisi, e a questo punto è più che logico che Aga si chieda cosa fare l’anno prossimo. In fondo stiamo parlando di una giocatrice che ha avuto comunque tante soddisfazioni, ha guadagnato oltre 27 milioni di dollari in montepremi, che si è sposata da poco e che non ha la certezza di recuperare la forma di un tempo.

a pagina 3: Il futuro di Radwanska rispetto alle avversarie

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