Una sfida tra titani. Djokovic dolce vendetta e adesso trova Federer (Crivelli). Brancaccio e Caruana, passa lo "straniero" (Sonzogni). Fognini chiude:"L'annata migliore" (Corsport). "In volo verso la Top 10" (Saccà). Le palline di Panatta volano ancora (Tironi)

Rassegna stampa

Una sfida tra titani. Djokovic dolce vendetta e adesso trova Federer (Crivelli). Brancaccio e Caruana, passa lo “straniero” (Sonzogni). Fognini chiude:”L’annata migliore” (Corsport). “In volo verso la Top 10” (Saccà). Le palline di Panatta volano ancora (Tironi)

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Una sfida tra titani. Djokovic dolce vendetta e adesso trova Federer (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il cerchio si è chiuso. Dal paradiso al paradiso passando per i tormenti dell’inferno, fino all’orlo dell’abisso e poi di nuovo su, a riveder le stelle. Giusto due anni fa, proprio a Parigi Bercy, Djokovic perdeva da Clic nei quarti e lasciava il numero uno del mondo a Andy Murray, infilandosi in un tunnel oscuro di cui ha rischiato davvero di non vedere mai più l’uscita. SHOW E OCCASIONI E’ stato un altro match contro il croato, a giugno, la finale (persa) del Queen’s, a indicare di nuovo al Djoker la retta via: da quel pomeriggio londinese il serbo ha offerto a se stesso e al mondo una delle resurrezioni agonistiche più incredibili e miracolose di sempre, tornando a dominare come nell’epoca dell’intoccabilità, il 2011 e il 2015. Si è preso Wimbledon, da agosto ha perso solo con Tsitsipas a Toronto e poi ha infilato in serie Cincinnati, Us Open e Shanghai, serie che rimane aperta anche nel secondo torneo parigino, l’ultimo Masters 1000 di stagione. Le vittorie consecutive adesso sono 21 e proprio a Bercy Djokovic ha ritrovato il primato in classifica, 24 mesi dopo quella bruciante abdicazione. E con il trono, può assaporare anche la dolce vendetta contro Cilic nella miglior partita del torneo. Un rivale che Novak rispetta molto, sia per le doti umane e tecniche sia perché come lui ha conosciuto il dolore della guerra nei Balcani. Il croato, dopo una seconda parte di stagione sotto le attese (al Queen’s l’ultima finale) mette in campo la sua versione migliore: martellate al servizio e poi il dritto a fare sfracelli. Nole perde così il primo set dopo 30 di fila, ma la forza mentale e le letture tattiche sono di nuovo quelle di chi è abituato a imperare. La risposta, specie sulla seconda di Marin, diventa una sentenza e la pressione da fondo si fa insostenibile. Eppure Cilic, indomabile e molto centrato, potrebbe vincerla nel terzo, quando si allunga fino al 2-1 e servizio. Però il quarto game è disastroso, nella pressione il Djoker sguazza e lui invece si scioglie, con tre banali errori di dritto e una facile volée spedita in corridoio. Poi, quando sul 3-3 il nativo di Medjugorje si procura un’altra delicatissima palla break, Novak l’annulla con un favoloso passante di rovescio e non si volterà più indietro, compilando tre game di fila per una semifinale di lusso contro Federer nel 47° episodio della loro rivalità (è avanti 24-22). Una dimostrazione di compattezza e atletismo che lo avvicina a un traguardo ambizioso: con 14 Slam, 5 Masters di fine anno e 32 Masters 1000, per un totale di 51 grandi titoli, è a due sole lunghezze da Roger, mentre Nadal è a 50 e fermo per infortunio, tanto che le Finals di Londra restano in forte dubbio. FOGNA STOP Alla 02 Arena non ci sarà sicuramente Fognini, che coltivava la speranza di un biglietto come seconda riserva e invece, con un tweet, ha annunciato che la sua annata si conclude qui: «Il 2018 è finito per me. E’ stata una buona stagione, forse la migliore, con molti alti e bassi, esperienze, emozioni e momenti positivi e negativi. Questo è lo sport, ed è per questo che amo il tennis! Ogni settimana una nuova opportunità! Un grazie enorme a tutto il mio team, a mia moglie e al mio piccolino, alla mia bellissima famiglia, ai miei sponsor e per ultimo, ma non meno importante a voi che mi supportate sempre! Senza di voi non sarebbe possibile! Ci vediamo l’anno prossimo». Proprio stamattina Fabio consulterà uno specialista della caviglia (frammenti ossei sul collo e coda dell’astragalo instabile e forse staccata) per un parere decisivo: intervento chirurgico con possibile stop di un paio di mesi oppure terapia conservativa. Resta negli occhi, però, il suo miglior anno di sempre per continuità e risultati: tre tornei conquistati e un’altra finale persa, 47 partite vinte (record personale), gli ottavi in Australia e al Roland Garros, le nove semifinali raggiunte, unico giocatore del circuito a riuscire in questa piccola impresa e per finire la miglior classifica eguagliata (numero 13, con possibilità di finire al 12). Risolti i guai, il 2019 dovrà essere l’anno della top ten e di un crac in uno Slam. Se lo meriterebbe. Buona sorte, Fabio


Brancaccio e Caruana, passa lo “straniero” (Cristian Sonzogni, La Gazzetta dello Sport)

Hanno pochissimo in comune, i quattro under 21 italiani in lizza per la wild card delle Next Gen Atp Finals (da martedì) con i 7 migliori coetanei del mondo. Raul Brancaccio, Enrico Dalla Valle, Luca Giacomini e Liam Caruana, usciti vincitori ieri dalle prime sfide delle qualificazioni allo Sporting Milano 3 di Basiglio, non potrebbero essere più diversi. Per provenienza, esperienze e bagaglio tecnico. Tutti, però, hanno una caratteristica importante: l’umiltà. FAVORITO Quella che Raul Brancaccio, 21enne napoletano emigrato in Spagna, ha imparato da Javier Ferrer, fratello dell’ex top 10 David. Per Raul, che nel 2018 ha vinto quattro Futures e a Basiglio è il favorito, quattro set altalenanti contro Riccardo Balzerani. E una semifinale contro Enrico Dalla Valle, 20enne ravennate che ha imposto un tennis pesante a uno dei suoi migliori amici, il novarese Giovanni Fonio. Fin qui tutto secondo copione. Ma è nella sezione inferiore del draw che spuntano le sorprese. Come Luca Giacomini, brevilineo furetto di Padova, tra quelli che hanno assorbito meglio le nuove regole. Contro di lui, oggi ci sarà Liam Caruana, romano di origine che vive con la famiglia in Texas. Dopo averci già provato un anno fa, Liam ritenta partendo dal derby capitolino vinto contro Jacopo Berrettini, costretto al ritiro per un problema alla gamba destra


Fognini chiude: “L’annata migliore” (Corriere dello Sport)

Ancora in ballo come possibile seconda riserva alle Atp Finals londinesi, in caso di rinuncia da parte di Rafa Nadal, Fabio Fognini ha invece annunciato che il suo 2018 agonistico s’è concluso con l’eliminazione negli ottavi del Masters 1000 a Parigi-Bercy. «È stata una buona stagione, forse la migliore, con molti alti e bassi, esperienze, emozioni, momenti positivi e negativi«, il suo commento sui social a un’annata in cui ha vinto tre tornei Atp (San Paolo, Bastad e Los Cabos) ed è stato finalista anche a Chengdu e che al momento, in attesa che si completi il Masters 1000 parigino, lo vedrebbe n. 12 del mondo: sarebbe il suo nuovo best ranking. A proposito del torneo parigino, ieri nei quarti la grossa sorpresa è arrivata dall’ex Next Gen russo Karen Khachanov, attuale n. 18 del mondo ma a questo punto almeno 13 lunedì prossimo, che addirittura ha lasciato solo tre game ad Alexander Zverev, 5 Atp e 4 a Parigi-Bercy RETATA SPAGNOLA. Quattordici persone arrestate, tra cui alcuni tennisti, e oltre quaranta indagate con l’accusa di “associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva”. E il bilancio dell’Operacion Bitures, portata a termine in Spagna dalla Guardia Civil, che ha sgominato un’organizzazione malavitosa con base a Valencia che reclutava tennisti per ottenere guadagni illeciti tramite le scommesse (gli inquirenti parlano di oltre due milioni di euro di profitti illegali) anche tramite furti di identità e prestanome per poter gestire diversi account. I tennisti arrestati sono il 36enne spagnolo Marc Fornell, che nel 2007 è stato n. 236 del mondo in singolare e 167 in doppio, ancora in attività (la settimana scorsa ha giocato in doppio nel torneo Itf di Santa Margherita di Pula), e i connazionali Marcos Giraldi (ex 463 Atp), Jordi Marsé Vidri e Marcos Torralbo Albos


“In volo verso la Top 10” (Benedetto Saccà, Il Messaggero)

Trentuno anni molto vissuti, Fabio Fognini ora guarda dall’alto il proprio talento. Sorride. «È stata una buona stagione, forse la migliore, con molti alti e bassi, esperienze, emozioni e momenti positivi e negativi», scrive su Twitter. Aver collezionare 47 successi in un anno non può essere stato solo il riflesso di una casualità. Fabio è con Flavia Pennetta, la sua Flavia, mentre stende il filo della stagione, e racconta, e si racconta. Fognini, la stagione migliore? «Direi proprio di sì. Ho vinto tre tornei: a San Paolo, a Bastad e a Los Cabos. Poi sono arrivato in finale a Chengdu, in Cina, anche se ho perso contro Tomic. E agli Australian Open e al Roland Garros ho raggiunto gli ottavi di finale». Il peggior momento del 2018, invece? «Il sogno si è spezzato in Cina. La caviglia. Ad ottobre, al China Open: ero in semifinale e sono stato costretto a ritirarmi prima della partita contro Del Potro per un problema alla caviglia». Si sente un uomo cresciuto? «Ho saputo ricostruirmi, questo è vero. Ho trovato uno staff che riesce ad aiutarmi, ed è stata la chiave principale. Poi, a partire dal prossimo anno, nel team entrerà una persona importante: sarà Corrado Barazzutti. Senza dubbio potrà darmi una mano a compiere un salto di qualità». Il suo obiettivo? «Fare qualche risultato importante nei grandi tornei. Ecco, da qui alla fine della carriera, vorrei lasciare un segno nelle competizioni più prestigiose». Ma pensa di ritirarsi? «No, no. Potrei ritirarmi tra cinque o dieci anni, chissà». E la Top 10 della classifica? «Spero di raggiungerla nell’anno prossimo. È un traguardo che voglio tagliare. Adesso sono al 14esimo posto. Non ero mai arrivato tanto in alto. Però non è finita qui. Perché se Khachanov non raggiungerà la finale a Parigi Bercy potrò chiudere l’anno al numero 12». Cosa farà da grande? «Non lo so. Non ci ho pensato perché sento di essere ancora un atleta a tutti gli effetti. Certo, una volta lasciato il tennis, mi piacerebbe avere una bella famiglia. Una famiglia sana. Questo è il mio sogno». La famiglia, dice. «Sì, la famiglia mi ha aiutato tanto negli ultimi anni. Flavia, mia moglie, il piccolo Federico, un anno e mezzo. Mi hanno cambiato in positivo. La mia vita, adesso, non è soltanto tennis. Ora so che c’è altro, oltre il campo e la racchetta». difficile conciliare la vita del papà con il lavoro del tennista? «Ne parlo spesso con Flavia. Anche rientrando dal torneo di Parigi, l’altro giorno, affrontavamo questo discorso. È difficile, sì, come tante cose. Lei però mi supporta. È stata una campionessa di tennis, sa cosa significhi essere un giocatore: quali impegni comporti. Ma sono stato fortunato ad aver trasformato uno sport, il mio sport, in una professione». E l’Inter la segue ancora? «Sì, non è sempre facile, però resto interista. Martedì sera, ad esempio, sarò a San Siro per vedere la partita di Champions League contro il Barcellona. Approfitterò di un viaggio a Milano per andare allo stadio». E nel frattempo è diventato un amico di Christian Vieri. «Già, ci siamo incontrati a Miami». A Miami? «Lui vive lì per lunghi periodi dell’anno. È venuto a vedere qualche mio allenamento, alcune partite ed è nata un’amicizia. Poi anche lui tra poco diventerà padre. Insomma il nostro rapporto si è stretto proprio quando entrambi abbiamo vissuto questo momento di cambiamento». E lei cosa ci faceva a Miami? «Io? Io e Flavia siamo dei giramondo. Abbiamo tre case: una appunto a Miami, una a Barcellona. E tra dieci giorni ci consegneranno la casa ad Arma di Taggia, il mio paese». Chi sono i Fognini del futuro? «Tra i giovani italiani c’è tanto da scoprire. Matteo Berrettini è tra i più bravi. Ha 22 anni, ha esperienza, arriverà senza dubbio all’apice. Ma non solo lui. Voglio citare Filippo Baldi e Lorenzo Sonego. Speriamo che il movimento abbia sempre buone risorse». A febbraio la Coppa Davis in India, tra 10 giorni le Atp Finals. Giusto? «Fra tre mesi andremo in India. Per quanto riguarda le Finals, non ho ancora certezze. Se andrò, sarò tra le riserve. Ma non dipende da me, bensì dalle mie caviglie. Vedrò cosa mi diranno i medici e, insieme, valuteremo e decideremo». Ha mai incontrato un avversario migliore di Federer? «Li ho incontrato tutti. Ma lui è lui. Federer fa sembrare tutto facile. Ogni colpo, ogni giocata appaiono naturali, semplici. Invece…». Però il numero uno adesso è Djokovic… «Nole è tornato il vero Nole, quello fortissimo. Il suo primato è meritato». Lei, comunque, è il primo degli italiani. «Sono fiducioso. Perché, negli ultimi tempi, ho visto ridursi la differenza rispetti ai grandi»


Le palline di Panatta volano ancora (Silvia Tironi, Libero)

Adriano Panatta, talento purissimo, una volta in “pensione” ha saputo mostrare grandi qualità anche extra sportive. Ha scritto «Più dritti che rovesci – Incontri, sogni e successi dentro e fuori dal campo», un cameo celebratissimo nel film La profezia dell’armadillo, tratto dal fumetto di Zerocalcare, e fatta tanta radio e televisione. Oggi è tra i protagonisti della domenica pomeriggio di Rai 2 con Quelli che il calcio. Panatta, impegnativa una diretta di tre ore? «Ma no dai, ci sono lavori molto più impegnativi. Che poi, più che lavoro è divertimento». A quale colpo del tennis assocerebbe i suoi colleghi di Quelli che…? «Mia Ceran è una bella volée, Luca e Paolo sono un dritto e un rovescio e Ubaldo Pantani un servizio». E lei? «Faccio il capitano in panchina». “Domenica in” o “Quelli che il caldo”? «Non c’è paragone! Io non sentivo “Domenica in” molto nelle mie corde, mi sentivo impostato. A “Quelli che il calcio” c’è tutto un altro ritmo, un’altra atmosfera, più gioiosa, spiritosa, ironica. Qui mi trovo bene». Sa che la sua scena nel film La profezia dell’armadillo è diventata virale? «Ho passato la mia vita sui campi e in un minuto e mezzo di film mi hanno visto in 9 milioni… questo mi fa sorridere, ma il mondo di oggi funziona così. Ovviamente mi fa molto piacere». Quanto è social? «Non tanto, faccio casino ogni volta che faccio un tweet o cerco di rispondere a qualcuno». Il tennis è sempre la sua più grande passione? «A dirla verità non lo seguo tantissimo; ogni tanto guardo qualche match che mi interessa, ma sono pochi. Oggi a parte Federer e qualche italiano, giocano tutti allo stesso modo. Mi piace seguire tutti gli sport, li trovo tutti un vero spettacolo». Quando si dà anche al canto? «Lasciamo perdere!». Che musica ascolta? «Il rock blues e la musica degli anni 70. Sono stato un patito dei Beatles, di oggi mi piacciono gli U2, i Dire Straits, Jimmi Hendrix, Bob Dylan, Simon e Garfunkel». Fa sorridere che li definisca «cantanti di oggi». «Conosco poco i giovani, ho la mia età, è normale che abbia ricordi sentimentali di quegli anni. Sono un fan di Mina in assoluto, mi piacciono tutti i cantautori della mia generazione, De Gregori, Gocciante, Venditti, Vasco, Renato Zero». E la Bertè? «A Loredana voglio un bene infinito. Conosco tutte le sue qualità che purtroppo spesso la gente non capisce. Sono così felice che stia avendo di nuovo un grandissimo successo, se lo merita. Finalmente è tornata sorridente». Tornando al suo monologo nel film, ispirato al fumetto di Zerocalcare, chi è che ha il ritmo del “pof por dei colpi del tennis? «Il massimo del pof pof è Mina. Armonia, musicalità, dolcezza, potenza: in lei c’è tutto, è tutto equilibrato. E una fuoriclasse, ne nasce una ogni 200 anni». Si sente un po’ showman? (ride, ndr) «In radio come in tv non ho mai un copione, vado a braccio e quello che mi viene in mente cerco di dirlo in maniera intelligente». Le piacerebbe un programma tutto suo? «Mi piacerebbe una evoluzione di “Sfide”, ma non vorrei parlare solo dei campioni, vorrei raccontare anche le storie di tanti sportivi e atleti che sono stati meno fortunati degli altri». Cosa rimane oggi di quel ragazzo che era sulla vetta del mondo del tennis? «Allora ero più esuberante, meno tollerante, con l’età mi sono ammorbidito, ma ho ancora la stessa ironia. Che non vuol dire essere un battutista, ma non prendersi mai sul serio». Un sogno nel cassetto mai realizzato? «Mi sarebbe piaciuto fare televisione con Renzo Arbore, che è un vero fuoriclasse. Era un periodo di cazzeggio meraviglioso, raffinato il suo. Ed è stato proprio Renzo a inventare quel tipo di cazzeggio». Domanda politica… «Ho totalmente abbandonato la politica, mi ha deluso, indignato, mortificato. E fatto incazzare!»

 

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