Sky Italia rinnova con Eurosport (Plazzotta). Racchette e cognac (Mancuso)

Rassegna stampa

Sky Italia rinnova con Eurosport (Plazzotta). Racchette e cognac (Mancuso)

La rassegna stampa di giovedì 13 dicembre 2018

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Sky Italia rinnova con Eurosport (Claudio Plazzotta, Italia Oggi)

I diritti tv delle manifestazioni sportive sono la leva più importante per una piattaforma televisiva a pagamento. E l’alleanza, pur non esclusiva, tra Sky ed Eurosport appena rinnovata per il satellite e la fibra fino a tutto il 2021 costituisce proprio uno degli esempi più interessanti in questo senso. Sky sta puntando moltissimo sull’ambiente Sky Q, che già ora ha oltre 500 mila abbonati, e sulla possibilità di ospitare, in questo ambiente, le app più importanti sul mercato: ci sono già Vevo, Spotify, Dazn, in primavera arriverà quella di Netflix, e pure Eurosport Player, che è una app ben sviluppata e di successo sul target di sportivi appassionati, dovrebbe sbarcare sul nuovo decoder di Sky. Il contratto tra Rai ed Rcs sport per i diritti tv in chiaro del Giro d’Italia di ciclismo (e di altre gare importanti come la MilanoSanremo o il Giro di Lombardia) è scaduto nel 2018: costava 12 milioni di euro all’anno, e per il prossimo rinnovo Urbano Cairo chiede almeno 18 milioni di euro annui. Rai sta valutando l’investimento e se ci sono i presupposti per un incremento del 50% dei costi anno su anno. Ma, a dire il vero, non c’è grande concorrenza in Italia […]. Discovery Italia ha già i diritti del Giro d’Italia attraverso Eurosport, e non ha interesse a fare investimenti di quella entità per trasmettere il ciclismo in chiaro su Nove o Dmax. E Sky, proprio grazie alla intesa con Eurosport, assicura già ai suoi abbonati il Giro d’Italia (come il grande golf, il grande tennis, il grande ciclismo, il basket, gli sport invernali, il nuoto, l’atletica leggera, lo snooker, ecc), e quindi si toglie dalla contesa, avendo pure meno interessi nel ciclismo poiché da fine 2019 non sponsorizzerà più alcun team. Tornando all’alleanza Sky-Eurosport, infine, dopo aver firmato l’intesa triennale con Discovery, il gruppo Sky sta discutendo con i vertici del broadcaster americano circa un accordo per rilevare anche la raccolta pubblicitaria dei canali Eurosport, che quindi, nel 2019, passeranno da Discovery Media a Sky Media. Resterà in capo a Eurosport, ovviamente, tutta la pianificazione pubblicitaria derivante dal network internazionale, mentre le campagne nazionali saranno invece a cura di Sky Media. Il contratto quadro firmato tra Discovery Italia e Sky Italia è ovviamente complessivo, e riguarda anche altri canali: finora Discovery forniva a Sky in esclusiva i quattro canali Discovery Channel, Discovery Science, Discovery Travel e living e Animal planet, e poi, non in esclusiva, i due canali di Eurosport. Col nuovo accordo si rinnova l’intesa satellitare e via fibra sui canali Eurosport, sempre non in esclusiva, e su Discovery Channel e Science, anche questi non in esclusiva. Gli altri due canali, Travel e living e Animal planet, usciranno invece dalla piattaforma Sky il prossimo 31 gennaio, e verranno distribuiti solo attraverso la app Dplay. Eurosport, quindi, per ora non sarà compreso negli abbonamenti a Sky sottoscrivibili per il digitale terrestre […]


Racchette e cognac (Mariarosa Mancuso, Foglio)

[…] In questo caso, partendo da un mucchietto di fotografie ritrovate da Matteo Codignola nella valigia di un collezionista. Immagini di tennisti anni Cinquanta, punto di partenza per altrettante storie da ricostruire frugando tra archivi e giornali. Quando il tennis non era ancora entrato nella fase adulta e professionale che conosciamo oggi. Quando le conferenze stampa e le vite dei campioni svoltavano verso lo spettacolo d’arte varia, affascinante quanto le partite. Racconta Matteo Codignola, tennista in proprio e maniacale conoscitore di ogni risvolto del magnifico sport, che alla prima edizione di Wimbledon, anno 1877, parteciparono 22 giocatori “con un outfit vagamente ispirato al cricket, una racchetta personalizzata, e una concezione delle regole, o perfino delle finalità del gioco, del tutto idiosincratica”. Da qui discendono tennisti come Torben Ulrich, fissato con il suono perfetto della palla sulle corde. O giocatrici come Suzanne Lenglen: al cambio campo beveva cognac dalla fiaschetta d’argento e girava accompagnata da mamma e papà, ossessionato più della figlia dal match perfetto. Oppure, per fare un nome che ricorda qualcosa anche a chi conosce Roger Federer solo per via di David Foster Wallace “Il tennis come esperienza religiosa”, Ilie Nastase. A uno spettatore che, stufo dei fuori programma sotto forma di monologhi, lo accusava di “faire du cinéma”, il tennista rumeno piccato precisò: “Je fais du théâtre”. Ogni fotografia d’epoca ha la sua ricca didascalia, e ogni dettaglio è impreziosito da divagazioni alla Tristram Shandy. Una è dedicata alla colazione dei campioni, che farebbe stramazzare i nutrizionisti d’oggi. Bistecche tre volte al giorno, se non erano spaghetti-patatine-uova strapazzate in quantità, annaffiate da birra e succo d’arancia (a mezzogiorno, poi sei ore di tennis e a cena il bis). Un altro divorava tutto quel che che gli mettevano davanti, i pasti erano apparecchiati in un locale separato per tenere lontani i curiosi. Altra divagazione, sulle fotografie: gli scatti Muybridge, che scompongono il movimento, e gli scatti Lartigue, che mostrano i tennisti con i piedi staccati da terra. Osservazioni tecniche, match mandati a memoria, “Vesciche eccetera”, sconfinamenti a Hollywood, scandali e isterie. Inframmezzati da gustosi siparietti autobiografici che si intrecciano con “la passione predominante”. Matteo Codignola ricorda quando da piccolo, vestito elegante e con l’inseparabile Pinocchio di gomma fu presentato a Ludwig Binswanger (Codignola padre lavorava nella clinica svizzera fondata dallo psichiatra). Da luminare aveva scritto un saggio intitolato “Tre forme di esistenza mancata – Esaltazione fissata, stramberia, manierismo”: l’occasione per chiedersi se la vita dei tennisti, o magari degli appassionati di tennis, rientra in quel modello. (La risposta, nel caso ve lo stiate chiedendo, è un deciso “no”). Matteo Codignola confessa di aver pensato, di sfuggita, a questo libro come un tentativo di liberarsi dal vizio. “Vite brevi di tennisti eminenti” riesce solo a contagiare il lettore, che vorrebbe altre storie di palline e di racchette.

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