Australian Open
Australian Open: bene Fognini, ottima Giorgi. Vanni e Cecchinato, che peccato
MELBOURNE – Fabio regola Munar, che si infortuna sotto due set a zero. “La top-10 non mi interessa più”. Cecchinato (un match point mancato) e Vanni rimontati da Krajinovic e Carreno Busta. Camila in scioltezza

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IL VIDEO-RIASSUNTO DELLA GIORNATA IN INGLESE: IL DIRETTORE CON BEN ROTHENBERG
da Melbourne, il nostro inviato
FABIO SENZA PATEMI – Primo set equilibratissimo tra Fabio Fognini e Jaume Munar, nativo di Maiorca e pupillo di Rafa Nadal, primo confronto in carriera tra i due, con nessuno dei contendenti che riesce ad arrivare a palla break. Il giovane spagnolo, 21enne e numero 79 ATP, è un buonissimo giocatore, spinge da fondo, esprime gran fisicità e mobilità. Le qualità di Fabio le conosciamo tutti molto bene, e l’impressione durante l’intero primo parziale è che l’azzurro abbia una marcia in più, ma non riesca a concretizzare come potrebbe. Il tie-break si risolve in favore di Fognini, che è bravo ad approfittare degli spazi che Jaume gli lascia alla propria destra per incidere alla grande con il rovescio lungolinea. Rispetto alla prestazione onestamente opaca di Auckland con Philipp Kohlschreiber i progressi sono evidenti. Munar sembra ancora troppo ancorato agli schemi tattici tipici della terra battuta, con la ricerca esasperata dello sventaglio a uscire di dritto carico di top-spin, ma come detto, così facendo si espone diverse volte ai fulminanti rovesci lungoriga a chiudere di Fabio.
Un break subìto per distrazione all’inizio del secondo set, a causa di un doppio fallo e di un paio di errori, manda per la prima volta in difficoltà Fognini. Nel sesto game, Fabio si mangia un’occasione clamorosa per controbrekkare affossando in rete una volée alta di dritto a dir poco banale, suscitando un “oooh” di delusione da parte degli spettatori che si accalcano sugli spalti della 1573 Arena, l’ex campo numero 2, adiacente alla MCA. Dopo un simpatico siparietto con Munar che colpisce duro una giudice di linea col servizio, arriva un’altra occasione di controbreak per Fabio, che stavolta la sfrutta con autorità. L’atmosfera in campo e tra i due è simpatica e rilassata, la partita è piacevole da vedere.
Sul 5-5, altro passaggio a vuoto di Fognini, ben sfruttato da Munar, che brekka ancora, ma restituisce immediatamente il favore con un paio di errori grossolani, sprecando un set point con uno di essi. Altro tie-break, Fabio fallisce un set-point al servizio sul 6-5, ne annulla a sua volta uno (il secondo) due punti dopo, e alla fine chiude 9-7, bravissimo. Jaume sembra un po’ indurito ora, Fognini ne approfitta, strappa il servizio per la terza volta all’avversario, ma il problema del giovane spagnolo è più grave ancora, pare uno stiramento al flessore della gamba sinistra. 3-1 e ritiro, Fabio consola lo sfortunato avversario, e avrà Leonardo Mayer (precedenti, 3-2 Fognini, tutti match giocati sulla terra rossa) al secondo turno.

Fabio Fognini consola Jaime Munar, AO 2019 (@RDOPhoto)
“Buona partita, è sempre importante passare turni nei tornei grandi”, commenta Fabio. “Lui è forte, e ha tutto per fare un’ottima carriera. Gioca alla spagnola spostandosi sul dritto, è vero, ma io ci vivo là, li conosco, sono abituato a contrastare i loro schemi. Mi sento bene adesso, ad Auckland avevo fatto una partita e poi ero morto. Non ho guardato il tabellone oltre al prossimo turno, sia Jarry che Mayer sono due che pensano poco e tirano forte. Giocherò con Leo, sarà dura, dovrò portarlo a pensare in campo. La superficie qui è la più veloce dell’anno, non ci sono dubbi su questo. Su Andy Murray, ovviamente mi è dispiaciuto tanto, abbiamo fatto una carriera insieme, diverse gran partite, Roma, Napoli, Wimbledon, le Olimpiadi… quando ho letto che aveva dichiarato che forse in qualche momento si era allenato troppo, ho ripensato a quando anni fa a Miami mi chiese di fare punti in allenamento già il 3 di dicembre, vuol dire che era già avanti coi carichi di lavoro, chissà, potrebbe essere una causa, anche Franco (Davin) la pensa così.
Per me questo sarà un anno duro credo, soprattutto mentalmente, la passata stagione ho spinto al massimo e temo di dover pagare fattura (sorride). La possibilità di arrivare in top-10 l’ho avuta, e mi è sfuggita tra New York e Shanghai, e certo, anche pensando al torneo che ha fatto Khachanov a Parigi due madonne dietro gliele ho tirate! (risata). Avrei magari potuto andare al Masters come riserva, ma andare lì solo per guardare… in fondo ne ho già giocato uno in doppio, con Simone (Bolelli, n.d.r.). Ma l’importante è stare sul pezzo, poi il risultato può sempre arrivare, come è successo a Marco Cecchinato al Roland Garros. Ma ora, ormai, la classifica non mi interessa più di tanto, che io vada anche 20 o 30 non mi cambia nulla, quello che mi fa gola è cercare di piazzare un risultato importante nei tornei grossi”.
IL SOGNO SVANITO DI LUCA – Luca Vanni, che affronta da qualificato il numero 23 ATP (ed ex top-10) Pablo Carreno Busta, va in campo senza il minimo timore reverenziale contro il quotato spagnolo, semifinalista allo US Open 2017. Efficacissimo al servizio (90% di punti ottenuti con la prima palla), ficcante con il dritto, e manovriero anche con le variazioni di taglio con il rovescio, “Lucone” regge benissimo gli scambi e non sfigura davanti alla solidità e al tennis ordinato di Pablo. Nessuna palla break nell’intero primo set, nel tie-break Vanni si fa riprendere un vantaggio di 2 punti, sul 5-5 un nastro fortunato gli sorride, ed è set point per lui. Il dritto fallito in rete da Carreno Busta manda l’italiano avanti di un set, i numerosi connazionali che si assiepano intorno al “court 10” di Melbourne Park esultano, che bravo Luca. 17 vincenti, 13 errori (8-12 Pablo), sta cercando di fare lui la partita, e per ora il risultato è meritatissimo.
Ancora di più quando, sul 2-2, arrivano le prime occasioni per Vanni sul servizio avversario: prima un 15-40, poi un vantaggio, e la terza palla break è quella buona, 3-2 e battuta per l’azzurro. Pablo, sinceramente, non sembra in gran spolvero, sbaglia molto, ed è anche piuttosto nervoso (warning e successiva discussione con l’arbitro per un lancio di racchetta, lui che di solito è calmissimo ed educato in campo). Luca ne approfitta, si prende altre due palle break, piazza una bella risposta di dritto, e sale 5-2, al servizio per chiudere. Carreno Busta è imbufalito e distratto adesso, bisogna approfittarne il più possibile, cosa che l’ottimo Vanni fa subito, chiudendo 6-2 con un ace e portandosi avanti 2 set a zero.
Tira il fiato l’azzurro nel sesto game del terzo set, commette tre errori, subisce la pressione di Pablo, e prende il primo break della sua partita. La cosa, purtroppo, gli costa l’intero parziale, che lo spagnolo si prende per 6-3 senza concedere a Luca possibilità di rientrare. La vicenda si fa equilibrata, d’altronde non ci potevamo aspettare che un giocatore del livello di Carreno Busta, pur se non in scintillanti condizioni di forma, si facesse da parte senza lottare. Lo spagnolo pare leggere meglio la prima palla di Vanni, che deve lottare moltissimo per salire 2-1, con due turni di battuta da 10 e 14 punti (senza concedere palle break, comunque), mentre Pablo tiene a zero in un attimo. Sul 4-4 Vanni annulla una palla break pericolosissima (errore di Carreno Busta), sul 5-5 però, al termine dell’ennesimo game di battuta durissimo, l’azzurro non chiude una volée di abbastanza comoda, e arrivano passante di rovescio e break per Pablo. Poco dopo, il 7-5 per lo spagnolo e il quinto set sono inevitabili.
Luca accusa il colpo, e rischia di subire break nel primo game del set decisivo, sembra stanco purtroppo, bisogna tenere duro, bravissimo l’italiano a reggere e salire 2-1. Ma l’inerzia della partita è decisamente cambiata, c’è netta anche tra gli spettatori italiani intorno al campo la sensazione di “treno già passato”, e purtroppo Carreno Busta brekka nel quinto game, era nell’aria onestamente. Luca annulla due match-point sul 3-5, bravo a crederci fino in fondo, ma il game successivo è l’ultimo del supo Australian Open 2019, 6-4 per Pablo, che ha tirato su un match durissimo per lui. Il rammarico, dal punto di vista di Vanni, è stato probabilmente il quarto set, ma non si possono che fare tutti i complimenti possibili a un ragazzo esemplare per dedizione e simpatia. Grazie lo stesso, Lucone.
“Sinceramente, mi girano parecchio”, ammette Luca a fine match. “Ci credevo, avevo la sensazione di potercela fare. Anche tecnicamente, mi sentivo bene in campo contro di lui, e sì, le occasioni nel quarto set hanno pesato tanto. Guarda, ero al telefono con un mio amico prima, e mi fa Luca, pensa che un anno fa giocavi all’Open di Orvieto con un 2.4, oggi giocavi contro il 24 (sorridendo). Lo slice di rovescio è il colpo che sento meglio, ho la sensazione di poterlo giocare all’infinito senza sbagliare, ma a questo livelli devi anche tirare, sennò sanno che possono mettertela lì, e anche se non sbagli non gli farai mai male. Lui è salito tantissimo con le percentuali al servizio, è stata la cosa che mi h colpito di più, qui tutti tirano minimo a 200, ma lui trovava degli angoli fastidiosissimi. Adesso voglio tenere sotto controllo i fastidi al ginocchio, ho dei problemi cronici alla rotula, ma con il Voltaren posso giocare. E voglio farlo ancora, questo torneo è e rimane un punto di partenza. Certo, devo gestire bene intensità e quantità di allenamenti, ma questo è il mio mondo e voglio rimanerci. Se un giorno mi piacerebbe allenare? Certo, ho imparato tanto in questi anni, e sarebbe bello poter trasmettere queste cose”.
CAMILA SUL VELLUTO – Del match di Camila Giorgi, opposta all’onesta mestierante Dalila Jakupovic, slovena 27enne numero 83 WTA, c’è poco da raccontare, e per il tennis azzurro femminile è una buonissima notizia. Semplicemente superiore in ogni aspetto del gioco, Camila ha disposto dell’avversaria senza il minimo affanno. 6-3 6-0 in 53 minuti, con statistiche decisamente incoraggianti, come un 63% di prime palle che hanno fruttato il 72% di punti, e soprattutto il 74% di punti fatti con la seconda palla, dato notevole, considerando che il servizio è un fondamentale che talvolta all’azzurra si inceppa. Per il resto, come detto, poco da commentare, la palla di Giorgi oggi viaggiava una volta e mezza di più di quella di Dalila, e si sono viste anche delle interessanti soluzioni anticipate strette ad alternare la sparatoria dritto per dritto prediletta dall’azzurra. Brava, ora per lei la vincente tra la qualificata polacca Iga Swiatek (177 WTA, nessun precedente) e la rumena Ana Bogdan (82 WTA, precedenti 2-1 Giorgi).
“Ho giocato bene, solida, precisa”, racconta Camila. “Sì, ho soprattutto servito in modo continuo. Sento mio padre al telefono, quando non è con me, certo. Il mio allenatore è e rimane lui. Stiamo cercando di fare piccoli aggiustamenti tecnici e tattici. Se mi piacerebbe il doppio misto, giocare contro Federer magari, come alla Hopman Cup? Mah, io non ho idoli nel tennis, non lo seguo, non riguardo nemmeno le mie partite vecchie. Seguo poco lo sport in generale, mi piace solo Oscar De La Hoya. Non ci penso al fatto che sono rimasta l’unica ragazza italiana ad alto livello, io penso solo al mio gioco. No, non ho guardato il tabellone, vediamo adesso chi mi tocca”.

Camila Giorgi – Australian Open 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)
MARCO A DUE VOLTI – Partita francamente difficile da commentare quella di Marco Cecchinato opposto a Filip Krajinovic, con entrambi i giocatori (di più l’azzurro, in effetti) che hanno alternato momenti di stato di grazia a buchi di continuità e concentrazione inspiegabili. Una cosa è sicura, il tutto è risultato a tratti divertentissimo e molto emozionante. Per i primi due set, Marco ha espresso probabilmente il suo miglior tennis su cemento della vita: servizio ficcante, anticipi fulminanti, un rovescio spaventoso. C’era gente sulle tribunette del campo 5, che diceva esagerazioni quali “sembra Federer”, ma alla fine dei conti, fatta la tara al comprensibile entusiasmo dei fan, la “boutade” poteva perfino starci. 6-4 6-0 per l’azzurro in 52 minuti, un 6-0 da 25 punti a 6, vincenti che piovevano da tutte le parti, un memorabile rovescio lungolinea chiuso da dietro la scritta “Melbourne”, roba da highlights insomma.
Il dubbio che poteva venire, però, e che si è purtroppo puntualmente verificato, era che la vicenda fosse troppo bella per essere vera. Un calo di tensione di Cecchinato a inizio terzo set era anche prevedibile, ma che si concretizzasse nel 6-1 per Filip che ha riaperto tutto era inaspettato. “Soldatino” Krajinovic, che ricordiamo finalista a Parigi-Bercy nel 2017, rimane un giocatore solido, ordinato e grintoso, in più rispetto a un paio di anni fa ha nettamente migliorato la velocità del servizio. Il quarto set, un po’ come nel caso della partita di Luca Vanni contro Carreno Busta, in situazioni simili rischia di essere decisivo in negativo per chi si fa rimontare, e in effetti è risultato essere l’unico parziale combattuto alla pari. Giustamente, ce la mettono tutta entrambi, Marco prende subito un break di vantaggio, sale fino al 5-3, e va a servire per il match sul 5-4. Qui, tre errori di dritto e uno di rovescio, davvero gravi vista la situazione, consegnano il contro-break a Filip, e due game dopo siamo al tie-break. Qui Cecchinato va sotto per 6-3, annulla i 3 set-point, poi ne cancella un quarto, poi si conquista un match point, ma lo fallisce sbagliando un rovescio non impossibile. Un minuto dopo, Krajinovic chiude 10-8, e forza il match al quinto set.
La batosta psicologica per l’azzurro è evidente, e gli costa un break in avvio del parziale decisivo, con Filip che scappa via subito 2-0. Che la magia della prima oretta di partita sia svanita è chiaro, però Marco è bravo a non mollare, e a rimanere in scia all’avversario, mentre le prime ombre della sera si allungano sul terreno di gioco. Il serbo sale 5-3, che ora sia lui il favorito lo capiscono tutti, la speranza è che l’italiano possa giocarsi tutto all’ultima curva. Nel frattempo non mancano sprazzi tecnicamente apprezzabili, una splendida palla corta fintata di Marco, per esempio. Arriva il momento della verità, con Filip che serve per il match sul 5-4, e purtroppo per Cecchinato il “soldatino” non trema, e con due servizi vincenti la chiude, onestamente ha meritato lui alla fine. Certo l’occasione sfumata brucia, però è il bello e contemporaneamente il brutto del tennis: non è mai finita finchè l’ultima palla non ha battuto per terra due volte. Peccato per Marco come per Luca Vanni, quindi, ma bisogna anche dire bravo a chi ha saputo non farsi travolgere credendo nella rimonta.
“Sconfitta durissima da mandare giù”, ammette un avvilito Cecchinato. “Ho giocato due gran set, poi mi sono un po’ incartato, ma ho avuto così tante occasioni, il match-point su tutte ovviamente. Speravo in un torneo migliore, avevo anche un buon secondo turno, ma devo accettare che sono cose che nel tennis possono succedere. Ormai mi sento un giocatore anche da cemento, rispetto all’anno scorso, quando non ci avevo ancora vinto una partita, i progressi sono tanti. Non ho ancora parlato col mio coach, meglio far passare qualche ora, anzi meglio domani, sono troppo triste e nervoso adesso. Ma so che i momenti brutti nella carriera succedono, ne ho già avuti, e li ho saputi superare, passerà anche questa”.
I risultati degli italiani:
[12] F. Fognini b. J. Munar 7-6(3) 7-6(7) 3-1 rit.
[27] C. Giorgi b. D. Jakupovic 6-3 6-0
[23] P. Carreno Busta b. [Q] L. Vanni 6-7(5) 2-6 6-3 7-5 6-4
F. Krajinovic b. [17] M. Cecchinato 4-6 0-6 6-1 7-6(8) 6-4
ATP
Numeri: il dominio di Djokovic nel tennis maschile dal 2011 ad oggi
Dalle settimane trascorse al numero uno al confronto contro gli altri grandi: Ferruccio Roberti raccoglie alcuni dati che testimoniano chi sia stato il più grande di quest’era tennistica

62 – Il numero percentuale delle settimane trascorse come 1 ATP da Novak Djokovic dal 4 luglio 2011 -giorno successivo alla prima vittoria di Wimbledon che lo proiettò sulla cima del ranking – a oggi. Una cifra di per sé impressionante che probabilmente sarebbe potuta essere ancora più significativa se il serbo non avesse saltato la seconda parte del 2017 e se l’anno scorso non avesse scelto di mettersi nelle condizioni di non poter partecipare a due Slam e quattro Masters 1000 (e a Wimbledon i punti fossero stati assegnati).
Altri numeri aiutano a comprendere meglio quanto fatto dal serbo dalla seconda metà del 2011 ad oggi: dal luglio di dodici anni fa ha vinto 19 dei 42 Slam (il 45,2%) e 29 dei 75 (38,6%) Masters 1000 a cui ha preso parte. In questo stesso periodo ha vinto 190 dei 245 (77.6%) match disputati contro colleghi nella top ten e, più in generale, si è imposto in 670 dei 768 incontri disputati (l’87,2%, una percentuale che sale al 89.3 considerando solo le partite non giocate sulla terra rossa). Della prima top 20 che lo vide al numero 1 sono rimasti sul circuito Nadal, Murray, Monfils, Gasquet e Wawrinka, mentre in quella attuale solo l’immenso campione maiorchino e Carreno Busta erano già tennisti professionisti nel momento in cui Djokovic salì per la prima volta al numero 1 del mondo.
Non per fare inutili paragoni tra campioni che hanno avuto ciascuno la loro fantastica parabola, ma per comprendere meglio questo approfondimento sul periodo che parte da quando Nole è diventato numero 1, si può osservare come solo Nadal, di un anno più grande di Djokovic, ha avuto numeri in qualche modo paragonabili al serbo. In questo lasso temporale Rafa ha comunque vinto dodici Slam e diciassette Masters 1000, occupando la prima posizione del ranking ATP per 107 settimane, ma perdendo 18 dei 31 scontri diretti giocati con Novak e sconfiggendolo solo 2 delle 14 volte in cui lo ha affrontato lontano dalla terra battuta. Ancora più pesante lo score con l’altro leggendario “big three”, Roger Federer: nato quasi sei anni prima di Djokovic, compiva di lì a un mese 30 anni la prima volta che Nole diventava numero 1 e ha inevitabilmente pagato la differenza d’età. Ad ogni modo, l’immenso campione svizzero nel periodo che stiamo analizzando ha vinto 4 Slam e 11 Masters 1000, è stato numero 1 ATP per 25 settimane complessive e contro Nole ha vinto 9 delle 27 volte in cui si sono confrontati.
Quando domenica scorsa ha sconfitto in finale degli Australian Open Stefanos Tsitsipas il serbo aveva 35 anni 8 mesi e 6 giorni, ma non è un record: sei volte è accaduto che tennisti più anziani del serbo vincessero uno Slam (il primato assoluto è di Ken Rosewall, che vinse gli Australian Open del 1972 avendo compiuto da poco più di un mese i 37 anni). Così come non è un record di longevità il ritorno al numero 1 del ranking ATP da parte di Djokovic: Roger Federer nel giugno 2018 lo è stato a meno di due mesi dal compiere 37 anni. Quel che impressiona di Nole è piuttosto come a quasi 36 anni riesca ad avere non solo elevatissimi picchi di rendimento -non impossibili ai campioni come lui- ma anche di continuità, una caratteristica molto più rara per gli over 35 negli sport professionistici. A tal riguardo basti pensare che sconfiggendo Tsitsipas pochi giorni fa il serbo ha vinto 38 degli ultimi 40 incontri giocati (e tutti gli 11 match nei quali ha sfidato colleghi nella top 10).
Par | Tit. | Fin. | Part. Gioc. | Part. Vin. | Part. Per. | % Vitt. | % set vinti | % game vinti | % t.b. vinti | |
Australian Open | 18 | 10 | 0 | 97 | 89 | 8 | 91.8 | 82.9 | 62.3 | 63.8 |
Roland Garros | 18 | 2 | 4 | 101 | 85 | 16 | 84.2 | 77.1 | 60.2 | 55.9 |
Wimbledon | 17 | 7 | 1 | 96 | 86 | 10 | 89.6 | 78.7 | 58.6 | 67.2 |
US Open | 16 | 3 | 6 | 94 | 81 | 13 | 86.2 | 76.0 | 60.0 | 61.4 |
Indian Wells | 14 | 5 | 1 | 59 | 50 | 9 | 84.7 | 76.3 | 59.7 | 69.6 |
Miami | 13 | 6 | 1 | 51 | 44 | 7 | 86.3 | 82.1 | 61.6 | 83.3 |
Monte Carlo | 15 | 2 | 2 | 48 | 35 | 13 | 72.9 | 67.0 | 58.0 | 80.0 |
Madrid | 12 | 3 | 0 | 39 | 30 | 9 | 76.9 | 69.6 | 56.0 | 50.0 |
Roma | 16 | 6 | 6 | 74 | 64 | 10 | 86.5 | 76.0 | 59.6 | 63.2 |
Montreal/ Toronto | 11 | 4 | 1 | 44 | 37 | 7 | 84.1 | 79.4 | 58.0 | 73.3 |
Cincinnati | 14 | 2 | 5 | 52 | 40 | 12 | 76.9 | 71.1 | 56.3 | 61.1 |
Shanghai | 9 | 4 | 0 | 39 | 34 | 5 | 87.2 | 81.4 | 61.4 | 71.4 |
Parigi Bercy | 16 | 6 | 3 | 54 | 45 | 9 | 83.3 | 74.2 | 58.3 | 70 |
O2 Arena (ATP Finals) | 11 | 4 | 2 | 46 | 34 | 12 | 73.9 | 68.3 | 56.5 | 70.6 |
Dubai | 12 | 5 | 1 | 50 | 43 | 7 | 86.0 | 78.4 | 59.8 | 69.2 |
Non c’è un centrale che ha fatto la storia recente del tennis a non aver conosciuto le vittorie di Novak Djokovic, unico tennista ad aver conquistato almeno due volte tutti gli Slam, tutti i Masters 1000 (e le ATP Finals). Il decimo successo agli Australian Open, torneo che in assoluto ha vinto più di tutti, fa supporre che con ogni probabilità la Rod Laver Arena sia il campo dove si giocherebbe la sua partita della vita. Più per ricapitolare qualche numero della sua carriera a beneficio dei lettori che per ricavare un dato oggettivo (nel susseguirsi delle edizioni di uno stesso torneo cambiano in parte le condizioni di gioco, basti pensare ad esempio alle modifiche apportate alla superficie e/o alle palline), sono andato a recuperare alcune sue statistiche nei tornei più importanti del circuito e in quelli nei quali ha giocato un elevato numero di match, come Dubai. Dalla tabella in cui sono raccolti i dati arriva la conferma che in effetti gli Australian Open sono il torneo in cui Djokovic ha il più alto rendimento e non solo perché è quello a cui ha preso parte più volte (18, così come al Roland Garros). A Melbourne il serbo vanta la miglior percentuale di vittorie rispetto ai match giocati (91.8%) e di set vinti rispetto a quelli disputati (82.9%). Ovviamente, non sorprende che un sette volte vincitore di Wimbledon abbia numeri eccellenti anche sui campi di Church Road, mentre un pochino stupisce che gli Internazionali d’Italia – dove vanta un ottimo score con sei successi e altrettante finali – siano il torneo sul rosso dove si esprime meglio e in assoluto uno dei migliori per il suo rendimento. In ogni caso numeri incredibili: solo a Monte Carlo, Madrid e Cincinnati (la O2 Arena dove si giocavano le Finals è un discorso a parte, vista l’altissima caratura degli avversari) non ha vinto almeno l’80% delle partite. Not too bad…
Australian Open
Gli outfit dell’Australian Open: trionfa il mix insolito di colori, ma anche il tocco di fresca eleganza
Dal mélange dei colori sgargianti alla tinta unita, fino al tocco classico e un po’ vintage, ecco le mise indossate all’Australian Open

Un Australian Open esplosivo in campo, in tutti i sensi. Il tennis quasi ingiocabile di Novak Djokovic e la potenza devastante di Aryna Sabalenka hanno sbaragliato gli avversari. Non solo. I due campioni di Melbourne Park vincono anche con i loro outfit. Per freschezza ed eleganza quello di Novak, per vistosità, energia psichedelica e originalità quello di Aryna. Tuttavia, la bielorussa stravince anche per come ha scelto di presentarsi nel consueto shooting fotografico con il trofeo, splendida in un abito rosa, romantico e un po’ vintage. C’è però anche chi non ha brillato, né in campo né con la mise, come nel caso della n. 1 del mondo Iga Swiatek. Ma, del resto, come ha detto la stessa Iga in una conferenza stampa, non si può vincere sempre. O come per Stefanos Tsitsipas che, nonostante abbia disputato un torneo pressoché perfetto fino alla finale, nella partita della vita il suo tennis diventa un po’ scialbo e banale, perdendo energia e brillantezza, all’immagine del completo indossato in questi Australian Open.
Nike – Frances Tiafoe, Aryna Sabalenka


Il completo con il quale Frances Tiafoe è sceso in campo a Melbourne ha fatto il giro del web: canotta e pantaloncini con un’unica fantasia maculata e variopinta che lo faceva sembrare uscito da un festival di Rio piuttosto che dallo spogliatoio di un torneo dello Slam. Un look da Tiafoe: nel senso che per non sembrare ridicolo devi avere i suoi bicipiti e la sua “abbronzatura”. Questo completo non era altro che una sintesi di una collezione di Nike che definire vistosa e colorata è dir poco. Ma d’altronde è l’happy slam, giusto? Quindi perché non osare? E in effetti il brand del baffo ha osato tanto. La stessa fantasia l’abbiamo potuta ammirare nel vestito di Sabalenka, alla quale, bisogna dirlo, i colori sgargianti stanno bene e danno quasi risalto al suo carattere tenace. I longilinei e pallidi Sinner e Korda hanno indossato con meno disinvoltura le magliette dal taglio largo e dalle tonalità vivaci (blu cobalto con pantaloncini lilla per l’azzurro e giallo canarino per il figlio di Petr) di Nike. Una collezione accattivante ma non per tutti insomma. (Valerio Vignoli)
Adidas – Stefanos Tsitsipas, Elena Rybakina


Il caso ha voluto che Adidas a Melbourne vestisse i due giocatori, Elena Rybakina e Stefanos Tsitsipas, arrivati a un passo dalla vittoria. La scelta di Adidas per la collazione dedicata agli Australian Open è ricaduta su un mélange di colori accesi mischiati tra loro in sorta di pennellate di tonalità diverse. Così i pantaloncini di Stefanos e il gonnellino di Elena erano un mix variopinto abbinato per Tsitsipas a una semplice maglia bianca e per Rybakina a una canotta nera. Vista la particolare scelta cromatica del pantalone e della gonna sicuramente meglio il contrasto con un colore scuro che l’accostamento al bianco. Outfit femminile ben riuscito, meno quindi quello maschile dove Adidas avrebbe potuto osare maggiormente anche nella scelta della t-shirt. (Chiara Gheza)
Asics – Iga Swiatek

Minimal e un po’ scontato l’outfit di Iga Swiatek. Per l’edizione 2023 dello slam down under, Asics ha puntato su un abbinamento di canotta e shorts dal color lilla appena accennato; in particolare, la canotta reca leggerissime “pennellate” di un giallo sbiadito. Ne risulta un completo, sì, fresco, che ben si addice al clima torrido australiano ma, forse, un po’ troppo anonimo. Anche se la n. 1 del mondo a Melbourne quest’anno non ha brillato (ha perso agli ottavi dalla futura finalista Rybakina), forse avrebbe meritato una mise di maggiore personalità. (Laura Guidobaldi)
New Balance – Coco Gauff e Tommy Paul


Semplice ma comunque efficace la collezione presentata da New Balance per questi Australian Open, indossata dai due principali testimonial del brand, Tommy Paul e Coco Gauff (anche Ben Shelton ha usato vestiti di questo brand ma non è ufficialmente sponsorizzato). Tutta incentrata sull’accostamento di bianco e nero, accompagnato da colori estivi come pesca e arancione. Per certi versi ricordava l’iconica collezione Nike del 2017, anno di una epica finale tra Federer e Nadal. Ma torniamo al presente. T-shirt girocollo per la sorpresa del tabellone maschile Paul, con bordino con motivo a contrasto e bande orizzontali multicolore. Non male i pantaloncini pesca come idea peccato che la tonalità era troppo tenue e sul bianco si notasse troppo poco la differenza. Canotta bianca aderente con buchi laterali e gonna senza troppi fronzoli per Gauff. A dare un po’ di vivacità la fascia arancioni e le sue scarpe personalizzate. Tutto ben fatto ma New Balance ci aveva abituato a completi più sorprendenti e d’impatto per la giovane tennista afroamericana. (Valerio Vignoli)
Yonex – Caroline Garcia, Casper Ruud


Molto grintoso il vestito della Yonex indossato da Caroline Garcia. La francese, che ha chiuso il 2022 con il grande trionfo alle WTA Finals, è scesa in campo a Melbourne con tutta la sua grinta e grandi aspettative anche se, alla fine, la sua corsa è stata fermata agli ottavi di finale da una delle sorprese del torneo, Magda Linette. Ma la grinta e lo slancio in Caroline non mancano mai e l’outfit dell’Australian Open li esprime al massimo: un vestito semplice, dritto, total black ma con un leggero effetto marmorizzato; la parte superiore, una canotta, reca un solo tocco di bianco sul colletto a polo, sul logo del brand e i nomi degli sponsor. Solo i polsini sono diversi, di colore lilla. Un abito non molto fantasioso, certo, ma di grande personalità e adatto al fisico slanciato e atletico di Caroline. Il nero tita unita invece viene spezzato per l’outfit di Casper Ruud. Il bel campione norvegese, che in questi giorni sta brillando sulla copertina di Vogue Scandinavia, in abbinamento alla polo nera ha sfoggiato degli shorts dello stesso color lilla dei polsini di Caroline. Un accostamento un po’ insolito per Ruud che solitamente veste in modo molto classico. Il colore pastello illumina anche le sue scarpe nere, sulla punta e sul tallone. Scelta originale e inaspettata. (Laura Guidobaldi)
Castore – Andy Murray

Uno dei protagonisti di questa edizione degli Australian Open è sicuramente Sir Andy Murray. Lo scozzese, seppur uscito al terzo turno, ha dimostrato di avere un cuore immenso nei match maratona vinti contro Berrettini prima e Kokkinakis poi. Andy è vestito dal marchio britannico Castore Sportswear che per lui ha disegnato un completo classico e molto elegante. Pantaloncino verde scuro e t-shirt bianca con una riga verde che l’attraversa in obliquo. Il logo del brand, un paio di ali spiegate, ben in vista sia sulla maglia che sui polsini bianchi che sul cappellino anch’esso candido. Murray a Melbourne spicca quindi non solo per la tenacia sportiva, ma anche per l’eleganza senza tempo del suo outfit. (Chiara Gheza)
Lacoste – Novak Djokovic


Novak Djokovic non ha sbagliato un colpo in Australia. Nemmeno in fatto di vestiti. Il completo a lui riservato da Lacoste per questa edizione del primo Slam stagionale era moderno e riconoscibile ma al contempo classico e non eccessivo. Abbandonato il verde smeraldo per l’azzurro con dettagli in arancione. Niente più motivi minimalisti in favore di una sorta di bandiera a scacchi sventolante che va a ricoprire l’intera polo: in un tono su tono nella versione serale e in azzurro che sfuma verso l’arancione nella versione diurna, forse la più riuscita delle due, anche perché stacca meglio con il pantaloncino azzurro. Solite scarpe colorate, pure quelle con l’abbinamento di colori reso celebre dai New York Knicks nel Basket di oltreoceano. Il tocco del campione è arrivato però al termine della finale, con la giacca con il numero 22 composto da una serie di piccoli coccodrilli. E, visto il dominio mostrato da Djokovic in campo. in quel di Parigi farebbero meglio a prepararne altre con il numero 23, 24, 25… (Valerio Vignoli)
Lacoste – Daniil Medvedev

Il personal branding è ormai ampiamente utilizzato dai giocatori di tennis per promuovere se stessi e la loro immagine. Basti pensare all’iconico “RF” di Federer, per il quale lo svizzero ha litigato con Nike, o alla stilizzazione delle corna di un toro di Nadal. Di recente pure Sinner ha lanciato il suo marchio, raffigurante una volpe. Con l’inizio del 2023 è venuto il turno di Medvedev. Il suo logo, pensato insieme a Lacoste, rappresenta la sua passione per i videogiochi e ricorda i quattro tasti di una playstation, con le sue iniziali nelle icone di sinistra e destra. Ci si poteva mettere più fantasia insomma. Il suo outfit dimostra però che per quanto riguarda i vestiti il brand del coccodrillo dà ancora dei punti a tanti. Una maglietta rosso fuoco (colore ideale sul blu del cemento australiano) con un colletto a v molto particolare, che fa un effetto finta polo, con una riga bianca a contrasto. Maniche in tessuto traforato, pantaloncini bianchi (e neri) e scarpe bianche. Essenziale e rifinito nei dettagli. In puro stile Lacoste insomma. (Valerio Vignoli)
Hugo Boss – Matteo Berrettini

Non è certo uno Slam fortunato per Matteo Berrettini che esce al primo turno per mano di Andy Murray. Peccato per il marchio Hugo Boss che ha trovato nel giocatore italiano un modello perfetto. Anche a Melbourne Matteo si è distinto infatti per classe ed eleganza con un accostamento di colori adatto a ogni occasione: maglietta bianca e pantaloncino nero. Il tocco modaiolo è stato regalato dalla borsa con la quale Berrettini entrava in campo, sulle stesse tonalità del completo ma dal taglio geometrico ed essenziale. La parola “BOSS” ben in vista sul lato della stessa. Come sempre Matteo promosso per quanto riguarda il lato fashion del tennis. (Chiara Gheza)
Giomila – Camila Giorgi

I completini Giomila, il brand ideato dalla stessa Camila e da sua madre, sono sempre un successo. Peccato che tale formula vincente spesso non accompagni anche i risultati in campo e, in Australia, dopo un buon inizio, la tennista di Macerata è stata travolta al terzo turno da Belinda Bencic. Comunque, in fatto di outfit, Camila ha davvero poche rivali. A Melbourne ha sfoggiato un abbagliante completo rosa fucsia che le stava benissimo. Semplice, in tinta unita (c’era anche la variante nel colore beige, più delicata), il completo mette in luce la silhouette perfetta dell’azzurra, simboleggiando tutta l’energia e l’esplosività del tennis della Giorgi. La canotta, lineare e senza frondoli, accompagna il gonnellino altrettanto semplice ma leggermente mosso e leggero. Un completo semplice e frizzante al tempo stesso, che si addice perfettamente al celeste dei campi di Melbourne Park. (Laura Guidobaldi)
DK One – Jelena Ostapenko

Nei commenti dei precedenti articoli in molti ci hanno fatto notare l’assenza di Jelena Ostapenko, i cui completi, griffati DK One, marchio lettone di solo abbigliamento femminile, non sono passati inosservati di recente. E stavolta abbiamo deciso di rimediare a questa nostra negligenza, anche per celebrare il primo quarto di finale in Australia della tennista baltica. A Melbourne la Ostapenko si è presentata con un outfit un po’ slegato: il taglio retrò sottolineato dall’ mplissimo colletto a polo e dalla gonna a pieghe sormontata da una fascia cozzava con l’abbinamento di colori molto sgargianti come corallo e blu elettrico. Un look sicuramente meno azzardato di quello visto al Roland Garros, un patchwork improbabile di maniche in simil pizzo, fantasia piede de poule e dettagli viola. Ma anche meno identificativo. E a questo punto da Ostapenko ci aspettiamo sempre tanto. Vediamo se riuscirà nuovamente ad alzare l’asticella a Parigi, il suo slam preferito. (Valerio Vignoli)
Lo shooting fotografico della campionessa Aryna Sabalenka

Aryna Sabalenka non trionfa solo in campo conquistando il tanto agognato primo titolo slam ma è vincente anche nella scelta della mise in occasione del tradizionale shooting fotografico con il trofeo. Aryna è uno splendore in un modello romantico, color rosa antico in tinta unita, lungo a tre quarti, semplice ma arricchito quanto basta da decorazioni floreali dello stesso tessuto dell’abito, applicati ai bordi delle mezze maniche e sul collo alto, quasi a formare un collier di fiori. Questi recano un tocco di vivacità anche sulla parte laterale destra del vestito. Lo arricchiscono quanto basta, senza scadere nel kitch, anzi. E poi l’acconciatura, una meraviglia. I capelli sono raccolti in uno chignon dietro la nuca e leggermente appiattito, in stile Ottocento, molto molto raffinato. Insomma, se in campo Sabalenka sa essere una veria furia di potenza e aggressività, nel festeggiamento del giorno più bello della sua carriera, ha scelto di privilegiare grazia, eleganza e romanticismo. (Laura Guidobaldi)
Australian Open
AO Donne, Steve Flink: “Sabalenka ha fatto grandi progressi, sono un po’ preoccupato per Iga Swiatek” [VIDEO ESCLUSIVO]
Il giornalista e Hall of Famer risponde al direttore sul tennis femminile: “Nei prossimi due-tre anni vedremo la migliore Coco Gauff”

0:04 Ubaldo: parlando del torneo femminile, credo si possa dire che, anche se non molti si aspettavano una nuova sconfitta negli ottavi di finale di Iga Swiatek, abbiamo avuto una delle più belle finali degli ultimi anni a livello Slam. Tra Sabalenka e Rybakina abbiamo avuto del buon tennis con pochi break, cosa che accade spesso nel singolare femminile. Abbiamo avuto una finale tra la numero 2 del mondo e una numero 10 che con i duemila punti del successo a Wimbledon sarebbe una top five.
1:09 Flink: Ubaldo sono arrabbiato con te!
1:13 Ubaldo: come mai? (sorride)
1:16 Flink: mi hai tolto le parole di bocca! Sono d’accordo, è stata una splendida finale, e come hai detto tu, è stata una sfida tra due ottime battitrici. Nel primo set Sabalenka ha ceduto il servizio sul quattro pari, e quindi ha perso il il set; ma poi non ha più perso la battuta, e ha vinto con un break per set. Aryna ha messo in campo diciassette ace e solo sette doppi falli, dati molto buoni per lei. Inoltre, il livello di gioco è stato alto, condotto da entrambe in maniera aggressiva. Entrambe hanno giocato molto bene da fondo, soprattutto Sabalenka; non potrei essere più d’accordo sul fatto che questa finale spicca tra quelle giocate nei Major durante l’ultimo biennio. Per come è stata giocata, perché è stata combattuta. Rybakina ha dimostrato che la sua vittoria a Wimbledon non è arrivata per caso, e Sabalenka finalmente c’è l’ha fatta.
L’ho vista più calma, più composta; persino quando ha servito un doppio fallo sul match point nell’ultimo game, non si è disunita. È rimasta concentrata su quello che doveva fare, ha preso un bel respiro e ha chiuso il match; sta crescendo come giocatrice e agonisticamente. Rybakina ha un bel temperamento; possiede un delle migliori prime palle del circuito, e deve migliorare forse la seconda nel kick, altrimenti le migliori ne trarranno vantaggio e lei potrebbe vacillare un attimo, ma aver giocato due finali Slam nell’ultimo anno con una vittoria e per lei incoraggiante. Sabalenka è sempre stata frenetica, sovraeccitata durante i match importanti; questo è un momento fondamentale per lei, non credi Ubaldo? Non dico che vincerà tutti gli Slam, ma ora crede di più in sé stessa.
3:36 Ubaldo: sì, ho visto Sabalenka perdere al Roland Garros da Camila Giorgi; ha commesso tantissimi doppi errori, proprio senza testa, senza voler offendere. E ora, come tu dicevi, aver vinto uno Slam dopo aver perso tre semifinali, le darà una grande fiducia. senz’altro potrà anche migliorare la seconda palla, se consideriamo che ha giocato nella finale un colpo molto piatto; un effetto in kick le permetterebbe di risparmiare qualche doppio fallo.
4:50 Flink: non è stato così male, certo può migliorare. Ha iniziato con un doppio fallo, e ne ha fatto uno sul match point, ma servire solo 7 doppi errori in tre set relativamente lunghi non è male, soprattutto se consideriamo che ha servito 17 ace.
Deve migliorare il kick sulla seconda, ma gioca già bene lo slice; sta migliorando, lo scorso anno ne faceva anche venti a match.
5:35 Ubaldo: se non ricordo male lo scorso anno ha servito 428 doppi errori: una media di 8 a match. Ma alcuni match sono finiti 62 61, quindi era come iniziare da 0-15 ogni turno di servizio!
6:03 Flink: sì Ubaldo, ma non credo che lo vedremo più così. Lei migliorerà ancora, anche negli altri aspetti del gioco. Un particolare a suo favore nella finale è che ha difeso meglio, ha colpito meglio da fondocampo. Puoi fare più cose di Rybakina da entrambe le parti del campo. È davvero completa, sa colpire sopra il capo, sa volleare.
6:48 Ubaldo: dal momento che ama prendere dei rischi, forse la terra battuta è la superficie più pericolosa. Se non riesci a chiudere nei primi quattro scambi, allora più provi più rischi di sbagliare. Comunque come dicevi tu è completa e gioca bene sia dritto che rovescio, mentre il dritto di Rybakina non è tra i migliori.
dal punto di vista di un americano, e stata più brutta la sconfitta di Pegula o di Gauff?
7:40 Flink: Pegula ha avuto un ottimo inizio d’anno; ha battuto Iga Swiatek e in tanti si aspettavano facesse grandi cose; per Coco dobbiamo sempre ricordarci che è giovanissima, quindi una sconfitta è comprensibile. la gente si dimentica la sua età e crede che abbia 25 anni solo perché è nel grande tennis da almeno cinque. Quindi è stata più deludente Pegula.
8:18 Ubaldo: in termini di potenziale chi vedi meglio tra le due?
8:29 Flink: Gauff. Nel lungo periodo; lavorerà molto e migliorerà la seconda palla e il dritto, mentre il rovescio è già ottimo adesso. Ha uno splendido atteggiamento sul campo, sa stare calma. Il suo dritto è traballante, e la sua seconda palla. Le ci vorranno due o tre anni. Pegula può andare meglio quest’anno, ma nei prossimi cinque anni scelgo Coco.
9:21 Ubaldo: parlando di delusioni, Iga Swiatek ha perso 64 64 da Rybakina, mentre Ons Jabeur ha ceduto a Vondrousova 61 57 61, risultato deludente per una numero 2 del seeding.
9:52 Flint: delusione perché abbiamo visto Jabeur perdere la finale di Wimbledon da Rybakina e la finale degli US Open da Swiatek, e quindi ci aspettavamo di più da lei. Nel suo puzzle ci sono così tanti pezzi; colpi bellissimi, il servizio la palla corta. Se non è ispirata accadono cose come quelle in Australia. Ma non sono preoccupato per lei, saprà rifarsi più avanti nella stagione.
Riguardo Swiatek, l’anno scorso ha vinto 37 match di fila fino a Wimbledon. durante la sua striscia vincente ha trionfato a Parigi. Poi ha vinto gli US Open. Non credo la vedremo dominare in questo modo; certo vincerà ancora altri Slam e rimarrà a lungo tra le prime tre o quattro del ranking. Per la consistenza del suo gioco. Ma punto di più su Rybakina. Iga si affida molto al suo gioco in difesa; prova ad essere più aggressiva, cosa che le serve per restare al top, ma non è a suo agio. È stata così convincente a Miami e Indian Wells, e poi a Parigi.
Quest’anno per lei sarà in altalena; potrebbe rimanere numero 1 del mondo, ma non rimarrei scioccato se alla fine della stagione fosse terza o quarta. Sono curioso di vedere cosa combinerà quest’anno; non ha vinto agli US open e adesso ha cominciato l’anno con questa caduta. Sono un po’ preoccupato per lei.
11:56 Ubaldo: penso che non sia facile continuare a vincere per chi non ha nel dritto il proprio colpo migliore. Tu puoi avere il miglior rovescio del mondo; guarda Djokovic. Lui ha probabilmente il miglior rovescio del mondo, specialmente il lungolinea e la risposta, ma i vincenti più importanti li ottiene con il dritto. È anche il limite di Rybakina, che ha un gran rovescio ma un dritto da migliorare.
Steffi Graf invece aveva un rovescio non tra i migliori, ma giocava un dritto straordinario; è difficile dominare a lungo senza un gran dritto.
13:23 Flink: sono d’accordo. L’anno scorso Swiatek ah ha migliorato il colpo e ha giocato diversi vincenti…
13:36 Ubaldo: sulla terra forse, dove hai più tempo per colpire.
13:47 Flint: no, anche agli US Open, ma sono d’accordo su quanto dici sulla terra battuta. Il dritto è importante un po’ per tutte; Rybakina ha un ottimo servizio e quindi può compensare in un game con tre punti diretti. Swiatek ha un servizio buono, non un grande servizio, e quindi non può ricavarci gli stessi punti.
Hai parlato di Steffi: il suo rovescio non era una grande arma, ma sapeva tenere lo slice molto basso per poi riuscire a colpire con il dritto, e lo sapeva fare in maniera meravigliosa.
Il dritto di Swiatek è la chiave; avrà bisogno di migliorarlo del 10-20%.
14:48 Ubaldo: grazie mille Flint, abbiamo spaziato su diversi argomenti di questi Australian Open. Un’ultima cosa: chi vincerà i singolari al Roland Garros?
15:10 Flint: tra le donne dico Swiatek, che gioca sulla sua superficie preferita, dove ha vinto due volte negli ultimi tre anni. Tra gli uomini forse ti aspetti che io dica Nadal per il suo quindicesimo trofeo. Ma non è al meglio, e in Australia si è infortunato ancora, contro McDonald. Penso che Djokovic potrà fare il colpo. Se Nadal sta bene può farcela. Cosa ne dici Ubaldo?
16:02 Ubaldo: che non è più il miglior Rafa; non lo vediamo al meglio da almeno sei mesi. Il favorito sarà Djokovic, anche se è difficile dirlo quattro mesi prima.
16:34 Flint: se Rafa non torna in condizione, Djokovic sarà il favorito. Inoltre, se nemmeno quest’anno potrà giocare negli Stati Uniti, ne trarrà giovamento dal punto di vista fisico, perché si presenterà fresco per la stagione sulla terra battuta.
17:12 Ubaldo: si ritroveranno a Montecarlo.
17:17 Flint: sì, non farà troppa differenza se Djokovic salta due tornei sul duro. Lui è determinato, ha vinto il suo secondo Roland Garros due anni fa e l’anno scorso ha perso nei quarti da Nadal. E’ dura batterlo, anche sulla terra rossa. È il secondo giocatore del mondo sulla terra battuta.
17:41 Ubaldo: grazie Flint, ottimo amico grande collega e… altri complimenti te li farò in privato!
Danilo Gori