Djokovic-Nadal è la finale migliore possibile dopo il k.o. di Federer

Australian Open

Djokovic-Nadal è la finale migliore possibile dopo il k.o. di Federer

E’ la prima in due anni e mezzo fra n.1 e n.2 Atp. Un record che Federer non potrà battere. 27 a 25, la sfida infinita ripercorrendo i precedenti, l’ultimo Wimbledon, le 5 ore e 53 del 2012

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VIDEO – Ubaldo Scanagatta con Barry Flatman sulla finale Djokovic-Nadal


Non ci si stufa mai di veder giocare i migliori. E non c’è dubbio che i Fab Four sono stati i migliori di questa epoca che risale al primo Wimbledon vinto da Roger Federer nel 2003. Da allora sono stati loro a vincere quasi tutti gli Slam, con pochissime eccezioni. Non starò a ripetere quanti Slam hanno vinto ciascuno dei Fab, ma il loro totale assomma a 54 Slam. Che domenica sera saranno 55, perché o Rafa Nadal avrà vinto il suo Slam n.18 oppure Nole Djokovic avrà vinto il suo Slam n.15. Nel primo caso Nadal conquisterà finalmente un record che Roger Federer non potrà presumibilmente più battere: il doppio Career Slam, cioè l’aver trionfato almeno due volte in ciascuno dei quattro Major.

Non credo infatti possibile che Roger, anche se proprio qui ha dichiarato di voler tornare a giocare anche sulla terra rossa e quindi al Roland Garros – “Negli ultimi due anni mi è mancato”riesca a vincere per la seconda volta i French Open, da lui vinti soltanto una volta nel 2009 quando Robin Soderling gli fece il grande favore di eliminargli Rafa Nadal. Se invece fosse Nole Djokovic a trionfare, beh sarebbe la settima volta qui a Melbourne e anche questo diventerebbe un record difficilmente battibile per chiunque. Comunque vada a finire possiamo però scrivere che questo primo Slam del 2019 ha sancito che la vecchia guardia non vuole abdicare, è tutt’altro che tramontata. Anzi, la facilità con la quale Nadal si è liberato di Tsitsipas (e prima di De Minaur e di Tiafoe) e con la quale poi Djokovic ha mandato a casa Pouille dice che ancora per la Next-Gen non sono e non saranno presto tutto rose e fiori.

A Parigi Nadal, se non avrà problemi fisici, sarà sempre il grande favorito per un pazzesco dodicesimo Roland Garros, a Wimbledon sarà difficile scartare l’ipotesi di un Federer o di un Djokovic favorito (e pure Nadal eh: non dimentichiamo che lo scorso anno Djokovic lo battè in semifinale soltanto 10-8 al quinto), insomma o Zverev si decide a indovinare finalmente uno Slam, o Tsitsipas dimostra di aver assorbito il duro colpo per la lezione infertagli da Nadal, oppure si rischia di dover aspettare il 2020 prima di vedere un Next-Gen in trionfo a un Major, anche se a New York Roger avrà già compiuto i 38 anni, Rafa i 33, Nole i 32. Ho parlato di un rischio, ma non si tratterebbe di un rischio che la gente vorrebbe evitare. Anzi. A questi campionissimi che hanno vinto più di un quarto di tutti gli Slam dell’era Open ci siamo tutti molto affezionati. Chi è tifoso di Roger, chi di Rafa, chi di Nole, sono le loro grandi rivalità ad aver entusiasmato questi ultimi 15 anni di grande tennis.

Il timore che con il loro ritiro dall’attività agonistica possa calare l’interesse mondiale per il tennis esiste. Eccome. Anche se i cicli delle grandi rivalità ci sono sempre stati, negli anni Settanta-Ottanta Borg, Connors, Vilas, McEnroe e Lendl, ma anche Wilander e Noah, alla fine di quella decade Edberg e Becker con l’intrusione di Stich,  poi negli anni Novanta il quartetto americano formato da Sampras, Agassi, Chang e Courier, a cavallo del terzo millennio la parentesi con Hewitt, Kuerten, Safin, Kafelnikov, Ivanisevic, Nalbandian (spero di non dimenticare nessuno) prima dell’avvento di Federer e degli altri tre Fab. I Fab Four però hanno veramente lasciato solo briciole a tutti gli altri, ai Wawrinka, ai del Potro, ai Cilic, cinque Slam in tutto. Ho dimenticato qualcuno?

Il Roland Garros 2016 è stato l’ultimo Slam nel quale in finale si sono trovati di fronte il n.1 del mondo, allora Djokovic, e il n.2 Andy Murray che, pur perdendo quel duello, avrebbe poi chiuso l’anno da n.1, vincendo Wimbledon e le Atp Finals dopo un duello all’ultimo sangue con Djokovic. Adesso qui si rigiocherà l’eterna sfida fra Nadal e Djokovic, la n.53. Djoker Nole conduce 27 a 25 e considerato il suo diverso curriculum sul cemento australiano dovrebbe essere considerato favorito, anche se il Nadal visto con Tsitsipas è parso in forma straordinaria. L’ultimo loro duello è stato quello vinto da Djokovic nella semifinale di Wimbledon durata due giorni (10-8 al quinto) con la famosa querelle sul tetto chiuso che avrebbe favorito Nole e che Nadal non avrebbe voluto.

Qui a Nadal è mancato un avversario che lo impegnasse. Ha vinto tutti i suoi match a spasso, senza perdere un set. Djokovic almeno una gran bella sudata invece ha dovuto farsela, contro Medvedev che lo ha messo a dura prova per quattro set. Magari è un vantaggio per Djokovic aver avuto almeno un match sofferto… Anche Djokovic alla fine contro un Pouille, che non ha neppure giocato malaccio, ha dominato la semifinale in un modo impressionante.

Per il secondo anno consecutivo le semifinali dell’Australian Open sono state iper-deludenti e da dimenticare. Un anno fa Cilic dominò Edmund 62 76 62 e Federer rimase in campo solo 62 minuti perché sul 61 52 per lui il coreano Chung dovette abbandonare il campo. Quest’anno la semifinale di Nadal-Tsitsipas era durata 1h e 46 m, quella di Djokovic con Pouille 1h e 23m. Uno strazio. Nell’84 Wilander battè il sudafricano poi trapiantato in Florida Johan Kriek 61 60 62 sull’erba di Kooyong in 63 minuti! Kriek aveva vinto le edizioni di un Australian Open minore nell’81 e nell’82 (sempre sull’americano Steve Denton).

Un anno fa la finale fra Federer e Cilic richiese 5 set ma non fu mai troppo incerta. Quest’anno promette di esserlo di più, perché anche se non potrà ripetere quella del 2012 che durò 5 h e 53 minuti (francamente non ce lo si augura…) i due giocano in un modo tale che immaginarsi che uno domini l’altro e il match n.53 sia a senso unico sembra impossibile. In un mini-referendum fatto stasera in sala stampa, escludendo spagnoli e serbi, è venuto fuori che sono in maggior numero quelli che si augurano la vittoria di Nadal, ma sono però in maggior numero quelli che ritengono che sarà Djokovic a vincere ancora qui.

Come scrivevo nei giorni scorsi, riprendendo uno spunto di Nadal, Rafa qui non è stato troppo fortunato: ha giocato quattro finali, ma ne ha vinta una sola, quella del 2009 quando pareva che dopo una maratona di oltre 5 ore con Verdasco fosse quasi impossibile per lui battere Federer in finale. Nell’infinita finale del 2012 con Djokovic, ricca di colpi di scena e con il punteggio in continua altalena, sembrò che potesse spuntarla lui in tantissimi momenti. Ma Djokovic alla fine ebbe la meglio. Poi Rafa saltò quella del 2013, infortunato. Mentre nel 2014 aveva vinto il primo set con Wawrinka quando si stirò all’addome. Dopo di che c’è stato, fra un primo turno di nuovo collegato a una situazione fisica nel 2016 e la finale perduta nel 2017 con Federer (nel corso della quale conduceva 3-1 al quinto, ma perse 5 games di fila, uno in un modo particolarmente jellato, il ritiro un anno fa contro Cilic nei quarti; insomma la Dea Bendata gli deve qualcosa.  

Guardando a Djokovic qui campione sei volte, beh fa abbastanza effetto pensare che il suo primo trionfo risale a 11 anni, quando in finale battè Jo Wilfried Tsonga. Poi ci fu la tripletta consecutiva 2011-2103, due vittorie su Murray inframezzate da quella su Nadal già ricordata e una successiva di Federer. Quindi la doppietta 2015-2016 sulla sua vittima prediletta a Melbourne, Andy Murray qui finalista battuto ben cinque volte.

Due parole sulla finale donne…le ho già scritte ieri. È un bene che chi vince diventi n.1. Kvitova meriterebbe di esserlo almeno per un po’, per la sua carriere erbivora e per l’aggressione subita in casa che sembrava poter porre fine alla sua carriera. Però se Osaka ripetesse l’exploit di New York, beh, la storia sarebbe sempre giornalisticamente bella. Stavolta di certo non verrebbe fischiata.

Ho visto Musetti battere un Zeppieri un tantino frastornato. Per Musetti, che ha decisamente talento anche se fra noi di Ubitennis le opinioni sono divise – secondo Luca ha più futuro Zeppieri, per me no – è la seconda finale di Slam. La prima semifinale giocata a New York è stata un’esperienza che probabilmente ha pagato. A vedere e incoraggiare Musetti c’era anche Patrick Mouratoglou, che lo conosce da tempo. E fra una Serena e un Tsitsipas trova il tempo per seguire anche Lorenzo. Il suo avversario in finale, Emilio Nava, è un americano di origini messicane ma ha fatto i primi passi tennistici nella vicina California. Del match vinto da Musetti su Zeppieri ha scritto Luca Baldissera , e anche delle sue dichiarazioni post match, ma certo il match della svolta è stato quello del terzo turno vinto sul canadese Draxl: con lui aveva fatto appena tre game nel torneo che aveva preceduto questo di Melbourne qui in Australia. La finale verrà giocata intorno alle 14:30 locali sulla Rod Laver Arena, cioè le 4:30 del mattino in Italia. I veri curiosi metteranno la sveglia.

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