Murray, una protesi per giocare ancora (La Nazione). Musetti fa sognare il tennis italiano (Azzolini). Zhzhenov ha 14 anni, è nella Russia di Davis (Crivelli)

Rassegna stampa

Murray, una protesi per giocare ancora (La Nazione). Musetti fa sognare il tennis italiano (Azzolini). Zhzhenov ha 14 anni, è nella Russia di Davis (Crivelli)

La rassegna stampa di mercoledì 30 gennaio 2019

Pubblicato

il

Murray, una protesi per giocare ancora (La Nazione)

Nuova operazione per Andy Murray. Lo scozzese, ex numero 1 al mondo, lo aveva detto a Melbourne, quando aveva annunciato il suo ritiro dopo Wimbledon (ma la sconfitta in 5 set contro Bautista Agut al primo turno degli Australian Open potrebbe anche essere stata il suo ultimo match ufficiale): stava prendendo in considerazione un nuovo intervento, più invasivo, all’anca destra «non per poter tornare al tennis professionistico ma semplicemente per avere una migliore qualità di vita, per essere libero dal dolore». E la nuova operazione c’è stata, come ha postato lui stesso sui social: «Mi sono sottoposto ad un nuovo intervento all’anca a Londra: al momento mi sento un po’ malconcio e indolenzito ma sono fiducioso che presto non sentirò più dolore. Adesso ho una protesi metallica». Sul suo profilo Instagram il britannico ha anche postato una radiografia della sua nuova anca. Il 31enne vincitore di 45 titoli Atp, tra cui tre Slam (due Wimbledon nel 2013 e nel 2016 e gli Us Open 2012), e due ori olimpici, a Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016, durante l’off-season a dicembre aveva parlato con il suo team preannunciando la sua decisione di dire basta se il dolore fosse continuato. Ora è improbabile rivederlo a Wimbledon quest’anno, ma forse la sua carriera non è finita. La scelta di operarsi di Murray «è arrivata in ritardo, ma è la migliore che potesse prendere e possiamo essere ottimisti sul suo ritorno in campo». Lo spiega Alessandro Calistri, specialista in ortopedia e traumatologia dell’Anca Clinic di Roma, pioniere in Italia delle protesi all’anca metallo-metallo. «Nel nostro Paese siamo nell’ordine dei 1.500-2.000 impianti di questo tipo l’anno, ma sono pochi i centri specializzati perché ancora ci sono pregiudizi su queste protesi», prosegue il chirurgo. «Oggi abbiamo i risultati di 20 anni di esperienza sulle protesi metallo-metallo, una tipologia di dispositivi che ha subito molte critiche per quello che è accaduto alcuni anni fa con un produttore. Il problema è stato superato grazie a 4 tipologie oggi in commercio, sicure e più adatte a pazienti giovani e sportivi — aggiunge Calistri—. I dati della letteratura internazionale dimostrano che nei pazienti sotto i 55 anni le protesi metallo-metallo sono più performanti e hanno una durata ultraventennale rispetto a quelle convenzionali e permettono un recupero più veloce. Mi meraviglio che un campione del tennis come Andy Murray non abbia scelto prima questa opzione e sono sicuro che tornerà di nuovo in campo. Ho operato campioni di karate e di triathlon che sono tornati a competere».


Musetti fa sognare il tennis italiano (Daniele Azzolini, L’Avvenire)

Vi sono vittorie che ti fanno sentire grande, ma quelle Lorenzo Musetti ancora non le conosce. La sua, costruita un colpo alla volta, appartiene a un altro tipo di vittorie, che ti fanno sentire “più grande”, ma solo nel senso dell’età. Una vittoria adulta, per un ragazzo che non ha ancora l’età della patente. A Djokovic è piaciuto proprio quell’aspetto del nostro ragazzo, la forza di volontà che nel tennis passa come forza mentale. Glielo ha detto, e Lorenzo si è fatto di porpora, ma non ha rifiutato il complimento. «Se lo dici tu, che sei il maestro della forza, allora sono a posto». E forse, in quelle due ore di tennis, nella finale degliAustralian Open juniores, Lorenzo adulto lo è diventato davvero. In anticipo sul tennis e sulla carta d’identità, che lo vuole ancora sedicenne, seppure a un passo dai 17. Li compirà il 13 marzo. Non è più un bimbo, Lorenzo, per il tennis è ormai ufficiale. Non saranno più “da ragazzino” neanche i prossimi impegni, che lo porteranno a misurarsi nei primi tornei professionistici, contro avversari che giocano tutti al modo di Emilio Nava, l’avversario americano affrontato nel match decisivo a Melbourne, e tutti sembrano avercela a morte con le povere palline, che bistrattano e tiranneggiano. Non lo saranno le scelte che si troverà a prendere, se avrà voglia di continuare a fare il tennista. E lui di voglia ne ha ancora tanta, perché ha capito in fretta che cosa serve, in questo mestiere, e quali siano le strade da percorrere. «Ho lavorato duramente per vincere questo titolo», racconta, «dopo la sconfitta in finale agli Us Open, lo scorso settembre, ho avuto davanti ai miei occhi solo questa finale e questo riscatto. E ora che ce l’ho fatta, so che la parte più dura deve ancora arrivare». Regole apprese da Simone Tartarini, maestro più che coach, ma anche lui disposto a fare il salto di qualità e inventarsi una seconda carriera. Dieci anni assieme, finora. Glielo consegnò il padre al Circolo Tennis La Spezia, Lorenzo aveva otto anni. «Pensava che il figlio avesse delle qualità da tirar fuori, e cercava qualcuno che lo crescesse senza pressioni, fra tennis e divertimento. Condividevo quel punto di vista e accettai. Procediamo ancora a piccoli passi e  facciamo in modo che un pizzico di divertimento non manchi mai durante gli allenamenti». Lorenzo gli chiede di continuare con lui per sempre, e Simone finirà per accettare, almeno fino a quando capirà che una sua parola, un suo consiglio, riusciranno a sbrogliare le carte e spegnere le angosce che il tennis porta con sé. Ma Lorenzo ha anche altri al suo fianco, e non è detto che una parte delle attuali presenze non si trasformino nel suo team, in tempi futuri. Si allena d’estate a La Spezia, d’inverno invece sui campi della federazione a Tirrenia, con il supporto di Volandri e Rianna. Non solo… Lorenzo ha libero accesso anche alle strutture di Mouratoglou, che l’ha inserito in un club di ragazzi molto forti, cui dare l’occasione di borse di studio e di spazi per allenarsi. Su tutto, ha imposto la sua mano l’azienda di abbigliamento più nota in campo tennistico, che lo ha rivestito di tutto punto. Trattamento da Top Class, come si vede, ma a futura memoria… In realtà, il tennis, quello vero, deve ancora cominciare. […]


Zhzhenov ha 14 anni, è nella Russia di Davis (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

I maligni ci hanno voluto vedere una sottile e diabolica stilettata del potentissimo ed eterno Shamil Tarpischev (deus ex machina del tennis russo), alla nuova formula di Coppa Davis, con i preliminari di venerdì e sabato a qualificare 12 squadre (6 sono già dentro) per la finale in sede unica a Madrid di novembre: avete voluto un baraccone spettacolare, e io chiamo un bambino. Una tesi ardita, sostanzialmente smentita dal fatto che la Russia, per la sfida fuori casa con la Svizzera a Biel, schiererà tutti e tre i suoi giovani fenomeni Khachanov, Medvedev e Rublev, più Donskoy. Resta comunque il dato di cronaca: il quinto della squadra sarà infatti Konstantin Zhzhenov, nato il 17 aprile 2004, che dunque aveva 14 anni, 9 mesi e 23 giorni al momento della convocazione. Non è un record assoluto, perché San Marino nel 2011 fece giocare contro Andorra Marco De Rossi, 13 anni e 319 giorni (primato che rimarrà imbattuto, le nuove regole non permettono di debuttare prima dei 14 anni), ma qui stiamo parlando di una nazione che ha fatto la storia recente della Davis, vincendola due volte nel 2002 e nel 2006, oltre ad aver prodotto due numeri uno del mondo come Kafelnikov e Safin (senza parlare del movimento femminile). Mossa mediatica o meno, il ragazzino potrà allenarsi una settimana con i big del suo paese, anche se non incrocerà né Federer né Wawrinka, non convocati per la sfida. Attenzione, però: Konstantin è uno dei migliori Under 14 d’Europa (attualmente numero 3 dell’apposito ranking) e l’anno scorso ha chiuso imbattuto, in singolare e doppio, l’European Summer Cup U14, per poi conquistare il Tennis Europe Masters U14 a Reggio Calabria. Ha partecipato anche alle Itf World Junior Tennis Finals, vincendo sei dei suoi nove match (4 singoli e 2 doppi). Senza dubbio una stella nascente. Lo chiamano «IceBorg», per la calma in campo e per una certa somiglianza con il grande svedese. Di cui ha affrontato il figlio Leo ai Petit As di Tarbes nel 2017, battendolo: l’erede di Bjorn sostanzialmente non giocò per potersene andare dal torneo, travolto dalla curiosità dei fan e dei giornalisti. Magari tra dieci anni li ritroveremo in una finale Slam.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement