Non è l'India di Krishnan e così l'Italia vede la finale (Clerici). L'erba di Berrettini è sempre più verde (Cocchi). In Davis l'erba è azzurra (Semeraro). L'Italia vede le finali (Azzolini)

Rassegna stampa

Non è l’India di Krishnan e così l’Italia vede la finale (Clerici). L’erba di Berrettini è sempre più verde (Cocchi). In Davis l’erba è azzurra (Semeraro). L’Italia vede le finali (Azzolini)

La rassegna stampa di sabato 2 febbraio 2019

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Non è l’India di Krishnan e così l’Italia vede la finale (Gianni Clerici, Repubblica)

Stavamo finendo di guardare, io e la mia nipotina Anita, i primi due match dell’incontro Italia India, che vede i nostri in vantaggio per un 2-0 facile facile nella ex Coppa Davis. Osservando i palleggi, Anita mi domandava: «Ma giocano tutti con la mano sinistra nell’India, come quel Gunneswaran?». Io, che non me n’ero accorto, rispondevo: «È un caso, Anita. Pensa che una volta, quando avevo anch’io otto anni comete, la mano sinistra veniva chiamata la mano del diavolo, e veniva quasi proibito di usarla, nel tennis. Un grande campione italiano, De Stefani, pregò la mamma di lasciarlo giocare almeno il rovescio come un diritto sinistro. E così divenne il numero tre del mondo». «Era meglio se non lo lasciavano giocare con la sinistra, questo qui. Ma già, In India non devono conoscerlo tanto bene, il tennis». «Non è vero, Anita. Ci sono stati tanti bravi giocatori, in India. Uno è stato intervistato ieri dal mio giornale, Vtjay Amritraj. Ma ne ricordo uno che aveva addirittura vinto Wimbledon jr». « E chi era?». «Ramanathan Krishnan, aveva vinto Wimbledon jr, nel 1954, e poi ha portato il suo paese in finale della Davis 1966 contro l’Australia. E non solo, aveva battuto anche Rod Laver nella Coppa Davis 1959. Ha avuto un figlio che giocava bene quasi quanto lui». «E si chiamava con un altro strano nome?». «Si chiamava Ramesh, a Wimbledon arrivò solo ai quarti di finale». «Con che racchette giocavano?». «Per lo più con racchette di legno. Anzi, racconta Richard Evans che, siccome la loro famiglia, a Madras, aveva una fabbrica di mobili, la prima racchetta pare che gliela avessero fatta in casa». A questo punto Anita mi ha guardato, per dirmi: «nonno, tu non dici mai le bugie?». «Il mio è un mestiere dove, certe volte, ci si va vicino. È meglio il tennis, dove non si possono inventare i risultati».


L’erba di Berrettini è sempre più verde (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

L’erba può essere scivolosa, soprattutto se hai 22 anni e per la prima volta giochi da titolare un singolare in Coppa Davis. E invece Matteo Berrettini i piedi li ha tenuti ben saldi per terra e, nella prima delle due giornate della sfida con l’India a Calcutta, ha chiuso il programma con il secondo punto azzurro dopo quello di apertura centrato dal veterano Seppi. La rincorsa alla finale di Madrid, la prima della nuova era Davis formato Piqué, non poteva iniziare meglio per l’Italia che già col primo match di stamattina all’alba può chiudere la pratica qualificazione […] E dire che Matteo, la notte prima «dell’esame» ha faticato a prendere sonno per l’emozione dell’esordio in nazionale: «Sì, ho un po’ faticato ad addormentarmi la notte prima del match, ma poi ho pensato alla fatica e ai sacrifici fatti per arrivare sin qui fin da quando ero un bambino, e che questo era un sogno che si realizzava. Così mi sono rilassato e la notte è trascorsa tranquilla». Una serenità portata in campo contro Gunneswaran, avversario non irresistibile ma che godeva ovviamente del vantaggio della superficie: «La tensione c’era, anche se dal punteggio forse non sembra — prosegue l’allievo di Vincenzo Santopadre —. Non potevo permettermi di far girare il match, c’era molta tensione perché su una superficie come l’erba bastano pochi punti per cambiare la situazione. Il mio avversario aveva un buon servizio ma io sono davvero soddisfatto di come ho risposto e gestito la partita». È partito col botto Matteo, strappando la battuta al numero 1 indiano che forse non si aspettava un rivale così aggressivo: «Sì, probabilmente l’ho spiazzato. In questi giorni sto sentendo bene la palla nonostante l’erba non sia una superficie su cui sono abituato a giocare. L’importante è chiudere subito, perché ci teniamo tantissimo ad andare a Madrid. Solo qualche anno fa seguivo i miei compagni di squadra in tv e facevo il tifo per loro, e adesso sono qui e voglio godermela. Sono felicissimo di essermi guadagnato la maglia e vestirla è un grande onore». Il capitano è sicuramente tra quelli che tengono di più al biglietto per la capitale spagnola. Corrado Barazzutti ha il sorriso stampato sulla faccia dopo il 2-0 e c’è da credere che stia anche cominciando a rivalutare la nuova formula della Coppa: «È stata una giornata perfetta, in cui tutte le cose sono andate nel verso giusto — ha detto —, ma non dobbiamo rilassarci troppo perché bisogna chiudere la questione qualificazione il prima possibile». Da bravo uomo di spogliatoio applaude il veterano e promuove l’esordiente: «È stato molto importante il successo nel singolare di apertura di Seppi, che ha messo in campo tutta la sua esperienza e solidità. Il primo punto di Andreas è stato fondamentale perché ha consentito a Berrettini di scendere in campo con più tranquillità. Matteo dal canto suo è stato davvero bravo a esordire in questo modo. È difficile vedere un ragazzo così giovane debuttare con questa autorità, sembrava che l’avesse già fatto mille volte».


In Davis l’erba è azzurra (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Il veterano e il debuttante, Andreas Seppi e Matteo Berrettini. A chiudere il discorso in poco più di due ore nella prima giornata della qualificazione di Coppa Davis contro l’India a Calcutta sono bastati loro […] Nonostante l’erba, contro un avversario decisamente modesto il pronostico era sicuramente tutto dalla parte degli azzurri, ma rispetto alla vecchia Davis delle maratone e dei match al meglio dei quinto set, è tutta un’altra cosa. «Ho scelto Andreas come numero uno per la sua esperienza e perché mi sembrava quello più adatto ad affrontare l’indiano che sull’erba ha ottenuto i suoi mi risultati», ha spiegato Barazzutti. «Ramanathan scende spesso a rete, non era una partita facile, ma vincendo Andreas ha anche messo Berrettini nelle condizioni ideali per esordire. E Matteo è stato bravo, non tutti sanno dimostrare tanta autorità nel primo match di Coppa». Vero, il debutto in azzurro non è mai una faccenda banale. Più che l’avversario bisogna combattere contro i nervi e i fantasmi delle proprie insicurezze. «Ieri sera ho faticato a prendere sonno, ero molto teso», ha ammesso Matteo. «Poi ho riflettuto a tutti i sacrifici che ho fatto per arrivare fin qui e che il sonno si perde per cose più gravi». L’unico momento cruciale per l’Italia è stata la palla break salvata da Seppi nell’ottavo game del primo set, «perché lui serviva bene anche con la seconda, o faticavo, e recuperare un set non sarebbe stato facile» […]


L’Italia vede le finali. Sì, Matteo è un uomo Davis (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Ha una bella faccia da Davis, Matteo Berrettini, una di quelle che avrebbe funzionato anche con la Coppa di prima, quella dei cinque set e delle angosce esistenziali quando gli arrivi erano in volata, magari dopo maratone. Ha la risolutezza che serve, le occhiate da vero duro che anticipano i dritti penetranti, la mascella esibita che mostra i propositi di vittoria. C’è sin troppo slancio, per un avversario che vale la metà di lui, ma non è sprecato, anzi. Perché la prima Davis non si scorda mai ed è appropriata, forse sacrosanta, la sua voglia di scrivere una introduzione come si deve ai capitoli che verranno. E poi, vai a sapere come si sarebbe comportato Prajnesh Gunneswaran nell’occasione, sull’erba sin troppo sgarrupata del Kolkata South Club, nel suo ruolo di numero uno e davanti al gentile pubblico di un’India che il biglietto se lo può ancora permettere. Meglio affrontarlo subito per le vie dirette, il barbuto mancino, con due lavandini e tre scaldabagni piazzati ai lati giusti del campo (traduzione dal dizionario tennistico Pennetta/Vinci: colpi talmente robusti da rendere la palla pesante, di volta in volta, appunto, come un lavandino o uno scaldabagno. Superlativo: uno scaldabagno con tutti i tubi). E così è stato, per il secondo punto di una giornata che ha spinto rapidamente l’Italia a un passo dalla finale di novembre a Madrid, grazie anche al prologo di Andreas Seppi, ben recitato e presto trasformatosi in monologo, dato che di Ramkumar Ramanathan si sono avute notizie appena nei primi due game del primo set (una palla break a testa) e nell’ottavo (ancora una palla break, «quella risolutiva, averla salvata è stato fondamentale», dice Andreas) prima di cedere con tre doppi falli la battuta, il set e senza più colpo ferire anche la partita. Ma Berrettini ha fatto di più, e se possibile meglio. Avrebbe potuto cedere all’emozione, e invece ha risolto tutto in 58 minuti. Ripetiamo, cinquantotto. Roba da Federer quando le cose gli girano per il verso giusto. Ha strappato il servizio nel primo game di entrambi i set, ha forzato gli angoli ogni qualvolta gli è stato possibile, e ha tenuto a bada il gioco mancino dell’indiano. Una “prima volta” che per autorevolezza e livello tennistico è stata migliore di quella di molti degli azzurri schierati in Coppa dal 1922 a oggi, quasi tutti forse, Barazzutti compreso. Non a caso il capitano ne parla con l’entusiasmo che non è solito mostrare: «Sembrava un veterano, e il match, ve lo assicuro, avrebbe potuto mostrare molte difficoltà in più. Ma lui le ha subito allontanate, con il giusto atteggiamento. Un esordiente in Coppa, sul erba, fuori casa e contro un mancino. Ragazzi, è stata una prova di grande concretezza». Seguono gli elogi a Seppi, giustificati ma risaputi. «Un primo punto che ha fatto da spartiacque e ha incanalato il match sulla giusta strada». E così, Matteo si prende la sua bella fetta di Coppa, pazienza se di Formula Piqué […] La chiosa è di Seppi (che per anni di servizio coppistico è ormai secondo dietro a Pietrangeli), e vale una pietra tombale sulla nuova formula: «I due set su tre appiattiscono i valori. Il dato positivo? Fatichiamo meno». E tanto basta.

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