Azzurri alle Finals (Crivelli). La finale è servita. Seppi sempre pronto all'uso (Azzolini). L'Italia c'è e va a Madrid (Semeraro)

Rassegna stampa

Azzurri alle Finals (Crivelli). La finale è servita. Seppi sempre pronto all’uso (Azzolini). L’Italia c’è e va a Madrid (Semeraro)

La rassegna stampa di domenica 3 febbraio 2019

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Azzurri alle Finals (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Al gran ballo di fine anno ci saremo anche noi. Perché la Davis rivoluzionata non scalderà i cuori, eufemismo per spiegare l’accoglienza glaciale e polemica attribuita al nuovo format da giocatori (la grande maggioranza) e appassionati, però mancare il debutto avrebbe marchiato il buon momento che sta vivendo il nostro tennis maschile, tra veterani e giovani emergenti. E poi una sconfitta contro quest’India, nonostante l’assenza concordata di Fognini, sarebbe stata incasellata tra le cadute azzurre più roboanti nella storia della Coppa, vecchia o nuova che sia. E invece è andato tutto come previsto, pure che gli avversari vincessero il doppio e dunque toccasse a Seppi risolvere la contesa con il secondo successo personale in 24 ore. Missione compiuta in appena 62 minuti: 89% di punti con la prima, 7 ace e zero palle break concesse contro il buon Gunneswaran, appena salito al numero 102 del mondo, suo paradiso personale alla soglia dei trent’anni. Una prestazione da leader, quella di Andreas, che senza Fognini al fianco ha cancellato con autorevolezza le preoccupazioni di un viaggio complicato per le condizioni ambientali, logistiche (martedì, per esempio, non era stato ancora preparato il Centrale) e di superficie (erba alta e campo gibboso, non certo Wimbledon, insomma). Soprattutto, una presenza carismatica che riporta definitivamente la relazione tra l’altoatesino e la Coppa Davis nell’alveo della reciproca soddisfazione. Andreas ha esordito nel 2004, quando Berrettini e Cecchinato, suoi compagni d’avventura in Asia, avevano otto e dodici anni, è passato attraverso il deserto della B e poi della resurrezione, ma quasi sempre in posizione defilata e a volte perfino con fastidio, come nello spareggio con la Svizzera del 2009, quando venne travolto da Wawrinka per un mal di stomaco psicosomatico nascosto perfino al fidato Sartori e da cui discese la rinuncia alla Davis per l’anno successivo con susseguente, breve, rottura con la Fit. Non è mai stata una questione di soldi, ma di pressioni esterne, di scarsa capacità di adattamento alle gare a squadre: che adesso, crescendo, si è lasciato alle spalle. Tanto da allungare i pensieri, perché no, a quell’appuntamento spagnolo di novembre: «È stata una bella vittoria di squadra in una sfida insidiosa per noi, perché la superficie non ci aiutava e giocare al meglio dei tre set appiattisce i valori. Quanto a me, non sono certo il più giovane, ma ho dalla mia l’esperienza e soprattutto mi sento bene fisicamente. È bello essere qualificati per le finali di Madrid, godiamoci questo successo e poi si vedrà. Negli ultimi anni la Davis è sempre stato un nostro obiettivo, anche se poi per vari motivi era difficile arrivare in fondo. Di sicuro adesso possiamo contare su una buonissima squadra, che sa adattarsi a ogni tipo di superficie». Gli fa eco capitan Barazzutti: «Andreas è stato impeccabile, un grande giocatore. Alla fine i valori sono emersi: eravamo superiori e l’abbiamo confermato. E dobbiamo fare i complimenti a Berrettini per come ha saputo esordire: Matteo sarà un protagonista anche in futuro». Nel sorteggio del 14 febbraio, è vero, non saremo teste di serie: ma non sarà un problema dell’Italia.


La finale è servita. Seppi sempre pronto all’uso (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Quando dice che si può giocare bene anche sull’erba pazza di Calcutta, «a patto di piegare un po’ di più le ginocchia», non e difficile immaginare Andreas Seppi che regola l’altezza con la brugola in mano. È come un mobile Ikea, l’azzurro che più azzurro non si può dopo 45 match in Coppa e 14 anni di militanza che ne fanno, dopo Pietrangeli e prima di Panatta, il nostro tennista di più lungo corso. Sa come adattarsi all’ambiente che lo circonda. Ha vinto il primo titolo sull’erba di Eastbourne, l’unico dei nostri che vi sia riuscito, ha doppiato a Belgrado sulla terra e triplicato a Mosca, cemento indoor. Fa parte di una tipologia di giocatori che ha fatto della solidità e del silenzio, del rispetto e della professionalità artigiana, le armi delle loro conquiste, che sono state assai ridotte, per la verità, ma che non gli hanno impedito di esserci sempre, nei momenti importanti del tennis di questo nuovo secolo. E continua a esserci Andreas, in questa nostra Davis che va alla finale di Madrid con la tranquilla compostezza di chi sa quanto vale e il giusto merito per aver reso facile una sfida che poteva trasformarsi in trappola. Lui ha dato il là alle operazioni, mostrando nel primo match la calma che serviva, e lui ha chiuso la contesa contro il numero 1 indiano, dopo la sconfitta del doppio Berrettini/Bolelli, all’esordio in Davis, ma da coltivare e crescere, per divenire un alternativa funzionale al più classico Bolellli-Fognini, che il regolamento di questa Coppa Piqué potrebbe non favorire quando Fabio sarà impegnato nei successivi singolari. Match sempre condotto da Seppi e chiuso in un’ora e due minuti, per un 3-1 che alimenta speranze. «Andare a Madrid ci fa piacere – dice Andreas – da sempre la Coppa è uno dei nostri obiettivi anche se arrivare in fondo è complicato. Sto bene, anzi, stiamo bene, ma il problema è come staremo a novembre. Siamo una buona squadra, ci giocheremo le nostre chance. Anche questa volta abbiamo dimostrato di essere solidi e positivi, nonostante una superficie erbosa che non è certo quella di Wimbledon». Il doppio ha vinto il primo set, poi ha subito il ritorno del vecchio Bopanna (quasi 39 anni, ma ancora 36 in classifica). «Peccato per l’ultimo set, nel quale abbiamo avuto il break per andare al comando», fa Berrettini. Ma dal 3-1 al 3 pari è stato un lampo e gli Indiani si sono rifatti sotto. «Torniamo in Italia con la conferma di essere un’ottima squadra – dice Barazzutti – un veterano solidissimo come Seppi, un giovane che mi ha impressionato come Berrettini, e un doppio su cui si può investire. Ma la vittoria è venuta anche perché tutto ha funzionato al meglio, a cominciare dai ragazzi che non hanno giocato ma hanno fatto squadra con grande impegno». Il 14 è il giorno del sorteggio. Il quadro d’assieme delle 18 finaliste indica già una discreta partecipazione giovanile alla settimana madrilena. La vittoria più giovane è giunta in Slovacchia, grazie a Shapovalov (19 anni e due punti) e Augier-Aliassime (18 anni) che hanno firmato il 2-3 finale per il Canada Il Giappone ha ribaltato la Cina negli ultimi due singolari, Germania e Australia hanno lasciato a zero Ungheria e Bosnia. Per ora tacciono i più forti. Tocca a Piqué convincerli.


L’Italia c’è e va a Madrid (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

L’Italia ha battuto 3-1 ‘India ed è in finale di Coppa Davis: suona bene, ma non è più la stessa cosa. Fino all’anno scorso la finale bisognava sudarsela in tre turni ed era una questione a due fra le migliori, l’Italia ci arrivò sei volte e la spuntò solo nel 1976. Dal 2019 le “Finals” – meglio chiamarle così per sottolineare la differenza – si giocano in sede unica in una settimana e fra 18 squadre, con una prima fase a gironi (1 punto per ogni match vinto, passano le prime di ogni girone e le migliori seconde, il trionfo della classifica avulsa), quindi quarti, semifinali e finale (o finalissima? Termine orrendo…). Per giunta con due soli singolari e un doppio, anche se sempre al meglio dei tre set, rispetto  ai quattro singolari e doppio di questa prima fase di qualificazione. Follia? No, sport business. Per il momento godiamoci la molto prevedibile vittoria su un’india molto più gracile di quella che nell’85, sempre a Calcutta, ci fece vedere i sorci verdi con Krishnan e Amritraj. Un punto – quello del doppio – lo abbiamo lasciato per strada, il duo Bolelli e Berrettini si è fatto sorprendere da Bopanna e Sharan, ma il risultato finale non è mai stato in forse. Il 2-0 della prima giornata era una cassaforte, a chiudere la serratura ci ha pensato Andreas Seppi, 35 anni il prossimo 21 febbraio. «Non ero il più giovane – ha ammesso Andreas – ma sono in forma e ho iniziato bene la stagione. qui ho giocato due match solidi. Era una sfida insidiosa, questa non è certo l’erba di Wimbledon e i tre set livellano un po’ i valori, ma sul verde mi sento comunque a mio agio». Stavolta anche senza Fognini non abbiamo avuto problemi, Berrettini ha esordito bene in singolare, e capitan Barazzutti l’ha voluto testare anche in doppio. «È stata una bella vittoria di squadra, ma bisogna fare i complimenti a Matteo, non è da tutti esordire in Davis con tanta sicurezza, sarà protagonista anche in futuro», l’ha elogiato il capitano. «Bopanna giocava quando io ancora non ero nato – ha scherzato Matteo – Con Simone giochiamo spesso, ma in Davis è un’altra cosa. Peccato, perché avremmo potuto chiudere 3-0. Le Finals? Ci tenevamo tutti a qualificarci, io fino a poco tempo fa tifavo davanti alla tv, ora sono felicissimo di vestire la maglia azzurra». Giovedì 14, a Madrid, si terrà il sorteggio, allora sapremo con chi dovremo vedercela dal 18 al 24 novembre. […]

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