A Indian Wells la semifinale più attesa: Federer-Nadal 39° episodio (Cocchi). Il genio Federer va sempre di fretta (Semeraro). Kyrgios, il bad boy geniale che ci ricorda McEnroe (Condò)

Rassegna stampa

A Indian Wells la semifinale più attesa: Federer-Nadal 39° episodio (Cocchi). Il genio Federer va sempre di fretta (Semeraro). Kyrgios, il bad boy geniale che ci ricorda McEnroe (Condò)

La rassegna stampa di sabato 16 marzo 2019

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A Indian Wells la semifinale più attesa: Federer-Nadal 39°episodio (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

Il signor Roger arriva presto, finisce presto e non cede mai il servizio. Da quando è sceso in campo al secondo turno di Indian Wells, il Magnifico, non ha mai superato l’ora e mezza in campo. Non ha mai subito un break, e c’è chi scommette che non abbia mai nemmeno sudato. Mister 100 tornei ieri si è qualificato alla semifinale del primo Masters 1000 della stagione battendo in due set Hubert Hurkacz, il polacco della Next Gen, e oggi troverà Rafa Nadal nella semifinale più attesa, il 39° incontro tra i due miti del tennis. Lo spagnolo ieri ha battuto in due set combattutissimi e chiusi al tie break il russo Karen Khachanov, vincitore di Parigi Bercy 2018. Rafa si è anche dovuto fermare per un intervento del medico che gli ha fasciato il ginocchio destro. Per Federer ormai è routine, ma per i seguaci del tennis è un superclàsico che fa sognare: «Sarà molto bello ritrovarci — ha commentato il vincitore di 20 Slam —, forse più per il pubblico che per noi. Comunque c’è sempre una grande energia quando ci sfidiamo». Hubi, come lo chiamano in famiglia, forse è stato l’avversario più impegnativo per Roger nell’ultima settimana. Servizio potente e sempre vario, il 22enne di Wroclaw che ha eliminato nel suo percorso Pouille, Nishikori e Shapovalov, non si è fatto intimorire più di tanto dal monumento svizzero, godendosi fino in fondo il match che sognava fin da bambino, fin da quando, a 5 anni, aveva iniziato a giocare con la mamma: «Affrontare Roger è fantastico — ha detto il numero 67 al mondo —. È quello per cui ci alleniamo e lavoriamo: giocare in grandi stadi, in grandi eventi e contro grandi avversari». I due si erano già incontrati a Shanghai, e Hubi aveva gli occhi che brillavano al solo pensiero, non era un match ma solo un allenamento, sufficiente però al polacco per metterlo nell’album dei ricordi indelebili […] Lo stesso Roger si è complimentato con il giovane, per i suoi modi educati ancora prima che per la sua tecnica: «Ricordo che nel riscaldamento ha commesso un piccolo errore —racconta Roger — e si è subito scusato, è davvero un ragazzo molto dolce. Sta giocando molto bene e sono contento per lui perché può crescere ancora». Più che una benedizione da parte dello Svizzero per questo ragazzone di due metri che lo scorso anno, di questi tempi, era numero 272 del mondo. Un vero e proprio decollo per lui che adesso è numero 67 e da lunedì sarà numero 53, best ranking in carriera. Federer, numero 4 al mondo e capace due anni fa di realizzare il Sunshine Double (la doppietta Indian Wells/ Miami) per la terza volta, è in una forma strepitosa, lo dimostrano i 37 minuti impiegati per sbarazzarsi di un rivale in crescita e di 15 anni più giovane, segno che il 100 gli va già stretto: «Sono riuscito a giocare un bel match — ha commentato Federer, applaudito in tribuna da Bill Gates —, mi sento molto bene fin dall’inizio della stagione. Ma non è un caso, se gioco così bene è perché mi sono preparato al meglio per essere pronto in questo torneo» […]

Il genio Federer va sempre di fretta (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Il Federer California Express va veloce, se fosse un treno sarebbe un Tgv. Un’ora e 19 minuti per battere Peter Gojowczyk all’esordio, sessantuno minuti per liberarsi del nemico fraterno Stan Wawrinka, tre di più per congedare Kyle Edmund in ottavi. E meno di un’ora e un quarto ieri per salutare i 196 centimetri di Hubert Hurkacz, 22enne di Breslavia che sta cercando di rimettere la Polonia sulla mappa del tennis, e approdare in semifinale; la sua 65a in un Masters 1000, la 12a a Indian Wells, dove ha vinto in totale 66 partire (12 perse) e alzato 5 coppe. In media fanno 70 minuti a partita, però divisi in due tappe diseguali. Per tutta la settimana il Genio è uscito a razzo dalla stazione, rallentando un filo nel secondo set anche ieri, nonostante il punteggio periodico, 6-4 6-4, con una palla break concessa nel finale. Morale: non vuole perdere tempo Roger; ne sprecare energie. Appena vede il buco cerca di picchiare un vincente, di scavarsi un sentiero verso la rete; o di piazzare un ace quando il game si mette in salita. Ad agosto compirà 38 anni, gli ‘economy run’ sono diventati un’esigenza. La buona notizia per i federeromani di tutto il mondo è che su gare sprint del genere il FedExpress non deraglia, anche quando davanti ha nipotini o bisnipotini come il ‘dolce’ Hubert (l’aggettivo è di Federer), che lo scorso novembre era in campo a Milano per le Next Gen Finals, l’incubatrice di campioncini. La curiosità, a partire da oggi e per il resto della stagione, è capire come se la caverà il Roger abituato all’alta velocità su tratte più lunghe e contro avversari più scorbutici. Già stasera, ad esempio, le cose potrebbero complicarsi. La semifinale a Indian Wells, dove l’anno scorso fu sconfitto in finale da Juan Martin Del Potro, gli consente comunque di tenere il quarto posto nel ranking mondiale, risuperando virtualmente Kei Nishikori. Sia Zverev, sia soprattutto Djokovic e Nadal restano lontani in termini di punti, ma la residenza fra i primi quattro è un agio in più in vista dei tabelloni futuri […]

Kyrgios, il bad boy geniale che ci ricorda McEnroe (Paolo Condò, Sport Week)

Nel giorno in cui il mondo del tennis si spellava ancora una volta le mani per applaudire Roger Federer, capace di tagliare a Dubai l’incredibile traguardo dei 100 tornei Atp vinti, quello che secondo me è il secondo talento puro in circolazione – ovviamente dietro la leggenda svizzera – vinceva ad Acapulco il suo torneo Atp n.5. Sto parlando di Nick Kyrgios, il 23enne australiano dotato di un braccio commovente, ma che stenta a farlo fruttare essendo quel che si dice un pazzo scatenato. Mi permetto la definizione un po’ diretta perché nutro per Kyrgios la stessa affettuosa simpatia che mi hanno ispirato nel tempo John McEnroe e Marat Safin, o cambiando sport Antonio Cassano e Steve Podborski: talenti sublimi incapaci, per la loro sulfurea consistenza, di focalizzarsi a lungo su una banalità come il risultato. In realtà McEnroe ne ha vinti tanti di Slam, anche perché il suo nevrotico approccio ai match mandava fuori di testa gli avversari prima di lui. Quel che è successo stavolta a Kyrgios, che a furia di mattane – non tutte limpide, a onor del vero – ha mandato fuori giri persino un computer come Rafa Nadal, sconfitto nei quarti al tie-break 8-6 dopo essersi trovato avanti 6.3. Di McEnroe, oltre a colpi di suprema qualità, Nick replica l’atteggiamento schifato innanzitutto verso se stesso e poi verso ciò che lo circonda. Se il messaggio-chiave di Open è che Agassi odiava il tennis, qui siamo oltre: in qualsiasi momento e dopo qualsiasi colpo, Kyrgios fa capire molto chiaramente che vorrebbe essere da tutt’altra parte, e che si trova li soltanto per far piacere a noi. O, meglio, per consentirci di fischiarlo: non è mai automatico che il genio lunatico venga apprezzato, e ad Acapulco il pubblico ha sempre fatto (e rumorosamente) il tifo per il suo avversario. In finale Kyrgios ha disposto di Zverev senza grandi difficoltà: l’ha stremato a furia di millimetriche smorzate, il colpo che più di qualsiasi altro descrive la qualità di un braccio […]

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