Canada, la nuova frontiera delle star (Crivelli). Isner, il gigante gentile: difende l'arbitro e vince (Zanni). «Torino, sì ci siamo» (Guerrini)

Rassegna stampa

Canada, la nuova frontiera delle star (Crivelli). Isner, il gigante gentile: difende l’arbitro e vince (Zanni). «Torino, sì ci siamo» (Guerrini)

La rassegna stampa di venerdì 29 marzo 2019

Pubblicato

il

Canada, la nuova frontiera delle star (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Se la storia è maestra di vita, teniamoci forte. I libri mastri di Miami, infatti, ricordano al mondo che l’ultima volta in cui due under 20 raggiunsero i quarti del torneo fu nel 2007: si chiamavano Djokovic (che lo vinse) e Murray. Le carriere che sono seguite a quell’avventura rappresentano la stella polare, affascinante e al tempo stesso assai impegnativa, per Shapovalov e Auger-Aliassime, i nuovi eroi capaci di replicare l’impresa 12 anni dopo. Di più: il non ancora diciannovenne Felix, con il successo su Coric, ha aggiunto freschi record a quelli inanellati in un cammino fin qui magico e partito dalle qualificazioni. Nessuno così giovane, infatti, era mai stato semifinalista in Florida (18 anni e 8 mesi) e appena in cinque prima di lui ci sono riusciti sotto i vent’anni, e si tratta di una compagnia di extralusso: Agassi, Hewitt, Nadal, Djokovic e Murray. Tutti diventati numeri uno. Il figlio di Sam, maestro di tennis di origine togolese che ovviamente è stato il suo primo allenatore, ci aggiunge il tocco di una performance incredibile: in carriera ha affrontato cinque top 20 e ha sempre vinto. In un anno ha guadagnato ben 149 (era 182, adesso sarà almeno 33). L’altro segnale clamoroso che arriva da Miami è che i due teenager più caldi del momento provengano entrambi da un paese, il Canada, sostanzialmente senza tradizioni tennistiche. Nel 2007 la Federazione decise che il tennis doveva diventare «l’attività ricreativa leader nel Paese» con l’obiettivo di formare giocatori di alta classifica, partendo praticamente da zero ma con 6 milioni e mezzo di euro all’anno da investire. Viene creato il National Training Center a Montreal e lì vengono concentrati tutti i migliori juniores dai 14 ai 18 anni. A guidarlo, Tennis Canada chiama il francese Louis Borfiga, che aveva seguito un progetto analogo in patria da cui era uscita la generazione degli Tsonga e dei Monfils. E oggi proprio lui è il più felice: «Quando arrivano qui, valutiamo le capacità atletiche, quelle tecniche e soprattutto li stimoliamo a capire se hanno davvero desiderio di fare questo sport. L’intento infatti non è di formare solo giocatori, ma soprattutto uomini e donne di spessore». Nella struttura lavorano sette coach (tra cui il milanese Roberto Brogin, che aveva allenato Safin, Sanguinetti e Gaudenzi) e un preparatore, i ragazzi entrano in mini-team da due/tre atleti seguiti da un maestro specifico e si allenano tre mesi all’anno, quando non sono impegnati nei tornei. Da Montreal sono passati tutti, a cominciare da Raonic. I suoi successi sono stati il primo motore della crescita del Centro, perché l’esempio di un campione è sempre una miccia: poi sono arrivati Pospisil, la Bouchard (finalista a Wimbledon a 20 anni), Shapovalov, Auger-Aliassime e la Andreescu, volto nuovo al femminile. Di loro, solo la Bouchard ha sangue tutto canadese. Lo Stato della foglia d’acero propugna il multiculturalismo nella Costituzione e per tradizioni storiche e geografiche ha sempre favorito l’immigrazione, mettendo a disposizione spazi e ricchezze. Ottenendone in cambio, probabilmente, il dominio del tennis che verrà.


Isner, il gigante gentile: difende l’arbitro e vince (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

Nel mondo del tennis, dove sbattere la racchetta e protestare urlando contro gli arbitri spesso è la prassi, ce n’è un altro (minuscolo) dove capita l’incredibile. È il mondo di John Isner, chiamato’ The Gentle Giant’, il gigante gentile (è alto 2,08) che anche a Miami ha avuto l’opportunità di ribadire quanto corretto sia il suo soprannome. Un errore grossolano del giudice di sedia Mohamed Lahyani nell’incontro dei quarti con Roberto Bautista Agut, una prima palla di servizio chiamata fuori quando era dentro di dieci centimetri, ha provocato i “buu” del pubblico, nonostante le immediate scuse arrivate dal seggiolone. Il Gigante allora è intervenuto per zittire la folla agitando il dito per dire no, che così non si doveva fare. Poi, a furia di ace, ha centrato la sua terza semifinale al Miami Open (2015 e 2018 i precedenti), dove l’anno scorso ha anche vinto il suo unico Master 1000. Non si tratta ovviamente di una novità, la forza di Isner è per la maggior parte raccolta nel servizio. Ma per giungere alla penultima tappa dei Miami Open 2019 (dove oggi affronterà la rivelazione Felix Auger-Aliassime, al debutto in una semifinale di un Master 1000), lo statunitense ha avuto bisogno di soli otto set, sette dei quali vinti al tie-break (l’ottavo un 7-5). «Non ho visto giocare Felix molte volte – ha detto Isner parlando del suo avversario –: però so che si tratta di una delle stelle più brillanti del futuro del tennis». Isner è il campione in carica pronto a riconfermarsi, anche se continua a ripetere che non ci pensa proprio. «Amo giocare qui, è una delle migliori città del mondo. Ma l’avevo detto prima dell’inizio del torneo che non avevo chances di difendere il successo dell’anno scorso, e continuo a ripeterlo; perché solo una volta ho conquistato un Master 1000. Quindi basta fare i conti. Comunque c è anche da aggiungere che adesso sono solo a due vittorie dal riuscirci».


«Torino, sì ci siamo» (Piero Guerrini, Tuttosport)

L’Atp tour decide quando nel Board sono tutti (o a maggioranza) convinti. La politica italiana ieri si aspettava una risposta, dopo la conference call in cui era stata presentata la fideiussione del Credito Sportivo, con sensazioni molto positive. A Miami, dove l’Atp è riunita in occasione del secondo Masters 1000 di stagione c’è invece il presidente della Federtenis Angelo Binaghi, impegnato nel tessere la tela delle relazioni. Ci si aspettava una risposta, non è arrivata. Del resto nell’Atp attuale, dopo il colpo di stato che ha condotto alla destituzione di Chris Kermode è possibile che non sia agevole trovare unità di vedute. Il Govemo cittadino e nazionale ci credevano e hanno atteso invano fino alle nostre sette del pomeriggio (le 13 in Florida), spinti dall’entusiasmo misto all’ansia per un’attesa ormai lunga. Le Atp Finals sono una vetrina e un affare da circa 250 milioni. Dopo i 7,5 milioni della Regione Piemonte, l’1,5del Comune, i due annui degli imprenditori è arrivata anche la fideiussione da 78 richiesta dall’Atp Tour e garantita dal Credito Sportivo. Perciò il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Simone Valente, che ha partecipato attivamente alla presentazione della candidatura, appoggiando l’idea del sindaco di Torino Chiara Appendino, era già ottimista mercoledì sera: «Ci spero veramente perché l’impegno del Governo è stato grande, ci abbiamo lavorato giorno e notte. Devo ringraziare la Federtennis e il Credito Sportivo perché hanno messo a disposizione tutte le energie necessarie per raggiungere questo grande obiettivo che, se andasse in porto, porterebbe grande vantaggio a tutto il Paese. Tutto ci porta a pensare che le possibilità per Torino di ospitare le Atp Finals siano molto buone. Abbiamo fatto tutto il possibile: ora incrociamo le dita e aspettiamo notizie da Miami». Ovviamente in una simile trattativa ogni gesto e azione può cambiare lo scenario. All’ultimo rilevamento si dava Manchester ormai fuori dai Giochi come Singapore e Tokyo (bocciata dai giocatori che non avrebbero intenzione di riprendere l’aereo dopo i viaggi di un anno e l’ultimo Masters 1000 a Parigi). Insomma sembrava un duello tra Londra che non voleva aumentare il proprio impegno economico, e Torino. Ma, per l’appunto, basta un aumento di budget e offerte per cambiare la graduatoria. Bisogna dunque attendere l’annuncio ufficiale, oggi. Il Board attuale è composto da tre rappresentanti dei giocatori David Edges (interim), Justin Gimelstob, Alex Inglot. Poi ci sono tre rappresentanti dei tornei, cioé Gavin Forbes, Charles Smith, Herwig Straka. Questi uomini (ma c’è anche un player Council presieduto ora da Djokovic) hanno in mano il destino nelle Atp Finals, dopo che le due visite ufficiali avevano convinto tutti delle potenzialità tecniche e logistiche del capoluogo piemontese. Il ritorno per la città, per il tennis e per il Paese sarebbero incredibili. Basti pensare che tutto l’anno e ancor più durante i Masters 1000 (e persino gli Slam) si parlerebbe di Race to Torino. Intanto dall’Atp Tour arriva una notizia: è Perth la terza città australiana che ospiterà la nuova ATP Cup, apertura della stagione 2020 (3-12 gennaio). La prima edizione della competizione a squadre si svolgerà in parallelo in tre sedi – Sydney e Brisbane le altre due – tra 24 nazionali (la formula prevede due singolari e un doppio per ciascuna sfida), a contendersi un montepremi di 15 milioni di dollari e un massimo di 750 punti ATP.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement