L'attesa di Torino per il sì alle ATP Finals (Piccioni, Bertellini). Isner in finale nel suo giardino (Marianantoni)

Rassegna stampa

L’attesa di Torino per il sì alle ATP Finals (Piccioni, Bertellini). Isner in finale nel suo giardino (Marianantoni)

La rassegna stampa del 30 marzo 2019

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Corsa al Masters, l’attesa si prolunga. Ora Torino ci crede (Valerio Piccioni, La Gazzetta dello Sport)

Anche la giornata di ieri è trascorsa aspettando il verdetto sulle Finals. Quantomeno fino a ieri sera l’Atp non aveva ancora ufficializzato la sua decisione. Dilemma ancora difficile da risolvere o semplice prassi che lascia passare un po’ di tempo fra scelta e ufficializzazione? Forse più la seconda della prima. A Torino c’è sempre un prudente ottimismo. La sindaca Chiara Appendino continua a incrociare le dita ed è in costante contatto con il presidente della Federtennis Angelo Binaghi, che è a Miami, il luogo della decisione. Il board, a cui compete la scelta, può comunicare la sua ultima parola da un momento all’altro. LE GARANZIE La documentazione delle cinque candidature è stata vista e rivista, soprattutto con la verifica delle fideiussioni. […] Nella scelta della città delle Finals 2021-2025 potrebbero aver avuto un ruolo anche i nuovi equilibri all’interno dell’Atp dopo l’annuncio che l’attuale presidente Chris Kermode lascerà a fine stagione. VOGLIA DI CAMBIARE Londra rappresenta la continuità, l’andare sul sicuro, la solidità di quest’ultimo periodo di Finals, che si svolgono nella capitale britannica dal lontano 2009. Ma fra i giocatori, ne ha parlato anche Djokovic, c’è anche una certa voglia di cambiare. Non rimanendo in Gran Bretagna, anche se c’è pure Manchester, ma magari in Europa. Ecco perché Torino rappresenta un’alternativa valida e dopo una serie di colpi a vuoto alla ricerca delle risorse necessarie per correre, è tornata decisamente in corsa. Tokyo, nella corsa c’è anche Singapore, rappresenta invece la potenza economica di una città che peraltro nel 2021 sarà reduce dall’esperienza olimpica. Sembra davvero una partita infinita. Ma forse il risultato è stato già scritto

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ATP Finals, Torino aspetta un sì (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Un’altra giornata di attesa è trascorsa senza la classica fumata bianca, che tutti erano pronti ad accogliere proveniente da Miami, dove è in corso il 2° Masters 1000 di stagione e dove si succedono le riunioni del board dell’Atp, organismo che dovrà emettere la “sentenza” finale circa l’assegnazione delle Atp Finals per il quinquennio 2021-2025. Le città candidate e i rispettivi referenti rimangono alla finestra, dopo aver presentato la documentazione richiesta. Ovviamente anche Torino che pare essere tra quelle più papabili per collocazione europea, impiantistica olimpica e altri fattori che dopo le garanzie economiche fornite potrebbero risultare determinanti in positivo. […] Anche dalla Federazione non arrivano “spifferi” e così commenta il consigliere nazionale Pierangelo Frigerio, per anni presidente del Comitato Regionale Piemontese FIT e profondo conoscitore del movimento: «Sarebbe una grande opportunità, irripetibile per dare ancora più visibilità al nostro sport che ha già compiuto passi da gigante nelle ultime stagioni. Per Torino, poi, un evento da capitalizzare anche sotto tanti altri profili, dopo l’unione d’intenti manifestata anche dagli Enti locali e regionali. Siamo tutti sulle spine ma non trapela nulla. Noi consiglieri siamo i primi ad essere informati e per ora da Miami non giungono notizie di nessun genere. La speranza è massima e condivisa. Sono ore di trepidazione». Le concorrenti sono note, ovvero Londra, Manchester, Singapore e Tokyo. Proprio Londra, che attualmente già ospita l’evento e Tokyo sembrano essere le principali concorrenti di Torino, ma visti i silenzi e i rinvii, a questo punto a oggi o domani (che chiuderà ufficialmente con la finale maschile il torneo americano), tutto è ancora possibile. Reduce dal Masters 1000 di Miami dove ha ceduto al secondo turno a John Isner, Lorenzo Sonego si unisce al coro dei tifosi speciali: «Per noi giocatori in crescita sarebbe una gran cosa poter vedere i migliori del mondo a Torino, per cinque anni. Uno stimolo in più a far bene ed emularli»

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Isner in finale nel suo regno. Resa Aliassime (Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport)

Due generazioni a confronto, quella dei vecchi leoni contro i nuovi rampolli, per le semifinali di Miami. La prima è finita nella mani del glaciale John Isner, 34 anni il prossimo 26 aprile, costretto a rifugiarsi nella specialità della casa, il tie break, per frenare l’impeto naturale del canadese Felix Auger-Aliassime, di anni 18, primo nato nel terzo millennio a fare così tanta strada in un Masters 1000. […] IL MATCH Senza timore reverenziale, Felix Auger-Aliassime ha tentato da subito di travolgere il freddo, calmo e compassato statunitense, cercando di farlo muovere e di toglierli sicurezza. Le prime tre palle break non sono andate a buon fine, cancellate dagli ace di Isner, ma la quarta, nel 7° game, è stata quella buona che ha permesso al canadese di andare a servire per il primo set. Ma avanti 5-4 Auger-Aliassime ha accusato le vertigini e con una pioggia di doppi falli (3) ha rimesso in pista Isner che ha prolungato la contesa conquistando il tie break con 4 punti consecutivi. MINIBREAK Uno schiaffo che avrebbe frastornato qualsiasi coetaneo del canadese, ma non Felix che ritrovava subito il ritmo, una buona percentuale di prime e una discreta padronanza del campo, sempre mirata a far pedalare Isner più del dovuto. E anche stavolta il primo a cedere è stato Isner, travolto dall’incosciente esplosività del canadese che volava indisturbato sul 5-2, provando ancora una volta a chiudere il parziale sul 5-3. Ma come nel set precedente Auger-Aliassime si è irrigidito, ha smarrito la prima di servizio, è incappato in un doppio fallo figlio della tensione e ha finito per sparare un dritto a metà rete che ha restituito il sorriso a Isner. Solo a questo punto lo statunitense ha annusato l’odore del sangue, si è impossessato delle preda senza farsi impietosire. Ed è bastato il minibreak ottenuto nel primo punto del tie break per consegnargli la seconda finale consecutiva a Miami. «E’ difficile da digerire — ha detto Felix a fine incontro — l’esito di un match del genere, ma ero molto teso sia sulla prima che sulla seconda di servizio. Quando giochi a questo livello è difficile perfino concentrarsi sulle cose che devi fare». Isner si gioca domani la finale a Miami, ma il futuro corre a grandi passi verso Felix Auger-Aliassime

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Barty, orgoglio aborigeno (Roberto Zanni, Il Corriere dello Sport)

Nel 2015 giocava a cricket in un club professionistico australiano. Ashleigh “Ash” Batty infatti qualche mese prima, al termine degli US Open 2014, aveva deciso a 18 anni di allontanarsi dal tennis: tutto si era svolto troppo velocemente per lei. E c’era anche la depressione. Una stagione nel Brisbane Heat e un’altra nel Qeensland Fire. Poi nel maggio 2016 il ritorno e un mese dopo era 623 al mondo. Lunedì, grazie al successo nei quarti contro Petra Kvitova, sarà invece numero 9 (attualmente è 11°) finendo per la prima volta tra le Top Ten. Con l’ingresso tra le dieci regine, oggi anche la prima finale in un Master 1000. AVVERSARIA. L’ultimo appuntamento dei Miami Open la vedrà infatti di fronte alla ceca Carolina Pliskova (7), due vittorie a testa nei confronti diretti Batty, 22 anni, australiana di Ipswich, finora ha vinto 3 tornei WTA e ha raggiunto i 5,5 milioni di dollari, ma a questi livelli, in singolare, non ci era mai arrivata. I suoi successi più eclatanti finora li aveva raggiunti nel doppio con una vittoria agli US Open 2018 e una finale in ognuno degli altri Slam. 7 ORE. Ma per conquistare l’ultimo atto dei Miami Open ha avuto bisogno di quasi sette ore. Infatti l’incontro con la estone Anett Kontaveit, concluso 6-3, 6-3, durato 76 minuti, dalle 13 locali (ora di inizio programmata), si è dilungato fino a sera a causa della pioggia che per due volte ha interrotto la partita. «Davvero un giorno lungo – ha poi detto Ash -. Però è stata anche l’opportunità di bere un caffè e guardare il golf in tivù, così mi sono rilassata: quando è stato il momento di rientrare in campo ero pronta per il mio lavoro». Ora d momento più importante nella carriera dell’australiana, numero 1 del suo Paese. «Sono così orgogliosa di me stessa e del mio team per aver creduto in questo processo – ha aggiunto – . Penso che abbiamo avuto delle incredibili opportunità in campo per fare qualcosa di speciale. Adesso arriva un’altra possibilità, una chance per il titolo: sono davvero entusiasta di trovarmi in questa posizione. Cercherò di giocare il mio tennis, che poi è la cosa più importante». ABORIGENA. Nell’incredibile viaggio di Ash Barty c’è anche un’altra componente, fondamentale: l’orgoglio delle proprie origini. L’anno scorso è diventata “Indigenous ambassador”: la nonna paterna infatti era aborigena. «Fiera di essere una donna aborigena – ha raccontato -: il ruolo di ambasciatrice è qualcosa molto vicino al mio cuore». Quando Ash era ancora ragazzina, c’era stato chi aveva previsto che sarebbe diventata una stella: una leggenda degli anni Settanta, Evonne Goolagong, prima aborigena a vincere uno Slam.

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