Federer trova Isner: «Il servizio? Come parare i rigori» (Crivelli). Federer-Isner, non è un torneo per giovani (Zanni). Il trionfo della Barty, orgoglio aborigeno (Crivelli)

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Federer trova Isner: «Il servizio? Come parare i rigori» (Crivelli). Federer-Isner, non è un torneo per giovani (Zanni). Il trionfo della Barty, orgoglio aborigeno (Crivelli)

La rassegna stampa di domenica 31 marzo 2019

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Federer trova Isner: «Il servizio? Come parare i rigori» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

C’era una volta un ragazzo che non tremò davanti al talento paradisiaco incarnatosi nel più grande di sempre, anche se lo affrontava per la prima volta. E a Miami, negli spogliatoi, non abbassò mai lo sguardo, in un sublime atteggiamento di coraggio che lo spinse addirittura a batterlo sul campo. Alt: questa non è la storia di Denis Shapovalov e della sua impresa contro Federer, che infatti non c’è stata, ma il ricordo di quanto avvenne giusto 15 anni fa in Florida nella prima sfida tra i due più grandi rivali della storia del tennis, Roger e Nadal. Allora il Divino era già il Divino; pensatelo adesso con il carico di onori e gloria e il solito pubblico solo e soltanto per lui: ci sarebbe voluta la «garra» del maiorchino per avere un match equilibrato. E infatti Denis, che alla vigilia aveva ammesso di essere molto emozionato nell’affrontare l’idolo dell’adolescenza, praticamente non entra mai in partita, pietrificato dal monumento che si ritrova davanti, autore di 30 vincenti (a 8) e capace di cedere appena otto punti con il servizio. Insomma, dopo lo spettacolo dell’incrocio degli ottavi fra Shapo e Tsitsipas, decisamente il miglior incontro della settimana, e l’apoteosi giovanile canadese con Auger-Aliassime, la Next Gen torna per un momento nella culla e si inchina alla vecchia guardia, prima Isner e poi lo svizzero. Un concetto che Federer ha spiegato alle figlie prima di mettere piede in campo: «Ho detto alle gemelle che Shapovalov non era neanche nato quando io ho iniziato a giocare da professionista. Loro hanno detto “cosa? Aspetta un secondo”. E dopo aver fatto i calcoli: “Quindi questo ragazzo è davvero giovane”? Così ho dovuto rispondere che forse sono io a essere vecchio». Con l’elisir di lunga vita in tasca, però. Questa in Florida è la 50^ finale in un Masters 1000, record in solitaria (era a 49 come Nadal), e riapre la caccia al titolo numero 101, perché a questo punto l’albo d’oro è più prezioso del sogno di un’altra escursione al numero uno: «Cerco di vincere i tornei piuttosto che pensare alla vetta del ranking. Tornare numero uno è molto difficile. Dovrei andare fino in fondo in tre Slam, e non è ragionevole aspettarselo a 37 anni. Uno dei momenti più belli nella mia carriera è stata senza dubbio la vittoria dell’anno scorso a Rotterdam perché mi ha restituito il primo posto a 36 anni e dopo i successi a Wimbledon e agli Australian Open. Ma ora il numero 1 è lontano e Djokovic ha vinto tre Slam di fila. Non può essere il mio obiettivo in questo momento». Dunque, occhi solo su Isner, il campione in carica rifiorito all’improvviso. Long John fin qui ha vinto tutte le sue partite (cinque) in due set, con nove tie break su nove portati a casa e 98 ace. Proteggersi dalla grandinata, per Roger, non sarà semplice: «Come si può rispondere al suo servizio? Alcune volte si va a sensazione. Altre per inerzia. Altre si cerca di indovinare un po’ prima e vedere cosa succede. E’ una di quelle battute impossibili da leggere, e quando lo affronti ti senti come un portiere quando la partita arriva ai calci di rigore: ti butti da una parte e speri che sia quella giusta».


Federer-Isner, non è un torneo per giovani (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

Questi Next-Gen hanno tutta una carriera davanti, possono aspettare. Dopo Felix Auger-Aliassime, 18 anni, anche Denis Shapovalov, 19, si è dovuto arrendere. Così oggi la finale dei Miami Open 2019 sarà degli ultratrentenni: Roger Federer 37 (esattamente l’età dei due canadesi messi assieme) e John Isner, 33, campione in carica. «Prima del match – ha raccontato lo svizzero – ho detto alle mie figlie che Shapovalov non era nemmeno nato quando ho giocato la prima partita nel tour. Loro mi hanno risposto con un “cosa?” Beh è stata una motivazione in più». E un altro record. Dopo i 100 tornei vinti, Roger ha centrato a Miami la 50° finale in un Masters 1000, superando il primato di Rafa Nadal che si era fermato a 49. E ora la sfida svizzero-statunitense che metterà nei problemi il pubblico a stelle e strisce: fare il tifo per il giocatore di casa o per il più amato del tour? «Non vedo l’ora di entrare in campo – ha detto Federer – Isner ha uno dei migliori servizi di sempre, sono un suo grande fan e mi piace guardarlo giocare. I big server sono più divertenti rispetto a chi dopo 25 colpi riesce a trovare quello vincente». Oggi Federer cercherà il suo 101° torneo. «Adesso cerco di vincere i tornei, il primo posto del ranking è lontano, dovrei almeno andare molto avanti nei tre Slam che rimangono e alla mia età non è semplice». Cinque a due è il bilancio degli scontri diretti con Isner ma lo statunitense, 98 ace durante il torneo, in questa edizione dei Miami Open non ha ceduto un set agli avversari, vincendone nove su dieci al tie-break. «Ogni volta che giochi contro Federer in un grande appuntamento – ha sottolineato Isner – è fantastico. Ci siamo già trovati in una finale, sette anni fa a Indian Wells, e mi ha battuto».


Il trionfo della Barty, orgoglio aborigeno (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Donne senza una padrona: Miami incorona la quattordicesima vincitrice diversa in 14 tornei. Questa volta tocca all’australiana Ashleigh Barty che, come la rivale Pliskova, a Miami giocava la prima finale in un Premier Mandatory. Partita equilibrata soltanto nel primo set, in cui la ceca si ritrova avanti 3-1, ma poi nel tie break non può contrastare il gioco vario e brillante della 22enne di Ipswich, che dall’1-1 infila sei punti consecutivi. Sipario: la Pliskova, stravolta dalla stanchezza, non ha più energie e la Barty (15 ace) si invola verso il successo più importante della giovane carriera, che nel 2014 interruppe per 17 mesi per dedicarsi al cricket professionistico. In realtà, fu un isolamento necessario dalla nausea da tennis, che si accompagnava alla depressione. Domani la Barty, che al rientro nel 2017 si ritrovò oltre la 300^ posizione, farà il debutto in top ten (da numero 9), un premio da dedicare agli aborigeni di cui, come la grande Goolagong, porta il sangue attraverso una bisnonna.

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