Murray si allena di nuovo: "È un inizio" (Crivelli). Diamo un campo al nonno del tennis (Clerici). Torino contro se stessa: adesso ci vogliono i soldi (Ricca)

Rassegna stampa

Murray si allena di nuovo: “È un inizio” (Crivelli). Diamo un campo al nonno del tennis (Clerici). Torino contro se stessa: adesso ci vogliono i soldi (Ricca)

La rassegna stampa di mercoledì 3 aprile 2019

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Intanto Murray si allena di nuovo: “È un inizio” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Un muro, una pallina, quattro tiri come si faceva da bambini. E una frase, postata su un video di Instagram, che racchiude la felicità di una vita agonistica pronta a schiudersi di nuovo: «It’s start», È un inizio. Due mesi e qualche giorno dopo la seconda operazione all’anca destra, Andy Murray torna a tenere in mano una racchetta e a riprendere confidenza con dritti e rovesci, immortalando sui social la prima uscita da tennista che non vuole arrendersi. I campi sono quelli dell’Oxshott Village Sports Club, la cittadina dove Andy risiede. Giusto qualche colpo contro la parete di allenamento, ma di enorme significato per un giocatore che a inizio gennaio, e poi dopo la sconfitta con Bautista a Melbourne, il suo ultimo match, aveva annunciato il ritiro a causa degli invincibili dolori all’articolazione, con la speranza di riuscire a resistere fino a Wimbledon per una degna uscita di scena. L’opzione di un nuovo intervento chirurgico si è però rivelata vincente, come aveva rivelato lui stesso un paio di settimane fa: «Sono molto più felice ora di quanto lo fossi 12 mesi fa, perché posso muovermi senza sentire dolore. La riabilitazione è lenta ma procede, devo solo essere paziente. Certo che spero di tornare a giocare». Nessun progetto di rientro, ovviamente, ma un sogno forte: ripresentarsi davvero per Wimbledon. E non per la passerella d’addio.

Diamo un campo al nonno del tennis (Gianni Clerici, La Repubblica – Milano)

Ci vuole fortuna nella vita. Vi racconto come ho avuto fortuna nella storia delle balette, cioè delle palline da tennis (chiamiamolo così) rinascimentali trovate in Italia, solo in Italia. Avevo conosciuto da giovane un grande scrittore, Giorgio Bassani, che era al contempo un buon tennista. Giorgio non mancava un pomeriggio al Foro Italico, durante gli Internazionali , e non ho mai incontrato qualcuno, giocatore o giornalista, che disquisisse alla pari di lui su quanto vedevamo. In più, mi faceva l’onore di correggermi gli articoli. Un giorno, alla sua citazione di Antonio Scaino da Salò, ebbe a sorprendersi che io non lo conoscessi, e aggiunse che era stato il primo scrittore di tennis a scrivere un Manuale pubblicato nel 1555, dopo un dissenso in campo col duca di Ferrara Federico II. Ebbe la cortesia di citarmi la biblioteca nella quale leggere il Trattato che, anni dopo, trovai stampato dal professor Giorgio Nonni, dell’università di Urbino. Simili premesse accrebbero il mio interesse e il mio entusiasmo, sinchè riuscii a procurarmi una copia autentica, e a mostrarla nel club in cui ero divenuto socio, il Queen’s Club di Londra, che ospitava due campi di quello che in Gran Bretagna veniva chiamato Real Tennis. La curiosità successiva mi spinse ad appurare che lo stesso gioco era chiamato in Francia Jeux de paume (Gioco del palmo della mano), in Italia Giuoco di rachetta e più tardi della Pallacorda, sinchè mi ritrovai ad assistere a un campionato mondiale diretto da un amico ex ministro a Melbourne, in Australia. Ma il culmine delle prove dell’esistenza di simile sport avvenne cinque anni fa, quando la direttrice della Pinacoteca di Jesi, Loretta Mazzoni, intuì che un ritrovamento del 1936, in un pozzo della piazza della Signoria, riguardava quelle che io chiamo balette, in cuoio, resistenti per giocare su campi lastricati. Da qui nasce, insieme a varie altre balette, 6 a Mantova, l a Urbino, e altre private, il Club della Baletta, che interessa varie persone, ma è privo di un campo. Campi che si trovano e sui quali si gioca oggi in Gran Bretagna e Stati Uniti, Francia e Paesi Bassi, e Australia, e che possiede la International Real Tennis Professional Association. In Italia non esiste. Da noi ci sono le balette ma nemmeno un campo. Il compito di costruire un campo spetterebbe al Coni, o alla Fit, o a un ricco aficionado, o a un gruppo di appassionati che, come l’autore, offrisse da mille a diecimila euro per ottenere un giuoco che, dal primo manuale, e da tutte le balette, sembrerebbe principalmente italiano. Il nonno del tennis.

Torino contro se stessa: adesso ci vogliono i soldi (Jacopo Ricca, Repubblica Torino)

Non fossero professionisti dello sport più nobile, il tennis, i vertici dell’Atp avrebbero sintetizzato così le continue e sempre nuove richieste che fanno alla Federtennis per ufficializzare la scelta di Torino per ospitare le Atp Finals a partire dal 2021: «Pagare moneta, poi vedere cammello». Una richiesta legittima, arrivata sotto forma di maggiori garanzie finanziarie, offerte dal ministero dell’Economia e dal Credito Sportivo, ma anche politiche, come quella clausola di irrevocabilità delle coperture finanziarie da parte di governo ed enti locali che difficilmente le leggi italiane possono assicurare. La pretesa di Atp è legittima perché altre città, come Tokio, hanno assicurato per la maggior parte fondi privati per organizzare l’evento e quindi non dipendono da eventuali mutamenti nel governo. Atp è una società privata, che vuole fare il proprio interesse, che poi è quello dei più importanti e pagati tennisti del mondo. La trattativa in questo momento però è tra la Fit e l’Atp, con le altre città – Tokio, Londra, Manchester e Singapore – che stanno alla finestra e sperano che alla fine l’associazione dei tennisti professionisti non si fidi fino in fondo delle garanzie italiane. Per dare l’annuncio, il board dell’Atp vorrebbe che la fideiussione da 78 milioni di euro fosse versata immediatamente dal Credito sportivo sul conto corrente della banca statunitense dell’associazione. Il verdetto, atteso a inizio marzo a Indian Wells, slittato poi a Miami, e ora in stand-by per questa trattativa, dovrebbe essere favorevole a Torino, ma questa estenuante discussione ha reso chiaro a tutti che, nonostante i ritardi da parte del governo, il dossier della città è piaciuto, così come ai tennisti resta più gradita l’ipotesi di giocare l’ultimo torneo della stagione in Europa e a poche ore di macchina da Montecarlo, dove molti di loro hanno la residenza. La sindaca Chiara Appendino da Torino e il presidente di Fit, Angelo Binaghi, rientrato a Roma dopo la fine del torneo di Miami, continuano a seguire la partita con grande attenzione. Tanto che Binaghi ieri sera ha incontrato a Palazzo Chigi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Simone Valente, delegato allo Sport del Movimento 5 stelle. Molti si aspettavano che la conferma arrivasse proprio ieri pomeriggio, ma Atp ha deciso di prendere tempo per valutare la documentazione che, lunedì, il Mef e il Credito sportivo hanno inviato. Il governo, infatti, dopo aver dato il via libera al decreto della presidenza del consiglio che stanziava i fondi, ha dovuto trovare le modalità operative per consentire al Credito sportivo di erogare una cifra importante come 78 milioni di euro. Per questo lunedì sera il cda del Credito sportivo si è riunito per inviare altra documentazione all’Atp. Un passaggio ulteriore che non dovrebbe aver però minato la candidatura italiana. Al momento infatti questo tipo di documentazione, per quanto hanno capito i vertici della federazione, è stata chiesta solo a Torino, segno che la trattativa privilegiata è con l’Italia in questo momento, ma il board di Atp sa anche che per la città l’assegnazione dell’evento da 250mila spettatori e dai ricavi milionari è un’occasione unica. Cosa che non si può dire per Tokio e Londra. Per questo Atp nella trattativa ha il coltello dalla parte del manico e può continuare a tirare la corda […] Finora il rilancio di Tokio non ha scalfito la posizione di Torino, così come la speranza di una nuova offerta da parte di Londra, coltivata dal board, non è arrivata. Tutti elementi che fanno pendere la bilancia in favore della candidatura italiana, ma che non sono una garanzia […]

Il Foro grandi firme (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Roma ritrova i suoi re. Da snocciolare uno dopo l’altro: Novak, Rafael e Roger, in rigoroso ordine di classifica. Manca solo il lungodegente Andy (Murray), padrone del trono nel 2016, ma l’edizione 2019 degli Internazionali si disvela in pompa magna e con squilli di tromba: nella entry list comunicata ieri ci sono tutti i primi 43 del mondo, con Djokovic e Nadal in testa e soprattutto senza che sul nome di Federer sia già tracciata una riga come accaduto negli ultimi tre anni. Una presenza che al momento non significa partecipazione certa, però il segnale è chiaro: dopo Madrid, appuntamento designato dal Divino per tornare ad assaggiare il rosso a quasi quattro anni dall’ultimo match (l’eliminazione ai quarti del Roland Garros con Wawrinka), il Foro gli riserverebbe condizioni tecniche più simili a quelle di Parigi rispetto alla Caja Magica. Oltre a un amore sconfinato. In aggiunta, Federer a Roma non ha mai vinto (con Montecarlo, è l’altro Masters 1000 che lo ha sempre respinto) e la speranza è l’ultima a spirare. Se il tabellone li accoglierà davvero tutti e tre, sarebbe l’11a volta nella storia del torneo, perché accadde già tra il 2007 e il 2016: 10 anni dominati da Rafa (5 successi sugli 8 in carriera) e Nole (4, e sono i titoli vinti fin qui dal serbo), mentre il Maestro svizzero s’è fermato a due finali, nel 2013 (sconfitta con lo spagnolo) e nel 2015 (fermato dal Djoker). Solo in due occasioni, peraltro, i Big Three hanno raggiunto insieme le semifinali, nel 2009 e nel 2012, e sempre con la sfida tra Djokovic e Roger (doppia vittoria serba). Il cielo del Foro Italico riaccoglierà i fuochi d’artificio che ad esempio sono mancati ai due Masters 1000 americani, orfani dell’infortunato Nadal, anche se il sipario sul primo incrocio del terzetto si aprirà a Madrid. Tra Spagna e Italia, due settimane che chiariranno le gerarchie proiettate su Parigi. Nadal, il più grande di sempre sulla terra, ha appena ricominciato ad allenarsi nella sua Maiorca e se le ginocchia non faranno le bizze sarà a Montecarlo, a inseguire il dodicesimo trionfo. E lì non troverà nessuno degli storici rivali. Bisogna anche tenere d’occhio le ambizioni degli scudieri che stanno appena fuori dalla camera dorata dei Fantastici Tre. Come sottovalutare Thiem, fresco di accordo con Massu (il cileno lo seguirà fino alla fine della stagione) e capace di domare il cemento di Indian Wells: sul rosso da due anni mette paura a Rafa e sembra finalmente attrezzato per fare la rivoluzione. Che in fondo, fuori dagli Slam, è già riuscita a Zverev, vincitore a Roma nel 2017 e a Madrid l’anno scorso. E poi a questo giro al Foro i rampanti Tsitsipas e Shapovalov si paleseranno assai affamati, e gli enfant du pays Fognini e Cecchinato con la forza della superficie più amata. Perché tutte le strade, stavolta, portano a Roma.

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