L'impresa di Fabio Fognini sulla stampa italiana (Gheza, Clerici, Crivelli, Semeraro, Guerrini)

Rassegna stampa

L’impresa di Fabio Fognini sulla stampa italiana (Gheza, Clerici, Crivelli, Semeraro, Guerrini)

La rassegna stampa di domenica 21 aprile 2019

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Fognini Show: finale a Montecarlo (Gheza, Il Giorno)

Fabio Fognini deluxe a Montecarlo. Il ligure (18 Atp) scrive una pagina storica del tennis italiano riuscendo nell’impresa di battere il recordman della terra Rafa Nadal a Montecarlo, dove Rafa ha vinto ben 11 volte in 12 finali. L’ultima sconfitta del maiorchino nel Principato risale al 2015 per mano di Djokovic. Un vero dominio di Fabio («Perfetta. Ho giocato una partita davvero perfetta») che chiude 6-4 6-2 in 1h37′ un match in cui ha quasi sempre comandato gli scambi annichilendo un Nadal irriconoscibile su questa superficie. Fognini accede per la prima volta alla finale di un Masters 1000 e sarà la sua 19esima finale in carriera. L’ultimo italiano a giocarsi il titolo a Montecarlo fu Corrado Barazzutti nel 1978, anche se allora non c’era la categoria dei Masters Series (gli ultimi azzurri a vincere un torneo più o meno equivalente furono Panatta a Roma nel ’76 e Bertolucci ad Amburgo nel ’77). Con il successo di oggi – il quarto contro Nadal su 15 precedenti – soltanto Fognini, Djokovic e Gaudio sono riusciti a superare tre volte sul rosso lo spagnolo. Nel primo set, Fabio è bravo a gestire meglio il vento pur continuando a spingere ribaltando la situazione dopo essersi trovato sotto di un break. Il secondo è un monologo di Fognini che, sul 5-0, vede sfumare tre matchpoint per poi trasformare il quarto sul 5-2. «Le condizioni erano molto difficili, era ventoso ma non freddo come ieri. All’inizio è stato un po’ strano, break e controbreak poi mi sono inc….to ma sono rimasto calmo, ho trovato il mio gioco e quando lo trovo mi diverto». Arriverà il titolo n. 9? «Oggi vorrei fare un regalo a mia mamma perché domani sarà il suo compleanno. Certo, questo è uno sport incredibile!». L’avversario in finale sarà l’outsider serbo Dusan Lajovic (48 ATP) che ha battuto il russo Daniil Medvedev (14 ATP). Non ci sono precedenti e a Montecarlo a volte si sono allenati insieme: «È una finale a sorpresa. Lajovic ha giocato molto bene, ha battuto Thiem e Goffin. Io ho più esperienza, sono favorito sulla carta perché sono più in alto di lui in classifica, ma sono solo statistiche. Non abbiamo nulla da perdere, entrambi abbiamo il 50% delle possibilità di vincere». Un’occasione davvero ghiotta per Fognini: «Se avessi la testa sarei top 10 da dieci anni. Ma io sono io e continuo ad andare avanti per la mia strada. Voglio andarmi a prendere questa vittoria».

Il vero Fabio. Il migliore e più umano di tutti (Gianni Clerici, La Repubblica)

Fabio Fognini ha battuto Rafa Nadal e si appresta a vincere, a trentuno anni, il suo primo torneo Masters 1000. Vorrei trovare, insieme all’entusiasmo, un inizio felice per il mio articolo. Un mio collega, che non si lascia vincere dai sentimenti, afferma di averlo già scritto, cioè che Fabio poteva vincere «dopo aver visto Nadal spesso in difficoltà contro Pella, nei quarti». Un altro collega mi ricorda, probabilmente per solleticarmi, il pezzetto che ho scritto l’altro giorno, dicendo a Fabio che avrei voluto vederlo più volte giocare con la sicurezza dimostrata contro Sascha Zverev. Un altro ancora sottolinea la forma non stellare di Nadal, in un torneo che il maiorchino aveva vinto undici volte, e un altro ancora sottolineava che, con i suoi lift e i suoi tagli, Rafa era molto più vicino alla vittoria che le volte passate. Tento di segnalare quel che avevano scritto vari colleghi, per riuscire a limitare il mio entusiasmo, io che non sono un patriota fanatico, addirittura un mezzo svizzero, grazie a una nonna e all’ammirazione per Federer. Oggi non mi sono trattenuto dall’ammirare Fabio, il migliore tra i cento visti, il Fabio capace di salire cinque a zero contro un Nadal normale. […] Ma il Fognini di oggi era quello da me sempre atteso, e lo confermava anche la firma da lui imposta ironicamente alla lente di una telecamera, “Fogna”, seguita da una serie di ‘ah’, rappresentazione di varie risate. Non si batte il Nadal terricolo, il più forte dei vari Nadal che ammiro, se non si è un grande tennista, e non solo. Se, insieme all’esaltazione, non si soffre anche un momento di paura, com’è accaduto sul 5 a 0 nel secondo, in due giochi incerti, 5 punti a 9. Dopo quattro partite perdute contro lo stesso avversario. Credo di aver fatto bene l’altro giorno a scrivere di non aver visto sufficientemente il vero Fognini. Posso affermare di averlo visto questa volta.

Scacco al Re! (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Fabioloso. E con la terra ai suoi piedi. Il paradiso si schiude dopo quel lungolinea di dritto che folgora una volta di più l’eterno signore di questo torneo e dopo 96 minuti manda Fognini tra il miele e le dolcezze di un mondo fin qui sconosciuto: nessun italiano era mai arrivato in finale di un Masters 1000 da quando esistono i tornei di questa categoria (1990). E a Montecarlo, dopo i successi anteguerra di Balbi di Robecco e di Palmieri e la tripletta di Pietrangeli nella dolce vita degli anni Sessanta, l’ultimo a giocarsi la Coppa del Principe fu Barazzutti nel 1977, fermato dalla tirannia di Borg. Oggi Corrado è all’angolo di Fabio, e alla fine di una giornata che ha tolto il fiato a tutti sentenzia per la storia: «Ne sono sicuro, farà meglio di me». Sarebbe il premio meritato, il giusto compendio di una carriera baciata dal talento e imbrigliata soltanto dagli sbalzi d’umore di una testa sempre ipercritica verso le enormi potenzialità regalate da madre natura. Alla soglia dei 32 anni, Fogna può prendersi la vittoria che ti cambia la vita agonistica. E lo farà da favorito della finale, non soltanto perché dall’altra parte troverà il sorprendente Lajovic, il serbo che è l’elogio della normalità e che fino a ieri non aveva mai vinto quattro partite consecutive in un torneo Atp, ma soprattutto perché ha frantumato d’autorità il dominio di Nadal sul Principato. La dodicesima fatica dell’Ercole spagnolo, dopo 11 trionfi sul rosso del Country Club, tre negli ultimi tre anni, rimane un sogno irrealizzato sotto il vento impetuoso che Fognini doma come un vecchio lupo di mare, mentre Rafa si fa sballottare senza rimedio. Fabio stavolta è un Cerbero intoccabile, il feroce cane a tre teste uscito dall’inferno di un primo turno contro Rublev in cui aveva in pratica già salutato il tabellone, prima di risorgere tra le fiamme di una convinzione ritrovata fino a battere, in serie, il numero 3 del mondo (Zverev), il numero 13 (Coric) e il numero 2 (il maiorchino, appunto). Gli era già accaduto di prendersi la testa di due top ten nella stessa settimana. Accadde proprio a Montecarlo, nel 2013 (Berdych e Gasquet). Nadal su questa terra non perdeva da 18 partite e aveva collezionato 25 set consecutivi. Ma la fiducia di Fabio, esternata con misura alla vigilia, poggiava su un ritrovato equilibrio tecnico germogliato dopo un avvio a inseguire. Rafa, nella bufera che produce tre break in quattro game, sale 3-1, eppure non è affatto padrone della sfida. Neanche un warning per le proteste su un punto che andava ripetuto, causa asciugamano finito in campo, perturba le certezze di quel folletto impertinente fasciato di blu che ritrova clamorosamente la calma e da lì inizia a spingere, a tenere il satanasso di Maiorca due metri dietro la riga di fondo impedendogli di prendere campo con i suoi angoli uncinati. Si va sul 3-3, poi nel nono game il re monegasco si scopre nudo e con tre errori cede la battuta, arrendendosi poi al nastro beffardo che nel game successivo porta l’avversario al set point. La fortuna si mette al servizio degli audaci e Fognini se la guadagna con la volée di dritto con cui chiude la frazione su un passante in allungo che avrebbe steso chiunque. Il secondo set è solo magia, i cambi di ritmo di Fogna, i suoi baci a un centimetro dalle righe, dritto o rovescio non conta, annichiliscono il gigante ferito, che a un certo punto si ritrova con appena sei punti ottenuti e tre palle dell’italiano per un incredibile e storico 6-0. Un po’ di orgoglio ritrovato dello spagnolo, un po’ di comprensibile ripiegamento emotivo di Fabio («Con lui, anche se stai avanti 5-0 40-0, non è mai finita e rischi sempre di fartela sotto») prolungano l’agonia di altri due game, fino all’apoteosi. Nadal, scornato da 15 errori gratuiti con un dritto mai così brutto, fugge via scuro in volto: «Una delle mie peggiori partite sulla terra in 14 anni, ormai viaggio al 70% sempre e non riesco quasi mai a salire di livello. Dopo una prestazione così, allenarmi di nuovo le prossime mattine sarà più difficile». Oggi Fabio è atteso da un giocatore, Dusan Lajovic, paradossalmente allenato da quel José Perlas che per primo lo condusse nell’empireo dell’alta classifica, senza tuttavia centrare l’agognato traguardo della top ten. Se vince oggi, Fabio si ritrova a 245 punti dal numero 10. Non servono i pizzicotti. Basta un braccio d’oro.

Principe Fognini, lezione a Nadal (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Ha vinto alla Fognini: la partita ideale dentro il torneo perfetto. Ma quando meno te lo aspetti, alla fine di un Calvario di otto primi turni. Perché la specialità della casa è quella: stupire. Ma ha vinto anche un po’ alla Federer: perché davanti c’era Nadal, perché era una semifinale pesante di un Masters 1000. Perché la fluidità dei colpi che gli uscivano dalle corde, diritti angolatissimi, rovesci lungolinea, palle corte e variazioni di ritmo continue – ha ricordato quella del Genio. Due set che rimarranno nella piccola storia del tennis azzurro, 6-4 6-2 al re della terra, otto game filati a cavallo del primo e del secondo, nove degli ultimi undici. Non un cappotto, ma quasi, al Cannibale ridotto a spettatore affranto, a inseguitore spompato. Prima di ieri sul centrale del Country Club, dove ha alzato 11 coppe, Nadal aveva perso solo quattro volte, Contro tre giocatori: Guillermo Coria, David Ferrer, Novak Djokovic. Fabio è anche il quarto di sempre a poter dire di aver battuto almeno tre volte il padrone della terra sulla sua superficie preferita. Mica male, no? «Se me lo avessero detto a inizio settimana, mi sarei messo a ridere», ha ammesso il Pirata, che al primo turno aveva rischiato di finire fuoribordo contro Rublev. Ora per completare l’abbordaggio testa l’ultima navicella, che batte come previsto bandiera serba, ma al timone non ha Novak Djokovic, bensì una sua non perfettissima imitazione, Dusan Lajovic, 28 anni, n. 48 Atp, una vita da gregario, rapace anche lui di azzeccare la settimana delle vita facendo fuori il n.5 del mondo Dominic Thiem, il nostro Sonego, e ieri il numero 14 del mondo, Danil Medvedev. Sarà una prima volta per tutti e due, che non si sono mai incontrati, in una finale Masters 1000, dove l’Italia non è mai approdata, almeno dopo l’introduzione della categoria (nel 1990). […] Dopo i quattro break equamente divisi nei primi game, l’unico brivido il Fogna lo ha fornito a un passo dalla fine, quando dopo aver sbattuto da una parte all’altra del campo un Nadal già frastornato dal vento ha ceduto per la terza volta il servizio sprecando ne matchpoint sul 6-4 5-0 40-0. L’orgoglio del Cannibale, che però tre game dopo è rimasto immobile a guardare l’ultimo vincente del Fogna che planava, imprendibile, all’incrocio delle righe. Rafa ha un gioco più strutturato, le spallate d’aria che spazzavano il centrale lo hanno mandato in confusione. Non è mai riuscito a trovare un vero piano B, mentre Fognini infilava d’istinto giocate perfette. «Fabio è un giocatore difficile, e oggi mi è andato tutto storto – ha mormorato il numero 2 del mondo, che sperava di arrivare a quota 12 titoli – Vengo da un periodo di infortuni, è un anno che gioco al 70 per cento, mentalmente non è facile accettare tutto quello che sto passando». Fabio invece non si è fatto distrarre neanche quando un asciugamano è caduto in terra durante uno scambio. Si è fermato, l’arbitro non gli ha concesso di ripetere il punto. In altri tempi, addio nervi. Invece: «Le condizioni erano difficili, ma ho giocato bene, ho rischiato, perché contro Rafa devi farlo, sono contento di aver vinto davano a tutta la mia famiglia. Lajovic? In questa settimana li ha ammazzati tutti, e lo allena il mio ex coach (Pep Perlas, ndr). Io devo recuperare, mangiare bene. Giocherò un po’ con mio figlio Federico e spero di passare la mia Pasqua più bella».

L’uovo di Fabio (Piero Guerrini, Tuttosport)

In quel sorriso limpido, rivolto al cielo, gli occhi chiusi per assaporare l’attimo e fermare l’emozione nella a mente c’è tutto il genio nella sua versione migliore, un genio che talvolta si dimentica di esserlo, che in quanto tale mica può essere continuo, ma quando si accende mostra meraviglie e può battere chiunque. Persino il numero uno di ogni tempo sulla terra, che su questi campi non perdeva una gara dal 2015 e un set non lo concedeva dal 2017. Fabio Fognini è uno che in campo vive di discese ardite e risalite, anche se nella maturità del suo tennis ha trovato modo di arrivare ad essere il primo italiano in epoca Masters 1000, ovverossia dal 1990, a raggiunge una finale nei tornei che seguono gli Slam. Montecarlo 2019, l’Italia che scrive la storia: Fogna che si ritrova dopo un avvio di stagione stentato, acciaccato. Con una panchina rinnovata e popolata da Corrado Barazzutti il capitano di Coppa Davis che sempre ha saputo come prenderlo, ma anche dalla consorte Flavia Pennetta e dalla leonessa Francesca Schiavone, gente che ha avuto un tennis super costante, di pura intelligenza, oppure di talento cristallino, le due ragazze. Fognini che trova Rafa Nadal, in una giornata di vento davanti al suo mare, pochi chilometri da dove è nato, la famiglia sugli spalti. E decide di prenderlo a pallate. Impiega qualche gioco, poi scioglie il braccio pur fasciato per i malanni. Controlla lo scambio, cambia ritmo imponendo soluzioni diverse a Rafa che del resto aveva già sconfitto. Entra con il rovescio lungolinea, trova modo di fare serve and volley. Fabio aveva già giocato una semifinale nel 2013, stavolta la vince. E non è una sorpresa, se l’hai vista. Qui l’ultima finale italiana risale al 1977 di Barazzutti, piegato da Bjorn Borg. Qui Panatta non ha mai vinto, l’ultimo fu – il passato remoto è d’obbligo – Nicola Pietrangeli nel 1968, suo personalissimo tris dopo i trionfi del 1961 e del 1967. I tornei di Fognini, quando si sviluppano così bene, possono comunque essere romanzi e cominciare nel buio pesto, illustrato dal suo “sono solo” mentre è sotto 6-4 4-1 contro Andrej Rublev, primo turno e già un piede fuori dal tabellone. Ma il genio può soccorrere chi ne è in possesso. Ace di seconda, rimonta, vittoria. Poi schiaffi a Sasha Zverev, tre del mondo. Nei quarti Borna Coric, un altro grande messo in saccoccia dopo essersi trovato sotto e aver infilato una sequenza di 6 giochi a 1 dal 2-0 per il croato, che aveva già vinto il primo, nel secondo. Eppoi Nadal, magari non il miglior Nadal, pero attenti a non considerare i meriti di Fabio. Un primo break dopo game interminabile (12 minuti). Poi qualche problema a controllare e interpretare il vento fino al 3-1 per il maiorchino. Infine l’occupazione del campo, trovando angoli, anche con pazienza, mentre il diritto dello spagnolo non trova precisione consueta e set chiuso con una volée di razza, su serve and volley. E d’un lampo il 5-0 nel secondo, e chiusura sul 6-2. Fabio rende l’impossibile possibile. E oggi alle 14, la finale più improbabile con il serbo Dusan Lajovic, giustiziere nei quarti di Sonego. Se Fabio vince raggiunge il suo best ranking,12 al mondo, a cinque punti dall’ l l° posto occupato da Marin Cilic. E soprattutto la testa libera e felice per una «Bella Pasqua».

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