Torino che colpo: è Masters (Piccioni). Gioia Binaghi: "Premiata la nostra credibilità" (Crivelli). Gran Torino (Semeraro). Il tesoro del tennis (Ricca). Nadal: "Torino perfetta capitale del tennis" (Seme). Quella sfida immaginata a tavola con Kramer (Clerici)

Rassegna stampa

Torino che colpo: è Masters (Piccioni). Gioia Binaghi: “Premiata la nostra credibilità” (Crivelli). Gran Torino (Semeraro). Il tesoro del tennis (Ricca). Nadal: “Torino perfetta capitale del tennis” (Seme). Quella sfida immaginata a tavola con Kramer (Clerici)

La rassegna stampa di giovedì 25 aprile 2019

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Torino che colpo: è Masters (Valerio Piccioni, Gazzetta dello Sport)

Tanto tuonò che usci il sole. L’assegnazione delle ATP Finals a Torino ribalta il proverbio: praticamente affondata, tenuta in piedi quasi per miracolo, salvata dal famoso decreto governativo arrivato in extremis, la candidatura italiana scavalca Tokyo, Singapore, Manchester e l’uscente Londra. Tagliando il traguardo dopo un’interminabile volata fra rinvii della decisione ed estenuanti richieste di supplementi di documentazione. I condizionali scompaiono solo quando sui profili social dell’ATP vengono finalmente riempiti i puntini di sospensione dopo il the host city for the ATP finals is che da martedì sera annunciavano l’imminente decisione. Dunque Torino. Con i suoi 14.700 posti del Pala Alpitour, vicino di casa dello Stadio Olimpico Grande Torino. Ospiterà gli otto migliori giocatori del mondo (e gli otto migliori doppi) dal 2021 al 2025, con un montepremi di 14.5 milioni di dollari, ben cinque e mezzo in più rispetto all’ultima edizione di Londra. Sarebbe bello se ci fosse ancora, al termine di un’immensa carriera, Roger Federer. Intanto Novak Djokovic, numero uno mondiale e presidente del consiglio dei giocatori, si dice felice. Ha già prenotato il soggiorno: «Spero proprio di far parte di questo evento speciale». Non è un mistero che i giocatori tifassero per una soluzione europea per evitare la stressante trasferta asiatica di fine stagione. La Torino delle Finals consacrerà la nuova ondata di talenti del tennis, da Alexander Zverev (che ha vinto le ultime Finals) a Stefanos Tsitsipas. E la recente vittoria di Montecarlo, il Fognini «ammazza Nadal», ci fa pure sognare il ritorno di un italiano fra i magnifici otto. Manchiamo dalla stagione 1978 (ma il torneo si disputò nel gennaio 1979), quando a New York c’era anche Corrado Barazzutti. Adriano Panatta, invece, giocò a Stoccolma nel 1975, pochi mesi prima di prendersi Roma, Parigi e Coppa Davis. Anche il presidente della Fit Angelo Binaghi, che ha firmato lo short agreement con l’ATP, sottolinea: «La palla passa al nostro settore tecnico, che entro 3-4 anni deve fare la sua parte per portare un italiano a giocarsi il titolo di campione del mondo». Per Corrado Barazzutti «Fognini può farcela, l’anno scorso ci è andato vicino». E Nicola Pietrangeli si chiede: «Fognini alle Finals, perché no? Ha 2-3 anni per giocare a questo livello». Dunque, abbiamo già un altro obiettivo. Ma ce n’è un altro. Il tennis italiano, lo sport, il Paese, dovranno riempire questo investimento di contenuti, non limitarsi a far festa intorno ai campioni che verranno a trovarci dal 14 al 21 novembre 2021, e poi nello stesso periodo fino al 2025. Torino deve costruire intorno alle Finals qualcosa di davvero di speciale. Con il Pala Alpitour andrà coinvolta davvero tutta la città. Non c’è bisogno di dirlo: 78 milioni di euro, l’investimento assicurato dal Governo, è una bella cifra. Il budget complessivo arriva a quota 250 e andrà coperto con biglietti, sponsor e marketing. Le proiezioni citate dalla sindaca Chiara Appendino sono rassicuranti. Ma per centrare questa impresa ci vorrà davvero il tanto nominato «spirito di squadra» che ha dato l’ossigeno alla clamorosa remuntada. E poi il paragone con la Londra dei 250.000 spettatori l’anno, ci costringerà ad alzare parecchio l’asticella: il sito della BBC ieri ha scritto che Torino «avrà un compito molto difficile». Bisogna farsi trovare pronti. E la politica? I 5 Stelle esultano. Da Beppe Grillo al presidente della Camera Roberto Fico passando per il sottosegretario Simone Valente. Che con il suo «a differenza di altri ci abbiamo creduto fortemente» rivendica il punto rispetto all’iniziale freddezza della Lega, che al Decreto che ha stanziato le risorse (firmato peraltro proprio dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti) avrebbe preferito il passaggio parlamentare. L’ex ministro dello sport Luca Lotti, rallegrandosi per il successo, chiede invece polemicamente ai 5 Stelle il perché del differente trattamento di fronte ai soldi per la Ryder Cup («Avevano chiesto le mie dimissioni») rispetto a quelli per le Finals […]

Gioia Binaghi: “Premiata la nostra credibilità” (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Ci sono volute la tigna sarda e la visione imprenditoriale delle radici brianzole, ma alla fine Angelo Binaghi ha portato a casa un risultato storico. Presidente, ha fatto filotto: Internazionali, Next Gen Finals e adesso il Masters. «Il merito è innanzitutto del Consiglio Federale, che di fronte a un’impresa che sembrava folle ha avuto il coraggio di rischiare, perché ha pensato al futuro del tennis e non alla parrocchia. Dopodiché non ho alcun timore a dire che senza la nascita di Sport e Salute il sogno non si sarebbe realizzato: è una rivoluzione copernicana per lo sport italiano». Le Atp Finals per una volta hanno unito anziché dividere. «È stata la forza della candidatura. Governo, Comune, Regione e ovviamente Fit hanno sempre operato in concordia. E mi lasci ringraziare in particolare la sindaca Appendino, che è stata determinante: io ho vinto due titoli italiani in doppio misto, se avessi avuto una partner come lei sarebbero stati dieci». Mai avuto paura di non farcela? «Eravamo fuori. Morti. A Indian Wells, il presidente dell’Atp Chris Kermode aveva annunciato a tutti che la scelta era caduta su Tokyo. In quei minuti, però, è arrivata la conferma dell’appoggio del Governo con il famoso decreto del presidente del Consiglio che garantiva le coperture. Kermode ha sospeso la riunione e l’ha aggiornata a due settimane dopo per darci la possibilità di rientrare». Non c’è dubbio però che, senza la credibilità della Fit, l’Atp non avrebbe concesso proroghe. «Evidentemente, con gli Internazionali prima e le Next Gen Finals poi, abbiamo dimostrato di essere un interlocutore affidabile. Non a caso Tokyo e Singapore offrivano di più, ma l’Atp ha scelto di dare a noi il suo torneo più importante». Come si immagina i prossimi passi? «Intanto dovremo coinvolgere gli imprenditori, che in questa fase così complicata abbiamo tenuto un po’ in disparte. E veicolare il messaggio che le Finals saranno un motore economico per la città, la Regione e tutto il Paese» […] L’assegnazione delle Finals arriva nella settimana in cui un italiano, Fognini, vince per la prima volta un Masters 1000. «E un ragazzo torinese, cioè della città del Masters (Sonego, ndr), arriva nei quarti, che è un risultato in prospettiva ancora più importante. Diciamo che ci stiamo mettendo nelle condizioni non solo di ospitare le Finals, ma anche di produrre giocatori che possano vincerle. Per adesso è un ambizione, ci siamo appena messi in cammino. Ma la fiducia è doppia».

Gran Torino (Stefano Semeraro, Stampa)

Come un romanzo, meglio di un romanzo. Un best seller a lieto fine, in primo piano una città, sullo sfondo la storia del tennis. La vicenda della candidatura di Torino per le Atp Finals è stata piena di colpi di scena, di imprevisti, di snodi e contrattempi. Fino allo scioglimento di ieri, quando dopo mesi di suspence è arrivato l’annuncio ufficiale. A novembre, quando si è incominciato a parlarne concretamente alle Next Gen Finals di Milano, più che una sfida pareva un azzardo. Si favoleggiava di concorrenti illustrissime e straricche – Abu Dhabi, San Pietroburgo, Berlino, tutte evaporate al momento di aprire i forzieri… -, con Torino nel ruolo di Cenerentola: bella, ma squattrinata. La svolta iniziale è arrivata con il primo sopralluogo dei dirigenti Atp, il 10 dicembre: Ross Hutchins, braccio destro del presidente Chris Kermode, è rimasto colpito dall’offerta made in Italy. «Torino non è conosciuta come Roma, Firenze o Milano, non credevano di trovarci davanti una città così affascinante» spiega Giorgio Di Palermo, ex membro del board Atp e oggi dirigente Fit. «E neppure impianti così funzionali, per giunta in centro, non in periferia». Diego Nepi, responsabile di Coni Servizi, e Sergio Palmieri, direttore degli Internazionali d’Italia, erano già volati a Londra durante la settimana Masters per accompagnare la sindaca Chiara Appendino, tennista praticante, che con un dossier impeccabile (e un ottimo inglese) aveva impressionato la “giuria” dell’Atp. Il resto lo avevano fatto la Mole, il Museo Egizio, il pranzo alla Nuvola Lavazza, la visita alla futura cittadella del tennis con gli spazi ampi e accoglienti del Pala Alpitour e del Circolo della Stampa Sporting. L’Europa, a un passo dai campi di tennis. La Grande Bellezza italiana. Sbaragliata la concorrenza. Il primo obiettivo, il faro della prima fase, la short-list di cinque candidate reali – oltre a Torino c’erano Londra, Manchester, Tokyo e Singapore – è stato centrato, e lì è arrivato il primo sospiro di sollievo. Mancava però la grana, il nocciolo della questione. La “darkest hour”, l’ora più buia della candidatura Torino l’ha vissuta quando le garanzie economiche del governo sembravano mancare, nel braccio di ferro politico tra Lega e Cinque Stelle. A farla ripartire, quando ormai le speranze erano ridotte al minimo, ci ha pensato la spinta arrivata dall’incontro di febbraio tra gli organizzatori, Chiara Appendino e le imprese torinesi. La grinta della sindaca, rinforzata dal sostegno fondamentale degli esponenti 5 Stelle Laura Castelli e Simone Valente e da quello del territorio, ha tenuto accesa la fiammella in giorni di frenetiche riunioni e discussioni. A sbloccare definitivamente la situazione ci ha pensato il sospirato nullaosta del governo, la garanzia dei famosi 78 milioni richiesta dell’Atp. Qualcuno ha detto che la concorrente più difficile per Torino non è stata né Londra né Tokyo, ma l’Italia, e forse c’è un pezzo di verità, anche se stavolta la voglia di organizzare qualcosa di importante è stata più forte delle divisioni […] Ieri la parola fine al romanzo. E il primo capitolo di una nuova storia. La più bella del nostro tennis.

Appendino: “Una ricaduta economica da 500 milioni” (v.p., Gazzetta dello Sport)

L’esultanza di Chiara Appendino fa il giro del web. Alle 11 di mattina arriva il tanto atteso scoppio di gioia. Sindaca, ha esultato così anche quando fu eletta? «No. Perché qui non c’è stato il momento di fermarsi nemmeno un attimo. Fino al conto alla rovescia, una vera liberazione dopo giorni in cui si alternavano le voci, quasi un viaggio sulle montagne russe». E pensare che a un certo punto della storia sembrava tutto finito, chiuso, perso. La candidatura si era impantanata in un vicolo cieco perché mancavano i soldi. «È stato il momento più difficile, quello in cui si dovevano concretizzare le garanzie governative. E forse in quel momento l’intervento del vicepremier Di Maio a Torino fu sottovalutato. E invece, remando tutti nella stessa direzione — Governo, Regione, Federtennis, Coni, l’Istituto per il Credito Sportivo, imprese — abbiamo ottenuto il risultato». Dopo Londra, Torino. Le Atp Finals vengono da successi clamorosi, sarà una bella montagna da scalare con un passato così prestigioso alle spalle. «Ne siamo coscienti, sarà una sfida che richiederà un grandissimo impegno. Ma siamo pronti. Non mi riferisco solo alla grande affidabilità del know how sportivo con i nostri partner Fit e Coni, che naturalmente ringraziamo, e alle infrastrutture, con il Pala Alpitour. È tutta la città che vuole essere e sarà protagonista». Lo Stato spenderà parecchi soldi. C’è un partito degli scettici che è pronto a dire: si tratta solo di una sfilata di campioni, ne vale veramente la pena? «Certamente sì. Intanto la ricaduta economica, che è stata stimata per i 5 anni in circa 500 milioni di euro. Ma le Finals incroceranno e aiuteranno diversi momenti di sviluppo della città. Penso al Progetto City Lab e all’innovazione, all’ambiente e alle sfide per la sostenibilità, e a tutto l’indotto che un evento del genere produrrà solo per il Torino, ma per il Paese». Da ex giocatrice che effetto le faranno le Finals sotto casa? «Non avrei mai immaginato di poter vivere una cosa del genere. Così speciale, da italiana e da appassionata. Consideri che ho conosciuto il mio futuro marito su un campo da tennis. Per me un significato in più» […] Ma lei alle Finals per chi tiferà? «Il mio idolo era Edberg. Quando giocavo, Federer: se non ci sarà da giocatore, speriamo di ospitarlo con la moglie e i suoi quattro figli. Ci saranno, spero, Nadal e Djokovic, campioni straordinari». E Fognini? «Magari! E prima o poi, anche Sonego, che è torinese…».

Il tesoro del tennis (Jacopo Ricca, Repubblica)

«Meglio di un’Olimpiade». A Torino, che di Giochi a 5 cerchi se ne intende avendo ospitato quelli invernali dei 2006, è questo uno dei commenti più pacati con cui si celebra l’assegnazione delle Atp Finals alla città dal 2021, arrivata ieri dopo un lungo tira e molla tra il board dei tennisti e il governo […] L’annuncio, ufficializzato con un video sulla pagina Facebook di Atp, vale più di mezzo miliardo di euro: tanto è stato stimato il ritorno economico per Torino e il Piemonte, spalmato su 5 anni. Il dossier di candidatura prevede 250mila visitatori per ogni edizione: almeno la metà degli spettatori arriverà da fuori città e la maggior parte da altri Paesi. Torino che, tra polemiche interne al Movimento 5 Stelle e campanilismi contro Milano, aveva rifiutato l’ipotesi di una candidatura a tre, insieme anche a Cortina, per le Olimpiadi invernali del 2026, ha alla fine ottenuto un evento quinquennale che garantisce adeguata visibilità mondiale. Per i Giochi il ritorno era stato calcolato attorno al miliardo di euro, ma gli investimenti necessari erano almeno pari. Con le Atp Finals invece si sfrutterà l’eredità olimpica del 2006, il Pala Alpitour che sarà la sede dei match è stato costruito proprio per i Giochi e sarà riconvertito, insieme alla vicina Piscina Monumentale, per creare una “cittadella del tennis”. La struttura attualmente può ospitare poco più di 14mila spettatori, mentre l’Atp punta a superare i 15mila come già succede all’02 Arena di Londra. Le trasformazioni necessarie e l’organizzazione dell’evento avranno un costo di circa 250 milioni di euro, coperto in parte dagli investimenti della Città, della Regione e del mondo produttivo piemontese, ma il grosso sarà fatto dagli sponsor. Da Fca a IntesaSanPaolo, passando per Rolex e Lavazza, impresa torinese che però già oggi sostiene tornei importanti come il Roland Garros, sono tantissime le aziende interessate alle Atp Finals di Torino. Senza contare Bnl e il Credito Sportivo che hanno giocato un ruolo fondamentale nel deposito della fideiussione da 78 milioni di euro con la quale il governo si è impegnato a coprire il montepremi che ogni anno è assicurato ai giocatori. Nel 2021 l’importo sarà di 13 milioni di euro, da suddividere tra singolare e doppio. A gestire l’evento, aspetto tra i più importanti per convincere il board di Atp, ci saranno la Federtennis, che con il presidente Binaghi ha fatto di tutto per ottenere le proroghe in attesa che dal governo arrivasse quell’impegno finanziario richiesto dall’associazione dei tennisti professionisti, e la Sport e Salute, la società che ha sostituito la Coni Servizi e che rappresenta il braccio operativo e commerciale del comitato olimpico. Non è stato però il dato finanziario quello che ha fatto pendere l’ago della bilancio per Torino. I delegati di Atp, arrivati in città sul finire del 2018 e accompagnati da Appendino e dalla leggenda del tennis italiano, Nicola Pietrangeli, hanno capito subito che la scelta di Torino, oltre a soddisfare le richieste dei giocatori, contrari a lasciare l’Europa per l’ultimo torneo della stagione, avrebbe permesso di iniziare a costruire quella “città del tennis e dell’Atp” che Londra non è stata […]

Nadal: “Torino perfetta capitale del tennis” (Seme, Stampa)

Rafa Nadal, a lungo numero 1 del mondo, il Signore indiscusso della terra, è molto soddisfatto della scelta fatta dall’Atp. Del resto la sua amicizia con l’Italia data da molti anni: a Barletta nel 2003, vinse il suo primo Challenger, il gradino d’ingresso nel circuito pro. E a Roma, inutile ricordarlo, è il campione uscente con ben otto titoli in bacheca. Rafa, la scelta di Torino è quella giusta? «Sì, credo che sia la scelta giusta, per vari motivi. Perché l’Italia ha una grande tradizione tennistica, ottimi giocatori anche giovani e che quindi potranno essere forse protagonisti del torneo negli anni che vanno dal 2021 al 2025. E perché Torino è una grande città ed è in Europa, al centro dell’Europa, quindi si inserisce benissimo nel calendario di fine anno di noi giocatori». Ha vinto il suo primo Challenger a Barletta e trionfato tante volte a Roma: cosa ama più dell’Italia? «Be’, tante cose. Ho sempre detto che Italia e Spagna sono le nazioni più simili, quasi gemelle, e in Italia sono sempre stato accolto benissimo. Sicuramente amo il tifo degli appassionati italiani, che sono calorosissimi e danno l’atmosfera giusta ad un incontro. Poi, ovviamente, amo la gastronomia, il cibo italiano. Ogni volta che sono in Italia non perdo l’occasione di gustare cose nuove, e se sarò a Torino non farò eccezioni». Da fuoriclasse che ha giocato tante volte il Masters, con una lunghissima esperienza, può dare un consiglio agli organizzatori? «No, non tocca a me dare consigli. Se parliamo di Masters è la città che organizza, è vero, ma dietro c’è comunque la Federtennis italiana, che da tanto tempo organizza un grande evento come quello del Foro Italico romano e quindi sa benissimo cosa fare. Non ho dubbi che sarà un successo. Quindi niente consigli, ma appoggio all’organizzazione» […] Una promessa ai suoi tanti fan che sperano di vederla in campo a Torino? «Il 2021 è ancora molto lontano, quindi non posso dire niente: non ho la palla di cristallo, non leggo il futuro. Di sicuro però gli appassionati italiani mi potranno vedere in campo fra pochissimo a Roma. Gli Internazionali d’Italia iniziano il 12 maggio, non vedo l’ora di essere lì e spero di essere nella migliore condizione». Cristiano Ronaldo gioca a Torino: andrà a vederlo giocare in tribuna allo stadio? E spera che lui venga a vedere lei? «Come tutti sanno io sono un grande appassionato di sport, non solo di tennis. La mia squadra è il Real Madrid, dove ha giocato tanti anni Cristiano, e se nel 2021 sarà ancora alla Juventus sicuramente andrò a vederlo, ma mi piacerebbe anche andare a guardare il Toro… E soprattutto spero che la gente del calcio venga al PalaAlpitour per vedere il tennis».

Quella sfida immaginata a tavola con Kramer (Gianni Clerici, Repubblica)

Sembra impossibile, e giuro che non faccio per vantarmi, ma d’improvviso è accaduto qualcosa di storico del quale fa parte un mio suggerimento. Leggerete che d’improvviso è successo che il Masters di tennis si giocherà a Torino, dopo dieci anni passati a Londra. Negli anni Sessanta io sedevo a Roma, a cena insieme a Jack Kramer, ex n.1 del mondo, e a Carlo Levi della Vida, il miglior organizzatore di tennis italiano, figlio di uno dei 12 professori che avevano rifiutato di giurare fedeltà al fascismo, che per questo aveva dovuto espatriare negli Stati Uniti. Jack Kramer non soltanto era stato in cima alla classifica, ma riteneva che il dilettantismo dei suoi colleghi non fosse equo. Allora scrivevo per il Giorno, e il direttore, Italo Pietra, mi aveva destinato anche allo sci, sapendomi ex alpino sciatore. Ero però intimo amico di Carlo Della Vida, sin dai tempi in cui era stato prima categoria, e amico di Jack Kramer, che avevo ammirato quale vincitore di Wimbledon, giocandoci addirittura in allenamento. Così, nell’ascoltare la conversazione in cui i due accennavano ad un torneo che imitasse un Grand Slam, mi scappò detto: «Ma perché non fate una finale tipo quella dello sci?». Mi avevano guardato, con un misto di sorpresa e di incredulità. Jack nemmeno sapeva della Finalissima dello sci, e Carlo ne aveva letto vagamente, senza approfondire. Fu così che iniziarono a pensarci, e addirittura Jack mi invitò per un viaggio a Tokyo, che Italo Pietra non mi permise di accettare. «Stai qui, e va’ a Garmisch» mi disse, «altro che il Giappone». Io non posso certo vantarmi, per un caso fortuito e fortunato, ma Stan Smith, che vinse il primo Masters della storia, divenuto mio presidente della Hall of Fame, lo ricordò nel discorso con il quale divenni socio di quella istituzione. Ora che il Masters raggiunge Torino, Jack, e forse Carlo della Vida, da una nuvola, mi sorridono.

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