Berrettini, l'azzurro è vivo. Quarta finale italiana del 2019 (Cocchi). Il testimone a Berrettini (Semeraro). Nadal, altro ko. Thiem lo domina a Barcellona (Cocchi). Intervista a Flavia Pennetta (Piccardi)

Rassegna stampa

Berrettini, l’azzurro è vivo. Quarta finale italiana del 2019 (Cocchi). Il testimone a Berrettini (Semeraro). Nadal, altro ko. Thiem lo domina a Barcellona (Cocchi). Intervista a Flavia Pennetta (Piccardi)

La rassegna stampa di domenica 28 aprile 2019

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Berrettini, l’azzurro è vivo. Quarta finale italiana del 2019 (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Budapest, Italia. Matteo Berrettini non si ferma più e consolida la buona tradizione azzurra sulla terra rossa di Budapest. Due anni fa era stato Paolo Lorenzi a raggiungere la semifinale (battuto da Pouille), l’anno scorso dopo il derby in semifinale con Andreas Seppi, Marco Cecchinato aveva iniziato la sua scalata vincendo il torneo. Oggi tocca al romano cercare di aggiungere un altro nome italiano all’albo d’oro ungherese. Intanto Matteo un successo può già festeggiarlo. Con la vittoria di ieri in due set contro il serbo Laslo Djere, raggiunge il numero 41 del ranking mondiale, sua miglior classifica. E la situazione potrebbe anche migliorare (arriverebbe al n. 37) se oggi avesse la meglio nella finale contro Krajinovic, 105 al mondo, e mai affrontato in precedenza. Le premesse sono buone, almeno a giudicare da quanto mostrato in campo contro Djere. A parte un inizio traballante, in cui si è trovato a salvare una palla break, Matteo ha preso in mano la situazione portandosi avanti 2-1 nel terzo game dopo aver strappato il servizio al serbo. Una piccola preoccupazione per il piede destro trattato dal medico al cambio campo del 3-2, poi Matteo è riuscito a mantenere il break di vantaggio conquistando il primo set in tre quarti d’ora. Tutto più liscio nel secondo parziale, con Djere subito sotto di un break in apertura e Berrettini rapidamente avanti 4-1 per chiudere partita e incontro 6-2, al primo match point. Seconda finale in carriera per Berrettini, ma quarta per i colori italiani dall’inizio dell’anno dopo Seppi a Sydney, Cecchinato vincente a Buenos Aires e il trionfo di Fognini a Montecarlo domenica scorsa. Un momento d’oro per il tennis maschile azzurro, che oggi punta sul 23enne per un’altra domenica di festa. Matteo, vincitore a Gstaad un anno fa, sa di non potersi permettere cali di tensione: «Forse la semifinale non è stata molto lunga, ma è stato un match intenso — ha detto dopo aver liquidato Djere —. Ora non devo fare altro che recuperare le energie e restare concentrato». L’importante è che la caviglia destra non dia problemi: «Ho preso una storta nei quarti e mi faceva un po’ male il piede, ma la situazione è sotto controllo. Per scaramanzia non dovrei dirlo… ma servizio e dritto stanno funzionando alla grande e spero che mi assistano in finale».

Il testimone a Berrettini (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Per ora il 2019 è anno senza veri padroni, nel tennis maschile: solo Roger Federer è riuscito a vincere due tornei. Ma se guardiamo la classifica per nazioni l’Italia è in prima fila. Con quella che si è conquistata Matteo Berrettini ieri a Budapest, smantellando in due set il n.33 del mondo Lazio Djere, sono infatti già quattro le finali azzurre in quattro mesi. Andreas Seppi ha perso la prima a Sydney, Marco Ceochinato ha vinto quella di Buenos Aires, la settimana scorsa Fabio Fognini si è preso Montecarlo. Matteo oggi contro Filip Krajinovic, il 27enne serbo n.105 Atp che ha sbriciolato in due set il francese Herbert, può chiudere il tris. Budapest evidentemente porta bene ai nostri: l’anno scorso Cecchinato vinse proprio all’Hungarian Open il suo primo torneo, volando poi verso la semifinale di Parigi e l’ingresso nei top 20. Con il risultato di ieri, intanto Matteo è già sicuro di raggiungere il suo miglior ranking: numero 41, e in caso di vittoria salirebbe al n.37. Non male, ma guai ad accontentarsi. Specie perché il Berrettini visto in settimana, in particolare con Djere, ha impressionato, soprattutto al servizio, con l’87% di punti vinti con la prima palla. Djere, 23 anni, è in crescita, a febbraio ha vinto il suo primo titolo Alp a Rio, e solido da fondo; ma nell’ora e 19 minuti che è durata la semifinale di ieri non è mai riuscito a mettere la testa fuori dall’acqua. Matteo lo ha “breccato” una volta nel primo set, due nel secondo, restando sempre in controllo, nonostante un piccolo problema di vesciche al piede destro che in avvio lo ha costretto a chiamare il fisioterapista per farci incerottare. «Iniziano a vedersi i frutti del lavoro di quest’anno», gongola coach Santopadre. «In campo Matteo è brillante, propositivo, ma anche leggero mentalmente. L’obiettivo era riuscire ad essere sempre pronti a performare, e ora ci siamo. L’anno non era iniziato benissimo per Matteo, una sola vittoria nelle prime quattro uscite; poi sono arrivate la semifinale nell’Atp 250 di Sofia e la vittoria nel Challenger di Phoenix, in Arizona. Effetto-Fognini? «Matteo le motivazioni sa trovarle anche da solo, ma di sicuro le vittorie di un giocatore che conosci bene, con cui ti alleni, è una spinta in più. Con Fabio poi c’è un ottimo rapporto. Un po’ come è successo anni fa per le ragazze, oggi sono i maschi a trascinarsi l’uno con l’altro con una sana competizione». […]

Nadal, altro ko. Thiem lo domina a Barcellona (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Rafa Nadal scivola di nuovo sulla terra. La superficie su cui estende il suo dominio da quindici anni non conosceva un Rafa così sotto tono dal 2004, l’ultima volta in cui il maiorchino era arrivato alle porte del 1000 di Madrid senza aver ancora conquistato un titolo sul rosso. Dopo la delusione di Montecarlo, stavolta il numero 2 al mondo viene fermato in semifinale a Barcellona dal suo aspirante erede, Dominic Thiem, autore di un grande match in cui nel secondo set è riuscito a mantenere i nervi saldi contenendo il tentativo di rimonta di Nadal. L’austriaco diventa così l’unico rivale, insieme a Novak Djokovic, a battere quattro volte il mancino sulla terra. Non arriva dunque il successo numero 12 nel torneo catalano da parte di Rafa, che incassa il doppio 6-4 con maggiore filosofia rispetto al k.o. con Fognini della settimana scorsa a Montecarlo: «Ci sono sconfitte che ti aiutano — ha commentato lo spagnolo dopo il match —. Era da un po’ che non mi sentivo così bene e rilassato su questa superficie, sentivo una bella energia. Thiem ha giocato alla grande e io sono stato competitivo, è un buon segnale». Oggi l’austriaco punta al titolo contro Daniil Mdvedev che in semifinale ha battuto Nishikori. Sul versante femminile non può gioire nemmeno Naomi Osaka. La numero 1 non è potuta scendere in campo contro Anett Kontaveit a Stoccarda per colpa di una contrattura agli addominali: «Non sarei riuscita a servire — ha spiegato la giapponese —. E’ un problema che ho già avuto in passato e quindi so bene come affrontare la situazione. Per fortuna ho tempo di recuperare prima del Roland Garros». La finale sulla terra rossa indoor tedesca sarà dunque tra la Kontaveit e Petra Kvitova, che ha impiegato oltre due ore per battere l’olandese Kiki Bertens.

«Fabio era un cavallo pazzo. Il nostro bimbo l’ha fatto crescere» (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Il re di Montecarlo è uscito presto. Tra i postumi dell’impresa, un infortunio muscolare alla coscia destra: Fabio Fognini ieri mattina aveva appuntamento con le terapie che presto lo aiuteranno a tornare in campo. Flavia Pennetta, oltre che la campionessa dell’Open Usa 2015, è la moglie del ragazzaccio che nel Principato, la domenica di Pasqua, l’ha combinata grossa.

Il primo pensiero quando ha visto il serbo Lajovic steccare la palla sul match point per Fabio nella finale di Montecarlo.

Una felicità enorme. Per lui, perché un successo così grande se lo meritava. È un premio alla carriera. Conosco Fabio: ci vivo, so come si allena e so cosa si prova. Fai tanto per raggiungere un obiettivo che è per pochi. Nel tennis — Federer, Nadal e Djokovic a parte — sono più le volte che perdi, di quelle che vinci. È come se avessi vinto anch’io. La vittoria di Montecarlo gli ha reso giustizia: Fabio gioca troppo bene a tennis per non conquistare un titolo molto importante, ha troppo talento nel braccio.

Teme di vederlo cambiare?

No. E’ sempre stato più in lotta con se stesso che con gli avversari: il carattere l’ha penalizzato. Fabio si è domato, lo doveva a se stesso. Ma i suoi schizzi li avrà sempre. Non vedremo mai in campo un lord inglese! È divisivo: lo ami o lo odi. Ma ai tifosi piace proprio perché è un cavallo pazzo.

Senza matrimonio e senza paternità, avrebbe vinto a Montecarlo?

Sarebbe arrivato comunque, perché il suo tennis è unico. Però è vero che diventare padre lo ha responsabilizzato. L’ho visto cambiare sotto i miei occhi: non è stato facile accogliere Federico per un uomo molto figlio dei suoi genitori. Quando Federico aveva 6 mesi, ci siamo trasferiti a Miami: lì Fabio ogni anno fa la preparazione invernale con il coach. All’inizio eravamo molto spaventati. Non sembra, ma Fabio è più apprensivo di me. In Florida, per la prima volta, ha davvero vissuto suo figlio: Fede aveva 5 giorni quando Fabio è partito per il Roland Garros e, da lì in poi, ha viaggiato molto. Quei tre mesi a Miami sono stati scioccanti. Io mi sono pure presa l’influenza e lui ha dovuto cavarsela da solo. Lì si è reso davvero conto per la prima volta di essere diventato padre. Ed è stato un casino. Ora ne rido, ma per noi fu un piccolo drammone! Oggi sono inseparabili: un amore folle. […] Ora ha anche cominciato ad ascoltarmi sulle questioni tennistiche. Non mi dà mai la soddisfazione di dirmelo, cioè, ma so che mi ascolta. […]

Il momento più basso è stata la squalifica di Fognini per insulti sessisti alla giudice di sedia a New York nel 2017?

Per me, visto da fuori, è stato il momento più triste perché è emersa un’immagine di Fabio che non corrisponde al vero. Sua madre, sua sorella, me… Lui ama le donne e le rispetta. Ma era un periodo in cui con Federico era poco presente: si sentiva in colpa per le cose che non stava facendo, era nervoso. Quello di New York rimane lo sfogo peggiore che abbia mai avuto. Ma è passato e non ne abbiamo mai più parlato.

Ma l’adrenalina della finale non le ha fatto tornare voglia di tennis?

Sì, infatti tornerò in campo a Parigi, in doppio con la Schiavone, nel torneo delle leggende al Roland Garros. Ho ripreso ad allenarmi: tremendo! Sembra che io non usi certe articolazioni da un millennio…

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