Muore a 91 anni Beppe Merlo, 'gracile dongiovanni della racchetta'

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Muore a 91 anni Beppe Merlo, ‘gracile dongiovanni della racchetta’

È stato uno dei tennisti più popolari della nostra storia. Uno dei primi rovesci a due mani della storia, fu due volte semifinalista al Roland Garros e battè tre campioni di Wimbledon. Avrebbe compiuto 92 anni ad ottobre

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Beppe Merlo, ex tennista italiano, è deceduto all’età di 91 anni. Non è stato il più vincente, né forse il più elegante, ma ha lasciato un segno indelebile nella storia del tennis italiano: è anche grazie a lui che il nome dell’Italia è comparso sulla cartina geografica del tennis mondiale, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60. Due volte semifinalista al Roland Garros (1955 e 1956) e due volte finalista agli Internazionali d’Italia (1955 e 1957), l’ex tennista nato a Merano – suo papà fu custode del Tennis Merano – ha vinto 22 titoli internazionali nel corso di una carriera durata oltre vent’anni, oltre ad aver conquistato per quattro volte il titolo di campione italiano e ad aver disputato 35 incontri (con 25 vittorie) di Coppa Davis. Avrebbe compiuto 92 anni il prossimo 11 ottobre.

PIONIERE DEL ROVESCIO A DUE MANI – Da qualcuno persino additato come l’inventore del rovescio a due mani, sicuramente Beppe è stato uno dei primi ad eseguirlo nel panorama internazionale e ancor di più in Italia. Per certo lo ha insegnato al direttore Scanagatta, circostanza che pure non mise il direttore a riparo dalla sconfitta nei campionati italiani di Modena del 1973 (si giocava al circolo Zeta Due). La particolarità del rovescio di Beppe risiedeva nella sua esecuzione un po’ sbilenca e… a rovescio, poiché da destrimano reggeva la racchetta con la mano destra nei pressi del cuore e la sinistra in basso. Come Nadal oggi, in pratica, eseguendo però il colpo dal lato sinistro.

Questa sua tecnica poco ortodossa non gli impedì di confrontarsi con i tennisti più forti della sua epoca, e talvolta addirittura di sorprenderli. Gli almanacchi ci dicono che ha battuto, per certo, almeno tre vincitori di Wimbledon (Seixas ai quarti del Roland Garros ’55, Drobny in finale a Venezia nel ’56 e Fraser ai quarti di Roma nel ’60), ma una volta ha confidato al direttore di averne battuti cinque.

IL RICORDO DI PIETRANGELI (fonte: federtennis.it) – “Un gran giocatore, buono come il pane. Siamo stati nella stessa squadra, abbiamo bivaccato e gioito insieme per tanti anni. Era un po’ chiuso, molto fortunato a poker, aveva un gran successo con le donne. In tanti hanno pianto dopo averci giocato contro. Non faceva molto gruppo, ma non lo faceva per darsi delle arie. Era molto attento a cosa mangiava, a quanto dormiva. Se noi volevamo riposarci, lui voleva allenarsi e viceversa. Non era un gran giocherellone, però era davvero una persona buona”.

Tempo fa Pietrangeli, battuto da Merlo nella finale degli assoluti ’56 e tre anni dopo in finale ad Alessandria d’Egitto, raccontò anche un aneddoto relativo alla grande sportività di Beppe Merlo. “Beppe non rubò mai un punto su un campo da tennis. Andava addirittura contro il giudizio degli arbitri. Giocando con Remy, campione di Francia, sul Centrale di Roland Garros, al quinto set corresse il giudice di sedia e regalò il quindici che mandò il francese a servire per il match. Fino a quel momento aveva avuto tutto il pubblico contro. Quando Beppe vinse venne giù lo stadio”.

La curiosa espressione con la quale spesso ci si riferiva a lui, ‘gracile dongiovanni della racchetta’, gli venne affibbiata dalle pagine satiriche del Guerin Sportivo.

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