Quelli che… un 250 è più duro di uno Slam

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Quelli che… un 250 è più duro di uno Slam

Intervista con l’incordatore ufficiale del torneo di Umago, che ci spiega le differenze del suo lavoro rispetto ad uno Slam. Che non sono quelle che uno si aspetta: “Ci sono giorni in cui qui lavoriamo di più. Non possiamo solo incordare”

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Gli incordatori ufficiali del Croatia Open di Umago: da sinistra, Milan Muth e Zelimir Furjan
 

dal nostro inviato ad Umago

Durante l’ultimo Roland Garros, nel corso della visita al centro Babolat che forniva il servizio ufficiale di incordatura del torneo, avevamo scambiato quattro chiacchiere con l’incordatore croato Zelimir Furjan, e ci eravamo lasciati con un “allora, ci vediamo ad Umago”, dopo che ci aveva anticipato che sarebbe stato l’incordatore ufficiale anche nel torneo di casa. 

Una promessa è una promessa, è allora ecco che una mattina ci rechiamo presso il punto Babolat (da due anni anche ad Umago è l’azienda francese a gestire lo stringing service, attraverso il suo distributore per la Croazia). Ovviamente tutto è molto diverso rispetto a Parigi, a partire dal numero di incordatori, che qui sono solo due rispetto ai diciotto che avevamo visto all’opera durante lo Slam parigino. Ma anche la location: invece dell’enorme sala nella pancia del Court n. 1 del Roland Garros, qui i due incordatori hanno un loro stand di circa una dozzina di metri quadrati all’interno della tensostruttura nel bel mezzo del centro Stella Maris, a due passi dal campo Centrale, tra lo schermo gigante dove bambini e ragazzi giocano con la playstation ed il bar gestito da uno degli sponsor del torneo.

“Dal punto di vista del lavoro, sicuramente questa location non è il massimo. La musica, la gente che va e viene, qualcuno che ovviamente ti chiede di chi è la racchetta che stai incordando (l’avevamo fatto anche noi il primo giorno: era quella di Coric, ndr) e tu non puoi non rispondere. Il risultato è che incordi più lentamente” dice Zelimir. Ci eravamo salutati velocemente già un paio di giorni prima, ma oggi possiamo parlare con tranquillità: è la domenica della finale, gli ordini oggi saranno solo quelli di Lajovic e Balazs.

La tensostruttura dello “Stella Maris” con, in fondo, lo stand degli incordatori

La prima domanda è quella più ovvia, ricordando il ritmo da catena di montaggio degli incordatori a Parigi: “Beh, qui sarà un po’ più tranquillo rispetto a Parigi…”. Ma la risposta non è quella prevista. “Neanche tanto” dice infatti Zelimir. “Qui siamo solo in due, io e il collega Milan Muth. Di conseguenza tutto il lavoro lo facciamo noi, non c’è suddivisione dei carichi come a Parigi, qui è 50% a testa. Inoltre, rispetto a Parigi, non c’è tutta la struttura di supporto che svolge le attività propedeutiche e successive all’incordatura: l’accettazione dell’ordine, la preparazione delle corde e poi dopo il disegno del logo e il confezionamento della racchetta per la consegna”.

A tutto questo ci penso io” interviene Franko Matesic, il ragazzo che supporta Zelimir e Milan e che si vedeva spesso correre in giro con le racchette in mano da o verso i campi di gioco. Ora il motivo di tutte queste sue corse è chiaro. “Ma quando c’è tanto lavoro non riesco a fare tutto da solo e quindi anche loro devono fare alcune di queste cose, con la conseguenza i tempi di preparazione delle racchette si allungano”. Avendo in mente la media di 20-30 racchette al giorno dello Slam parigino, chiedo allora quali siano i carichi di lavoro qui ad Umago. E Franko mi mostra la videata dell’applicativo Babolat di gestione degli ordini: la giornata di punta è stata mercoledì, con 77 racchette incordate. Praticamente, una quarantina di racchette a testa.

Le statistiche giornaliere delle incordature dell’ATP di Umago 2019

Capiamo allora le parole di Zelimir di poco prima. “Se devi fare anche le attività di corollario, la conseguenza è che ci metti più tempo ad incordare ogni singola racchetta. Per questo quando il distributore della Babolat lo scorso anno mi chiese di venir qui, gli dissi ‘ok, ma a patto che ci organizzassimo, in piccolo, come a Parigi’. Quindi con una persona, Franko appunto, che gestisce tutte le altre cose, in modo che io e Milan possiamo concentrarci sul montaggio delle corde e basta. Considera che poi qui arrivano anche gli ordini dei turisti e degli amatori, per i quali ci supporta un altro incordatore che è dedicato esclusivamente a quelli, ma lo scorso anno avevamo solo due macchine e di conseguenza bisognava darci il turno su una delle due per smaltire tutti gli ordini . Quest’anno ne abbiamo aggiunta una terza, così il terzo incordatore può lavorare lì – e in un paio di occasioni è stato lui a supportare noi per le incordature dei pro – e anche questo ha contribuito a migliorare il lavoro”.

Franko vuole chiarire ancora meglio l’importanza del suo ruolo, e lo fa attraverso un semplice esempio numerico. “Ricevere l’ordine, tagliare alla giusta lunghezza le corde, poi disegnare il logo. Ci metti in tutto cinque minuti. Ma se lo facessero loro sarebbero cinque minuti in più per racchetta. Quando ne fai quaranta in un giorno significa più di tre ore dedicate a questo. Per questo devo esserci io a fare ‘il lavoro sporco’” aggiunge ridendo.

Da un certo punto di vista, osserviamo, l’essere visibili ha però i suoi vantaggi: si vede come lavorate, dal punto di vista promozionale è un plus. “Certamente. Non possiamo concentrarci solo sul nostro lavoro come al Roland Garros, però essere qui, davanti a tutti, consente ai turisti e agli appassionati che vengono al torneo di vedere dal vivo come si preparano le racchette dei professionisti”. E di conseguenza, immaginiamo, anche provare la soddisfazione di farsi incordare le racchette dagli stessi incordatori dei “pro”. “Beh sì, certo. Ci sta ed è un po’ la logica conseguenza ed il vantaggio di essere in questa posizione”, rispondono in contemporanea Zelimir e Milan, cercando di nascondere – senza riuscirci – la soddisfazione di veder riconosciuta la loro professionalità.

Lo stand degli incordatori del torneo di Umago

Il tempo stringe, sono arrivate un paio di racchette di alcuni turisti e siccome oggi non c’è il terzo incordatore tocca a Milan sbrigarsela, e allora passiamo a chiedere qualche dato statistico e qualche curiosità sulle incordature fatte in questa edizione del torneo. Franko risponde a tutto, in alcuni casi citando i dati a memoria. Il totale delle incordature fatte dal 12 luglio (prima giornata delle qualificazioni) fino al 20 luglio (serata delle semifinali) è stato di 370. Come a Parigi, ci si divide equamente tra i monofilamenti puri e gli ibridi monofilamento/budello. Chi ha l’incordatura più tesa? Il finalista del torneo di doppio Oliver Marach, armeggio ibrido a 30/31 chili. Quella meno tesa? Il semifinalista del singolare Facundo Bagnis, monofilamento (“In realtà due tipi di monofilamento Yonex diversi“) a 19 chili. “Ma ricordo ancora che lo scorso anno un doppista tedesco, di cui ora però mi sfugge il nome, incordò a 13/12 chili. In budello…”.

Salutiamo e ringraziamo Zelimir, Milan e Franko della chiacchierata. Non prima però di aver ritirato la racchetta. Ebbene sì, ci siamo fatti coinvolgere. Potevamo non dare la soddisfazione alla nostra fedele Head Speed Pro di sentirsi per una volta una racchetta seria e di farsi incordare tra la racchetta di Coric e quella di Caruso? E metterle persino un armeggio ibrido (ovviamente corde Babolat: per la precisione, RPM Blast a 23 chili, budello VS a 24 chili)? Per la cronaca, dobbiamo ancora provarla…

La Head Speed Pro trattata come una racchetta “di quelli veri”
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