Lorenzi entusiasma. Djokovic preoccupa. Federer si irrita. Impazza la Coco Gauff Mania

Editoriali del Direttore

Lorenzi entusiasma. Djokovic preoccupa. Federer si irrita. Impazza la Coco Gauff Mania

US OPEN – Evans protesta per i favori a Federer. “Imbucato” in ottavi un qualificato tedesco. Doppio francese Mahut/Herbert KO e ai ferri corti. Furibondo il manager di Coco Gauff. Anche Townsend alla ribalta in America. Berrettini ottavi in vista?

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Novak Djokovic - US Open 2019 (foto via Twitter, @usopen)
 

da New York, il direttore

Tutta la mia più sconfinata ammirazione va a Paolo Lorenzi. Ha giocato una delle migliori partite che io gli abbia visto fare, anche se l’ha persa 6-4 7-6(9) 7-6(4). Di certo non si sono proprio manifestati i 111 posti che lo separano da Wawrinka. Andrea Pellegrini Perrone, con la sua puntualissima cronaca nella quale ha sottolineato come lo svizzero campione qui tre anni fa, abbia servito in modo straordinario nei tiebreak e in tutte le situazioni a rischio. Nei punti non importanti gli entrava la prima una volta sì e una volta no, nei tiebreak e nelle palle break quando non era ace era servizio vincente 8 volte su 10. Sono davvero pochi i giocatori che sanno tirare fuori il meglio di sé nei tornei e nei punti che contano. Wawrinka è sicuramente uno di questi. Non lo scopro io, non lo si scopre oggi. Non ha stupito quindi neppure Lorenzi, del quale avrete letto e sentito l’intervista post-match, ma anche lui che già lo sapeva si è accorto cosa significhi trovarselo di fronte.

Mi sarebbe piaciuto che Paolo vincesse il secondo set, anche se non ha poi – al di là del set point comunque annullato da Stan The Man con il servizio – avuto tutte queste occasioni. Wawrinka aveva dato segni di nervosismo quando si era fatto breakkare sul 4-2 nel primo set. Un suo lancio di racchetta verso la propria panchina avrebbe potuto colpire inavvertitamente un giudice di linea, invece di sfiorargli un piede, e in quel caso la sua squalifica sarebbe stata inevitabile… con Lorenzi qualificato per gli ottavi.

Ma se dico che Lorenzi ha giocato una gran partita, al di là dell’equilibrio che ha saputo dare al punteggio per tutto i tre set, è perché mi è piaciuto come ha impostato la partita, come ha spinto sempre anche di rovescio, il colpo che quando gioca sulla terra rossa lui gioca maggiormente per non sbagliare e non per aggredire. Ormai direi – ma sembra concordare anche lo stesso Lorenzi – il suo tennis è più efficace sul cemento che sulla terra rossa. Serve meglio, attacca bene, a rete non è male, deve remare meno che sulla terra dove tende a farsi cacciare troppo dietro la riga di fondocampo.

Davvero chapeau per lui. A quasi 38 ha un fisico spaziale. Avrebbe potuto giocare altre due ore, lui che ne aveva giocate più di nove nelle ultime di partite. Non sono sicuro che avrei potuto dire la stessa cosa per Wawrinka. La classifica non è ancora quella che Paolo vorrebbe, oscilla intorno al centoventesimo posto, quindi un posto nel tabellone dell’Australian Open non è ancora garantito. Per questo motivo, mentre l’altra sera Thomas Fabbiano si congratulava con se stesso perché “questo dovrebbe essere il mio primo anno senza che io sia stato costretto a giocare neanche un challenger… vuol dire un po’ aver svoltato!”, Paolo invece tre o quattro challenger li giocherà certamente. Al momento dovrebbero essere Siviglia, Biella, Firenze e Barcellona. Magari se fosse riuscito a conquistare punti sufficienti nei primi tre, potrebbe scapolare il quarto.

Nella giornata di venerdì l’attesa maggiore era per verificare le condizioni di Djokovic. C’è stata un po’ di suspense perché il serbo che doveva farsi gli ultrasuoni aveva fissato il campo per allenarsi prima alle 17, poi lo ha rinviato alle 18, quindi ha chiesto un ulteriore spostamento alle 19. Fino alle 19:20 Nole non era ancora in campo e al National Tennis Center si stava spargendo l’allarme nei media: vuoi vedere che è davvero seriamente infortunato e non gioca ma si ritira? Sulle prime, poi, chi l’ha visto arrivare contribuiva a spargere tensione sostenendo che gli era sembrato piuttosto corrucciato. Poco dopo sul campo d’allenamento P1, invece, Nole sembrava invece rilassato (episodio con il tifoso escluso), come tutto il suo team.

Anche se, con la vittoria abbastanza rapida, in due set di Keys su Kenin, c’era poco più di mezz’ora prima della sua discesa in campo per il match con Kudla. Il servizio, che non ha mai perso, è sembrato normale. Ma insomma il braccio sinistro più che per far rimbalzare la palla e lanciarla in alto non doveva fare. Invece con il rovescio mi è apparso prudente. Ha evitato di forzarlo quando non era proprio necessario. Al 100 per 100 non m’è sembrato. Poi, si sa, i doloretti a volte vengono ingigantiti nella testa se le cose non si mettono bene. E con Wawrinka potrebbero anche non mettersi bene, sebbene lo svizzero dopo l’operazione non sia sembrato più esattamente quello di prima.

Nel resto della giornata non c’erano state sorprese: nella metà bassa del tabellone femminile sono arrivate agli ottavi tutte teste di serie, dall’alto in basso Svitolina 5 vs Keys 10, Konta 16 vs Pliskova 3, Serena W. 8 vs Martic 22, Wang Qiang 18 vs Barty 2. Martic era testa di serie più bassa rispetto a Sevastova 12, ma insomma quasi tutto è andato secondo le previsioni anche se Pliskova con Jabeur e Barty con Sakkari hanno impiegato tre set. E fra gli uomini ha perso Nishikori numero 7 da De Minaur in 4 set e Basilashvili 17 da Koepfer. Dall’alto in basso sono arrivati ai quarti Djokovic e Wawrinka, il qualificato tedesco Koepfer numero 118 e Medvedev, Federer e Goffin, Dmitrov e De Minaur.

Federer era contento per aver giocato un match senza perdere un set e ancor più per aver sperimentato in tre round tre diverse situazioni: “Ho giocato un primo match di notte outdoor, un secondo indoor con il tetto, il terzo all’aperto in pieno giorno. Quel che non mi va è che ci sia chi continua a diffondere voci di m… (shitty) sul fatto che sarei io a chiedere orari, campi etcetera. Io non chiedo mai proprio nulla”.

“Sono stufo di sentire che chiedo e ottengo. Decidono i tornei”

Il suo avversario Evans era però furibondo perché non gli avevano dato più di 18 ore di riposo dalla conclusione del suo match di secondo turno, mentre Roger aveva avuto un giorno in più per aver potuto giocare sotto il tetto mercoledì. Ma non ce l’aveva con Roger bensì con la USTA.

Non credo che le cose sarebbero granché cambiate se fosse sceso in campo quattro ore più tardi. Federer non l’ha detto così, ma si è capito che lo pensava. Roger prima e Serena poi hanno incontrato uno dei grandi giganti del basket, Kobe Bryant. Roger sul campo, lei nel corridoio che porta alla sala conferenze. I due si sono intrattenuti a lungo e abbracciati con grande affetto. Lui le ha regalato il suo libro, con copertina verde “Legacy and the Queen” in cui si parla anche di tennis, di Coco Gauff e di come lui è diventato “addicted” al tennis. È davvero un grande appassionato. Ma con Serena hanno parlato anche di figli… e lei non la finiva più di parlare della sua bambina!

Roger Federer, Kobe Bryant e Daniel Evans – US Open 2019 (foto via Twitter, @usopen)

Simpaticissimo, l’ho incontrato anch’io. Gli ho chiesto un autografo per uno dei miei più stimati collaboratori, nonché vice, Luca de Gaspari che stravede per lui al punto di avere la sua immagine sul proprio indirizzo Skype e non solo, e lui mi ha chiesto chi era ed è stato poi disponibilissimo a farmi un autografo, dopo di che gli ho ammollato una cartolina di Ubitennis.com e una di Ubitennis.net. Mi ha detto che ci leggerà. Ci farebbe piacere. Adesso Luca dovrà scrivere da premio Pulitzer e poi faremo in modo di farli incontrare.

Tornando al tennis giocato in campo maschile ovviamente l’”imbucato” è il tedesco Koepfer, 25 anni e n.118 del mondo emerso dalle qualificazioni: a fine 2016 era n.1000 del mondo! E fino a due mesi fa aveva guadagnato in carriera 230.000 dollari. Adesso in due mesi ne ha fatti 350.000. Prima ha vinto il challenger di Ilkley, poi ha ottenuto una wild card a Wimbledon, il resto è arrivato qui con gli ottavi. Niente male. Il suo idolo pare sia Hewitt, cui un pochino come stazza e tipo di gioco somiglia. Contro Basilashvili ha vinto in 4 set, ma nei turni precedenti aveva battuto lo spagnolo di Maiorca Munar e Opelka, il giustiziere di Fognini. Nel 2017 Shapovalov era stato l’ultimo a emergere dalle qualificazioni fino agli ottavi. Prima di allora nessuno ce l’aveva più fatta dal 2008.

Un risultato a sorpresa ma con dei retroscena è venuto dal doppio: Herbert e Mahut hanno perso 6-3 6-1 da Bopanna e Shapovalov. I quali hanno certo giocato benissimo, ma al contempo qualcosa pare essersi incrinato nella coppia francese che ha vinto quattro Slam. I due non sono più così amici come erano prima. Mahut se l’è presa con Herbert che all’inizio dell’anno gli aveva detto di non voler giocare il doppio a Wimbledon per puntare al singolare. Ma poi però quando Andy Murray gli aveva chiesto di giocare il doppio con lui, Herbert non ha resistito all’idea di farsi un po’ di sana (?) pubblicità e ha cambiato idea. Solo che a Wimbledon l’inedita coppia è uscita al secondo turno e così a oggi Herbert per Tokyo sarebbe messo malissimo. Gli converrebbe… riconquistarsi Mahut. Infatti Mahut è arrivato comunque in finale con Roger-Vasselin: i due hanno perso 6-3 al quinto dal duo Cabal/Farah dopo 4 set decisi dal tiebreak.

Ora dopo la sconfitta odierna e quella di Wimbledon Herbert non ha punti utili a conquistare un posto alle Olimpiadi. E la prima coppia francese potrebbe essere un’altra per Tokyo. Se, ad esempio, Roger-Vasselin fosse primo nella classifica di specializzazione dopo il Roland Garros dell’anno prossimo toccherebbe a lui scegliersi il compagno e quasi certamente sarebbe Mahut. Poiché una nazione potrà schierare due coppie soltanto se ne avrà due coppie classificate fra le prime dieci, al momento Herbert è a rischio. E un po’… ben gli sta.

Per la giornata di oggi, beh in America si parla soltanto di Coco e Taylor, le due eroine mediatiche dei giorni scorsi. Le possibili eredi delle due fenomenali sorellone Williams che però hanno ormai 37 e 39 anni. Il New York Times ha scritto, fin dal titolo, che se fin qui Coco Gauff ha vinto sulla gente adesso… deve battere Naomi Osaka. Chiama e rispondi si direbbe in Italia.

La ragazzina di 15 anni ha già fatto miracoli, battesse la campionessa dell’anno scorso, e d’Australia, anche se Osaka non si è più esibita a quei livelli, sarebbe molto più che un miracolo. Di sicuro, mentre la ragazza della Georgia Taylor Townsend resta un po’ un’incognita perché dopo essersi fatta notare nel 2012 poi per sette anni ha avuto più bassi che alti, e anche se qui partecipa per la quinta volta all’US Open lo ha potuto fare o grazie a wild card oppure emergendo dalle qualificazioni come quest’anno. A 23 anni è n. 116 del mondo. È diverso essere 140 a 15 come Gauff che pare in grado di garantirsi una decina di anni da protagonista.

È più divertente guardare giocare Townsend che batte e vollea, reincarnazione americana di Martina Navratilova (106 discese a rete contro la sconvolta Halep, di cui 68 diretti serve&volley come non si vedevano dai tempi di Martina, di King e di Court) che non Coco che rema a fondocampo e con grinta inesauribile recupera tutto e lotta palla dopo palla come se fosse questione di vita o morte. E le smorfie, gli autoincitamenti che si fa piegandosi quasi a terra dopo ogni punto combattuto e vinto, trascinano la folla – e il folto, foltissimo clan che la sostiene dal suo box.

Taylor – pensate un po’ se un’italiana fosse stata battezzata… Sarta! – è riuscita finalmente a calare di peso, una dozzina abbondante di chili, da 90 a 77 pare, e avrà ripetuto mille volte in conferenza stampa quanto è stata dura per lei in tutti questi anni, con tutti che dubitavano delle sue possibilità pur dicendo – e pareva una contraddizione – che aveva grande potenziale. Un pochino, per la questione del peso, dei chili di troppo, mi sono ricordato della prima Navratilova, quando ancora con Chris Evert perdeva più partite di quante ne vinceva.

Poi Martina si affidò al dottor Haas, stesso dietologo anche di Ivan Lendl, dimagrì, si affinò, imparò a mangiare come si deve, e le sue discese a rete diventarono molto più rapide e incisive, i suoi balzi per smecciare e volleare assai più agili. Con Cirstea per Taylor Townsend sarà una prima prova del nove, come avrebbe detto Rino Tommasi. Si vedrà di che panni davvero si veste. Certo il pubblico sarà tutto per lei, come già contro Simona Halep cui proprio è mancata l’abitudine al passante. E quando mai sono costrette a tirarli le ragazze d’oggi?

Quanto a Coco vs Naomi, di certo chi sarà più nervosa, e chi ha più da perdere, è Osaka. Ma sarà sufficiente a Coco per riuscire ad approfittarne? Se vanno sulla lotta secondo me sì. Ma Naomi – che fu così disponibile e carina da far giocare una Coco tredicenne alla Pro World Academy di Delray Beach dove Coco è nata, potrebbe anche vincere 6-2 6-3 e rimandare Coco ad una vera sfida fra un annetto o due. Quando Coco potrebbe aver terminato quegli studi che, a differenza del tennis, spesso le fanno socchiudere le palpebre.

Ho parlato con il suo manager Tony Godsick riguardo a molte critiche che sono piovute sulla sua gestione per il troppo clamore che si è fatto per lanciare il personaggio Gauff e lui si è rivoltato come punto da una vespa. Si vede che avevo toccato un punto dolente.

“Siete voi giornalisti che scrivete di tutto e di più di Gauff, e poi dite di essere preoccupati che una ragazzina di 15 anni possa cadere preda di eccessive pressioni, possa risentirne psicologicamente, subire dei traumi e via dicendo. Tutti vi rifate al caso Capriati, ma quello è successo più di 20 anni fa! Troppa gente nel suo box? Cosa si deve fare se ha un padre, una madre, uno stuolo di parenti, due coach, il manager… devo impedire a qualcuno di sedersi lì? Se si consentisse ai suoi fratelli di saltare la scuola per vedere le sue partite… allora sì che sarebbe diseducativo! Ma i suoi genitori, pur entusiasti e molto estroversi ed espansivi, non lo permetterebbero. Ti assicuro che stiamo facendo di tutto per proteggerla, ma riceviamo 80 richieste di giornali, radio e tv che vogliono intervistarla e ti assicuro che facciamo di tutto perché non venga sovra esposta, soverchiata. Coco è la più giovane tennista ad aver raggiunto il terzo turno dai tempi di Anna Kournikova nel ’96. Sono trascorsi 23 anni”.

Una volta c’erano molte più enfant-prodiges. Sono 25 le tenniste under 16 che hanno vinto un match di singolare all’US Open dacché Tarcy Austin a 14 anni centrò i quarti nel ’77. Ma solo tre ragazze hanno raggiunto il terzo turno negli ultimi 22 anni e due non hanno poi fatto granché: Alexa Glatch nel 2005 e Cici Bellis nel 2014 (Cici però ha avuto gravissimi problemi di salute).

Gli dico allora: “Ma c’era proprio bisogno di vestire tutto il box con la maglietta con su scritto ‘Call me Coco’?”. E lui, prima di scusarsi per il tono insolitamente aggressivo (“Oggi mi hai preso in una cattiva giornata!”), spiega: “Quella, certo, è anche una questione di marketing: se la si deve promuovere come Coco Gauff e c’è gente che continua a chiamarla Cori come il padre, non si può restare inerti”. Beh, insomma, la CocoMania ha anche degli ispiratori commerciali. O no?

Cori Gauff – US Open 2019 (foto via Twitter, @usopen)

Tutto chiaro adesso? Sono curioso di vedere come si comporterà il pubblico. Chiaro che fossero tutti con Coco quando ha giocato con l’ungherese Babos. A Wimbledon quando batté Venus sul centre court ci fu più equilibrio sugli spalti. Venus aveva vinto lì cinque corone. E poteva dispiacere tifarle contro. E comunque non si era in America. Vero che Naomi è figlia di un haitiano e di una mamma giapponese, e che rappresenta il Giappone – questo è sicuramente un fattore – però ha vissuto a lungo in Florida e per diverso tempo sembrava dovesse giocare per gli Stati Uniti.

Last but not least, come direbbero da queste parti, come ignorare che stasera, quarto match sul campo 17, ma i primi tre sono doppi e quindi potrebbe giocare intorno alle 17-18 di New York, 23 o mezzanotte in Italia – suvvia è sabato, potete anche sintonizzarvi su Eurosport e sostenerlo – l’ultimo italiano superstite, Matteo Berrettini.

Dopo aver visto soccombere Sonego con Andujar sarà meglio non illudersi per via del ranking inferiore del giovane australiano Alex Popyrin, 20 anni e n.105 del mondo ma tipo tosto, gran servizio e gran dritto. Potrebbe essere, quello sul campo 17, un match giocato… allo specchio. Le caratteristiche sono simili ma il nostro è più esperto e insomma è il favorito. È la prima volta al terzo turno qui per tutti e due, ma Matteo ha raggiunto gli ottavi a Wimbledon. Ed è approdato qui al terzo turno senza giocare benissimo. Si dice sia un buon segno.

Io ieri l’ho visto sereno, insieme a suo padre che mi ha detto che per via del nonno i Berrettini hanno ancora una casa a Firenze nella zona di Bellariva, non lontana dall’Arno. Si è allenato con Vincenzo Santopadre per un’oretta defatigante, credo che non gli dispiaccia giocare verso l’imbrunire, quando farà meno caldo. Gli australiani sono più abituati a temperature estreme. Ci si augura non ci sia troppo vento. “I giocatori con le leve lunghe sono più svantaggiati dei brevilinei quando c’è vento, e poi può essere un fattore che innervosisce anche se ci si arriva mentalmente preparati… Contro Thompson nei primi set ho fatto un sacco di steccate”, aveva detto venerdì sera Matteo.

Sono certo, per il resto della giornata, che la redazione vi consiglierà di non perdervi Kyrgios-Rublev, un match che promette scintille. Ma lì dovrete essere probabilmente un po’ più nottambuli che per Berrettini.

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