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Interviste

Federer non si nasconde: “Mi faceva male la schiena, ma bravo Dimitrov”

Lo svizzero svela il motivo del medical time out che ha sostanzialmente chiuso la partita, ma non sottrae meriti all'avversario. La programmazione di fine stagione non cambia. "Sarò ancora in grado di vincere uno Slam? Non lo so, lo spero"

Last updated: 06/09/2019 9:56
By Pietro Scognamiglio Published 04/09/2019
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4 Min Read

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Il botto nella notte. Roger Federer, in sala stampa, prova poi ad attutire il colpo. Fornendo una prima diagnosi sul malessere che l’ha frenato, ma soprattutto spostando con signorilità l’attenzione su quanto di buono ha realizzato il redivivo Grigor Dimitrov (qui il racconto del match del nostro inviato, Vanni Gibertini). Per il bulgaro, primo successo in otto sfide contro un avversario che anche stavolta sembrava fuori dalla portata. Come è sempre stato nella sua carriera. E invece è andata diversamente, con lo swing USA del re svizzero che si chiude con un bilancio in passivo: ottavi di finale a Cincinnati, quarti allo US Open. Senza tragedie, chiaro. Ma con una serena presa d’atto del tempo che passa e degli acciacchi che – quando si presentano sul fisico di un trentottenne – lasciano poco margine di gestione.

MTO – Quei dieci minuti di medical time out, tra il quarto e il quinto set, necessitavano in ogni caso di una spiegazione. Perché la partita è finita sostanzialmente lì e l’infortunio – per quanto non plateale, nelle fasi di gioco – ha comunque spostato l’equilibrio. “Ho avuto bisogno di un trattamento tra la parte alta della schiena e il collo, per provare a sciogliere il dolore. Ma questo è il momento di Grigor, non parliamo del mio corpo. Ho avuto un brutto inizio nel quarto e nel quinto set. Grigor è stato bravo, è riuscito a battermi, tutto qui“. Al netto delle difficoltà fisiche, lo svizzero individua anche la chiave tecnica che ha aperto le porte del successo all’attuale numero 78 del mondo: “Non mi sono sentito a mio agio da fondocampo – ha spiegato – le sue variazioni mi hanno creato problemi di ritmo, non mi ha fatto prendere il controllo del gioco. Ha fatto davvero un buon lavoro“.

PROSPETTIVA – Mentre l’obiettivo di Dimitrov – che poco più di un mese fa doveva chiedere una wild card in un 250 – è adesso l’incredibile semifinale (da sfavorito) con Medvedev, quello di Federer diventa chiaramente ottimizzare il finale di stagione. “La mia programmazione non cambia, ora starò un po’ con la famiglia e poi si riparte: la Laver Cup, Shanghai, Basilea, forse Parigi, Londra. “Fisicamente il fastidio l’ho avvertito fin dall’inizio della partita – ha voluto precisare Federer – ma ero in grado di giocare. Evidentemente però non sono stato in grado di vincere. Dopo un match perso non bisogna fermarsi troppo a pensare, si va avanti”. 

Certo, ma fino a quando? Perché l’impietosa domanda che si alza dalla platea dei giornalisti va dritta al punto. A 38 anni – guardando anche a quanto successo a Wimbledon (“Ma oggi non contava nulla”, puntualizza) – si sente ancora in grado di vincere il desiderato ventunesimo Slam? “Non lo so, lo spero“. Allo US Open, dopo il forfait del 2016, lo stop negli ultimi tre anni è arrivato sempre troppo presto: due volte ai quarti e una agli ottavi. Con l’ultimo dei cinque trionfi datato 2008.

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