Berrettini ha perso da Thiem, ma è più forte. Può aspirare al numero 1 ATP?

Editoriali del Direttore

Berrettini ha perso da Thiem, ma è più forte. Può aspirare al numero 1 ATP?

Matteo dimostra di essere migliore di Thiem già per averci giocato alla pari con tre anni di meno. È più completo. Questione di anticipo. Di team. Il rovescio di Federer e Nadal. Gli alibi di alcuni tennisti. Finali ATP. Chi può escludere che diventi il n.1 del mondo? Il caso Federer a Parigi-Bercy

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Matteo Berrettini - Vienna 2019 (foto via Twitter, @atptour)
 

Sì, penso proprio che Matteo Berrettini abbia margini per migliorare ancora, più di Dominic Thiem che ha due anni e mezzo di più. Oggi ci gioca indiscutibilmente alla pari… una volta ci vince, un’altra ci perde di strettissima misura. Qui sotto, più avanti, spiegherò i motivi della mia personalissima convinzione. Lo penso dopo aver guardato con grande attenzione sia la partita di Shanghai vinta da Matteo che quella di Vienna vinta da Dominic. E non solo.

NON È PATRIOTTISMO NÉ TIFO. I MIEI GRANCHI

Non credo, francamente, che il mio giudizio sia condizionato da puro patriottismo né tantomeno dal tifo (sebbene certo abbia una spiccata simpatia sia per Matteo, sia per coloro che fanno parte della sua equipe). Spero che la mia storia professional-giornalistica sia garanzia sufficiente al riguardo. Nemmeno sono influenzato da quanto ho scritto su Berrettini in tempi in cui molti parevano ancora dubitare delle sue qualità, del suo potenziale. Non scrivo davvero oggi quel che penso con lo scopo di sottolineare “guardate come sono bravo, io l’avevo detto”.

Ho infatti scritto tantissime volte anche dei granchi che ho preso. Esempi? Riguardo a partite singole – una per tutte, fra le più recenti – quella alla vigilia degli ottavi di finale di Wimbledon quando scrissi che Federer avrebbe probabilmente vinto ma mai 6-1 6-2 6-2 e invece sapete come è finita. Ma anche riguardo a previsioni sul futuro dei giocatori: nel 2013 scrissi che ero persuaso che Fognini sarebbe diventato presto un top-ten e invece ci ha messo sei anni – meno male non mi ha sconfessato del tutto! – nel 2008 scrissi che Bolelli sarebbe arrivato tra i top 20 e invece non ce l’ha mai fatta. Se voglio continuare a percuotermi nell’autoflagellazione tafazziana potrei anche ricordare che negli anni ’90 avevo intravisto notevoli qualità in un ragazzino finlandese, Aki Rahunen, che ribattezzai il Chang della Finlandia o qualcosa del genere, e invece non è mai salito più del n.52 del mondo!

I lettori ricorderanno certo altre previsioni sballate del… Mago Ubaldo. Spero che ricordino però – sarebbe carino! – anche qualcuna di quelle azzeccate, che qui da parte mia non sarebbe elegante tirar fuori. Ripeto sempre, però (e come un mantra “tommasiano” al quale sempre mi ispiro citandolo), che quando vengono rimproverate predizioni errate “solo chi le azzarda corre il rischio di sbagliarle”.

NEPPURE IL “MAESTRO” RINO TOMMASI ERA PERFETTO

E, sempre citando il mio grande Maestro Rino Tommasi, se lui fra tante profezie indovinate e illuminate, poté dire una volta – nel corso delle nostre impareggiabili telecronache ah ah ah, mi pare durante una finale del torneo di Manchester all’inizio degli anni Novanta – che Sampras avrebbe avuto grandi difficoltà a vincere tornei sull’erba per la difficoltà di coniugare la velocità spaziale dei suoi servizi con la necessità di raggiungere altrettanto rapidamente la rete”… beh, ragazzi, “nobody is perfect” e infallibile. Si è sbagliato quella volta Rino, ho sbagliato decine di volte io, possiamo sbagliare tutti, noi comuni mortali.

PERCHÉ MI SBILANCIO SUL CONFRONTO MATTEO-THIEM

Torno a… sbilanciarmi sul conto di Berrettini a confronto con Thiem. Lo faccio sapendo che Matteo per primo, Vincenzo Santopadre e Umberto Rianna poi, non terranno giustamente in alcun conto quanto dico – sarebbe un guaio! – nel senso che né si adageranno sugli allori per una serie di considerazioni che non hanno certo lo scopo di attenuare il loro impegno e cioè “il lavorar duro” che è il prodromo degli ancora eventuali progressi tecnici, fisici e mentali di Matteo, né subiranno minimamente un qualsiasi tipo di pressione supplementare conseguente a… indebita pressione giornalistica! Ci mancherebbe!

GLI ALIBI INCONSISTENTI DI TANTI TENNISTI MEDIOCRI

Però l’ho scritto qui non per caso. Lo scrivo perché in passato ci sono stati tanti giocatori e giocatrici– ne ho conosciuti davvero diversi – che hanno attribuito alla stampa, e di riflesso all’opinione pubblica, la ragione dei loro insuccessi, dei mancati traguardi, di alcune partite perse, della loro mancata “esplosione”. O perché – a sentire loro – la stampa li caricava di eccessive pressioni, o perché ne sottolineava eccessive carenze facendo insorgere addirittura veri complessi. Ho le prove di quel che dico. Registrate. Una forma di vittimismo molto diffusa, direi più in Italia che altrove per quel che è la mia esperienza, e alimentata di solito dagli accondiscendenti amici-familiari degli stessi giocatori. Che spesso fanno, o hanno fatto, più danni della grandine.

La verità è che il campione deve o dovrebbe essere più forte mentalmente di qualunque cosa possa leggere o sentir dire sul suo conto. Ma senza dover fare lo struzzo e nascondersi. Ma, leggendo (perché no?), ascoltando e poi reagendo da campione. Sul campo. Non a chiacchiere. È il campo la sola cosa che conta, alla fine.

NON AVERE NERVI SALDI È COME NON AVERE IL DRITTO

Quando sento dire che quel giocatore sbaglia a interpretare i punti importanti (braccino?) o serve male (idem?), interpreta male le partite in cui è favorito (in Davis o altro? Idem!!!) perché la stampa, i lettori sui social, gli mettono dei complessi, mi cadono le braccia. Perché non ammettere, più semplicemente, che quel giocatore, quella giocatrice, non ha i nervi saldi che dovrebbero essere prerogativa del vero campione? Perché non capire che non avere nervi saldi è come non avere il dritto? O il rovescio, o la seconda palla di servizio? Quest’utima, credetemi, è un bel termometro per misurare le qualità nervose del tennista. A questo riguardo Pete Sampras era un fenomeno. Chi cerca alibi non è campione. Spesso i genitori cercano alibi per i figli. Senza rendersi conto che così facendo li indeboliscono. Matteo ha i nervi saldi, saldissimi per la sua età, il suo tipo di gioco rischioso, la sua ancor grande inesperienza. Punto e a capo.

BERRETTINI HA PERSO A VIENNA DA THIEM PERCHÉ ERA PIÙ STANCO, NON MENO FORTE

A mio avviso, in conclusione dopo queste lunghe premesse, Berrettini ha perso a Vienna perché era più stanco. Il suo percorso fino a quella semifinale, lungo altre sette semifinali precedenti, è stato molto più faticoso. Sotto tutti i profili. Fisico, psicologico, mentale.

QUANTO DIVERSE L’ETÀ E L’ESPERIENZA TRA I DUE

Thiem è sulla cresta dell’onda da almeno cinque anni. Cinque anni fa, quando Matteo non aveva neppure un punto ATP, Thiem giocava a Kitzbuhel la sua prima finale. Tre anni e mezzo fa (sì, conta anche il mezzo… vi ricordate dov’era Matteo sei mesi fa?) raggiungeva la sua prima semifinale – di quattro consecutive, con due finali 2018 e 2019! – al Roland Garros. Al Roland Garros Thiem era già stato, nel lontano 2011, finalista del torneo junior. Matteo aveva 15 anni. E non era, né sarebbe stato poi, fra i primissimi junior italiani. Tre anni fa Thiem era già top-ten.

Insomma Thiem ha quintali di esperienza alle spalle in più. Di partite importanti. Di semifinali, di finali. Di situazioni psicologiche diversamente complesse: partite da vincere “obbligatoriamente” perché favorito, “obbligatoriamente” perché giocate in casa, “obbligatoriamente” perché non aveva nulla da perdere contro i grandi che lo avevano più spesso battuto, partite da vincere “obbligatoriamente” perché in grande vantaggio nel punteggio, partite da rimontare “obbligatoriamente” perché un top 5 deve saper reagire a certe giornate no e trasformarle in giornate sì. Ovviamente quell’obbligatoriamente è avverbio del tutto ingiustificato.

Ma dà il senso della pressione che un campione deve imparare ad affrontare. Giorno dopo giorno. Due anni e mezzo in più all’anagrafe, sei-sette anni in più dal primo Roland Garros quale agonista.

EPPURE THIEM ANCORA SOFFRE LA PRESSIONE CASALINGA

Eppure, pensate un attimo, per 10 anni – 9 anni in tabellone, la prima partendo dalle quali mi pare – Thiem ha giocato il torneo di casa, a Vienna, senza mai riuscire a vincerlo prima di ieri. Ho chiuso sul discorso diversa esperienza. Ma, ribadisco, se oggi i due sono alla pari quando si affrontano, tranne che inevitabilmente nei diversi palmares e ranking, significa che Matteo è ben avanti a Dominic. A Vienna ha ceduto fisicamente, non mentalmente. Era Dominic a dimostrarsi più fragile mentalmente nel primo set, a commettere errori di dritto gratuiti, a fare doppi falli di pura tensione.

SEGUE A PAGINA 2: MATTEO PIÙ SOLIDO MENTALMENTE E TATTICAMENTE DI THIEM

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