Editoriali del Direttore
Berrettini ha perso da Thiem, ma è più forte. Può aspirare al numero 1 ATP?
Matteo dimostra di essere migliore di Thiem già per averci giocato alla pari con tre anni di meno. È più completo. Questione di anticipo. Di team. Il rovescio di Federer e Nadal. Gli alibi di alcuni tennisti. Finali ATP. Chi può escludere che diventi il n.1 del mondo? Il caso Federer a Parigi-Bercy

Però i progressi che Matteo sta compiendo nella straordinaria capacità di concentrazione che sa tenere nei game in cui serve e dimostra di sapere portare a termine 12 game di servizio senza concedere una palla break, set interi senza perdere una volta la battuta, sono sotto gli occhi di tutti. E anche su quello che era il suo colpo debole, il rovescio, sono continui e straordinari, sia con il rovescio coperto a due mani, sia con quello con il taglio sotto la palla a una. Difensivo come d’attacco.
LI STANNO FAVORENDO I SUOI STESSI AVVERSARI PIÙ FORTI
Forse questi progressi sono conseguenza dei martellamenti dei suoi avversari sempre più forti e quindi sempre più… stimolanti. Un conto è allenarli con Santopadre e Ajla (con tutto il dovuto rispetto), un altro conto è misurarsi con sempre maggiore frequenza con i migliori giocatori del mondo perché vi ci si imbatte nei turni finali di un torneo. Se tutti dicono con grande e schietta decisione – da Santopadre a Rianna – che una delle principali doti di Matteo è quello di saper imparare dalle partite che gioca, quindi anche dalle sconfitte, beh Matteo è destinato a imparare sempre di più perché ormai il suo è un livello da top-ten. Un traguardo che non ha raggiunto per caso, evidentemente. Otto semifinali in altrettanti tornei lo dicono chiaro e tondo.
PERCHÉ PARTECIPARE AL MASTERS ATP DI FINE STAGIONE GLI FAREBBE MOLTO BENE
Gli farebbe incredibilmente bene, e non solo per la straordinaria soddisfazione di raggiungere quelle finali mondiali ATP che soltanto Barazzutti e Panatta hanno centrato 42 e 44 anni fa (peraltro senza riuscire a vincere una partita in due), potersi misurare a Londra nel Masters di fine stagione e dei Magnifici 8. Come minimo aggiungerebbe al suo modesto bagaglio di esperienze almeno altri tre duelli con tre dei migliori 8 giocatori del mondo. Esperienze preziose in un torneo anomalo e prestigioso, sotto gli occhi del mondo. Accelererebbe tantissimo il suo percorso di crescita. Se poi vincesse addirittura qualche partita, anche senza fare il Dimitrov o lo Zverev, beh non poniamo limiti alla Provvidenza!
PIÙ FACILE MIGLIORARE IL ROVESCIO CHE IL DRITTO. GLI ESEMPI DI NADAL E FEDERER
Mi aspetto da lui, quindi, che migliori ancora, sempre più, anche con il rovescio. Il rovescio è un colpo che è meno difficile migliorare rispetto al dritto. Il dritto è quasi sempre un colpo molto personale, difficile da insegnare e da migliorare. Seppi non lo aveva naturale e ha faticato moltissimo a migliorarlo. C’è riuscito in parte, ma al momento buono se un colpo lo tradisce è più facile che sia il dritto piuttosto che il rovescio. Il rovescio invece… beh, ricordate come erano i rovesci di Nadal e – in misura meno evidente – di Federer? Non li avete visti migliorare pazzescamente negli anni, tanto quello bimane di Rafa che quello monomane di Roger? Per questo motivo sono molto fiducioso sul fatto che lo migliorerà fortemente anche Matteo.
Così come oggi nei momenti importanti è ancora il rovescio che ogni tanto abbandona Matteo, piuttosto che il servizio – sempre sicuro – o il dritto, così dico oggi: date tre anni a Berrettini di esperienze a questi livelli e vedrete che il suo rovescio, anche se non sarà mai quello di Djokovic né il suo colpo migliore, diventerà un rovescio che non avrà paura a palleggiare alla pari con quello di Thiem e soci.
LA CAPACITÀ DI ANTICIPO DI MATTEO… THIEM NON CE L’HA NÉ L’AVRÀ MAI
Ma per finire nel confronto Thiem-Berrettini l’aspetto che più mi convince sulla superiorità che Matteo riuscirà presto a dimostrare (con qualche difficoltà in più sulla terra rossa e sulle superfici più lente perché servizio e dritto gli daranno meno punti gratis e senza sforzo) sta nella diversa capacità di posizionarsi in campo. Berrettini, a dispetto dell’altezza e delle leve più lunghe, braccia e gambe (sia pur le prime accorciate sulla sinistra dal rovescio bimane giocato davanti al corpo), può giocare d’anticipo, Thiem più no che sì. L’austriaco ha movimenti d’apertura amplissimi, ha bisogno di tempo e spazio. Spesso deve preoccuparsi di non colpire il giudice di linea che sta alle sue spalle, di non sbattere testa e racchetta sul telone di fondocampo.
Matteo quella preoccupazione non ce l’ha. Lui è reattivo anche se sta sulla riga di fondocampo, tre metri abbondanti avanti a Thiem. Quindi può angolare una risposta di dritto molto più stretta fin da subito. Può prendere l’iniziativa di uno scambio, quando serve grazie al servizio, quando risponde grazie a una risposta in continuo progresso, fin dalle prime battute di un punto. Thiem, e non solo perché era più fresco e pimpante nel finale della semifinale di Vienna, ha quasi sempre bisogno di fare tre o quattro scambi prima di riuscire a prendere il pallino del gioco. Berrettini no. Anche Thiem, per carità, potrà migliorare ancora – così come hanno fatto dopo i 26 anni i vari Nadal, Federer, Djokovic, Murray – ma a me pare che i suoi limiti tecnici d’impostazione siano più marcati di quelli contro i quali Matteo Berrettini dovrà lavorare duro per attenuare se non sconfiggere del tutto.
MATTEO PUÒ ASPIRARE A DIVENTARE N.1 DEL MONDO? PERCHÉ NO?
Dove potrà salire in classifica Matteo? Beh qui ci vorrebbe la palla di vetro che non ho (quella ce l’ha ogni gennaio solo il Mago Ubaldo), però fra cinque anni – e la prendo alla larga – secondo voi i Fab Four saranno ancora a menare randellate sui campi? Io dico di no. E allora fra chi è oggi n.4, n.5, n.6, n.7 e n.8 – cioè tutti coloro che in questo quasi inverosimile ranking ATP di lunedì 28 ottobre 2019 (inverosimile se dichiarato sei mesi fa) voi vedete qualcuno che sarà sicuramente sempre e ineluttabilmente davanti a Matteo Berrettini?
Sto forse dicendo che Matteo diventerà N.1 del mondo allora? Beh, calma e gesso. Non dico questo e non attribuitemelo. Per oggi mi pare di aver già detto abbastanza nel sostenere che Matteo è, sarà tra non molto, più forte di Thiem e avanti a lui. Quanto invece ad escludere a priori e al 100 per 100 che Matteo possa un giorno, magari non vicinissimo, di diventare n.1, consentitemi di pensare che non sia poi una mission così absolutely impossible. E ora tiratemi pure le pietre!
NOTA DI UBS – Apprendo stamani che Roger Federer ha deciso di non giocare a Bercy. La sua decisione è legittima, direi comprensibile, salvo che nella tempistica. Trovo che l’ATP del nuovo chairman Andrea Gaudenzi, dovrà rimediare a questi inconvenienti. Con sette giocatori che ancora ambiscono a partecipare alle Finali ATP di Londra, un tabellone sfalsato non rende giustizia. Il rimedio non è semplice, ma va cercato. Per i grandissimi campioni non c’è multa sufficiente a creare danni reali, ma una sanzione in termini di punti ATP – magari da scontare anche l’anno successivo – potrebbe essere forse una eventualità da non escludere.
Editoriali del Direttore
Roland Garros – Dal buio della disavventura Sinner, alla luce sfolgorante del doppio exploit Sonego e Musetti
In un match aleggiava la speranza della rimonta che c’è stata con Rublev. Nell’altro il timore che Norrie rovesciasse una storia troppo facile e bella. E’ ottimismo della ragione battere Khachanov e Alcaraz o miopia patriottica?

Ma la notte di San Lorenzo, quando cadono le stelle e il cielo quasi si illumina d’immenso, non era il 10 agosto?
Con discreto fragore sono cadute due stelle anche nel giorno della festa della nostra Repubblica. L’hanno evidentemente voluta festeggiare nel modo più patriottico e più memorabile due Lorenzi con racchetta, a poche ore di distanza l’uno dall’altro, su due prestigiosi palcoscenici, il Suzanne Lenglen e il Simonne Mathieu.
Uno dei due Lorenzi si esibirà al cospetto della stella più luminosa (Carlitos Alcaraz) sullo Chatrier questa domenica, ma anche l’altro sarà attore protagonista in un teatro certamente importante.
Non sono santi come il Lorenzo del 10 agosto, ma con la racchetta molto più bravi, talentuosi e coraggiosi – a quanto è dato sapere… quel Lorenzo lì non giocava a tennis neppure il 10agosto- perché entrambi hanno giocato un tennis diverso, tutt’altro che banale, meritando ampiamente di fare cadere quelle due stelle di scintillante brillio che riproduceva i colori d’una bandiera russa e d’una britannica. La settima stella più lucente del firmamento tennistico e la tredicesima.
Lorenzo Sonego da Torino, senza timore reverenziale né complessi di inferiorità per essere stato fino a ieri mattina un giocatore con 47 tennisti migliori di lui e Lorenzo Musetti da Carrara, che ne aveva meno ma comunque 17 davanti, sono i nostri due piccoli santi. Entrambi si ritrovano negli ottavi di finale al Roland Garros, da sempre e non solo per i francesi emuli di Monsieur Chauvin considerato il campionato del mondo della terra battuta.
Insomma i due Lorenzo – a scrivere due Lorenzi si rischia di confonderli con Paolo che ormai il tennis invece di giocarlo lo racconta – per il momento si trovano fra i 16 migliori tennisti del mondo dei campi rossi, ma anche se non sono santi paiono d’accordo con i loro bravi coach, Gipo Arbino e Simone Tartarini, coach ieri più beati che mai, nel non porre limiti alla divina Provvidenza.
E perché dovrebbero porli visto che Sonego ha già battuto Khachanov a Montecarlo 2019 – quando il russo era già ben più avanti di lui nelle classifiche mondiali, ma ai quarti giunse il Lorenzo da Torino e torinista – e che Musetti ha fatto altrettanto con Alcaraz ad Amburgo nell’unico duello fin qui affrontato.
Il lettore di Ubitennis perdonerà l’enfasi e l’entusiasmo del direttore che 24 ore prima temeva di non riprendersi dalla brutta botta presa con l’inatteso scivolone di Jannik Sinner alle prese con quel tedesco dal cognome altezzoso, Altmaier, che, a dispetto di una classifica modesta (n.79 Atp) una volta qui a Parigi fa fuori Matteo Berrettini e un’altra Jannik Sinner, sempre giocando a un livello da…almeno 50 posti più in su. Una vera bestia nera per noi.
I tedeschi che ce l’hanno per fatto personale con gli italiani proprio non li sopporto.
Oggi per me pensare a un semifinalista diverso da Sinner e Medvedev, che nella parte bassa del tabellone si chiamerà Altmaier, Dimitrov, Zverev (magari fosse almeno il vero Zverev) Tiafoe, Coric, Eetcheverry, Nishioka e Seyboth Wild, mi fa venire l’ulcera.
Ma davvero Jannik non poteva indirizzare quello smash sul matchpoint nell’altro angolo? E qualcuno ha misurato per bene la rete, che magari era più bassa di un centimetro e quel net non sarebbe stato net?
Vabbè è andata così, io ho fatto un po’ come la volpe e l’uva dicendovi e dicendomi che quello di Jannik non è stato un k.o. ma un knock-down momentaneo dal quale si risolleverà forse – chissà? – già sull’erba Brit, ma nello sconforto sono precipitati in tanti che sognavano un Sinner capace di raggiungere almeno una semifinale in uno Slam, dopo che Jannik aveva accarezzato i quarti in tutti i Majors.
Ma il mio entusiasmo per i due Lorenzo è anche legato a l’aver potuto seguire palmo palmo i loro due match senza dover sfidare la legge dell’UBIquità.
Due partite vissute in modo diversissimo. La prima, Sonego-Rublev, trepidando di speranza che mi pareva ben riposta perché anche nel primo set perduto Lorenzo mi era parso molto centrato…ma semmai un po’ poco convinto mentalmente di potercela fare. Finchè il terzo set, partito con il felice abbrivio di un break, lo ha letteralmente trasformato, gli ha dato fiducia, ha scosso anche il pubblico e lui si è esaltato insieme alla gran massa degli spettatori che si è schierata con lui. Quando Lorenzo, questo Lorenzo…(ma a pensarci bene anche l’altro Lorenzo…), si carica, è capace di fare miracoli, di recuperare –macchè dico…- di volare a recuperare palle impossibile, di non sbagliare più rovesci banali ma di spingerli con coraggio, di lasciar partire missili di dritti colpendoli di controbalzo come fossero demivolee esplose dalla riga di fondo, di carezzare smorzate con la delicatezza di un McEnroe in giornata di vena, di mettere le prime di servizio sugli angoli a oltre 210 km l’ora proprio quando si rendono necessarie. Lorenzo è un uomo da tiebreak. I punti importanti, se c’è un clima rovente, eccitante, li gioca benissimo…E quelli del tebreak valgono doppio.
Ha tremato un po’ solo a metà del quinto set, quando per tre volte ha servito seconde palle sotto ai 132 km orari…e lì gli è andata bene che ormai il russo con gli stessi riccioli di Sinner non ha saputo approfittarne e si è vieppiù innervosito. Giusto per la disperazione di tre belle ragazze russe sue ospiti che sedevano al mio fianco e per la gioia invece di tre ragazzi piemontesi che poco più in là hanno avuto il merito, e le corde vocali, per gridare Lorenzo, Lorenzo, Lorenzo!, trascinando insieme al pubblico proprio anche lo stesso Lorenzo.
Non aveva mai battuto un top-10 in uno Slam, non aveva mai rimontato un handicap di 2 set a zero, ma per come si batteva – e senza scomodare il famossimo Mago Ubaldo – sentivo dentro di me qualcosa di più che una semplice speranza e a Corrado Tschabusnig, suo agente di TopSeed, glielo ho anche detto a metà del terzo set: “Se ci crede lui, e ci deve credere, questa partita la può portare a casa” gli ho “profetizzato”. Non ho visto se, nell’assentire, Corrado ha fatto gli scongiuri. Se li ha fatti…beh, ha funzionato.
Una delle più belle, avvincenti, emozionanti partite cui ho assistito negli ultimi anni, altrimenti un po’ soffocati dalla pandemia che impediva di godersi il tennis a pieni polmoni. Bellissima era stata anche quella che contro lo stesso Rublev Lorenzo aveva vinto al Foro Italico una sera di anni fa.
Abbracciato, e raccolti i pareri sempre intelligenti e interessanti del solito disponibilissimo coach di Lorenzo da Torino – ma che persona carina, per bene è Gipo Arbino! Ce ne fossero di più in giro di uomini come lui –ecco, infreddolito e a digiuno…e meno male che sebbene anziano e avvitato al mio seggiolino sul Lenglen per 3 ore e 45 minuti senza toilette-break, mi sono precipitato dall’altro capo del Roland Garros per non perdermi sul Simonne Mathieu l’inizio dell’altro Lorenzo.
Ho, anzi, così potuto assistere alla rimonta nel terzo set di Elina Svitolina, o signora Monfils se preferite, con il maritino Gael a sostenerla applaudendo con prudenza per non farsi più male al polso malandato, e tutto il pubblico schierato dalla sua parte, “Elinà, Elinà, Elinà!” che c’è mancato poco che per la neo-mamma ucraina intonassero “Allons enfants de la Patrie, le jour de gloire est arrivé!..e tutta la Marsigliese”.
Dall’altra parte della rete, abbandonata a se stessa, al proprio poderoso dritto e al suo risicato team, la povera eppur possente Blinkova, vittima sacrificale che già aveva subito il pesante battesimo del pubblico francese quando aveva battuto la beniamina nazionale Garcia, alla fine – dopo esser risalita da 1-3 a 4-3, e poi 3 break in 4 game, e palla break anche per il 6 pari prima che Elina chiudesse al terzo matchpoint – è stata costretta ad arrendersi e a rinunciare anche alla stretta di mano. La Svitolina con un cenno le ha fatto capire che non era il caso si avvicinasse alla rete perché la mano a lei russa non gliela avrebbe mai data. La Blinkova lo immaginava e lo sapeva per averci già giocato e perso il 27 maggio, ma quella fredda chiusura a distanza, dopo quella bella ed aspra lotta di 2 ore e 16 minuti, mi ha lasciato un sapore amaro in bocca. Chissà alla Blinkova.
E finalmente ecco arrivare Lorenzo Musetti e Cameron Norrie. Così come Vanni Gibertini aveva descritto tutto quanto accaduto fra Sonego e Rublev, la cronaca del nostro altro inviato Antonio Garofalo su questo match, fin dalla primissima splendida demivolee smorzata e vincente di Lorenzo da Carrara nel primo quindici, è puntualissima.
Dal mio canto per i primi due set dicevo ai miei vicini di posto che sembravano conoscere poco Musetti, ma ne erano ammiratissimi, che sembrava ci fossero due categorie di differenza, tale appariva il divario tecnico, ma anche la fluidità dei colpi, la varietà, l’intelligenza tattica.
Coach Tartarini, altra bravissima persona se c’è n’è una, si affannava a ripetere al suo figlioccio Lorenzo di giocar qualche bel toppone liftato per spingere Norrie lontano e per avvicinarsi via via sempre più alla riga di fondo.
Beh, Lorenzo eseguiva alla perfezione i dettami del suo coach. 6-1,6-2 in un balletto. Ecco, lì – se quando avevo seguito Sonego avvertivo netta quella sensazione di speranza – invece per Musetti-Norrie prevaleva il timore. Il timore che qualcosa cambiasse, che tutto era troppo facile e bello perché potesse continuare così fino alla fine.
E infatti qualcosa è cambiata: Norrie non mollava, mostrava i pugnetti anche in quella situazione semi-disperata appena faceva un punto, cresceva di fiducia e livello, e Lorenzo cominciava a a mettere dentro meno prime, a giocare più corto, a subire qualche fendente di troppo da parte del rinfrancato britanno-sudafrican-australiano.
E Lorenzo cominciava a parlare, a scuotere la testa, come è uso fare quando le cose non vanno più bene. Confesso, mentre pensavo già al tema dei due Lorenzo, che ho temuto il peggio…perché il tennis è lo sport del diavolo. Da 3-1 a 3 pari, mancata palla break del 4-3, salvate due palle break per il 5-3 per Norrie…ouf che paura di veder compromesso tutto. Ma invece Lorenzo da Carrara ha tenuto i nervi saldi, ha giocato un paio di grandissimi punti e sul 4 pari il break decisivo lo ha fatto lui.
Nessun patema nell’ultimo game, 40-0 e il secondo matchpoint è stato quello buono. Quello che lo porterà a sfidare nuovamente Alcaraz. Il mio pronostico? Sarò accecato da miopia patriottica ma a me questo Musetti è piaciuto davvero tanto. Altro non dico. Se non che mi dispiace che Fognini non abbia potuto approfittare, per via di un ennesimo infortunio, della grande opportunità che gli si era presentata sotto le vesti dell’austriaco Ofner al terzo round di uno Slam, probabilmente uno degli ultimi per Fabio. Oggi gioca un solo tennista con il nostro passaporto: Elisabetta Cocciaretto per un posto negli ottavi. Con l’americana Pera, che ha preso la residenza in Croazia, non è una mission impossible. A Hobarth l’ha battuta. Elisabetta ha detto una cosa molto giusta e intelligente l’altra sera: “https://www.ubitennis.com/blog/2023/06/01/roland-garros-cocciaretto-numero-uno-ditalia-bello-ma-noi-gareggiamo-con-il-mondo/
E oggi sarò sul campo 7 a tifare per lei. Ragazza adorabile che sarà attorniata da tanti parenti giunti in massa dalle Marche per sostenerla.
PRIMO TURNO
2 Medvedev ( Seyboth Wild)
10 Aliassime ( Fognini)
20 Evans ( Kokkinakis)
25 Van De Zandschulp ( Tirante)
30 Shelton ( Sonego)
31 Kecmanovic ( Vavassori)
32 Zapata Miralles (Schwartzman)
SECONDO TURNO
8 Sinner (Altmaier)
16 Paul (Jarry)
18 de Minaur (Etcheverry)
19 Bautista Agut (Varillas)
24 Korda ( Ofner)
TERZO TURNO
7 Rublev (Sonego)
13 Hurkacz (Varillas)
14 Norrie (Musetti)
tabellone femminile
PRIMO TURNO
8 Sakkari ( Muchova)
12 Bencic (Avanesyan)
13 Krejicikova (Tsurenko)
16 Pliskova ( Stephens)
18 Azarenka ( Andreescu)
21 Linette ( Fernandez)
25 Kalinina (Parry)
26 Trevisan (Svitolina)
29 Zhang (Frech)
30 Cirstea (Paolini)
31 Bouzkova (Wang)
32 Rogers (Martic)
SECONDO TURNO:
5 Garcia (Blinkova)
15 Samsonova (Pavlyuchenkova)
17 Ostapenko (Stearns)
19 Zheng ( Putintseva)
20 Keys (Day)
22 Vekic (Pera)
TERZO TURNO
3 Pegula (Mertens)
24 Potapova (Pavlyuchenkova)
27 Begu (Muchova)
Editoriali del Direttore
Roland Garros: il knock down di Sinner non è un k.o. Si rialzerà. Basta non chiedergli troppo. E che non se lo chieda neppure lui
Settantacinque errori gratuiti con Altmaier fanno credere più a una eccezionale giornata negativa che a una regola. Nonostante il brutto ricordo di Cerundolo. Preoccupano maggiormente le difficoltà d’ordine tecnico e l’assenza del piano B

Ma allora quanto accaduto a Roma con Cerundolo non è stato un caso? Di certo la delusione procurataci dalla sconfitta di Jannik Sinner con il tedesco Altmaier, n.79 del mondo, è stata cocente.
Se Jannik avesse trasformato quel matchpoint, dei due avuti, in cui “Se potessi rigiocarmi il punto smeccerei dall’altra parte…”, e poi Altmaier è stato certamente fortunato a passare Jannik a rete con l’aiuto di un nastro beffardo…non avrei certo scritto che Jannik aveva giocato bene, e nemmeno che aveva dimostrato carattere uscendo vittorioso da un confronto con un avversario molto tosto e ieri molto ispirato. Perché la sua partita sarebbe rimasta comunque brutta. Certo non da meritare iperboli elogiative.
Settantacinque errori gratuiti non è roba da Sinner. Neppure se la terra rossa non è notoriamente la superficie sulla quale Jannik si esprime meglio –e tuttavia a Montecarlo aveva raggiunto la semifinale e perso di misura con Rune – , neppure se queste palle che diventano pesanti e grandi come gatti arrotolati certamente non si adattano al suo tipo di tennis basato sulla spinta progressiva dei suoi fondamentali.
Ora che ha perso un match maratona di 5 ore e 26 minuti, fallendo 15 pallebreak delle 21 conquistate per aver giocato troppi punti con il freno a mano tirato; ora che aveva recuperato il break di svantaggio nel quinto set proprio quando Altmaier serviva per il match e si era fatto però subito strappare nuovamente il servizio andando sotto 0-40; ora che aveva annullato anche i tre matchpoint consecutivi sul 6-5 40-0…per giocarsi malissimo le ultime tre pallebreak conquistate grazie al “braccino” che si era finalmente impadronito del tedesco, beh di maramaldeggiare infierendo su Sinner proprio non mi va. Io non credo che siamo di fronte a un k.o. che farà di Sinner un pugile suonato e irrecuperabile. Semmai un doloroso knock-down.
Vedo dai primi commenti inviati dai lettori di Ubitennis che tanti invece infieriscono, sottolineando l’illusorietà dedle aspirazioni dei fans di Sinner che gli attribuivano e ancora forse gli attribuiscono doti simili a quelle di Alcaraz Rune e prospettive di un Sinner campione Slam.
Tutte queste aspettative, dei suoi fan ma un po’ anche di noi tutti troppo a lungo a digiuno di campioni indigeni, hanno certamente pesato massicciamente sulle spalle di Jannik, irriconoscibile a Roma con Cerundolo e anche ieri con Altmaier.
Irriconoscibile non tanto perché abbia perso un match nel quale è stato a un centimetro dalla vittoria, ma perché ha subito quasi sempre il tennis giocato dal suo avversario. Nemmeno Altmaier fosse un Djokovic, un Alcaraz, uno Tsitsipas.
Allora adesso c’è chi parla di crisi di fiducia, chi di presunzione (di lui per primo quando si è sbilanciato nel ritenersi capace di centrare uno Slam quando per ora non ha ancora vinto un 1000, diversamente da Alcaraz e Rune), chi di fragilità mentale e invoca un mental coach ad hoc, quando fino a uno o due anni fa tutti magnificavano la sua testa forte e irriducibile, i suoi nervi a prova di bomba, il suo coraggio. E naturalmente c’è chi accusa il suo team allargato (Vagnozzi più Cahill) che lo confonderebbe e pretenderebbe il licenziamento in tronco di Vagnozzi…esattamente come quando qualche mese fa per le sconfitte in serie di Musetti c’erano i social che chiedevano la testa del bravo Tartarini.
Insomma sono tutte storie già vissute. Non leggo il norvegese – sorry! – ma mi chiedo quanti articoli saranno stati scritti sui giornali di Oslo, Trondheim e zone limitrofe ben ghiacciate, per dirne di tutti i colori su Casper Ruud che non vinceva più una partita. Anche Tsitsipas non ha sempre brillato, quest’anno. E i miei studi di greco al Classico non mi hanno aiutato a leggere che cosa ha scritto la stampa di Atene (oltre che di Sparta e Micene…).
Il disappunto per il k.o. parigino è cresciuto in modo esponenziale sia per come il k.o. è venuto, sia per la grande occasione mancata da Jannik in uno Slam in cui sembrava essersi spianata un po’ la strada verso le semifinali a seguito della sconfitta di Medvedev con Thiago Seyboth Wild.
Nessuno dei giocatori laggiù nel quarto basso del tabellone pareva essere irresistibile per un Sinner capace di esprimersi sui livelli di Montecarlo.
Sono i paragoni con i fenomeni di una volta, Nadal, Federer, Djokovic, a condurci sulla cattiva strada. Quella è gente che ha vinto 64 Slam, non uno solo come Alcaraz o come Medvedev, oppure nessuno come Tsitsipas e Rune. Quelli monopolizzavano 3 posti su 4 in tutti gli Slam, e i soli che riuscivano ogni tanto, ma proprio ogni tanto, a far sentire la loro voce erano i Murray e i Wawrinka.
Io non so se Sinner vincerà mai uno Slam, ma so che non l’avrebbe mai vinto se fosse capitato nell’era dei Fab Four, mentre oggi può capitare che il n.1 del mondo Alcaraz perda da un qualificato ungherese non compreso fra i primi 200 del mondo, che il n.4 ATP Ruud perda da Arnaldi che sta lottando per entrare fra i primi 100. E via dicendo.
E quindi può anche capitare che – come è successo improvvisamente a Camila Giorgi a un open del Canada – che pur senza avere il grandissimo talento dei “fenomeni” un giocatore come Sinner possa prima o poi indovinare tutta una serie di partite consecutive come gli è successo fra Indian Wells, Miami e Montecarlo e quindi vincere un grande torneo.
Tutto sta nel non dare per scontato che debba accadere, così come non si può escludere che accada. Perché oggi i fenomeni non ci sono più e chi li sostituirà in cima alle classifiche ATP, non sarà mai come loro.
Sinner non sarà mai un campione di quella portata, ma non è neppure un tennista così modesto che non potrà mai infilare una sequenza giusta un bel giorno e una bella settimana (o due) per vincere un grande torneo.
Se è n.5 nella race significa che una certa continuità ad alto livello è stato capace di tenerla. Non ha e non avrà mai l’eleganza stilistica di Roger, la intensità di Rafa, la determinazione di Nole, il talento straordinario di quei tre, ma con i giocatori con cui dovrà misurarsi da oggi in poi – sebbene sia Alcaraz sia Rune possano vantare un talento naturale oggettivamente diverso – Sinner potrà vincere prima o poi tornei importanti continuando anche a perdere partite da giocatori di classifica molto inferiore.
Ai tre fenomeni non succedeva. A Sinner succederà ancora. Potrebbe succedergli per esempio ancora a Wimbledon, e tocco ferro. Ma non è che per un solo torneo in cui se l’è cavata bene, adesso dobbiamo considerarlo un “erbivoro” e aspettarsi chissà che cosa.
Forse gli succederà un po’ meno quando né lui né il suo team eccederanno nelle aspettative, mettendosi tanta inutile pressione addosso. Questa non gioverà mai.
A un certo punto della sua carriera, fra i 23 e i 26 anni, Jannik e il suo team si renderanno meglio conto dei propri pregi e difetti. Lavoreranno sodo, perché Jannik di sicuro non demorderà, per correggere i difetti più macroscopici. E certamente lui migliorerà e ne conseguiranno risultati sempre migliori. Però non vivrà più come un dramma insormontabile una cattiva giornata. E magari imparerà anche a dotarsi di un piano B, che ieri non si è proprio vista. A differenza di Camila Giorgi che si è sempre intestardita a negare la necessità di studiare il famoso piano B (“Io devo fare il mio gioco, le altre non contano”) Jannik è consapevole del fatto che non si può giocare sempre allo stesso modo. Soprattutto contro chiunque. Che abbia un tennis di un tipo oppure di un altro.
Ieri mi è dispiaciuto vedere un Sinner poco reattivo, piatto, a tratti rassegnato a scontrarsi con l’aria del perdente a una giornata no, come se non si potesse reagire, come se quella situazione negativa lo schiacciasse in modo insuperabile, irrovesciabile.
Ecco i tre fenomeni erano anche campioni di (legittima) presunzione: erano convinti di poter sempre rovesciare una situazione negativa, e quella fiducia quasi sempre pagava.
Non erano mai rassegnati. Erano sempre irriducibili. “In tennis is never over until is over” è un detto che si sono sempre detti tutti i campioni per evitare di arrendersi.
Jannik non si arreso nemmeno ieri, tant’è che è risalito fino al 5 pari del quinto e dopo 5 ore di gioco insufficiente, però non aveva l’aria di crederci davvero, appariva perennemente in preda alla sconforto.
Ha pesanti limiti tecnici? Beh, forse non così pesanti se è arrivato a giocare alla pari per ore e ore con Alcaraz (all’US open, a Wimbledon e non solo), con Medvedev alle ATP Finals di Torino 2021, anche con Nadal per due set qui a Parigi.
Deve continuare a credere in se stesso, senza farsi influenzare dai critici del divano e delle tastiere social. Cercando di avvicinare il più possibile chi migliore di lui, senza sbilanciarsi in proclami avventurati.
E per quanto riguarda noi italiani,anziché gettargli la croce addosso ad ogni brutta sconfitta – e questa con Altmaier come quella con Cerundolo è stata certamente una brutta e inattesa sconfitta – cerchiamo di non dimenticare che per 40 anni non abbiamo avuto un top-ten e che Jannik lo è, e probabilmente lo sarà a lungo. Anche se magari ogni tanto ne uscirà e poi ci rientrerà. E non dimentichiamo che insieme a lui abbiamo altri due top-20 in Musetti e Berrettini, come possono vantare nel mondo solo gli USA e la Russia, con un bacino demografico molto più ampio.
Sinner al momento è in piena corsa per ritrovarsi alle ATP Finals di Torino fra i Magnifici Otto. Non roviniamoci tutto quel che abbiamo, per il gusto dell’autoflagellazione tipicamente italiana.
Qui a Parigi abbiamo, ad oggi, quattro tennisti ancora in gara al terzo turno, Musetti (che ha un ostacolo duro in Norrie), Sonego (che ha Rublev), Fognini che ha Ofner, e domani la Cocciaretto che può farcela con l’americana Pera da lei battuta nell’ultimo duello a Hobart in Tasmania,a gennaio.
I francesi che hanno una federazione con un migliaio di dipendenti e che dal Ronald Garros traggono profitti dieci volte quelli di Roma, da anni non vincono più nulla, non hanno un tennista maschio fra i primi 40 del mondo – anzi Humbert è proprio n.40 – e poi c’è Mannarino che è n. 47, ma ha 34 anni e il terzo è Gasquet, n.52 che di anni ne ha 36.
Come già nel 2021 al Roland Garros non c’è nemmeno un tennista francese fra uomini e donne – ed erano in 28 al via nei due tabelloni di singolare – che sia approdato al terzo turno.
Io ho visto giocare assai bene sia Arnaldi, contro Shapovalov, sia Zeppieri contro Ruud. E di ragazzi come loro, fra i 20 azzurri compresi fra i primi 200 ATP, ce ne sono diversi. Smettiamola allora di lamentarci, anche se Sinner ci ha un po’ tradito. Ma solo un po’, perché non dimentichiamo che prima di lui nessun aveva giocato tre semifinali di fila in un Masters 1000. Nemmeno Adriano Panatta.
Intanto fra le teste di serie saltate non c’è solo Sinner n.8. Jannik è in buona compagnia con altre 29 “vittime”, fra cui 5 top-10 (Medvedev, Sinner, Aliassime, Garcia e Sakkari)i:
tabellone maschile:
PRIMO TURNO
2 Medvedev ( Seyboth Wild)
10 Aliassime ( Fognini)
20 Evans ( Kokkinakis)
25 Van De Zandschulp ( Tirante)
30 Shelton ( Sonego)
31 Kecmanovic ( Vavassori)
32 Zapata Miralles (Schwartzman)
SECONDO TURNO
8 Sinner (Altmaier)
16 Paul (Jarry)
18 de Minaur (Etcheverry)
19 Bautista Agut (Varillas)
24 Korda ( Ofner)
tabellone femminile
PRIMO TURNO
8 Sakkari ( Muchova)
12 Bencic (Avanesyan)
13 Krejicikova (Tsurenko)
16 Pliskova ( Stephens)
18 Azarenka ( Andreescu)
21 Linette ( Fernandez)
25 Kalinina (Parry)
26 Trevisan (Svitolina)
29 Zhang (Frech)
30 Cirstea (Paolini)
31 Bouzkova (Wang)
32 Rogers (Martic)
SECONDO TURNO:
5 Garcia (Blinkova)
15 Samsonova (Pavlyuchenkova)
17 Ostapenko (Stearns)
19 Zheng ( Putintseva)
20 Keys (Day)
22 Vekic (Pera)
Editoriali del Direttore
Roland Garros: ma Sinner sapeva che nei quarti poteva incontrare Medvedev? Un martedì da leoni, emozioni indicibili, Vavassori, Zeppieri, Monfils
Tutte pernici ieri al Roland Garros. Maratone con rimonte incredibili, battaglie all’ultimo sangue, spettacolo continuo. E il tennis italiano, 3 vittorie su 4, 11 su 15 al primo turno, si è fatto onore

Era solo il primo martedì del Roland Garros 2023, ed è stato un martedì da leoni. Sì, una di quelle giornate – peraltro dopo le tante maratone già seguite domenica e lunedì – che chi le ha vissute non potrà mai dimenticarle. È la forza di questo straordinario sport. Sempre più popolare perfino quando si rischia di essere soffocati dalla troppa folla, dalle troppe code attorno ai campi aperti ai possessori dei cosiddetti biglietti “annexes” o “ground”. Meglio queste code, tuttavia, di quelle che si devono fare ai servizi igienici del Foro Italico…che sono tutto fuorchè igienici. Non mi stancherò mai di sottolinearlo. Prima o poi spero che qualcuno ci metterà mano. Diego Nepi, ci pensi tu?
Giornate di emozioni indescrivibili, anche perché ci vorrebbero ore e ore per raccontarne una minima parte. Sia che fosse un appassionato italiano, o anche un serbo seppure con minor gioia e felicità, quelli che hanno visto e sofferto per 5 ore e 10 minuti l’epica battaglia sul campo 8 fra Vavassori e Kecmanovic, non la dimenticheranno. Papà coach Vavassori, e non solo lui, avrà rischiato l’infarto con i 4 matchpoint annullati al serbo nel terzo set e poi pure con il quinto nel terzo tiebreak consecutivo. La partita – ricordo a chi non avesse letto la cronaca puntuale – si è conclusa soltanto al ventesimo punto del tiebreak finale. E’ stata una delle più incredibili rimonte…almeno fino a quella ancora più pazzesca che ha concluso la nottata ben dopo la mezzanotte…
Sì, alludo a quella vinta da Gael Monfils, il più showman degli showman, e talvolta con eccessi border-line –come ricorderanno tutti coloro che videro quel quarto di finale dell’US open di qualche anno fa che fu vinto da Matteo Berrettini – che alla fine sono costati cari al malcapitato argentino Baez. Già stato vittima di Zverev qui al Roland Garros nel 2022: si era procurato, invano, il matchpoint. Stamattina è rimasto vittima – quando era calata la notte e si era fatto anche molto freddo dopo una giornata invece caldissima come tutte queste prime tre degli Internazionali di Francia – di una atmosfera divenuta per contrasto assolutamente incandescente.
Monfils, in vantaggio due set a uno, aveva perso il quarto set 6-1 e si trovava sotto 4-0 30-40 nel quinto. Insomma aveva fatto un solo game su 11. Non so come abbia fatto, giuro, ma sebbene avesse la testa sott’acqua, è riuscito miracolosamente a risalire la corrente. Certo il pubblico letteralmente impazzito per lui gli ha dato un’incredibile energia. Lui che era rimasto praticamente fermo e senza tennis da un anno per i vari acciacchi fisici. Eppoi mica è più un ragazzino mr Svitolino. Non c’è oggi che spenda più di lui con quel suo tennis da “rematore” di fondocampo eppur anche con quelle incredibili improvvise accelerazioni, cambi di ritmo, dropshots, tutto un repertorio imprevedibile e affascinante.
Ma alla fine, in mezzo al delirio collettivo e nonostante i crampi che sembravano averlo implacabilmente attanagliato, è riuscito ad evitare il supertiebreak nel quale avrebbe probabilmente finito per soccombere. Se non faceva scena, se non recitava come tante altre volte – lui che ha vinto al Roland Garros 11 volte al quinto set su 15 – sembrava non reggersi proprio più in piedi. E invece, ancora una volta, ha finito per vincere 7-5 al quinto. Pazzesco! Non so chi abbia visto i francesi sullo Chatrier…sembravano tutti fuori di testa. Come dicevo partita davvero indescrivibile. 3 ore e 51 minuti di lotta furibonda, tremenda, appassionante. Una meraviglia indimenticabile. Anche se gli argentini preferirebbero dimenticarla.
Quindi dopo i tifosi italiani e serbi, anche gli appassionati francesi e argentini hanno vissuto emozioni grandissime. E che dire allora di quegli altri italiani che hanno seguito per 5 set e 3 ore e 20 minuti Zeppieri e contro quel matto di Bublik? Ci sarà stato anche qualche tifoso kazako no? Io la partita l’ho rivista un po’ su Discovery Plus, che ce la fa vedere tutte. E di cui su Ubitennis ritrovate gli highlights.
Ma vogliamo parlare di quanto successo per 4 ore e un quarto fra il campione di Roma nonché n.2 del mondo Daniil Medvedev e un brasiliano, Thiago Seyboth Wild, che in tre apparizioni al Roland Garros aveva sempre perso al primo turno delle qualificazioni?
Beh, era dai tempi delle tre vittorie di Guga Kuerten a Parigi che la torcida brasileira non godeva così. Sotto di due set a uno, il ragazzo di 23 anni, ex speranza mondiale junior che giocava soltanto il suo secondo Slam dopo quello disputato nel 2020 a New York, ha rimontato e battuto il russo che aveva scalzato Djokovic dalla seconda posizione mondiale. Medvedev grazie all’inatteso trionfo romano su una superficie che non ha mai fatto mistero di non amare _”Meno male che la stagione sulla terra battuta è finita” ma non è che quella sull’erba lo ispiri troppo di più – aveva reso possibile il maligno sorteggio che ha messo nella stessa metà del tabellone i due principali favoriti del torneo, Alcaraz e Djokovic.
I due giocheranno sempre nello stesso giorno, fino a quando dovessero eventualmente scontrarsi. Giocano oggi sul centrale uno dopo l’altro, Alcaraz con il giapponese Taro Daniel, Djokovic in sessione notturna con Fucsovics. Nessuno dei due dovrebbe rischiare di perdere, sebbene il Djokovic di Roma e Montecarlo non sia stato il vero Djokovic. Se giocheranno sempre negli stessi giorni la colpa è di Medvedev.
Non so se Sinner e il suo team guardino i tabelloni, a volte dicono di no, altre volte dicono di sì. Certo la strada verso i quarti di finale, quando teoricamente Sinner n.8 e Medvedev n.2 avrebbero potuto incrociare i loro destini, è oggi ancora lunga.
Jannik dovrà prima liberarsi domani del tedesco Altmaier, n.79 ATP, ma pericoloso quando in giornata con il servizio, poi probabilmente di Dimitrov, quindi di Tiafoe o di Zverev (mi fa più paura il tedesco perché prima o poi ritroverà l’antico splendore: inciso, anche lui come Medveved perse al primo turno a Parigi nel 2017 poco dopo aver trionfato a Roma). Tiafoe sulla terra rossa mi pare più limitato, anche se la personalità per produrre più d’un exploit non gli manca davvero.
Nell’area originalmente presidiata da Medvedev le teste di serie sopravvissute al primo turno sono Nishioka, De Minaur e Coric. Ma ci sono anche due argentini come Cachin (vittorioso su Thiem) e Etcheverry da non sottovalutare. Un altro argentino a Roma ha giocato un brutto scherzo a Sinner.
Però, e non solo i ragazzi vestiti da Carote (e da Lavazza che li ha portati a Parigi dove averli visti a Roma) in onor di Pel di Carota Jannik Sinner – che di Pel di Carota, nomignolo che gli aveva affibbiato il sottoscritto, non aveva mai sentito parlare, tantomeno letto – per Sinner cominciano a sognare cose grandi, nonostante lo choc romano che di nome fa Cerundolo.
Fra i tanti spettatori che non dimenticheranno mai la giornata vissuta ieri a Porte d’Auteuil non vanno dimenticati i tedeschi che hanno visto il loro Hanfmann (quarti di finale a Roma e ottimo protagonista anche a Cagliari) prevalere 6-4 al quinto sull’altro brasiliano Monteiro il quale, rimontati due set era avanti 40-0 sul 4 pari al quinto, ma ha perso il servizio proprio in quel momento.
Insomma, per i brasiliani ieri è stata una giornata di gioie e dolori. Forse conviene affidarsi alla Haddad Maia. Anche i finlandesi, se c’erano (? Non li ho visti), si saranno entusiasmati per il loro Ruusuvuori venuto a capo in 5 set del francese Barrere. Così come i giapponesi – c’erano, c’erano, ne ho visti tanti – per Nishioka che ci ha messo anche lui 5 set per battere Mister Muscolo, l’americano Wolf. Ribadisco: sono state giornate intense, intensissime, indimenticabili, per chi le ha vissute.
Ho accennato alle gioie e ai dolori di tanti Paesi e chissà quante ne ho dimenticati. Anche perché ho trascurato colpevolmente il tennis femminile. Mi sono eccitato quasi soltanto per la vittoria schiacciante della sedicenne (compiuti il 29 aprile) enfant prodige russa (non so come si dice in russo enfant-prodige, e se lo sapessi non potrei scriverlo con la mia tastiera, Gianni Clerici le chiamava tutte Lolita) Mirra Andreeva che ha lasciato soltanto 3 game alla Riske Amritray in un giorno in cui sono saltate diverse teste di serie:Kalinina con Parry, Bouzkova con Wang Xin, la campionessa di due anni fa Krejcikova con l’ucraina Tsurenko, la Azarenka con la Andreescu, la Cirstea con la nostra Paolini, la Rogers con la Martic.
Allora adesso chiudo qui ripetendo quanto ho detto ieri sera a caldo intorno alle 20 sia sull’Instagram di Ubitennis – seguiteci ragazzi, se volete ..uova fresche, siamo solo a 16.000 followers vorrei arrivare almeno a 20.000 per Wimbledon…sbrigatevi! – sia sul rituale video quotidiano di fine giornata: 11 italiani sui 15 in tabellone hanno passato il primo turno. Molti contro pronostico, come le tre vittorie su quattro ottenute questo martedì: Vavassori con Kecmanovic, Zeppieri con Bublik, Paolini con Cirstea. La sola a non compiere il miracolo è stata la campionessa di Rabat, la Bronzetti. Ma chiederle di battere la Jabeur era chiederle troppo.
Oggi 6 azzuri affrontanto il secondo turno. Il mio pronostico l’ho già “azzardato” come faccio sempre su Instagram, peggio per voi se non vi siete ancora iscritti. “Chi non li azzarda i pronostici non li sbaglia”, era solito ripetere Rino Tommasi, spesso con l’aria di rimproverare un po’ l’amico Gianni Clerici che invece non amava sbilanciarsi.
Gianni però quasi tutte le sere veniva da me in sala stampa e mi chiedeva: “Ubaldo, ma Ubitennis le ha già pubblicate le quote degli incontri di domani?”. Stavolta allora lo chiedo io alla redazione. E vediamo se i miei quattro favoriti, sui sei che scendono in campo oggi, hanno quote favorevoli oppure no. Serve per capire se i bookmakers la pensano come il sottoscritto oppure no. Più tardi verifico.