Editoriali del Direttore
Italia nei guai: contro gli USA 3-0 o è notte
Pro e contro di questa Coppa Davis che non poteva cambiare nome. I calcoli… anti-Russia. I tempi e la data all’origine di tanti problemi. 5 top ten, 11 top 18. Macché esibizione

NON DITE CHE È UN’ESIBIZIONE. NON LO È
Dopo aver dato un colpo di bastone anche ai giocatori più viziati ecco una… carota: tutti, nessuno escluso fra quelli che ho visto, si sono impegnati al massimo. I match sono stati veri, combattuti, e molti anche davvero belli. Tutto fuorché un’esibizione. Il richiamo della patria? L’orgoglio personale? Quello nazionalista? Il timor di critiche? Tutto insieme. Assai belli tanti match, compreso naturalmente il Berrettini-Shapovalov di lunedì, ma anche il Nadal-Khachanov di ieri sera, la battaglia di Haase con Bublik, lo stesso Pospisil-Opelka. E ecco il doppio successo in due giorni di Pospisil su Fognini e Fritz, a sottolineare che anche in questa Davis il n.150 del mondo può smentire ogni classifica ATP. È sempre successo che ci fossero giocatori da Davis e giocatori che invece la soffrivano. Appartiene certamente alla prima categoria il solito Kukushkin: quando c’è da giocare per il Kazakistan si trasforma letteralmente. Gli azzurri ricorderanno che a Astana non furono capaci di strappargli un punto (un set sì? Non ricordo…). E mister Nick Kyrgios, che quando gioca in un torneo individuale è un’assoluta incognita, ma nei match di squadra sembra respirare un’aria diversa, si esalta a stare in compagnia, e vince alla grande?
IL PUBBLICO NON È DA DAVIS COME NUMERI, MA LO È QUANTO A ENTUSIASMO E PARTECIPAZIONE
Il pubblico sulle tribune mostra di apprezzare, di divertirsi e fa il classico tifo che si fa in Coppa Davis, talvolta anche eccedendo. In Argentina-Cile c’erano 1500/1800 aficionados assai calienti, e certo a Buenos Aires o a Santiago ce ne sarebbero stati molti di più, ma consideriamo anche che questo è il primo anno. Quando andai a Zagabria per la finale Croazia-Argentina vinta da del Potro e soci, gli argentini erano diverse migliaia e certo era una finale… e in più avevano del Potro, non Pella e Schwartzman con tutto il rispetto. L’Europa o il World Team che giocano la Laver Cup possono stimolare l’orgoglio e il team-spirit dei giocatori, ma la bandiera, la nazione d’appartenenza è un ben altro stimolo. E quello i giocatori hanno mostrato di sentirlo davvero.
La formula rende molto più incerto qualsiasi scontro: il doppio, quando è decisivo, conta per il 33% cento, non più per il 20, e si sa che il doppio è un incontro che si decide su pochissimi punti. Quindi ha ragione Nadal a dire che due set su tre è molto più pericoloso per la squadre sulla carta più forti. Tre set su cinque, e cinque incontri invece di tre, proteggono molto di più i favoriti. Anche se… non c’è il killer point, che personalmente considero un vero tradimento al gioco del tennis, alla suspense dei momenti più belli, i game con sette vantaggi, palle break e palle game di qua e di là.
I PREZZI SONO PIÙ CHE ABBORDABILI. NON È POCO VISTO L’ANDAZZO
Il titolo di questo paragrafo mi pare esaustivo. I prezzi fra questa finale con 11 giocatori dei primi 18 e la Laver Cup non sono paragonabili. E qui si arriva a vedere il tennis nelle prime file. Poi, certo, se uno deve affrontare una trasferta per vedere la propria squadra spenderà molto di più. Ma attenzione, chi si lamenta che prima la Davis poteva essere vista nel proprio Paese dimentica che certe squadre hanno dovuto giocare in trasferta per tutto un anno o anche più. O che magari è capitata in casa una partita di scarsissimo interesse. Ricordate la Svizzera da noi senza né Federer né Wawrinka?