WTA, diario di un decennio: il 2013 - Pagina 3 di 5

Al femminile

WTA, diario di un decennio: il 2013

Quarta puntata degli articoli dedicati agli anni ’10 in WTA e alle sue protagoniste: l’anno dei record di Serena Williams, il secondo Slam di Azarenka e la sorpresa Bartoli a Wimbledon

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Marion Bartoli e Sabine Lisicki - Wimbledon 2013
 

Wimbledon 2013, il torneo delle sorprese
Serena ha vinto Parigi ed è la campionessa in carica di Wimbledon. Ma conquistare l’accoppiata terra-erba non è per nulla facile, considerata la differenza di gioco fra superfici. E poi oltre agli aspetti tecnici ci sono quelli fisici e mentali: chi è arrivata in fondo a un torneo faticoso come il Roland Garros, difficilmente riesce a recuperare tutte le energie spese nelle battaglie su terra. Ricordo anche che nel 2013 c’erano appena tre settimane di distanza a separare i due Slam, e dunque l’impresa era ancora più ardua.

Questo in linea generale. Ma Serena è Serena, una fuoriclasse che si presenta a Londra con solo due sconfitte in stagione: quella contro Stephens a Melbourne e quella contro Azarenka a Doha. A fronte di 41 vittorie complessive e una striscia aperta di oltre 30 successi consecutivi. Insomma batterla non è cosa da tutte, soprattutto in questa stagione in cui sembra non essere mai sazia. A compiere l’impresa è Sabine Lisicki, una giocatrice tanto potenzialmente forte quanto fragile nel fisico e nel carattere. Sabine in quegli anni ha un feeling speciale con i prati e il pubblico di Wimbledon, di cui è diventata una beniamina.

Lisicki b. S. Williams 6-2, 1-6, 6-4 Wimbledon, 4T
La partita segue un andamento in tipico Lisicki-style. Il primo set si apre con cinque game che durano moltissimo, dato che in quattro occasioni su cinque si va ai vantaggi con diverse parità. Ma non ci sono break. Sul 2-3 però Serena ha una piccola flessione, e lo svolgimento del match improvvisamente accelera: qualche errore non forzato di troppo nei suoi due game di battuta fa precipitare il set a favore di Sabine: 6-2.

Lisicki si trova quasi inconsapevolmente in vantaggio, e ora arriva la parte per lei più difficile da gestire: affrontare un grande match in una situazione di favore. E infatti nel secondo set (dal 6-2, 1-0) subisce il ritorno di Williams, che naturalmente alza il proprio livello di gioco e conquista 6 game consecutivi: 6-1.

Anzi, i game consecutivi diventano 9, dato che Serena si porta a condurre nel terzo set per 3-0 Va anche detto che il primo break del terzo set è frutto di circostanze sfortunate per Sabine, che da 40-0 perde due punti consecutivi per nastri imprendibili di Williams: si comincia a pensare che non sia la giornata di Lisicki. Ancor più sul 4-2 e servizio per Serena: la partita sembra indirizzata. E invece accade l’inimmaginabile.

Lisicki è ormai sfavoritissima, e questa è sicuramente la situazione in cui dà il meglio di sé. Spinge e rischia con successo su ogni colpo: le parabole che prima uscivano di un palmo ora rimangono tutte in campo. In questi frangenti diventa una avversaria difficilissima da fronteggiare per chiunque, Serena inclusa. Sabine comincia a credere alla rimonta, gioca sulle ali dell’entusiasmo e con l’appoggio di tutto il pubblico. Riesce a conquistare quattro game consecutivi e a ribaltare la partita, passando da 2-4 a 6-4.

Serena Williams è fuori da Wimbledon al quarto turno; è appena la terza sconfitta della stagione, ma la seconda negli Slam.

Lo sviluppo del torneo
Ma ad essere eliminata contro pronostico non è solo Serena. Sharapova ha perso al secondo turno contro Larcher de Brito, in un match in cui si è anche infortunata per una caduta sull’erba, in questa edizione scivolosa come non mai. Dalla sua parte la testa di serie più alta sopravvissuta è la numero 15 Marion Bartoli.

Anche Azarenka è fuori: ha dato forfait a causa di un problema al ginocchio destro. Nel suo settore si pensava avrebbe potuto fare strada Petra Kvitova (vincitrice del titolo nel 2011) e invece anche lei delude: perde nei quarti contro Kirsten Flipkens.

A conti fatti l’unica testa di serie importante che ha tenuto fede al ranking è Agnieszka Raswanska, la finalista del 2012, uscita vincitrice da una durissima battaglia nei quarti contro Li Na (7-6(5), 4-6, 6-2).

Si compone così il tabellone: nella parte alta la testa di serie 4 Radwanska contro la 24 Lisicki. Nella parte bassa la tds 15 Bartoli contro la 20 Flipkens.

Il 4 luglio vanno in scena le semifinali, e saranno due partite agli antipodi. La prima si risolve in un dominio di Bartoli, che chiude la pratica in 65 minuti con un inequivocabile 6-1, 6-2. Per Marion è la seconda finale a Wimbledon a distanza di sei anni: nel 2007 aveva già raggiunto l’ultimo atto dei Championships, perdendo contro Venus Williams.

La seconda semifinale è una lotta equilibratissima. Radwanska è stata in campo quasi tre ore nei quarti di per sconfiggere Li Na e si presenta con tutte e due i quadricipiti abbondantemente fasciati. Aga si porta avanti 3-1 nel terzo set ma, come abbiamo visto nel match contro Serena, Lisicki è nata per recuperare le situazioni difficili e gioca meglio in rimonta: e infatti il match lo vince Sabine 6-4, 2-6, 9-7.

Esce così così l’ultima Top 10 ancora in corsa. Per Radwanska, è una grande occasione persa, ma anche lei si è dovuta arrendere alla migliore Lisicki della carriera. La delusione di Agnieszka è tale che fatica a mantenere il suo proverbiale aplomb al momento della stretta di mano.

Dopo aver eliminato le due finaliste del 2012, Lisicki è considerata la favorita della finale. Ma per Sabine non c’è nulla di peggio che giocare da favorita con il peso della responsabilità che le grava sulle spalle. E infatti la finale è una non-partita fra Bartoli concentratissima e decisa a non farsi sfuggire l’occasione della vita, e una spaesata Lisicki che non riesce a scrollarsi di dosso l’emozione che quasi la paralizza: 6-1, 6-4 per Marion in 83 minuti.

La vittoria di Bartoli fa discutere: un successo imprevedibile alla vigilia arrivato al termine di un percorso non dei più impegnativi. Ha vinto il torneo sconfiggendo tre teste di serie non altissime: la numero 17 Stephens, la 20 Flipkens e la 23 Lisicki (oltre che una giovane Svitolina al primo turno, McHale al secondo e poi due italiane: Giorgi e Knapp). E la avversaria più insidiosa sul piano tecnico, Sabine Lisicki, non è stata capace di esprimersi come sapeva nel momento più importante.

D’altra parte sarebbe ingiusto avanzare solo critiche o perplessità. Bartoli ha un curriculum di tutto rispetto: l’anno prima ha ottenuto il best ranking di carriera al numero 7 del mondo ed è alla seconda finale a Wimbledon. E due finali a Wimbledon non possono essere solo fortuna.

Teniamo conto anche di questo: teste di serie o meno, quello è il cammino che si è trovata di fronte nel 2013 e lei lo ha percorso sino in fondo al meglio, senza lasciare set per strada; 14 set a zero.

Certo, se consideriamo lo spessore tecnico delle avversarie affrontate, sicuramente colpisce di più il suo torneo del 2007, quando era riuscita a “sopravvivere” a una parte alta di tabellone che vedeva al via, fra le altre, Hingis, Jankovic, Serena Williams ed Henin. Allora Henin aveva battuto Serena nei quarti, ma Marion aveva eliminato in prima persona Jankovic e soprattutto Henin in semifinale. A dimostrazione che è una giocatrice capace di raggiungere livelli di tennis notevoli.

La vittoria di Wimbledon 2013 arriva per Bartoli in una stagione difficile, in cui prima dell’exploit londinese non aveva mai vinto più di due match di fila. Qualche settimana dopo aver sorpreso tutti con la vittoria, offre una seconda sorpresa: al termine della partita di Cincinnati persa contro Simona Halep, annuncia il ritiro, a 28 anni: “Il mio corpo non può più’ competere. Ho già avuto molti infortuni dall’inizio dell’anno. Sono stata in tour per così tanto tempo, mi sono spinta al limite, e ho lasciato tutto quello che avevo durante l’ultimo Wimbledon. In quel torneo ho davvero speso le mie ultime energie.
Ho trasformato il mio sogno in realtà e rimarrà per sempre con me, ma ora il mio corpo non è più in grado di affrontare tutto questo. Dopo tre quarti d’ora di match ho dolore ovunque. Ho fatto questo per anni, adesso non ce la faccio più”.

a pagina 4: Radwanska e gli Slam

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