Quarto articolo dedicato agli anni ’10 del tennis femminile, che tratterà del 2013. Per la illustrazione dei criteri adottati, rimando alla introduzione del primo articolo, pubblicata martedì 26 novembre.
ANNO 2013
Australian Open 2013
Quando esce il sorteggio degli Australian Open si scopre che la campionessa in carica Victoria Azarenka e la dominatrice della seconda parte del 2012, Serena Williams, sono dalla stessa parte di tabellone. L’incrocio è previsto in semifinale.
Questo sulla carta, perché in realtà Serena in semifinale non ci arriverà: viene fermata nel turno precedente da Sloane Stephens, una talentuosa diciannovenne (Sloane è nata nel marzo 1993) sua connazionale, che sta cominciando a farsi conoscere.
La partita di Melbourne fra Stephens e Williams è il secondo atto di un confronto che ha avuto un fresco precedente polemico. Tre settimane prima, in occasione del loro match nel torneo di Brisbane, durante il dialogo con il coach Stephens aveva definito il comportamento di Williams “disrespectful” (irrispettoso).
Serena aveva vinto 6-4, 6-3 e poi aveva risposto via Twitter. Con una frase lapidaria e nemmeno del tutto chiara: ”I made you”. Al di là delle possibili interpretazioni del tweet, due concetti erano comunque inequivocabili: Williams non aveva gradito l’esternazione. E voleva rimarcare chiaramente la propria superiorità di status.
Questo l’antefatto. Ma poi una volta scese in campo lo status non garantisce vantaggi; nel confronto di Melbourne si sarebbe partiti da zero a zero.
Stephens b. S. Williams 3-6, 7-5, 6-4 Australian Open, QF
Nel primo set Williams controlla la situazione: 6-3 con un solo break. Quando poi si porta avanti 2-0 nel secondo set, sembra avviata a confermare il risultato di Brisbane. Ma Stephens reagisce: inizia a rispondere meglio, gestisce con maggiore sicurezza la pesantezza di palla di Serena e copre il campo con una rapidità impressionante. E punge con i contrattacchi di dritto.
Sloane recupera il break, e comincia a insinuare dubbi sull’esito finale del match. Sul 3-4, 0-30 Serena serve in una situazione scomoda; deve stare attenta a non subire un secondo break che potrebbe voler dire perdere il set. Ottima battuta a uscire che Stephens rimanda in qualche modo: ne esce una parabola strana, che rimbalza alta ma molto attaccata alla rete; Williams corre in avanti e chiude il punto, ma è obbligata a frenare bruscamente per non toccare la rete con il corpo.
Su questa frenata sente una fitta alla schiena (dal min. 7’40”) che la condizionerà nel proseguo del match, almeno fino a quando non faranno effetto gli antidolorifici ricevuti durante il Medical Time Out.
Williams perde la battuta e si ritrova sotto 3-5. Il finale di secondo set è tipico di quando c’è in campo una giocatrice con problemi fisici. Serena gioca in stile “o la va o la spacca”, rischiando a tutta sin dalla risposta, mentre Sloane sembra non sapere bene come gestire gli scambi contro una avversaria in difficoltà: diventa troppo prudente, e perde di decisione. Stephens non riesce a convertire un set point sul 5-3 e finisce per farsi recuperare sul 5-5. Ma poi si riorganizza e pareggia i conti sul 7-5.
Terzo set. Serena recupera un assetto accettabile e la partita torna a offrire scambi ben costruiti. Le due giocatrici sono molto vicine, e si procede in equilibrio sino al 3-3. Nel settimo gioco, con Stephens alla battuta, Serena gioca un game di grande abnegazione: lavora molto in difesa e alla fine viene premiata con il break; sul 4-3 e servizio ha la partita in mano. Però anche se il punteggio è a suo favore, tatticamente la partita ha preso un indirizzo più adatto alla sua avversaria: ora quasi ogni punto si gioca su scambi lunghi ed elaborati, ideali per esaltare la capacità di coprire il campo alla perfezione tipica di Sloane.
E infatti i tre game successivi saranno tutti vinti da Stephens: un break per pareggiare sul 4-4, un game tenendo il servizio per il 5-4 e un secondo break consecutivo per chiudere la partita sul 6-4. Sloane si è presa la rivincita di Brisbane in una occasione ben più importante.
Il percorso delle finaliste
Prima della cronaca del torneo, un breve antefatto: nell’agosto 2012, Li Na cambia coach: non più il marito Jiang Shan (che rimane nel team come hitting partner), ma Carlos Rodriguez, l’ex allenatore di Justine Henin.
Il lavoro svolto con Rodriguez è molto profondo. Durissima preparazione fisica e novità tecnico-tattiche. Il “ping-pong tennis” viene trasformato in un qualcosa di differente: maggiore topspin al dritto, allontanamento dal ritmo costante in favore di velocità di palla più varie, maggiore movimento in verticale anche alla ricerca della rete.
Nei turni precedenti Li Na era avanzata senza incertezze. Sei vittorie tutte in due set anche contro avversarie importanti come Radwanska nei quarti e Sharapova in semifinale. La partita contro Maria è sicuramente uno dei picchi di gioco della Li “secona versione”, nei cinque turni precedenti Sharapova aveva perso in totale appena 9 game, ma viene battuta per 6-2, 6-2.
D’altra parte Azarenka per raggiungere l’ultimo match ha lasciato per strada un solo set, contro una 23enne in grande crescita: Jamie Hampton (6-4, 2-6, 6-2). Come è noto Hampton a causa di problemi all’anca (non risolti nemmeno da due operazioni) non ha più giocato ad alti livelli. Mi fa piacere ricordarla con questo video, in cui si può apprezzare la sua naturale eleganza, in particolare nel dritto:
https://www.youtube.com/watch?v=PxgaK2kNolk
A conti fatti, nei sei match di avvicinamento all’ultima partita, Azarenka ha sconfitto una sola testa di serie, la numero 29 Stephens, e quindi la sua condizione di forma è una parziale incognita.
Azarenka b. Li 4-6, 6-4, 6-3 Australian Open, Finale
La finale è una partita tesa, in cui il servizio non è un fattore decisivo: i break si susseguono e alla fine ci sarà un sostanziale equilibrio tra i punti vinti in battuta e quelli in risposta. Li Na parte meglio, e ai dodici set vinti consecutivamente nel torneo aggiunge anche il primo della finale: 6-4. Gliene manca ancora uno per vincere il titolo. Ma poi arriva l’imprevisto, sotto forma di caduta che le provoca una distorsione alla caviglia sinistra. Anzi, le cadute saranno due.
Non sapremo mai come sarebbe andata a finire senza il doppio capitombolo; Li Na stava forse giocando meglio, conduceva di un set, ma era indietro nel secondo. Il primo infortunio si verifica sul 6-4, 1-3 (min. 5’53” del video). Azarenka mantiene il vantaggio e pareggia i conti con un altro 6-4.
Nel terzo set con Azarenka al servizio sull’1-2 arriva la seconda caduta, quando a Li Na cede di nuovo la caviglia distorta in precedenza (min. 11’30”). Ad aggravare la situazione si aggiunge un trauma cranico: nel precipitare a terra ha subìto un serio colpo alla nuca, che le fa perdere l’orientamento per alcuni secondi.
Il parziale successivo alla caduta sarà di 5 game a 1 per Azarenka, che in questo modo chiude 6-3 e doppia il titolo dell’anno precedente, confermandosi campionessa dello Slam australiano e numero 1 del mondo.
Per Li Na è la seconda finale persa a Melbourne nel giro di tre anni. Della sua partita, al di là degli aspetti tecnici, rimane nella memoria l’atteggiamento autoironico in occasione della seconda caduta, quando entrano in campo i medici, e per verificare che sia perfettamente cosciente le chiedono di seguire un dito con lo sguardo.
La scena è contemporaneamente drammatica e umoristica; Li Na sceglie di sottolineare il secondo aspetto, sorridendo di se stessa in un momento comunque fondamentale della sua vita di tennista: le finali Slam non si giocano tutti i giorni.
Ma una sconfitta del genere è sempre dura da digerire; quanto lo sia stato lo scopriamo in questa intervista alla TV cinese dopo la partita in cui traspare tutto il rammarico per un’occasione che non si è potuta giocare fino in fondo (attivare i sottotitoli per la traduzione in inglese).
https://www.youtube.com/watch?v=rfeXE4oyS50
E così, per il secondo anno consecutivo, Li Na lascia Melbourne fra le lacrime. Ma la sua avventura con le finali in Australia non è ancora finita. Come vedremo nell’articolo dedicato al 2014.
a pagina 2: Williams numero 1 del mondo