Come si installa il tennis dove non c'è? Il problema della Cina

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Come si installa il tennis dove non c’è? Il problema della Cina

Perché il tennis non prende piede in Cina? Questione di cultura del tempo libero: i soldi non possono risolvere tutto. L’esempio di Zhuhai

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Un cartello malinconico retto da un addetto malinconico durante il WTA Elite Trophy 2019
 

Uno dei fenomeni che ha caratterizzato maggiormente questo decennio di tennis che volge al termine, se teniamo da parte i soliti numeri da fantascienza dei tre fenomeni, è l’installazione quasi forzosa del tennis in luoghi in cui non era culturalmente presente, o quantomeno non in maniera sufficiente a giustificare gli investimenti effettuati. Forzosa dunque non per imposizione di legge ma, appunto, per logiche imposte dai capitali.

L’esempio più evidente è quello della Cina, dove in verità il processo di tennisizzazione era cominciato già nel decennio precedente, con le cinque edizioni delle ATP Finals disputate a Shanghai (2002 e 2005-2008), ovvero ben prima dei due Slam di Li Na (Roland Garros 2011 e Australian Open 2014) che hanno fornito un sostrato mediatico migliore alla causa. Il risultato, dopo quasi vent’anni di sforzi profusi e tornei tirati su dal nulla – attualmente ce ne sono tredici in calendario, quattro maschili e nove femminili – è stato incoraggiante sotto il profilo dei risultati sportivi solo nel circuito WTA. In top 100 sono comprese cinque giocatrici cinesi con altre cinque ragazze in top 200, due delle quali – le quasi omonime Xiyu e Xinyu Wang – hanno appena 18 anni. Scendendo fino alla posizione 400 del mondo, troviamo altre quattro tenniste che hanno 21 anni o meno.

Al maschile praticamente nulla si è mosso. In top 100 non c’è nessuno, il più alto in classifica è il 23enne Zhizhen Zhang, numero 138, che non sembra dotato di un talento abbagliante, e tra i primi 500 giocatori del mondo ci sono soltanto sei cinesi: l’1,2%, laddove la Cina contribuisce alla popolazione mondiale per quasi il 19%. Il primo under 21 è Jie Cui, n. 576, mentre per ritrovare il più giovane cinese di sempre a vincere un challenger, Yibing Wu, nonché campione dello US Open junior 2017, bisogna scendere sino alla posizione 857. Negli ultimi due anni la crescita del ragazzo che ha lavorato anche con Sven Groeneveld non ha fatto registrare altre tappe rilevanti, anche perché è stata ostacolata da qualche infortunio.

Il quadro sportivo maschile è dunque desolante, un po’ come il colpo d’occhio medio delle tribune dei tornei cinesi. Lo abbiamo toccato con mano a Zhuhai, dove eravamo davvero in pochi ad assistere all’edizione 2019 del WTA Elite Trophy. Nel corso del torneo abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere – a mezzo interprete – con Peter LV, Executive Director di Huafa Sports che organizza il torneo. La società è incardinata nel più grande Huafa Group e ha sede proprio nell’area di Hengqin, una sorta di isolotto (che dalla baia può invidiare a occhio nudo le infrastrutture del gioco d’azzardo legale di Macau) in cui sorge l’Hengqin International Tennis Center che ospita questo torneo e l’ATP 250 vinto a settembre da de Minaur nella sua prima edizione.

Parliamo di un impianto da 5000 posti, che nei sei giorni di torneo avrebbe potuto ospitare 30000 spettatori e ha raggiunto a malapena un terzo dell’obiettivo, in buona parte grazie alla finale. “Questo è il primo anno in cui organizziamo due tornei, l’ATP 250 e il WTA Elite Trophy. Quello maschile ha avuto un’ottima risposta di pubblico, occupando in media circa il 76% della capacità totale dell’impianto” ci ha detto Peter LV. In quel caso ha fatto la differenza la presenza di Andy Murray, oltre che – più in generale – l’appeal superiore del tennis maschile. “Andy ci ha aiutato molto, anche se ha confermato la sua presenza in ritardo, ad agosto. Fin quando giocherà a tennis proveremo a portarlo qui ogni anno“. L’ATP 250 di Zhuhai si disputerà almeno fino al 2023.

Quanto al torneo femminile, è il quinto anno che lo organizziamo e nei primi quattro abbiamo avuto approssimativamente l’80% del pubblico (Peter non ci fornisce il dettaglio delle cifre, ma basta scartabellare qualche vecchia foto per avere il sospetto che si tratti di un dato arrotondato per eccesso, ndr). Abbiamo notato che nei primi due giorni quest’anno non c’è stata molta gente, ma i biglietti sono stati venduti quasi tutti. Forse più di qualcuno non è venuto perché si tratta di giorni lavorativi“. La spiegazione del manager prosegue, sebbene in una direzione un po’ paradossale: “Quest’anno i prezzi dei biglietti sono anche diminuiti, il più economico costa 20 yuan (una cifra irrisoria, meno di tre euro, ndr) e probabilmente anche per questo la gente che ha acquistato i biglietti ha scelto di andare a lavorare piuttosto che assistere al torneo“.

Peter LV, Executive Director di Huafa Sports – WTA Elite Trophy 2019

UN PROBLEMA DI CULTURA

Quello che Peter LV non può ammettere apertamente, ma che invece appare piuttosto evidente accompagnando alle letture giuste qualche giorno di turismo a Zhuhai, ex villaggio di pescatori a cui sono bastati una trentina d’anni per trasformarsi in una città da oltre un milione e mezzo di abitanti, è che alla base degli impianti vuoti c’è una radicale differenza di cultura del tempo libero tra mondo occidentale e Cina. Lo si percepisce passeggiando in periferia come in centro, per esempio tra i viottoli della riproduzione del Palazzo d’Estate di Pechino (distrutto, quello originale, nel 1860) in cui il senso di identità nazionale viene massimizzato da balli e cortei celebrativi del settantennio della Repubblica Popolare Cinese, o anche solo preferendo un bus clamorosamente affollato (a Zhuhai non esistono biglietti: entri, infili il tuo bravo yuan in una cassetta di fianco all’autista e prendi posto) ai taxi che, per pochi spicci, ti scarrozzano anche per diversi chilometri di rigoroso silenzio… o gesti convulsi e divertiti, perché quasi nessuno parla inglese.

Si può ottenere qualche conferma interrogando le persone giuste tra coloro con i quali, appunto, ci si riesce a capire. Se il mondo occidentale è sostanzialmente orientato alla conquista del tempo libero, e il lavoro diventa un mezzo per ottenere la libertà di spendere nel modo migliore la risorsa più preziosa, che è appunto il tempo, nel mindset cinese il tempo libero è un punto molto più marginale nel radar della vita quotidiana. Quasi tutto assume i contorni del dovere, individuale o collettivo, e se questo costituisce un indubbio vantaggio nell’ottica dell’autorealizzazione, è invece un ostacolo quando si cerca di imboccare un paziente che non ha fame. Assistere a una partita di tennis, ovvero ammirare uno sforzo bello e appassionante ma tragicamente futile, oltre che ben poco declinabile in senso nazionalistico, semplicemente non viene percepito come necessario. 

E badate bene, non sembra una questione di soldi. Zhuhai per gli standard cinesi è una città piccola, ma la Cina meridionale è un’area ricca, moderna e densa di traffici commerciali (il mastodontico ponte di 55 km che collega Hong Kong, Zhuhai e Macao è costato oltre 6 miliardi e mezzo di euro). Inoltre la differenza tra salari europei e cinesi nei medesimi settori lavorativi si assottiglia anno dopo anno, e a parità di salario il potere d’acquisto in Cina è superiore perché la vita costa meno. Quindi sarebbe anacronistico ridurre tutto a una generica ‘percezione di povertà’ da parte del cittadino cinese, che non solo tende a diventare più ricco in rapporto al cittadino europeo ma anche a spendere più volentieri di prima: nel 2018 i cinesi hanno speso circa 100 miliardi di euro in prodotti di lusso, il 35% del totale mondiale del settore, e nonostante diversi articoli costino da loro più che da noi si stima che nel 2025 questa cifra toccherà i 150 miliardi. Possiamo sintetizzare dicendo che per cultura i cinesi preferiscono acquistare ‘cose’ – anche a costo di risparmiare per diversi mesi per potersele permettere – piuttosto che ‘esperienze’.

Nel caso specifico degli abitanti di Zhuhai, il fatto di aver già assistito a un torneo nello stesso impianto un mese prima non ha aiutato, oltre alla vicinanza geografica (un’oretta di viaggio, percorrendo il suddetto ponte) e temporale con le ‘vere’ Finals di Shenzhen, dove pure, pochi giorni più tardi, gli spalti non avrebbero pullulato di tifosi ed entusiasmi.

Steve Simon, CEO della WTA, e Peter LV – WTA Elite Trophy 2019

PROGETTI PER IL FUTURO

Il futuro del ‘Masterino’ femminile in terra cinese, per certo, è in bilico. Il WTA Elite Trophy ha infatti finito il suo corso a Zhuhai e potrebbe cambiare sede nel 2020. “Il torneo maschile sarà a Zhuhai per almeno cinque anni, quello femminile ha concluso le sue cinque edizioni e stiamo valutando se rinnovare l’accordo” ha detto Peter LV. “Se decideremo per il sì, sarà per lo stesso periodo delle Finals di Shenzhen, ovvero per altri nove anni“.

Il futuro – più in generale – del tennis in Cina dipenderà dalla capacità di gestire e processare le difficoltà esistenti. Abbiamo elencato una serie di motivi per cui il tennis fatica a diffondersi, ma guai a sottovalutare (in un arco temporale sufficientemente ampio) un paese che può contare su tali risorse, economiche e demografiche. Su questo Peter LV si fa ambasciatore dei progetti per il futuro, quantomeno per l’area di competenza della sua Huafa Sports: “Quello che abbiamo in mente è una serie di programmi. Dopo questo torneo inizieremo a stendere un business plan concreto per i prossimi cinque anni per coinvolgere un numero maggiore di persone, a dispetto dei limiti imposti dalla popolazione della città. Sappiamo che il tennis è ancora uno sport di nicchia in Cina e vogliamo incoraggiare e promuoverne la pratica nella comunità, a partire dalle scuole. Provvederemo a organizzare programmi di avviamento e fornire campi gratuiti non solo per i più giovani ma anche per gli adulti. Vogliamo assicurarci che questo sport arrivi a meritare maggiore attenzione in Cina“.

L’abolizione della politica del figlio unico gioca a favore della diversificazione delle carriere e dunque dell’allargamento della base dei praticanti, poiché è verosimile credere che nel periodo in cui la norma è stata in vigore – dal 2002 al 2013 – ogni famiglia abbia preferito indirizzare l’unico figlio verso carriere con prospettive di guadagno e realizzazione più sicure. E per una serie di motivi che sarebbe ridondante illustrare, quella tennistica va ascritta piuttosto alla categoria delle lotterie.

La Cina tennistica non ha dunque fatto troppi progressi in questo decennio, ma fino a quando ATP e soprattutto WTA continueranno ad accettare di vendere messe nel desert… ehm, organizzare così tanti tornei sul suolo cinese, le possibilità che il meccanismo possa oliarsi e addirittura sbloccarsi esistono. Sebbene, come abbiamo illustrato, questo processo non possa prescindere da certe modifiche culturali.

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