Murray: "Spero di tornare in campo presto ma potrei dovermi operare di nuovo"

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Murray: “Spero di tornare in campo presto ma potrei dovermi operare di nuovo”

Un previsto effetto collaterale dell’operazione all’anca potrebbe ritardare il ritorno di Andy Murray. Possibile un nuovo intervento più leggero

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Andy Murray - Finali Coppa Davis 2019 (via Twitter, @DavisCupFinals)
 

Sono passati 97 giorni dall’ultimo match ufficiale disputato da Andy Murray, quello in Coppa Davis a Madrid contro l’olandese Griekspoor, e ancora non si sa quando il campione scozzese potrà tornare a giocare. Murray è stato costretto a saltare tutta la trasferta australiana a causa di un fastidio sopravvenuto proprio durante quel match di Coppa Davis e ancora persistente. “Non sono riuscito ad avere un quadro chiaro della situazione – ha dichiarato Andy alla stampa britannica – perché non è semplice individuare il problema. A questo punto devo solamente aumentare il carico di lavoro e testare l’anca per vedere come risponde”.

Appena un mese dopo aver vinto ad Anversa il suo primo torneo ATP dopo l’operazione all’anca, a Murray era stato diagnosticato un ematoma all’osso pelvico. Dopo aver risolto quel problema, tuttavia, il dolore è continuato e sembra che sia causato da una calcificazione ossea intorno all’elemento di titanio che è stato inserito nell’articolazione di Murray e che va a fare contatto con i tessuti molli intorno all’anca.

Il termine medico è “ossificazione eterotopica”, ma non è possibile ottenere una diagnosi certa a causa della difficoltà nell’interpretazione delle immagini mediche di un’articolazione di metallo. Il fenomeno è abbastanza comune nei casi di “resurfacing”, e si verifica solitamente tra i 12 e i 14 mesi dopo l’operazione (sono ora passati 13 mesi dall’intervento di Murray) tuttavia è un processo che non può essere fermato e deve seguire il suo decorso naturale. Ciò significa che è necessario aspettare la fine della crescita ossea per poter intervenire chirurgicamente, altrimenti si rischia di effettuare l’operazione per nulla in quanto la calcificazione continuerebbe anche dopo la rimozione delle parti in eccessi presenti al momento.

Non si tratta di un intervento impegnativo, in termini di degenza e di riabilitazione – ha spiegato Murray – ma se fossi costretto ad aspettare fino a maggio, per esempio, per poter intervenire, ovviamente non sarei in grado di giocare per sei-otto settimane durante quel periodo”.

Nella migliore delle ipotesi si potrebbe rivedere Murray in campo già al Miami Open che inizia tra poco meno di un mese (25 marzo). “Non vedo perché non dovrei – ha spiegato l’ex n. 1 del mondo – perché non sono tecnicamente infortunato. Devo solo vedere se la situazione si stabilizza e il mio corpo si abitua alla nuova condizione e si può gestire [il dolore] durante la partita. In quel caso sicuramente prenderei parte alla stagione sulla terra battuta. Fisicamente sto bene, e la terra sarebbe positiva per l’articolazione in virtù degli impatti più morbidi. Sono fermamente deciso a continuare a giocare, ma devo capire se sono in grado di farlo. Voglio tornare a giocare uno Slam, è quello che più mi è mancato durante gli ultimi anni. Potrei tornare in campo nelle prossime settimane. È quello che spero, tuttavia negli ultimi tempi sono diventato piuttosto pessimista a proposito di tempi di recupero e cose del genere: più volte mi sono stati prospettati degli orizzonti temporali che poi non si sono verificati”.

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