'Capre sulla neve': sport in cui ci si azzuffa meno sul GOAT. Carlsen, il Nole degli scacchi - Pagina 2 di 2

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‘Capre sulla neve’: sport in cui ci si azzuffa meno sul GOAT. Carlsen, il Nole degli scacchi

Nel tennis si litiga, ma ci sono sport in cui sembra più facile identificare il più forte di sempre. La quinta puntata è ambientata su una scacchiera

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Magnus Carlsen, campione di scacchi, 'tradisce' il suo sport con il tennis
 

Per comprendere però appieno dove si trovi Carlsen nella sua rincorsa alla palma di più grande di tutti i tempi va quantomeno menzionato un terzo incomodo. Sia per il valore sulla scacchiera, sia per la popolarità acquisita. E anche qui, c’entra Reykjavik. Stiamo parlando del primo numero uno del mondo, lo statunitense Bobby Fischer. All’epoca, gli scacchi erano contornati e esaltati da un’aura extra sportiva, metafora di una competizione ugualmente strategica ma giocata su una scacchiera sferica chiamata Pianeta Terra. E il gioco era la Guerra Fredda.

Il genio e i capricci che consentirono a Bobby Fischer di strappare il titolo di campione del mondo ai sovietici dopo 35 anni di dominio CCCP (e sei detentori diversi), divennero storia perfetta per incarnare la capacità a Stelle e Strisce di insinuarsi nella mente del nemico fino a batterlo anche dove lui era apparentemente più forte. Nove documentari su dieci riguardanti lo sport a 64 caselle parlano di Fischer contro Spasskij, Anno Domini 1972. Il Brat della scacchiera, un vero alterego di McEnroe, cedette poi il titolo tre anni dopo senza mai difenderlo per, ancora una volta, litigi e quisquilie sul regolamento.

Se Johnny Mac al suo atteggiamento litigioso e arrogante affiancava una personalità sfaccettata e intrigante, che gli ha permesso di farsi amare dall’opinione pubblica e di diventare una delle principale voci del Tennis anche una volta appesa la racchetta al chiodo, lo stesso non si può dire di Fischer: impossibilitato a rientrare negli USA per aver sputato su un documento ufficiale, visse gli ultimi decenni della sua vita in esilio in Islanda fra mille controversie, scivolando in un oblio dal quale riemergeva ogni tanto per rilasciare dichiarazioni antisemite. Il livello assoluto di lucida follia raggiunto da Fischer sulla scacchiera è probabilmente ancora oggi ineguagliato, ma si tratta di un arco di tempo ad alto livello troppo breve per poter davvero essere messo sullo stesso piano degli altri due campioni menzionati finora. Possiamo pensare a Fischer come a un McEnroe meno longevo, o se volete a un Kyrgios che azzecca un anno come si deve, vince un paio di Slam, raggiunge il numero uno e poi litiga con l’ATP e si ritira.

Oggi la guerra fredda non c’è più, Carlsen gioca a scacchi solo per gli scacchi e non per una supremazia nazionale. Ciononostante, sta assurgendo a vette di popolarità simili a Kasparov e Fischer. Per il suo carattere, la sua mentalità imprenditoriale, il suo fare da testimonial a diversi sponsor importanti. Carlsen cerca anche di svecchiare l’immagine dello scacchista nerd: se la cava bene col pallone, di cui è un grande fan, al punto di raggiungere il numero uno del ranking anche in un altro gioco strategico, il fantasy football, ovvero il fantacalcio della Premier League. Ha lanciato la sua App per imparare a giocare a scacchi, compare spesso su siti scacchistici online per sfidare gente comune, e in Norvegia è probabilmente la persona più celebre dopo il Re.

Per dare un’idea della sua popolarità in patria basta dire che NRK, l’equivalente della nostra Rai, in occasione di un torneo importante o di un campionato del mondo, mostra tutti i match di Carlsen in diretta con commento. Come saprete, una partita può durare anche fino a sei ore. Chi si guarda sei ore di scacchi in tv, chiederete voi? Risposta: oltre la metà dei norvegesi. Gli spareggi per la difesa dell’ultimo titolo mondiale contro l’americano Caruana, nel 2018, furono seguiti da una media di quasi 600mila spettatori, ma ben 3 milioni li guardarono almeno in parte. Numeri che la nazionale di calcio può solo sognare, raggiungibili in Norvegia solo dai Giochi Olimpici invernali e dal discorso natalizio del Re. Paragonata alla popolazione italiana vorrebbe dire avere un’audience di 36 milioni di persone.

Ma tornando al confronto con Kasparov, a che punto è Magnus nel suo percorso per diventare il più grande di sempre? Abbiamo già detto che Kasparov è stato numero uno del mondo per 21 anni. Va detto però che all’epoca era leggermente più semplice. Il ranking veniva aggiornato solo due volte l’anno invece che mensilmente. Il circuito prevedeva molti meno tornei (negli anni del dominio il russo giocava dai due ai quattro tornei a stagione, oggi Carlsen fra i 10 e i 15). Infine, solo negli ultimi tempi gli scacchi son divenuti davvero un fenomeno globale. Quando Carlsen aveva due mesi, nel gennaio 1991, la top ten mondiale era occupata per intero da giocatori sovietici. Oggi invece sono rappresentati otto diversi paesi da tre continenti.

Un discorso simile può essere fatto per il titolo di campione del mondo. Come nel pugilato, il campione attende direttamente all’atto conclusivo lo sfidante, colui che esce vittorioso da un challenge round chiamato “Torneo dei Candidati”. E similmente al pugilato, non c’è una cadenza fissa. Ultimamente la FIDE ha cercato di tramutarlo in un appuntamento biennale, ma ai tempi di Kasparov la difesa del titolo avveniva meno sovente. Il russo fu anche promotore di una frattura, simile a quella avvenuta nel tennis negli anni sessanta, con metà dei grandi nomi da una parte e metà dall’altra; tale divisione negli scacchi fu ricucita solo con il ritiro di Kasparov. Ne consegue che nei 15 anni da campione mondiale del russo, solo otto sono a sigle unificate, e nel quindicennio dovette difendere il titolo sei volte, fallendo l’ultima. Carlsen è campione del mondo da 7 anni ma il prossimo novembre dovrà giocare per la quinta volta.

Infine, un altro aspetto sotto il quale gli scacchi sono cambiati è la diversificazione dei formati. Solo nel finale della carriera di Kasparov iniziarono a prendere piede tornei di scacchi veloci. Il russo dimostrò di eccellere anche in questi, ma dovette giocare per quasi tutta la carriera principalmente i formati di tempo classici. Oggi invece si svolgono molteplici tornei in formato Rapid (partite da 25 o 15 minuti) o Blitz (generalmente 5 minuti). Questi hanno anche un campionato mondiale a cadenza annuale che si svolge fra Natale e Capodanno. Oggi Carlsen è campione Mondiale in tutti e tre i formati e numero uno del mondo in Classico e Rapid. Nel ranking di Blitz è al momento numero due dietro lo specialista Nakamura, che nell’ultima parte di carriera si è dedicato principalmente agli scacchi veloci.

Come potrete immaginare, la domanda nel panorama scacchistico odierno è proprio questa: Magnus Carlsen, considerato quanto esposto finora, è già più grande di Kasparov? Le opinioni sono diverse, personalmente credo di sì. Per togliere ogni dubbio, il norvegese dovrebbe continuare a questi ritmi ancora per un lustro. Da qui il 95% affidato in apertura di articolo. Infine, come sempre, per divertimento proviamo ad associare Magnus Carlsen a uno dei big tennistici. Qui ci sono pochi dubbi: se avesse una racchetta, sarebbe Novak Djokovic, principalmente per due motivi.

Il primo è l’evoluzione dello stile: nei suoi anni giovanili, Carlsen ha fatto vedere un gioco offensivo, divertente e arguto, con il quale era capace di ottenere importanti vittorie contro i grandi maestri, ma non abbastanza consistente da valergli la vittoria in un torneo importante. Col passare del tempo, Carlsen ha sacrificato un po’ di romanticismo per mettere la sua straordinaria tecnica al servizio del pragmatismo. Carlsen sulla scacchiera, così come Djokovic sul campo da tennis, stritola progressivamente il suo avversario senza bisogno di ricorrere a combinazioni eccezionali che rubano l’occhio, ma guadagnando vantaggio mossa dopo mossa.

Il secondo aspetto è la sua assoluta superiorità nei finali di partita. Come Djokovic, Carlsen vince quasi ogni match tirato. In uno sport dove esiste la patta, il norvegese è divenuto famoso per riuscire a creare pressione sui suoi avversari in posizioni apparentemente pari, portandoli all’errore e convertendo in vittoria una partita che pareva conclusa.

Si chiude quindi qui questa escursione nell’analisi di cinque sportivi dell’era attuale sulla strada per diventare i più grandi di sempre nei rispettivi sport. Qualcuno come Shiffrin e Carlsen quasi alla meta, altri sulla buona strada.

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