Viraltennis: Luca Bottazzi spiega perché la tecnica fine a se stessa non ha alcun senso

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Viraltennis: Luca Bottazzi spiega perché la tecnica fine a se stessa non ha alcun senso

Prosegue il viaggio all’interno dei segreti del tennis. Qui Bottazzi ci spiega perché saper sorprendere l’avversario è più importante di avere una tecnica perfetta

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Grigor Dimitrov - US Open 2019 (foto via Twitter, @usopen)
 

Vi aggiorniamo sulla pubblicazione dei nuovi contenuti sul canale YouTube ‘Viraltennis’ di Luca Bottazzi, commentatore, scrittore e studioso del tennis.

Il suo viaggio attraverso i segreti della strategia del gioco prosegue con approfondimenti sulla rotazione dei colpi in relazione alla velocità (una lezione legata a doppio filo alla precedente, sulle traiettorie), sull’importanza dell’osservazione e sul concetto di tecnica.

Bottazzi racconta che oggi molti più tennisti riescono a tirare forte ‘ammaestrando’ la rotazione rispetto al passato, ma la scelta della rotazione da impartire alla palla dipende dalle situazioni di gioco. Il colpo piatto è quello che esprime maggior velocità ma bisogna essere vicini al campo per effettuarlo; il colpo tagliato rimbalza basso, può essere indirizzato ovunque ed è utile in diverse situazioni di gioco; il colpo in top spin produce un rimbalzo alto e apre molto gli angoli di gioco, per questo è molto utilizzato in fase di manovra.

Nel secondo video, Bottazzi ci svela con quali occhi dobbiamo guardare un tennista per valutarlo nel migliore dei modi. Si parte osservando la sua capacità di restare dentro la partita e cercare sempre soluzioni di gioco funzionali, senza ‘spegnere’ il cervello. Ci si concentra poi sulla fisicità, ovvero la capacità di entrare e uscire rapidamente dal colpo per essere sempre reattivi nello scambio. Si passa poi alle fasi di gioco. Nei game di servizio si valuta la sua capacità di ‘uccidere’ il gioco, e quanto invece è costretto a correre (se corre troppo è un fattore negativo); nei game di risposta il parametro principale è la sua capacità di avviare il gioco con continuità, che aumenta le possibilità di break.

La sua disamina più interessante è probabilmente quella sul concetto di tecnica, che in uno sport ad abilità ‘aperta’ come il tennis è uno strumento esecutivo preposto a risolvere un problema di gioco, a differenza degli sport ad abilità ‘chiusa’ (come i tuffi) in cui l’esecuzione tecnica equivale all’intera prestazione. Un punto fermo è che non esistono due giocatori uguali, né un movimento può essere uguale a un altro – anche se eseguito dallo stesso giocatore. L’azione esecutiva, per essere efficace, deve sorprendere, ingannare: anche il colpo migliore del mondo non ha produce alcun risultato se previsto dall’avversario. La tecnica fine a se stessa, nel tennis, non ha alcun senso.

Si prenda Medvedev: la sua tecnica sembra grezza e rivedibile eppure ha vinto due 1000 consecutivi e sfiorato una vittoria Slam. In pochi mesi ha fatto meglio di uno come Dimitrov, esempio di tecnica apparentemente ‘perfetta’ che pure non ha raccolto finora quanto ci si attendeva da lui.

Vi lasciamo con un invito alla riflessione: quale differenza tecnica potrà mai esserci, sul piano esecutivo e biomeccanico, tra una seconda di servizio che finisce sulla riga e una che atterra pochi centimetri oltre?


Le puntate precedenti di ‘Viraltennis’

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