Luca Bottazzi risponde alla domanda fondamentale: perché si gioca a tennis?

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Luca Bottazzi risponde alla domanda fondamentale: perché si gioca a tennis?

Partendo dal libro di Scaino da Salò per arrivare alle parole di Bill Tilden, che definì la racchetta ‘un passaporto per ogni città’. Un po’ di storia di Roma, dal Foro di Mussolini a Nadal e Federer. Musica e parole dell’esperto Luca Bottazzi

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Roger Federer - Wimbledon 2019 (foto via Twitter, @Wimbledon)
 

Vi aggiorniamo sulla pubblicazione dei nuovi contenuti sul canale YouTube Bottazz Vincente di Luca Bottazzi, commentatore, scrittore e studioso del tennis. Trovate qui la puntata precedente.

Non è una boutade, sostiene Bottazzi, è anzi piuttosto il nocciolo della questione domandarsi la ragione per la quale si gioca a tennis. Antonio Scaino da Salò, in pieno rinascimento, è il primo autore a illustrare il regolamento della pallacorda, gioco antesignano del tennis. Nel 1555, Scaino scriveva come questa disciplina fosse da considerarsi il gioco di eccellenza per intelletto e destrezza‘; molti anni dopo Bill Tilden avrebbe chiuso il cerchio, definendo la racchetta ‘un passaporto per ogni città‘. Ascoltiamolo dalla viva voce di Luca:


UN PO’ DI STORIA DI ROMA – In quest’altro video, Luca Bottazzi raccoglie alcune pillole sulla storia degli Internazionali d’Italia, un torneo nato a Milano alla fine di aprile del 1930 (e a cui noi abbiamo dedicato una serie di sette articoli). Dalla prima vittoria di un italiano, quella di Emanuele Sartorio nel 1933, passando per lo spostamento del torneo a Roma due anni dopo – in quello che all’inizio si chiamava ‘Foro di Mussolini’ – e per la lunga pausa causata dalla guerra, durata dal 1936 al 1949. Fino ai campioni dei giorni nostri, quelli che lo hanno vinto più di chiunque altro (Nadal) e che l’avrebbero meritato ma non ci sono riusciti (Federer).

Le altre pillole di ‘Bottazz Vincente’

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