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Le migliori a non aver mai vinto uno Slam, secondo ESPN

Seconda parte, stavolta al femminile, dello speciale sui più grandi tennisti che hanno mancato il bersaglio grosso. Tra le più recenti, spiccano Jankovic e Radwanska

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Agnieszka Radwańska
 

Jelena Jankovic (2000-17)

Jelena Jankovic, Campionati Internazionali BNL d’Italia 2016 – Foro Italico – Roma (foto di Monique Filippella)

Best ranking: 1
Migliori piazzamenti Slam: finale allo US Open nel 2008; altre sei semifinali
Saldo nelle finali: 15-21, fra cui sei titoli Premier Mandatory/Premier 5

Poco dopo aver raggiunto la prima posizione del ranking, la serba tornò alla IMG Academy per riposarsi e allenarsi. “Quando mi sono congratulata con lei“, ricorda il direttore dell’accademia Jimmy Arias, “Jelena mi ha guardato, si è messa a ridere e mi ha detto ‘lo so, lo so, ma non ho mai vinto uno Slam’“.

La miglior chance per Jankovic arrivò allo US Open del 2008, ma in quella finale incappò in Serena Williams. Era una che vinceva tante partite, incamerando titoli su tutte le superfici e chiudendo con 644 successi – è tuttora settima per match vinti sul cemento con 409.

Jankovic aveva un carattere difficile. Nella semifinale dello US Open del 2006 era avanti per 6-4 4-2 contro Henin (con una palla del 5-2), quando si inalberò in un lungo diverbio con il giudice di sedia, Enric Molina. Finì per perdere quel game, e non ne vinse più uno.

Pro: il suo colpo migliore era il rovescio lungolinea, veramente superbo. Aveva colpi fluidi e semipiatti, che facevano sempre male. Anche una grande atleta, la sua mobilità le consentiva di giocare benissimo anche in difesa.

Contro: la battuta era discontinua alle volte, e aveva sempre un impatto smisurato sulle sue sconfitte. Il suo difetto più grande era la tendenza a crearsi problemi, perdendo così in termini di concentrazione.

Verdetto: Jankovic aveva certamente un rapporto complicato con i tornei importanti, ma visto il suo talento è una sorpresa che non sia mai riuscita a vincerne nemmeno uno.

Agnieszka Radwańska (2005-18)

Best ranking: 2
Migliori piazzamenti Slam: finale a Wimbledon nel 2012; due semifinali all’Australian Open
Saldo nelle finali: 20-8, fra cui la vittoria alle WTA Tour Finals del 2015.

A prima vista era semplice sottovalutare la tennista polacca, ma, come dice di lei Anabel Croft (ex-N.1 britannica e commentatrice per Sky), “Aveva un enorme talento e una mente perfetta per il gioco. C’era sempre qualcosa da imparare dalla sua capacità di muovere le avversarie – mi divertiva osservarla mentre le tormentava”.

Radwanska è stata un modello di continuità, vincendo 594 partite e chiudendo la carriera nella top 10 dei guadagni (27.7 milioni di dollari).

Pro: il suo colpo più famoso era lo “squat”, vale a dire il suo modo unico di ribattere palle veloci che le arrivavano fra i piedi. Gli aficionados erano stregati dal suo tocco, dall’intelligenza dei suoi colpi e dal suo stile senza sforzo. Adams l’ha definita una delle giocatrici più ‘prescienti’ degli ultimi anni. La sua padronanza tattica non temeva rivali, costruita sulle sue abilità difensive e sulla capacità di trovare o aprire spazi durante gli scambi.  

Contro: la ragione principale per cui Radwanska non ha mai vinto uno Slam è probabilmente il servizio, a cui mancava quel quid in più. Pur scaltra, non era pienamente in grado di coprire la sua mancanza di potenza.

Verdetto: l’abilità della polacca di ammaliare gli appassionati era un dono raro e innato. “Non ha mai avuto la pesantezza di palla per battere le picchiatrici”, dice di lei Adams, “ma in campo era un genio”.

Dinara Safina (2000-11)

Best ranking: 1
Migliori piazzamenti Slam: finale al Roland Garros nel 2008-09; finale all’Australian Open nel 2009; semifinale a Wimbledon e allo US Open
Saldo nelle finali: 12-12, argento olimpico nel 2008.

Safina e suo fratello Marat Safin sono l’unica coppia di consanguinei ad aver raggiunto la vetta delle classifiche di singolare. Lei fiorì tardi, raggiungendo la top 10 solo nel 2008, e a questo proposito una volta ha detto: “Essere la sorellina in una famiglia di tennis così importante [suo padre era il direttore dello Spartak Club di Mosca] non era semplice. Forse è per questo che mi ci è voluto più tempo per sviluppare il mio gioco… Volevo diventare qualcuno con le mie forze, diventare una grande giocatrice con le mie forze, non essere conosciuta solo per essere della famiglia Safin. Perciò all’inizio mi mettevo addosso troppa pressione”.

Le difficoltà create dalle aspettative, personali ed esterne, la perseguitarono per tutta la carriera, e sono probabilmente il motivo principale per cui Safina, pur con tutta quella potenza dall’alto del suo metro e ottanta, non è mai riuscita a vincere uno Slam in singolare – ha vinto lo US Open in doppio. “Per potenza, altezza, determinazione e colpi, Safina sembrava essere un pacchetto completo e una superstar in rampa di lancio”, ha detto D’Arcy Maine, scrittore per ESPN. “Ciononostante non riusciva mai finire l’opera sui palcoscenici più importanti”.

In ogni caso, Safina riuscì a vincere parecchio nel suo breve periodo da top player, vincendo la totalità dei suoi sei titoli fra il 2008 e il 2009. Un infortunio cronico alla schiena, rispuntato nel gennaio del 2010, la costrinse al ritiro nel maggio dell’anno successivo.

Pro: Safina era una picchiatrice con un tennis d’anticipo e colpi da fondo come martelli pneumatici. Aveva un dritto molto efficiente con cui apriva angoli stretti per poi sparare vincenti, e il suo servizio era altresì potente.

Contro: nonostante fosse un’ottima doppista, Safina non era abbastanza rapida da risultare efficace a rete in singolare. Il suo servizio, ancorché potente, ogni tanto la abbandonava. Comunque, il suo più grande difetto era la tenuta nervosa.

Verdetto: la sconfitta con Serena a Melbourne ci poteva stare, al contrario delle due al Roland Garros con avversarie abbordabili – Ana Ivanovic, anch’ella alla prima finale Slam nel 2008, e la sua connazionale Kuznetsova. Entrambe le sconfitte maturarono in due set, e Safina ebbe problemi di nervi in entrambe le circostanze. La finale olimpica persa con Dementieva a Pechino fu se non altro più competitiva.

Helena Sukova (1983-98)

Best ranking: 4
Migliori piazzamenti Slam: finale allo US Open nel 1985 e nel 1993; finale all’Australian Open nel 1984 e nel 1989; un’altra semifinale e 11 quarti
Saldo nelle finali: 9-20, due argenti olimpici in doppio, nel 1988 e nel 1996.

Un altro esempio lampante di schiatta tennistica: sua madre, Vera, giocò la finale di Wimbledon nel 1962, mentre suo padre, Cyril Suk II, era il presidente della Federtennis cecoslovacca prima della scissione del Paese. Inoltre, uno dei suoi fratelli, Cyril Suk III, ebbe una solida carriera ATP, mentre lei è una Hall-of-famer.

Alta 1.88 con braccia lunghe e larghe spalle, era naturale che Sukova sviluppasse un gioco di grande potenza, e il trasporto con cui lo metteva in pratica la portò molto vicina al gotha del gioco. Le sue vittorie in doppio, dove fu N.1 per 44 settimane nel 1991, in qualche modo sminuiscono la sua carriera da singolarista.

Pro: Sukova letteralmente smerigliava la pallina con il servizio e con il dritto, e in più aveva un’eccellente volée e una buona mobilità.

Contro: la macchinosità dei suoi colpi sbracciati potrebbe essere uno dei motivi dei suoi problemi sotto pressione. Il suo rovescio a una mano era pericoloso ma non sempre continuo.

Verdetto: Sukova raggiunse quattro finali Slam, segno che non era lì per caso. Quando era calda, era rovente. Fu lei a interrompere la striscia di 69 successi consecutive di Navratilova sull’erba, e divenne solo la quarta a battere Evert e Navratilova nello stesso torneo.

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