I migliori colpi in WTA: le qualità agonistiche - Pagina 2 di 4

Al femminile

I migliori colpi in WTA: le qualità agonistiche

Penultima puntata della serie dedicata all’analisi dei colpi in WTA. Da Kvitova a Serena Williams, da Yastremska a Mertens e Andreescu: quale giocatrice riesce a mettere in campo il meglio di sé nelle occasioni più importanti?

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Sofia Kenin - Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

LE GIOCATRICI PIÙ TITOLATE ED ESPERTE

3. Petra Kvitova
Serena Williams a parte, Petra Kvitova è la giocatrice più anziana a essere riuscita a raggiungere una finale Slam dal 2019 in poi, quando ha perso all’Australian Open contro Naomi Osaka. A dimostrazione che, anche vicina ai 30 anni (compiuti l’8 marzo scorso), è ancora competitiva ad alti livelli. Sicuramente contano le doti fisico-tecniche, ma per raggiungere traguardi del genere contano anche le qualità agonistiche.

Pur non essendo una tennista continua, Kvitova raramente ha sofferto di braccino. Sono poche le partite che ha “regalato”, a causa del timore per la vittoria: quando ha perso è perché quel giorno semplicemente giocava peggio della avversaria. Del resto Petra non è il tipo di giocatrice che si tira indietro di fronte alle responsabilità, e anche il suo ruolo di capitana storica della Repubblica Ceca, la nazione più vincente degli anni ’10 in Fed Cup, è una conferma di queste doti.

La solidità agonistica è testimoniata anche dall’ottima percentuale di finali vinte in carriera: 72,9% (27 vinte,10 perse), con almeno un titolo in stagione dal 2011 in poi. Ha però perso la finale Slam di Melbourne. Il risultato è stato determinato da limiti caratteriali? A mio avviso no. La sconfitta contro Osaka è stata dettata più da ragioni tecniche: quel giorno Naomi era più forte, eppure Kvitova era anche riuscita ad allungare la partita al terzo set, salvando tre match point nel secondo set.

2. Serena Williams
Mi direte che Serena Williams in questa selezione non dovrebbe stare, visto che dal 2019 in poi (periodo preso in considerazione per la classifica), ha addirittura perso 4 finali Slam su 4. E senza vincere un set. Però vedo le cose un po’ diversamente. Avevo cominciato a scrivere la mia posizione già in occasione del mancato Grande Slam del 2015 (quello sfuggito in extremis nella semfinale contro Roberta Vinci a Flushing Meadows), e mi sento di confermarla ancora di più alla luce degli ultimi impegni.

Ecco la mia spiegazione. Per Williams da un po’ di anni a questa parte, sul piano psicologico è tutto più difficile perché, a differenza delle altre tenniste, deve misurarsi contemporaneamente contro tre avversarie differenti.

La prima avversaria è ovvia: è la giocatrice che si trova di fronte quando scende in campo in ogni match, turno dopo turno. In questo non è diversa dalle altre giocatrici.

La seconda avversaria è lei stessa, nel momento in cui, pur essendo ormai ricchissima e carica di gloria, per essere competitiva deve trovare la forza di continuare ad applicarsi. A una certa età non è facile tenere vivi gli stimoli necessari per allenarsi regolarmente, a maggior ragione dopo la maternità.

La terza avversaria gliela propone di volta in volta la storia del tennis, nella sua continua caccia di record: prima nelle figure di Evert e Navratilova (18 Major), poi di Steffi Graf (22 titoli), infine di Margaret Smith Court (24 titoli, a cavallo tra era amatoriale e quella professionistica).

Negli ultimi anni Serena ha dimostrato di essere in grado di avere la meglio sulle prime due avversarie, ma le manca qualcosa per battere anche la terza, la più impegnativa, quella che le propone la Storia. E infatti per ben quattro volte è caduta di fronte all’ultimo ostacolo (contro giocatrici differenti). Ma non credo si possa dimenticare che da quando è tornata dopo la maternità ha raggiunto quattro finali Slam. Vi sembra poco?

1. Simona Halep
Dal 2018 in poi, Simona Halep ha dato una raddrizzata al suo score nelle finali importanti. Infatti sopo tre sconfitte Slam nella partita decisiva (contro Sharapova, Ostapenko e Wozniacki), Simona ha vinto Parigi (battendo Sloane Stephens) e l’anno dopo Wimbledon (battendo Serena Williams).

Se ragioniamo sugli ultimi grandi tornei femminili (Masters e Slam) dal punto di vista generazionale, emerge che il successo londinese di Halep rappresenta l’eccezione che conferma la regola, visto che gli altri titoli sono tutti stati vinti da giocatrici di 23 anni o meno.

Come ho scritto nella introduzione, sono convinto che le qualità agonistiche che ogni giocatrice mette in campo siano in parte legate a componenti caratteriali profonde e strutturali, ma in parte siano anche determinate da momenti di carriera differenti. Halep nel corso delle stagioni è spesso sembrata soffrire i match importanti disputati da favorita, e quindi trovarsi a Wimbledon 2019 come avversaria Serena Williams potrebbe essere stato di aiuto.

Però il successo al Roland Garros 2018 contro Sloane Stephens (una giocatrice che fino a quel momento aveva vinto 6 finali su 6 in carriera), rappresenta una importante inversione di tendenza. A livello inferiore confermata dalla vittoria più fresca, in volata contro Elena Rybakina a Dubai 2020. Resta comunque da migliorare il 54,0% di finali vinte in carriera (20-17), un dato non particolarmente entusiasmante.

a pagina 3: Le protagoniste al di fuori dagli Slam

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