Wawrinka: "Federer è stato come un fratello maggiore"

Interviste

Wawrinka: “Federer è stato come un fratello maggiore”

A 35 anni, Stan Wawrinka è sospeso tra l’idea del ritiro e la speranza di centrare un ultimo exploit. Ora però è sereno: “Ho adorato questo periodo senza viaggiare. Ho vinto quasi tutto ciò che si poteva vincere”

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Stan Wawrinka e Roger Federer - Australian Open 2017 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Dopo essere stato uno dei grandi protagonisti del tennis mondiale negli ultimi anni, Stan Wawrinka si è fatto notare molto anche durante il lockdown tra post molto simpatici e gli ormai leggendari aperitivi in diretta con l’amico Benoit Paire. A poche settimane (a meno di improvvise retromarce) dalla ripartenza del circuito ATP, Stan ha rilasciato una lunga e interessante intervista al settimanale svizzero L’illustré, nel corso della quale ha toccato svariati temi.

Il punto di partenza è ovviamente l’esperienza della quarantena, uno stop forzato che ha di fatto paralizzato il mondo intero, tennisti inclusi, ma che Wawrinka ha vissuto con grande serenità, cogliendone gli aspetti positivi. “Ho adorato questo periodo senza viaggiare. Mi ha permesso di passare molto tempo con mia figlia, di aiutarla con la scuola, di godermi la tranquillità, di stabilire una routine. Queste settimane a casa mi hanno fatto molto bene“.

Il circuito dovrebbe ripartire il 14 agosto da Washington, ma i dubbi sono ancora tanti, sia da parte degli organizzatori che da parte dei giocatori. Wawrinka per il momento sembra intenzionato ad andare, ma ammette che la situazione generale è un po’ in bilico.”Ho scelto di pianificare il mio programma di allenamento in base a quella data, perché, ad un certo punto, dobbiamo fissare una scadenza, anche se nulla è certo. Gli Stati Uniti sono ancora nel mezzo della crisi per il COVID-19 e nessuno sa come si svilupperà la situazione lì. Stiamo parlando di porte chiuse, di giocare Cincinnati e gli US Open nello stesso posto, di ospitare i giocatori in un solo hotel, ma sappiamo tutti che possono ancora succedere molte cose. Come atleti, siamo abituati ad adattarci”.

Visto che il futuro è ancora incerto, meglio rivolgere lo sguardo al passato per ripercorrere le tappe significative della strepitosa carriera di Stan. Messo di fronte a una scelta tra due date molto significative, 30 luglio 2006 (primo titolo ATP a Umago) e 26 gennaio 2014 (vittoria degli Australian Open), Wawrinka non ha dubbi su quale sia stato il vero spartiacque. “Tra le due, è chiaramente l’Australian Open che ha segnato la mia carriera. È uno Slam, non c’è nulla al di sopra di questo. Quel 26 gennaio 2014 ero al culmine della mia vita. Iper-rilassato, un sogno. Ero su una nuvoletta. Stavo per giocare la mia prima grande finale, mi sentivo in gran forma, a mio agio col mio gioco, dovevo giocare contro Nadal, il numero uno al mondo. Nel peggiore dei casi, cosa? Perdo!“.

Questo atteggiamento rilassato non va confuso però con quello di chi non ha niente da perdere, un concetto che spesso viene tirato fuori in situazioni simili. “Spesso sentiamo che un giocatore in quei casi non ha nulla da perdere. Io non mi sono mai sentito così. Al contrario, la posta in gioco era enorme e l’opportunità unica“.

Nonostante il peso specifico della partita, la vigilia del match per Stan è trascorsa in maniera tranquilla. “C’erano pochi giocatori nel mio hotel, alloggiavo in una tranquilla struttura a Melbourne, lontana dal mondo. Ero andato a mangiare con la mia squadra. Sulla via del ritorno, ci siamo fermati per un momento nella hall dell’hotel. Siamo stati lì fino all’una e mezzo chiacchierando davanti a un drink. Ricordo che un giornalista inglese era passato di fronte a noi ed era stato sorpreso di vedermi ancora in piedi a quell’ora il giorno prima di una finale Slam, ma la partita non si sarebbe giocata fino alla sera successiva. Poi sono salito nella mia stanza e ho guardato la televisione per un po’ prima di andare a letto. Ho dormito molto poco quella notte. Non per nervosismo, ma perché ero super impaziente di essere in campo. Il giorno della finale, un’ora prima di entrare in campo, stavo chiacchierando tranquillamente con il mio allenatore. Anche Seve (Severin Lüthi, ndr) era là con noi, abbiamo riso. Ero rilassato”.

Di segno totalmente opposto invece l’esperienza prima della finale degli US Open 2016, ultimo titolo Slam vinto da Wawrinka in quattro set contro Novak Djokovic. “Avevo 31 anni, pensavo potesse essere la mia ultima opportunità di vincere un Grande Slam. Il riscaldamento è andato storto. C’era molto vento, ero teso e di cattivo umore. Siamo andati a mangiare con la mia squadra, mi sono isolato al tavolo con le cuffie, non volevo che nessuno parlasse con me. Dopo aver mangiato, sono andato negli spogliatoi. Sono andato dal fisioterapista, mi sono riscaldato e poi, cinque minuti prima di entrare sul centrale, improvvisamente mi sono sentito molto male, estremamente nervoso. Ho iniziato a piangere. Ho anche dovuto allontanarmi per vomitare. Magnus (Norman, il suo allenatore, ndr) è venuto a parlarmi e mi sono ripreso poco prima di incontrare Novak nel corridoio per l’intervista pre-partita”.

Stan Wawrinka – US Open 2016

Dopo le tante vittorie viene il momento di esaminare anche le sconfitte e Stan non ha dubbi su quale sia la più dolorosa della sua carriera. “La semifinale di Masters contro Federer nel 2014, di gran lunga.” Un rimpianto alimentato dall’aver avuto quattro match point a favore (mal giocati con improvvidi tentativi di serve&volley, forse nel tentativo di vincere contro Roger alla sua maniera) e dal fatto che Federer non scese in campo per la finale contro Djokovic per un problema alla schiena. “Ho perso la partita dopo aver avuto quattro match point. Avrei dovuto vincere e quel giorno non ho fatto quello che ci voleva per riuscirci. Era una semifinale Masters, il torneo più importante dopo gli Slam, che riunisce i primi otto giocatori del mondo. Avere la possibilità di affrontare Djokovic in finale e provare a vincere, sarebbe stato bellissimo. Mi sono fatto sfuggire questa possibilità. È stato molto, molto difficile. La notte seguente, ho dormito a malapena. Ciò che mi ha salvato è che mi sono dovuto unire alla squadra svizzera per la finale della Coppa Davis pochi giorni dopo“. Finale che la Svizzera avrebbe vinto.

Al di là delle delusioni e delle sconfitte sul campo, Stan è legatissimo a Federer e ricorda ancora perfettamente il loro primo incontro. “Era su un campo in terra battuta a Bienne, allo Swiss Tennis. Avevo 16 anni ed ero lì come sparring partner. Ero paralizzato dall’idea di sbagliare i miei colpi. Avevo dato tutto, ero rosso dopo cinque minuti in campo“.

Giocare nella stessa epoca di fenomeni come Federer, Nadal e Djokovic, che hanno cannibalizzato la scena del tennis mondiale negli ultimi quindici anni, per Stan non è stata una sfortuna, anzi. Senza la spinta a emularli è stata fondamentale nella crescita di Wawrinka come giocatore. “Mi è sempre piaciuto imparare dagli altri e spesso dico di dover gran parte dei miei titoli Slam ai “Big Three”. Sono sicuramente il giocatore che si è allenato di più con loro. Li ho visti, ho visto molte delle loro partite. All’inizio della mia carriera, sono stato in grado di contare sui consigli di Roger prima di affrontare i migliori. Era come un fratello maggiore sul circuito”.

Il consiglio più importante ricevuto da Federer? “L’importanza di vivere nel momento presente. Da vent’anni deve affrontare quotidianamente stampa, fan, viaggi, tornei, allenamenti. Le sue giornate sono molto indaffarate e tuttavia rimane incredibilmente calmo. Anche quando deve fare qualcosa che gli piace di meno, lo fa fino in fondo, meglio di tutti gli altri. Col procedere degli anni, cerco di avvicinarmi anche a quello”.

Wawrinka ha ormai toccato i 35 anni, un’età in cui la prospettiva del ritiro si fa sempre più concreta e vicina. Per il momento la voglia di competere è ancora tanta, ma gli anni di carriera probabilmente non saranno ancora molti. Quando gli chiedono per cosa vorrebbe essere ricordato, Stan risponde con concretezza e una doverosa punta di orgoglio.”Per quello che ho realizzato. Ho vinto praticamente tutto ciò che era possibile. Da giovane, non avrei mai immaginato di poter realizzare il 10% di quello che ho fatto. Quando ho vinto il Roland-Garros junior nel 2003, speravo solo di arrivare tra i primi 100 e guadagnarmi da vivere nel tennis. Da bambino, non avrei mai pensato che un giorno avrei avuto il livello per vincere un torneo del Grande Slam”.

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