Andy Murray ci crede: allo US Open ci sarà

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Andy Murray ci crede: allo US Open ci sarà

“Non voglio prendere rischi ma giocherò anche Cincinnati, ho bisogno di sperimentarmi in match ufficiali. Se la situazione pandemica peggiorasse? Non dobbiamo ripartire a tutti i costi”

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Giocherà lo US Open 2020, è ufficiale, “sempre che la situazione non peggiori“, of course. Nel cuore dell’intervista concessa a Stuart Fraser del Times Andy Murray dà la notizia che una nazione intera, e non solo quella, aspettava con ansia. L’ex numero uno del mondo tornerà a calcare il campo in uno Slam nel tabellone di singolare a diciannove mesi di distanza dall’Australian Open 2019, quello del drammatico annuncio del probabilissimo, imminente ritiro e della sconfitta al primo turno contro Roberto Bautista-Agut che molti avevano salutato in lacrime come l’ultimo match della carriera del quarto Beatle.

La situazione è ancora complessa in molte parti del mondo, comprese diverse zone degli Stati Uniti, anche se New York al momento sembra osservare una curva europea. Inutile nascondervi che fino a quattro, cinque settimane fa l’idea di prendere un aereo per gli States non mi solleticava molto, ma sono entrato mano a mano nell’ordine di idee di tornare a competere e farlo allo US Open mi sembra l’opzione migliore, valutati tutti i pro e contro“.

L’idea originale di Muzzino sarebbe stata quella di rodarsi al Citi Open di Washington, ma il Covid ne ha imposto la cancellazione e lo scozzese ha dovuto rivedere i propri programmi: anche se ancora non è certo, sembra che Murray giocherà l’imitazione di Cincinnati come antipasto, partendo dalle qualificazioni qualora non arrivasse una wild card. “Probabilmente mi iscriverò a un torneo programmato nella settimana immediatamente precedente a uno Slam per la prima volta da quando avevo diciannove anni, ma le opzioni per non presentarsi a New York a secco di partite ufficiali non sono molte.

Nonostante i mille spifferi e le voci discordanti che aleggiano attorno al Major della ripresa e alla sua cancellazione ancora possibile se non proprio probabile, pare che gli organizzatori ormai abbiano tratto il dado: a Flushing Meadows si giocherà, e si giocherà in sicurezza. “Credo che giocatori, staff e addetti ai lavori saranno messi nelle migliori condizioni possibili. Naturalmente c’è un po’ di apprensione per la situazione generale, ma saremosottoposti ai test e vivremo nella famosa “bolla”, credo che tutto andrà bene.” A proposito di test, sarà invece molto difficile, se non impossibile, mettere in piedi una simulazione credibile che aiuti i tennisti ad adattarsi alle condizioni ambientali della Grande Mela. “Avrei voluto almeno allenarmi qualche giorno in un posto climaticamente affine, ma imbastire un ulteriore viaggio mi espone a ulteriori rischi, e se dovessi essere obbligato a una quarantena gran parte della stagione sarebbe compromessa.

Andy questa settimana sarà impegnato nella Battle of The Brits organizzata da brother Jamie, ma solo in doppio per limitare al massimo il rischio infortuni. “Avrei bisogno di giocare qualche incontro agonistico, ma di tennis, anche in questi strani giorni, ce n’è fin troppo. Mi sto cautelando, in campo mi alleno solo quattro giorni alla settimana.” Sperando di non sprecare per nulla tanta fatica. “I colleghi sono fermi da quattro mesi, io da quasi dieci, il training non sarà sprecato in nessun caso. Del resto, se non ci saranno le condizioni non dobbiamo né possiamo forzare: il tour non deve ripartire costi quel che costi.

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