L'unità di misura di Elise Mertens - Pagina 3 di 3

Al femminile

L’unità di misura di Elise Mertens

La storia di una giocatrice che curiosamente ha compiuto il salto di qualità a partire da uno degli episodi più anomali e controversi degli ultimi anni

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Elise Mertens - Doha 2019 (foto via Twitter, @QatarTennis)
 

Le ultime stagioni
Gennaio 2018. A dodici mesi dalla vittoria a Hobart 2017, Elise si presenta di nuovo in Tasmania. Questa volta non è più una oscura qualificata: è la testa di serie numero 2. E rivince il torneo. Ma quel successo è solo l’antipasto della portata principale: la semifinale, da esordiente, nello Slam australiano. L’anno prima non aveva potuto affrontare le qualificazioni per essere andata troppo avanti a Hobart, questa volta è numero 37 del ranking ed entra di diritto in tabellone. E ne approfitta sino in fondo.

Sconfigge Kuzmova, Gavrilova, Cornet, Martic e soprattutto Svitolina (addirittura 6-4, 6-0), prima di essere fermata dalla futura vincitrice Wozniacki per 6-3, 7-6. Grazie alla impresa australiana, entra in Top 20 e da allora non si è più allontanata dalla zona alta del ranking: mai oltre la posizione 26. In quello Slam australiano, nel quale si fa conoscere al grande pubblico, si esibisce come una giocatrice ormai matura, piuttosto completa sotto ogni aspetto.

Nata come tennista di rimessa, nel tempo Elise è diventata più aggressiva, con un rovescio molto solido e abbastanza incisivo, e un dritto un po’ meno infallibile ma non così tanto da diventare un punto debole. A partire da un servizio mediamente potente, Mertens è una giocatrice che sa costruire scambi articolati, e per questo difficilmente può essere messa in difficoltà da avversarie che amano mischiare le carte provando soluzioni alternative.

In più se la cava bene anche a rete, e soprattutto dispone di una serie di soluzioni difensive davvero completissime: un discreto rovescio slice, un eccezionale dritto choppato (forse il migliore in questo momento nel circuito), oltre che un pallonetto molto preciso, utilizzato con notevole sensibilità tattica.

Alta 1,79 per la scheda WTA (ma dal vivo direi qualche centimetro meno) non appartiene alla tipologia di atleta superpotente che ha spopolato con l’avvento del power tennis. È semmai una giocatrice estremamente equilibrata sul piano fisico-tecnico: forse senza colpi devastanti in termini di pesantezza, ma comunque senza reali lacune, grazie anche alla buona mobilità.

Ma soprattutto, secondo me, nei suoi risultati è fondamentale l’intelligenza tattica: sia nella lettura del gioco altrui che nella costruzione del proprio. Quando si seguono i suoi match, molto difficilmente la si può cogliere in fallo: non solo in termini di pura esecuzione, ma ancora di più nella scelta dei colpi da effettuare. Dritto o rovescio non fa differenza, avanti o indietro nemmeno: Elise sembra quasi sempre in controllo, consapevole della situazione e mentalmente presente. In sostanza: per batterla si deve giocare davvero bene.

Per acutezza delle interpretazioni tattiche, mi ricorda l’ultima vincitrice Slam, Sofia Kenin. Proprio come Mertens anche Kenin raramente sbaglia le scelte di gioco. Ma forse, rispetto ad Elise, Sofia riesce a metterci un pizzico di coraggio e di ambizione in più nei frangenti decisivi dei match.

Dal 2019 a oggi
Dal 2019 Mertens ha vissuto una crescita anche nel doppio. Lo scorso anno in coppia con Aryna Sabalenka ha vinto i tre più importanti tornei statunitensi: il Sunshine Double (Indian Wells e Miami) e poi lo US Open. Nel doppio attuale, al di là delle esecuzioni di volo, altri colpi sono particolarmente importanti. Ho già parlato del lob, ma una delle doti che fa di lei una ottima doppista sta anche nelle risposte: quasi mai sbaglia quelle interlocutorie, piazzate con cura nelle zone di campo geometricamente più adeguate. Oggi in coppia con Sabalenka rappresenta un efficacissimo mix di aggressività e razionalità.

Tutte queste doti, consolidate progressivamente, le hanno permesso di vincere in singolare altri due tornei International nel 2018 (Rabat e Lugano, entrambi su terra) e soprattutto il Premier di Doha, in finale su Halep nel 2019.

Sul piano del rendimento, ciò che colpisce di Mertens è che dalla semifinale del 2018 a Melbourne non ha mai avuto controprestazioni negli Slam. Questi i turni raggiunti da allora nei quattro Major:

A conti fatti, da quando è diventata testa di serie, Elise ha perso in uno Slam da una giocatrice fuori dalle prime 32 solo in due casi: a Wimbledon 2018 da Cibulkova (quell’anno esclusa dalle teste di serie per scelta degli organizzatori) e a Wimbledon 2019 da Strycova (che poi sarebbe arrivata sino alla semifinale). E di quello Slam teoricamente deludente, ricordo un gran match contro Wang Qiang (vinto 6-2, 6-7(9), 6-4).

Prima di chiudere ho l’obbligo della spiegazione sul quesito iniziale: vi ricordate di Chanelle Scheepers? Scheepers è una giocatrice sudafricana, che si è ritirata nel 2015, e che nella seconda parte di carriera, almeno a mio giudizio, era diventata una tennista particolarmente costante nel rendimento. Difficilmente le capitavano controprestazioni, anche se altrettanto difficilmente il suo livello superava certi valori (40-70 del mondo). In questo modo per me era diventata una specie di punto di riferimento.

Per esempio se una giovane tennista, magari fuori dalle prime 100, era capace di batterla, cominciavo a ritenerla una giocatrice con un potenziale superiore alla classifica del momento, con spazi di crescita interessanti. Per questo, quando Chanelle ha deciso di ritirarsi, mi sono sentito orfano di una specie di unità di misura utile per valutare le giocatrici che conoscevo meno.

Ecco, oggi valuto Elise Mertens in modo simile. Sia chiaro: su livelli ben più alti di Scheepers, ma con simile costanza di prestazioni. Come abbiamo visto attraverso i risultati Slam, Mertens molto difficilmente regala match, per cui quando trova un’avversaria in grado di sconfiggerla tendo a considerare quella vittoria come un dato significativo, sintomo di un rendimento importante.

In sostanza Mertens ha dimostrato di essere una giocatrice troppo logica e razionale per buttare via le partite: per batterla bisogna meritarlo. E non è affatto una dote da poco. Naturalmente non posso essere sicuro che sarà così per tutta la carriera (infortuni o crisi mentali sono sempre in agguato), ma al momento è per questo che considero Elise Mertens la più attendibile “unità di misura” nel tennis femminile di oggi.

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