Mariano Puerta confessa: “Ho mentito sul doping”

Interviste

Mariano Puerta confessa: “Ho mentito sul doping”

A 15 anni dalla positività all’antidoping durante il Roland Garros, Mariano Puerta ammette a ‘La Nacion’: “Sono stato irresponsabile. Ma non ho avuto alcun vantaggio, non voglio essere considerato come un imbroglione”

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Quella che segue è la traduzione integrale di un articolo pubblicato su ‘La Nacion’. In questa prima parte, l’intervista esclusiva di Sebastian Torok con Mariano Puerta. Nella seconda parte, che pubblicheremo nei prossimi giorni, le versioni dell’allenatore, del preparatore atletico e del manager dello stesso Puerta


Mariano Puerta risultò positivo all’antidoping nella finale del Roland Garros 2005, dopo aver perso contro lo spagnolo Rafael Nadal, diventando il caso di doping più scandaloso nella storia degli sport argentini dopo Diego Maradona ai Mondiali di USA ‘94. 15 anni dopo il processo e la sanzione, l’ex tennista ha rivelato a “La Naciòn” che la teoria usata nel suo appello per ridurre la pena era “una bugia”, ma la sua nuova spiegazione, lungi dal chiarire lo scenario, genera più controversie e ipotesi in una storia per nulla trasparente. Il quotidiano argentino ha contattato tre delle persone più influenti del suo team in quel momento (l’allenatore Andrés Schneiter, il preparatore atletico Darío Lecman e l’allora manager Jorge Brasero), e le loro versioni differiscono da quelle di Puerta.

Puerta è nato in una località della provincia di Cordoba di 62.000 abitanti, San Francisco, nel settembre 1978. Mancino e maratoneta nel gioco, era un talento eccezionale della “Legione”, un gruppo di tennisti argentini nati tra il 1975 e il 1982 che, dal 2000, si era distinto nel circuito rendendo il tennis popolare nel Paese per la prima volta dai tempi di Guillermo Vilas e Batata Clerc. Quella ‘cucciolata’ di giocatori aveva un conto in sospeso: la Coppa Davis. E un lato oscuro: i casi di doping. In totale si registrarono sette casi di positivi, e Puerta fu coinvolto in due di essi. È il primo recidivo nella storia del tennis.

Il 5 giugno 2005, Puerta giocò la finale del Roland Garros e perse 6-7(6) 6-3 6-1 7-5, in quella che sarebbe stata la prima delle dodici vittorie di Nadal a Parigi. 48 ore dopo aver lasciato il Bois de Boulogne, tornato a Buenos Aires, andò con la sua famiglia in un ristorante a Costanera e i presenti, dai cuochi ai commensali di turno, lo applaudirono in piedi. Solo quattro mesi dopo, quando si rese noto pubblicamente che era risultato positivo al doping in quella finale del Grande Slam, Puerta disse che si sentiva osservato, giudicato e trattato come un “imbroglione”.

Puerta entrò nella Top 10 il 9 agosto 2005, un privilegio per pochi. Ma tra il ragazzo formato dal padre, Rubén, e quello che smise di passare inosservato sotto occhi stranieri e dovette camminare con la security per i corridoi del Roland Garros nella prima settimana di giugno 2005, intercorse una carriera sconnessa e instabile, fra grandi istantanee e varie tempeste. Fra queste ultime, un intervento chirurgico al polso nel 2001, un rapido ritorno e la depressione; un primo caso di doping, nel 2003, e nove mesi di sospensione per aver consumato un farmaco per l’asma con clenbuterolo, una sostanza proibita considerata “anabolizzante”. Fra le prime, invece, tre titoli ATP e una performance magnifica nel tie di Coppa Davis contro l’Australia a Sydney nel 2005. Soprattutto, però, ci fu quel secondo caso di doping, nella finale contro Nadal, per etilefrina, che produsse ammende economiche e sportive. Ricevette una pena di otto anni ridotta a due (quando è stato stabilito che la quantità che aveva nel suo corpo era 50 volte inferiore a quello di cui avrebbe avuto bisogno per avere un effetto sulla sua prestazione) e dovette restituire i premi in denaro guadagnati per quel semestre, circa 887.000 dollari USA.

Nella sua deposizione davanti ai diversi tribunali (e in seguito davanti ai media), Puerta spiegò che, pochi minuti prima della finale a Parigi, si era seduto nel ristorante dei giocatori insieme all’attrice Sol Estevanez, che poi divenne sua moglie, per poi andare a cambiarsi per giocare la finale. Durante quel periodo, sua moglie beve dell’acqua con alcune gocce di Effortil, un farmaco usato per i dolori mestruali che contiene etilefrina. Poi, mentre la donna si era recata al bagno, Puerta tornò al tavolo e versò dell’acqua da una bottiglia che portava con sé nello stesso bicchiere. Ed è così che, secondo lui, gli entrò in corpo la sostanza in questione, prescritta per trattare la bassa pressione sanguigna ma che ha anche l’effetto di essere un potente stimolante cardiorespiratorio e, per questo motivo, è inclusa nell’elenco delle sostanze proibite.


L’INTERVISTA COMPLETA A PUERTA

Un decennio e mezzo dopo il fatto, Puerta ha confermato che la spiegazione data era falsa e che si trattò di una strategia dei suoi rappresentanti legali, guidata dal compianto Eduardo Moliné O’Connor, ex-vicepresidente della Corte suprema di giustizia, dirigente dell’Associazione argentina di tennis, membro dell’International Tennis Federation e del tribunale arbitrale per lo sport (TAS), tra il 1998 e il 2006.

Undici anni dopo aver dichiarato bancarotta in un tribunale di Buenos Aires, Puerta si è trasferito dal 2014 negli Stati Uniti, dove afferma di essere stato in grado di rialzarsi “finanziariamente”, dividendo le sue giornate tra l’insegnamento del tennis e l’attività nel settore immobiliare, e ha deciso di raccontare una versione sconosciuta. E la sua storia inizia riconoscendo che quella dichiarazione resa davanti al TAS, a Losanna, sul bicchiere della sua (ex) moglie, fu “una bugia” e che fu “irresponsabile” nell’uso delle sue vitamine. La spiegazione che abbiamo usato allora come strategia era una bugia. Ma non ho avuto un vantaggio sportivo e non voglio essere considerato come un imbroglione, ha detto l’ex tennista da Miami, dove ora risiede.

La nuova spiegazione di Puerta sul motivo che avrebbe finito per causare il test positivo al Roland Garros inizia nel dicembre 2004, quando terminò la stagione vincendo il Guadalajara Challenger e chiuse al 133° posto del ranking mondiale.

“Finii il torneo a Guadalajara e cominciai le vacanze viaggiando da lì con mia moglie a Puerto Vallarta – narra Puerta. – Poi andammo a Miami e prima di tornare andai in un locale GNC [General Nutrition Centers; un’azienda di integratori alimentari, ndr] per acquistare le vitamine da usare durante l’anno, come di consueto. Arrivai a Buenos Aires per la pre-season. Prima di andare a un challenger in Cile, dissi a Darío [Lecman, ndr]: ‘Ho dimenticato di comprare o non riesco a trovare la bottiglia di caffeina e ginseng’. Lui mi disse che aveva un amico che lavorava in un laboratorio, al quale poteva chiedere di farle, dato che rimaneva oltre l’orario di lavoro e ci risultava più economico. Dissi di sì e mi sembrava tutto normale. Prima del viaggio in Cile prendo quella bottiglia e parto per iniziare l’anno. Era una pillola che non usavo sempre, dipendeva da come mi sentivo. Se stavo bene e giocavo contro qualcuno che mi dava un po’ di tempo nello scambio, non la prendevo. Non era la stessa cosa giocare contro Agassi o contro Corretja. Contro Agassi mentre stavo terminando il mio swing, ricevevo di nuovo la palla. Contro Corretja avevo più tempo, perché colpiva la pallina in fase discendente”.

Quando Lecman ti ha informato che aveva un amico che produceva integratori vitaminici, ti sei fidato?
Sì, mi fidavo al cento per cento.

Ai Giochi Olimpici di Atene del 2004, Lecman tornò a Buenos Aires poco prima del torneo sostenendo di aver avuto un problema personale, ma si scoprì che l’aveva fatto per eludere un controllo antidoping dopo che un funzionario l’aveva convocato per prelevare un campione. Nonostante ciò, ti fidavi sempre di lui?
Sì, ho sempre avuto fiducia in lui e riponevo una fiducia cieca nella mia squadra. Non avrei mai pensato che potesse qualcosa che mi avrebbe compromesso, perché tutto ciò che fosse risultato nocivo per me sarebbe stato nocivo anche per lui. Non si sarebbe tirato la zappa sui piedi. Dunque, inizio a gareggiare. Perdo la finale a Buenos Aires e mi fanno un primo controllo antidoping. Arrivo in semifinale ad Acapulco ed ecco un altro controllo. Vinco a Casablanca e mi convocano per un altro controllo. Gioco un grande torneo a Montecarlo e mi controllano. Ad Amburgo ancora un altro controllo antidoping. Decido di dormire a Parigi il mercoledì prima dell’inizio del torneo. Avevo un gioco molto solido, dato che avevo vinto buone partite nel corso della stagione di terra battuta. Siamo andati con anticipo a Parigi. Partecipo al Roland Garros essendo, credo numero N.35 del mondo [37, ndr] e non avevo quella posizione di classifica da anni. Ero tornato! Dopo quello che avevo vissuto, potevo fare qualcosa di proposito? Impossibile!

Dopo il Roland Garros sei tornato a Buenos Aires e pochi giorni dopo sei tornato a viaggiare e competere. Ancora non avevi ricevuto nessuna notizia del doping?
Nulla! I tornei e i controlli si succedevano e niente. Andai in Australia per disputare la Davis, volai in Olanda per giocare ad Amersfoort, poi Kitzbühel, Sopot, Montreal, Cincinnati e tornai alla fine a Buenos Aires. Mi riposai qualche giorno, mi allenai, decisi di rompere con Schneiter e assumere Guillermo Pérez Roldán. Ero N.9 ATP. Firmai un precontratto milionario con Lotto. Era tutto perfetto con mia moglie e la famiglia. Parlai con il “Gringo” [Schneiter], con Guillermo, e chiudemmo, ma il venerdì di quella settimana [NdR: 8/19] mi chiamò mia madre per dirmi: ‘Hai tante lettere, vuoi che te le mandi?’ Risposi: ‘Sì mamma, mandamele’. Quando ricevetti le lettere, scesi le scale, cominciai ad aprirle, finché non ne vidi una un po’ strana. E quando la aprii… la mia pressione si abbassò di colpo. Cos’è questo!? Presi l’ascensore, entrai nell’appartamento con mia moglie che si stava preparando perché stavamo per partire. Mancavano solo pochi giorni all’inizio del torneo di New York. La lettera diceva che ero risultato positivo al Roland Garros. È stata una grande sorpresa e ha cambiato di nuovo la mia vita. Non avevo idea di cosa stessero parlando. Da lì è stato il caos. Non potevo più sbagliare perché ero recidivo. È iniziato un processo per scoprire da dove proveniva quella sostanza. Dovevo andare agli US Open, il mio manager chiamò Guillermo per informarlo. Gli avevamo dato la possibilità di non partecipare, ma è rimasto con me fino all’ultimo torneo di quell’anno. Caos!

Segue a pagina 2: le pillole contaminate, la strategia difensiva, la squalifica

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