Djokovic, shot clock e la scarsa comunicazione: "Cambia la regola e nessuno ci informa"

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Djokovic, shot clock e la scarsa comunicazione: “Cambia la regola e nessuno ci informa”

Nole si dice infastidito dal diverso utilizzo dello shot clock tra il Masters 1000 di Cincinnati e lo US Open: “Non ne ero al corrente, è inaccettabile”. E sulla striscia di vittorie dice: “Non voglio pensarci troppo”

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Novak Djokovic - US Open 2020 (photo by Simon Bruty/USTA)
 

Esordio agevole per il numero 1 del mondo Novak Djokovic, che ha lasciato sei game al bosniaco Damir Dzumhur in un match valido per la 24° vittoria stagionale in altrettanti incontri. Il serbo non è nuovo a strisce di successi così lunghe e in conferenza stampa dopo la partita ha sottolineato come le esperienze passate certamente lo aiutino. “Sono consapevole di quello che sto realizzando, non voglio mentire. Ma non voglio analizzare troppo la situazione o starci a pensare eccessivamente. Se lo facessi, mi metterei ancora più pressione addosso e al momento non è quello che ci vuole. So che avere la pressione è un privilegio, fa parte di ciò che facciamo e io cerco di gestirla; non rappresenta un problema per me, ci sono abituato”.

Tornando alla questione delle vittorie consecutive, la sua ricetta segreta – che tanto segreta non è – equivale a “concentrarsi su ogni match individualmente e sforzarsi di restare nel presente”. Lui stesso ammette che “può sembrare come una frase fatta, un cliché”, ma aggiunge anche che “per quanto semplice possa sembrare, è molto efficace, soprattutto in queste circostanze”. Tutto il discorso su questo tema si può riassumere così: “Voglio che la striscia continui? Certamente. Ci penso ogni singolo giorno come fosse la mia priorità numero uno? No“.

Djokovic è uscito vincitore dal primo torneo ATP dopo il lockdown che per motivi logistici si è giocato proprio sui campi di Flushing Meadows. Questo però non implica che le condizioni di gioco nello Slam siano esattamente le stesse. Una delle diversità sembra risiedere nella politica di utilizzo dello shot clock, il timer che conteggia i secondi di riposo che i giocatori hanno a disposizione tra un punto e l’altro. Allo US Open (torneo sotto egida ITF), questo timer sembra essere azionato in anticipo rispetto al torneo ATP di ‘Cincinnati’ – diminuendo così il tempo di recupero – e per dei professionisti che si allenano per migliorare ogni singolo dettaglio del gioco, anche una differenza così piccola può influire sulla qualità della prestazione, come ha spiegato Nole in conferenza stampa. Il punto sul quale si è soffermato maggiormente il serbo, facendo un evidente richiamo al nuovo sindacato dei giocatori da lui fortemente sostenuto, è il fatto che i giocatori non fossero al corrente del cambiamento.

“Io non ero al corrente [della discrepanza di tempo], nessuno mi aveva informato. La mancanza di comunicazione è ciò che mi preoccupa ancora una volta, insomma mi infastidisce proprio. Non mi dà invece fastidio se qualcuno mi fa sapere le cose e magari chiede un’opinione a noi tennisti, perché siamo noi a dover giocare. La cosa ha un notevole impatto sulla partita. Abbiamo giocato a un certo ritmo, diciamo così, durante il Western & Southern Open finito appena due giorni fa. Due giorni dopo abbiamo una nuova regola che non ci è stata comunicata. Io lo trovo inaccettabile, ingiusto, ma suppongo che dovrò arrangiarmi“.

Nel corso del Western&Southern Open, i giudici di sedia del torneo maschile erano soliti far partire il cronometro quando il giocatore arrivava all’asciugamano, mentre nel torneo femminile gli arbitri godevano di maggiore discrezionalità e non erano costretti ad attendere. La USTA aveva comunicato l’intenzione di scegliere una delle due “politiche” per lo US Open, ma stando alla versione di Djokovic quest’ultimo passaggio non è stato completato.

NOLE SUL PUBBLICO VIRTUALEUna delle novità di questo US Open, almeno per il campo centrale, è la presenza di un pubblico virtuale la cui immagine è trasmessa attraverso degli schermi LED sparsi sugli spalti. Ad ogni tennista che gioca sull’Arthur Ashe Stadium viene offerta la possibilità di far collegare amici e parenti a questi schermi, ed è quello che ha fatto Djokovic. “Ovviamente vedere il resto del mio team, della mia famiglia e dei miei amici ai lati del campo è stato un sollievo. Sul serio, è stato molto molto bello. Mi ha fatto sorridere, mi ha rallegrato e mi ha motivato a continuare a giocare bene“. Almeno sotto questo aspetto non sembra essere mancata la comunicazione. “Ho parlato con la USTA. Ancora non hanno deciso quando accendere gli schermi, se farlo dopo i punti, a fine game, a fine set. Stanno ancora testando la cosa e penso che sia giusto così. Non ci infastidisce durante il gioco quando stiamo servendo, anzi, hai la sensazione che siano lì virtualmente”.

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