Focus
Numeri: Djokovic ‘vede’ il record di Federer. Solo l’Italia ha tre under 20 tra i primi 400
A Parigi nessuno ‘difende’ punti, ma il serbo avrà più chance di Thiem e Nadal di guadagnarne di nuovi. Gli mancano 24 settimane per superare Federer. Occhio a Ruud sul rosso

12 – le partite vinte sulla terra battuta da Christian Ruud nel 2020. Il figlio di Christian Ruud – ex 39 ATP capace di arrivare in finale a Baastad nel 1995 e sconfiggere Corretja all’Australian Open e Kafelnikov a Montecarlo – si era fatto conoscere al grande pubblico già tre anni fa. Nel 2017, a diciotto anni compiuti da nemmeno due mesi aveva raggiunto la semifinale all’ATP 500 di Rio De Janeiro, un risultato che gli era servito da volano per fargli sfiorare la top 100. Allontanatosi nuovamente da quel range di classifica nella prima parte del 2018 – quando perdeva da 205 del mondo a Francavilla la finale contro Quinzi – quell’anno a Baastad sconfiggeva per la prima volta un top 50, Ferrer, e arrivava sino ai quarti. Casper chiudeva la stagione ancora in prossimità dei primi 100, per poi entrarvi definitivamente nel 2019, quando raggiungeva la prima finale della carriera nel circuito maggiore, a Houston.
Nel 2020 l’evoluzione è continuata: quest’anno è sinora primo per partite vinte sul rosso davanti a Garin, che ne ha vinte 10. Oltre alla semifinale conquistata la scorsa settimana al Foro Italico, le altre gli hanno portato in dote il primo titolo a Buenos Aires e la finale raggiunta a Santiago del Cile. Risultati che avevano consentito al norvegese il precedente best ranking al 34 ATP (questa settimana è 30, con la certezza di essere testa di serie al Roland Garros), grazie ai 400 punti messi complessivamente in cascina sette mesi fa. Tuttavia, nel corso della trasferta sudamericana di febbraio la consistenza dei miglioramenti del 21enne norvegese era avvolta nel dubbio dovuto al mediocre livello degli avversari affrontati (appena due erano top 50).
Perplessità fugate a Roma, dove Casper ha battuto Khachanov (primo successo della carriera sulla terra rossa contro un top 20) e Berrettini, prima vittoria in assoluto contro un top ten. La semifinale contro Djokovic, nonostante la sconfitta in due set, nelle oltre due ore di partita è stata la prova del nove del valore elevatissimo del tennis sul rosso di Ruud. Restano invece i dubbi sul valore del norvegese fuori dalla terra battuta: solo tre dei dieci quarti di finale raggiunti in carriera sono arrivati fuori dal rosso e, sulle altre superfici, non ha ancora raggiunto alcuna semifinale. Il futuro è dalla sua parte, anche perché solo Auger-Aliassime, Shapovalov e De Minaur, tra chi gli è avanti in classifica, sono più giovani di lui.
14 – i tennisti a non aver ancora compiuto vent’anni presenti questa settimana nella top 400 ATP, la fascia di classifica che indicativamente consente di entrare in alcuni casi nei tabelloni principali e quasi sempre in quelli delle qualificazioni dei tornei Challenger. Quando un tennista è intorno ai primi 400 al mondo, ha vinto qualche buona partita in cadetteria ed è professionista a tutti gli effetti (sebbene oltre i primi 100, ancora esista l’annoso problema delle mancate soddisfazioni economiche): l’ingresso nel circuito maggiore non è così lontano e si è consci di potersela giocare, nella singola partita, alla pari con molti giocatori. Il tennis è uno degli sport più praticati al mondo ed è un grande merito per questi ragazzi, nonché una buona indicazione per il loro futuro in questa attività, esserci arrivati in fretta.
Se Jannik Sinner è l’unico, a 19 anni e un mese, a essere tra i primi 100 e aver vinto match in tornei Major (13 in totale nel circuito maggiore, di cui due addirittura contro top 10, il secondo dei quali contro Tsitsipas la scorsa settimana a Roma), la speranza concreta di diventare tennisti di alto livello ha basi solide anche per altri. A partire da Carlos Alcaraz, 186 ATP che a 17 anni e quattro mesi è tra i primi 200, ha già vinto una partita a livello ATP (lo scorso febbraio a Rio, sconfiggendo Ramos), conquistato un torneo Challenger (a Trieste) e fatto finale in un altro (Cordenons). Anche lo statunitense Brandon Nakashima – 199 ATP di 13 giorni più grande di Sinner, ha vinto tre partite nel circuito maggiore – e il tedesco Rudolf Molleker – che fa vent’anni il prossimo 26 ottobre, sin qui capace di vincere quattro partite nel circuito maggiore, di sconfiggere un top 50 e vincere un Challenger – sono tra i primi 200, fascia di classifica nella quale da questa settimana è presente un altro nostro rappresentante, Lorenzo Musetti. Il toscano è salito al 181 ATP con un balzo di 68 posizioni per quanto fatto al Foro Italico, dove è stato capace, da qualificato, di sconfiggere due ex top 5 come Wawrinka e Nishikori.

Più indietro troviamo gli altri under 20, a partire dal mancino francese Hugo Gaston, 236 ATP, che il prossimo sabato esce da questa categoria di età compiendo 20 anni: ex numero 2 juniores, è stato sinora incapace di acuti importanti, anche a livello challenger (dove sinora ha raggiunto una sola semifinale, a Bergamo lo scorso febbraio). Al 252 ATP c’è il ceco Tomas Machac (altro tennista che uscirà da questa categoria prestissimo, il prossimo 13 ottobre), vincitore del challenger di Koblenz sette mesi fa, ma anche lui senza partite vinte a livello ATP. Al 286 ATP c’è il cinese di Taipei Chun Hsin Tseng, vincitore di Roland Garros e Wimbledon juniores nel 2018: nato come Sinner e Nakashima nell’agosto del 2001, ha vinto nel luglio 2019 il Challenger di Praga (in Italia si è fatto conoscere sette mesi fa a Bergamo, perdendo in semi solo al tie-break del terzo set).
Ancora tra i primi 300 e nemmeno diciottenne troviamo poi il britannnico Jack Draper, 290 ATP, finalista a Wimbledon junior due anni fa, ma al momento incapace di superare i quarti in un challenger. Il secondo statunitense di questo elenco è Jenson Brooksby, 292 ATP, anche lui prossimo a compiere 20 anni (è nato esattamente lo stesso giorno di Molleker) e sin qui famoso per aver sconfitto allo US Open 2019 un Berdych prossimo al ritiro, ma pur sempre ancora top 100. Proseguendo ancora troviamo poi il terzo italiano, il classe 2001 Giulio Zeppieri, che a Roma ha mostrato i suoi miglioramenti battendo nelle quali il primo top 200, Dellien, e il primo top 100, Norrie, per poi cedere al terzo set nel turno decisivo all’amico Musetti e interrompere un cammino che gli ha fruttato un salto in avanti di 25 posizioni, sino al 320 ATP. Tra gli under 20, seguono due argentini: Juan Manuel Cerundolo, 346 ATP, ancora diciottenne ma capace lo scorso novembre di cogliere la prima semifinale a livello challenger e Sebastian Baez, 360 ATP ed ex numero 3 juniores sinora impostosi solo a livello ITF. Chiude l’elenco il romeno Filip Cristian Jianu, 383 ATP, questa settimana al suo giovane best career ranking (qualche giorno fa ha compiuto 19 anni), ma con una classifica costruita al momento quasi esclusivamente sui tornei futures.
Questa ricerca parte da una imprescindibile premessa: va presa con le molle. Tanti tennisti maturano dopo i vent’anni (abbiamo in casa il brillante esempio di Matteo Berrettini), altri si dedicano sino all’ultimo momento possibile alla carriera juniores, alcuni sono infortunati e hanno perso la classifica, altri ancora hanno preferito per il momento provare a migliorarsi in allenamento e aspettare per cimentarsi con continuità nel circuito. Tuttavia è certamente di buon auspicio per il nostro tennis l’indicazione derivante dall’analisi della classifica ATP: per il movimento italiano essere l’unico paese con tre giocatori under 20 tra i primi 400 può far guardare con molta fiducia ai prossimi 10-15 anni.
19 – i set giocati in otto giorni da Dominik Koepfer agli Internazionali d’Italia. Solo per qualificarsi -nel corso dei tre incontri di qualificazione tutti vinti nel parziale decisivo contro Cobolli, Simon e Kujhuskin- il 26enne mancino tedesco era stato in campo una manciata di minuti sotto alle sette ore e mezza. Arrivato a Roma pressoché sconosciuto al grande pubblico -s inora la sua classifica l’aveva costruita grazie agli ottavi raggiunti allo US Open nello scorso anno, sconfitto solo al tie-break del quarto set dal futuro finalista Medevedev – la scorsa settimana ha raggiunto i primi quarti di finale della carriera, non solo a livello Masters 1000, ma di circuito maggiore. Koepfer c’è riuscito non solo sconfiggendo nettamente Musetti in ottavi, ma grazie alla seconda vittoria della carriera contro un top 30 (su De Minaur al tie-break del terzo dopo aver annullato un match point) e alla prima su un top 10 (Monfils al secondo turno, superato facilmente).
Ancora fuori dai 300 ATP ad inizio 2018, il tedesco che al massimo era stato 83 del mondo, nei quarti si è tolto la grande soddisfazione di tenere in campo per più di due ore il numero 1 al mondo e strappargli anche un set, unico ad esserci riuscito nel torneo. Difficile stabilire il suo preciso valore, ma sicuramente non va dimenticato che seppur sia un classe ’94, la sua carriera professionistica è molto giovane. Dominik ha deciso di diventare tennista molto tardi, dividendosi tra golf e sci sino ai 16 anni. Ha poi intrapreso la carriera dei college negli USA, dove si è laureato in finanza all’universita di Tulane (divenendo nel frattempo numero 1 universitario). La svolta è però arrivata a fine 2018, quando ha scelto come coach Rhyne Williams, ex pro statunitense (best ranking 113 ATP) che gli ha dato disciplina fisica e lo ha convinto della bontà dei suoi mezzi. Dopo aver vinto il primo Challenger sull’erba di Ilkey, l’anno scorso Koepfer si è qualificato a Wimbledon e poi, come detto, per lo US Open. Dopo quell’exploit, prima di Roma aveva però vinto una sola partita nel circuito maggiore: solo le prossime settimane ci diranno qualcosa in più su quale sia il suo reale livello.
24 – le settimane che separano Novak Djokovic dal conquistare il record assoluto del maggior numero di settimane al numero 1 del mondo. Qualora da oggi in poi il serbo non perdesse più la cima della classifica l’8 marzo 2021 dovrebbe superare in tal senso Roger Federer, fermo a 310 settimane in un primato sicuramente meno simbolico e universalmente riconosciuto rispetto agli Slam vinti ma probabilmente, dal punto di vista tecnico, di importanza paragonabile. Gli appassionati ricordano facilmente i trionfi negli Slam dei grandi campioni e, contando il loro numero, possono paragonarli – pur tra mille distinguo – non solo a quelli dei migliori tennisti degli ultimi cinquanta anni, ma anche ai campioni di un passato più lontano (la classifica ufficiale, redatta da un computer, è nata solo nel 1973). Tuttavia contare le settimane nelle quali un tennista ha fatto meglio di tutti i colleghi è un altro criterio molto importante per valutare l’impatto dominante di un campione. In ogni caso, riuscirà il serbo a superare le 310 settimane di Federer sulla cima della classifica? E se sì, ce la farà già tra poco meno di sei mesi?

Difficile dirlo: di sicuro c’è che questa settimana Djokovic ha 1410 punti di vantaggio su Nadal e 2145 su Thiem, gli unici due che hanno concrete chance di superarlo entro metà marzo prossimo. Per quella data si giocheranno – di significativo per la classifica – due Slam, le ATP Finals, un Masters 1000, l’ATP Cup e un paio di ATP 500 nel mese di febbraio. Un totale potenziale di oltre 6000 punti che lascia tutto in sospeso, anche se, ad eccezione del Roland Garros in partenza la prossima settimana, il resto della programmazione si giocherà in condizioni – indoor e cemento all’aperto – che sembrano favorire il serbo rispetto ai suoi due rivali. Sino all’8 marzo, Nole difende 4085 punti (quelli dei titoli a Bercy, ATP Cup, Australian Open e Dubai, della semifinale al Roland Garros e della partita vinta nel girone delle ATP Finals) ma i 1720 conquistati a Parigi (Bercy e RG) sono ‘protetti’ dalla riforma del ranking fino al 31 dicembre. Sono 515 in più dei 3870 difesi nello stesso lasso tempo da Nadal (ben 2360 dei quali protetti come quelli di Nole) e 730 in più dei 3355 che scadono nei prossimi mesi a Thiem (1290 li conserverà almeno per altri tre mesi).
Come detto, le previsioni sono difficili: tuttavia sembra probabile che il serbo riuscirà già a marzo a centrare questo prestigiosissimo record, per una serie di ragioni. Nole ha un bel vantaggio in classifica e due occasioni importanti per aumentarlo. Nadal e Thiem non perderanno punti al Roland Garros, quantomeno fino al 31 dicembre, ma solo l’austriaco può guadagnarne vincendo il torneo: a Nole ‘basta’ la finale per aggiungerne 480. Il serbo arriva a Parigi reduce dalla quinta vittoria negli ultimi dieci anni nella capitale italiana, un titolo che ha confermato la capacità del serbo di essere pronto a recitare da grande protagonista sul rosso anche in questo 2020. Ma è soprattutto alle ATP Finals, dove ha vinto cinque volte e l’anno scorso ha fallito, che Djokovic può giocarsi una carta molto importante. Senza contare che, come detto, Nole giocherà quasi sempre in condizioni di gioco in cui si trova tecnicamente molto bene, sicuramente più di quanto si sentano a loro agio Thiem e Nadal (in particolar modo nello indoor). Di sicuro, tra due settimane si avrà un quadro della situazione un minimo più chiaro: non resta che aspettare le sentenze del Roland Garros.
1462 – i punti che separano Simona Halep dalla vetta della classifica WTA, attualmente detenuta da Ashleigh Barty, al numero 1 da poco più di un anno. Un distacco consistente, ma colmabile per la rumena con una vittoria al Roland Garros (l’anno scorso si fermò ai quarti, sconfitta da Anisimova). Quello parigino è un torneo dove Simona ha vinto due anni fa e raggiunto due finali e, soprattutto, si gioca sulla sua superficie preferita (sul rosso Halep ha vinto nove dei ventuno trofei conquistati in carriera e giocato nove delle sedici finali perse). Vincendo a Parigi Simona guadagnerebbe 1570 punti in più rispetto ai 430 che attualmente porta in dote dallo Slam parigino, salendo al primo posto e assicurandosi così la chiusura della stagione in vetta alla classifica per la terza volta negli ultimi quattro anni.
Comunque vada a finire questo 2020 segnato dalla pandemia rimarrà una stagione positiva per la rumena, che dal 2014 chiude l’anno nella top 5. Halep, infatti, dopo la sconfitta in semifinale all’Australian Open contro Muguruza, ha vinto quattordici partite di fila (di cui tre contro top 20 e una contro una top 10, sebbene infortunata e costretta al ritiro, Pliskova, contro la quale Simona era in vantaggio nei precedenti, ma aveva perso tre degli ultimi quattro confronti diretti). Una serie aperta di vittorie che le ha consentito di incamerare i titoli a Dubai, Praga e, per la prima volta, Roma. Agli Internazionali d’Italia, in nove partecipazioni nel tabellone principale, rispetto alle sue potenzialità sinora non aveva avuto mai molta fortuna: due finali nel 2017 e 2018 (sempre perse contro Svitolina) e due semi (nel 2013 e nel 2015), ma questa volta si è rifatta soffrendo davvero solo con Muguruza, contro la quale ha vinto solo al terzo dopo più di due ore di partita, e approfittando di un pizzico di fortuna consistita nei ritiri di Putintseva (quarti) e appunto Pliskova in finale.
ATP
Roland Garros, Fognini si gode la vittoria: “Il mio tennis gira bene. Obiettivo seconda settimana”
Dopo il successo su Kubler il tabellone offre una grande opportunità a Fabio che però non vuole sottovalutare Ofner: “A questo punto chiunque affronti, gioca bene”

Sono passati meno di due mesi dall’infortunio accusato da Fabio Fognini nel match contro Cecchinato nel 250 dell’Estoril. Tutto sembrava andare male al ligure che si apprestava a lasciare la top 100 per la prima volta in quattordici anni. La stagione sul rosso, quella che lo ha portato a vincere un Masters 1000 e a raggiungere i quarti in uno Slam, era appesa a un filo pronto a spezzarsi definitivamente quando Fabio ha iniziato ad allenarsi al Foro italico: il suo fisico non dava risposte positive e l’azzurro era sul punto di rinunciare alla wild card riservatagli. Quando, però, nello sport si combinano talento e forza di volontà, le cose possono cambiare molto rapidamente e così oggi Fabio è al terzo turno del Roland Garros senza aver perso nemmeno un set (cosa che gli era successa solo altre quattro volte) e il tabellone lo ha ripagato con un abbinamento tutt’altro che sfavorevole. Sarà infatti il qualificato Ofner (n. 118) il suo prossimo avversario.
“Lo conosco poco, arriva dai Challenger – ha detto Fabio ai microfoni di Eurosport – so che è stato nei primi 100 ma poi si è fatto male. A questo punto chiunque affronti, gioca bene. Ora voglio semplicemente godermi la vittoria oggi e recuperare l’energia. Da domani penseremo all’austriaco”. Vietato sottovalutare un giocatore che ha già vinto cinque match (l’ultimo con la 24esima testa di serie Korda) tra qualificazioni e tabellone principale, ma è chiaro che l’occasione è ghiotta. L’ultimo ottavo di finale di Fabio al Roland Garros è infatti datato 2019: “Sto bene, il tennis gira bene. Sono di nuovo al terzo turno a Parigi. L’obiettivo è andare nella seconda settimana del mio Slam preferito”. Quando lo ha fatto, il ligure ha sempre regalato spettacolo: nel 2011 l’indimenticabile ed epico match contro Montanes vinto 11-9 al quinto set, nel 2018 un’altra maratona – questa persa – con Cilic e poi nel 2019 un’ottima prestazione contro Zverev. Quest’anno potrebbe essere sfida con Tstitsipas, ma meglio non correre troppo.
Nel frattempo, scenderà sui campi dello Slam parigino anche Flavia Pennetta che insieme a Francesca Schiavone cercherà di difendere il titolo nel doppio delle leggende: “Lei soffre molto a vedermi giocare da casa – ha scherzato Fabio – La prima cosa è sperare che non si faccia male, visto che non gioca da tempo. Poi l’obiettivo suo e di Francesca è semplicemente quello di divertirsi”.
Editoriali del Direttore
Roland Garros: ma Sinner sapeva che nei quarti poteva incontrare Medvedev? Un martedì da leoni, emozioni indicibili, Vavassori, Zeppieri, Monfils
Tutte pernici ieri al Roland Garros. Maratone con rimonte incredibili, battaglie all’ultimo sangue, spettacolo continuo. E il tennis italiano, 3 vittorie su 4, 11 su 15 al primo turno, si è fatto onore

Era solo il primo martedì del Roland Garros 2023, ed è stato un martedì da leoni. Sì, una di quelle giornate – peraltro dopo le tante maratone già seguite domenica e lunedì – che chi le ha vissute non potrà mai dimenticarle. È la forza di questo straordinario sport. Sempre più popolare perfino quando si rischia di essere soffocati dalla troppa folla, dalle troppe code attorno ai campi aperti ai possessori dei cosiddetti biglietti “annexes” o “ground”. Meglio queste code, tuttavia, di quelle che si devono fare ai servizi igienici del Foro Italico…che sono tutto fuorchè igienici. Non mi stancherò mai di sottolinearlo. Prima o poi spero che qualcuno ci metterà mano. Diego Nepi, ci pensi tu?
Giornate di emozioni indescrivibili, anche perché ci vorrebbero ore e ore per raccontarne una minima parte. Sia che fosse un appassionato italiano, o anche un serbo seppure con minor gioia e felicità, quelli che hanno visto e sofferto per 5 ore e 10 minuti l’epica battaglia sul campo 8 fra Vavassori e Kecmanovic, non la dimenticheranno. Papà coach Vavassori, e non solo lui, avrà rischiato l’infarto con i 4 matchpoint annullati al serbo nel terzo set e poi pure con il quinto nel terzo tiebreak consecutivo. La partita – ricordo a chi non avesse letto la cronaca puntuale – si è conclusa soltanto al ventesimo punto del tiebreak finale. E’ stata una delle più incredibili rimonte…almeno fino a quella ancora più pazzesca che ha concluso la nottata ben dopo la mezzanotte…
Sì, alludo a quella vinta da Gael Monfils, il più showman degli showman, e talvolta con eccessi border-line –come ricorderanno tutti coloro che videro quel quarto di finale dell’US open di qualche anno fa che fu vinto da Matteo Berrettini – che alla fine sono costati cari al malcapitato argentino Baez. Già stato vittima di Zverev qui al Roland Garros nel 2022: si era procurato, invano, il matchpoint. Stamattina è rimasto vittima – quando era calata la notte e si era fatto anche molto freddo dopo una giornata invece caldissima come tutte queste prime tre degli Internazionali di Francia – di una atmosfera divenuta per contrasto assolutamente incandescente.
Monfils, in vantaggio due set a uno, aveva perso il quarto set 6-1 e si trovava sotto 4-0 30-40 nel quinto. Insomma aveva fatto un solo game su 11. Non so come abbia fatto, giuro, ma sebbene avesse la testa sott’acqua, è riuscito miracolosamente a risalire la corrente. Certo il pubblico letteralmente impazzito per lui gli ha dato un’incredibile energia. Lui che era rimasto praticamente fermo e senza tennis da un anno per i vari acciacchi fisici. Eppoi mica è più un ragazzino mr Svitolino. Non c’è oggi che spenda più di lui con quel suo tennis da “rematore” di fondocampo eppur anche con quelle incredibili improvvise accelerazioni, cambi di ritmo, dropshots, tutto un repertorio imprevedibile e affascinante.
Ma alla fine, in mezzo al delirio collettivo e nonostante i crampi che sembravano averlo implacabilmente attanagliato, è riuscito ad evitare il supertiebreak nel quale avrebbe probabilmente finito per soccombere. Se non faceva scena, se non recitava come tante altre volte – lui che ha vinto al Roland Garros 11 volte al quinto set su 15 – sembrava non reggersi proprio più in piedi. E invece, ancora una volta, ha finito per vincere 7-5 al quinto. Pazzesco! Non so chi abbia visto i francesi sullo Chatrier…sembravano tutti fuori di testa. Come dicevo partita davvero indescrivibile. 3 ore e 51 minuti di lotta furibonda, tremenda, appassionante. Una meraviglia indimenticabile. Anche se gli argentini preferirebbero dimenticarla.
Quindi dopo i tifosi italiani e serbi, anche gli appassionati francesi e argentini hanno vissuto emozioni grandissime. E che dire allora di quegli altri italiani che hanno seguito per 5 set e 3 ore e 20 minuti Zeppieri e contro quel matto di Bublik? Ci sarà stato anche qualche tifoso kazako no? Io la partita l’ho rivista un po’ su Discovery Plus, che ce la fa vedere tutte. E di cui su Ubitennis ritrovate gli highlights.
Ma vogliamo parlare di quanto successo per 4 ore e un quarto fra il campione di Roma nonché n.2 del mondo Daniil Medvedev e un brasiliano, Thiago Seyboth Wild, che in tre apparizioni al Roland Garros aveva sempre perso al primo turno delle qualificazioni?
Beh, era dai tempi delle tre vittorie di Guga Kuerten a Parigi che la torcida brasileira non godeva così. Sotto di due set a uno, il ragazzo di 23 anni, ex speranza mondiale junior che giocava soltanto il suo secondo Slam dopo quello disputato nel 2020 a New York, ha rimontato e battuto il russo che aveva scalzato Djokovic dalla seconda posizione mondiale. Medvedev grazie all’inatteso trionfo romano su una superficie che non ha mai fatto mistero di non amare _”Meno male che la stagione sulla terra battuta è finita” ma non è che quella sull’erba lo ispiri troppo di più – aveva reso possibile il maligno sorteggio che ha messo nella stessa metà del tabellone i due principali favoriti del torneo, Alcaraz e Djokovic.
I due giocheranno sempre nello stesso giorno, fino a quando dovessero eventualmente scontrarsi. Giocano oggi sul centrale uno dopo l’altro, Alcaraz con il giapponese Taro Daniel, Djokovic in sessione notturna con Fucsovics. Nessuno dei due dovrebbe rischiare di perdere, sebbene il Djokovic di Roma e Montecarlo non sia stato il vero Djokovic. Se giocheranno sempre negli stessi giorni la colpa è di Medvedev.
Non so se Sinner e il suo team guardino i tabelloni, a volte dicono di no, altre volte dicono di sì. Certo la strada verso i quarti di finale, quando teoricamente Sinner n.8 e Medvedev n.2 avrebbero potuto incrociare i loro destini, è oggi ancora lunga.
Jannik dovrà prima liberarsi domani del tedesco Altmaier, n.79 ATP, ma pericoloso quando in giornata con il servizio, poi probabilmente di Dimitrov, quindi di Tiafoe o di Zverev (mi fa più paura il tedesco perché prima o poi ritroverà l’antico splendore: inciso, anche lui come Medveved perse al primo turno a Parigi nel 2017 poco dopo aver trionfato a Roma). Tiafoe sulla terra rossa mi pare più limitato, anche se la personalità per produrre più d’un exploit non gli manca davvero.
Nell’area originalmente presidiata da Medvedev le teste di serie sopravvissute al primo turno sono Nishioka, De Minaur e Coric. Ma ci sono anche due argentini come Cachin (vittorioso su Thiem) e Etcheverry da non sottovalutare. Un altro argentino a Roma ha giocato un brutto scherzo a Sinner.
Però, e non solo i ragazzi vestiti da Carote (e da Lavazza che li ha portati a Parigi dove averli visti a Roma) in onor di Pel di Carota Jannik Sinner – che di Pel di Carota, nomignolo che gli aveva affibbiato il sottoscritto, non aveva mai sentito parlare, tantomeno letto – per Sinner cominciano a sognare cose grandi, nonostante lo choc romano che di nome fa Cerundolo.
Fra i tanti spettatori che non dimenticheranno mai la giornata vissuta ieri a Porte d’Auteuil non vanno dimenticati i tedeschi che hanno visto il loro Hanfmann (quarti di finale a Roma e ottimo protagonista anche a Cagliari) prevalere 6-4 al quinto sull’altro brasiliano Monteiro il quale, rimontati due set era avanti 40-0 sul 4 pari al quinto, ma ha perso il servizio proprio in quel momento.
Insomma, per i brasiliani ieri è stata una giornata di gioie e dolori. Forse conviene affidarsi alla Haddad Maia. Anche i finlandesi, se c’erano (? Non li ho visti), si saranno entusiasmati per il loro Ruusuvuori venuto a capo in 5 set del francese Barrere. Così come i giapponesi – c’erano, c’erano, ne ho visti tanti – per Nishioka che ci ha messo anche lui 5 set per battere Mister Muscolo, l’americano Wolf. Ribadisco: sono state giornate intense, intensissime, indimenticabili, per chi le ha vissute.
Ho accennato alle gioie e ai dolori di tanti Paesi e chissà quante ne ho dimenticati. Anche perché ho trascurato colpevolmente il tennis femminile. Mi sono eccitato quasi soltanto per la vittoria schiacciante della sedicenne (compiuti il 29 aprile) enfant prodige russa (non so come si dice in russo enfant-prodige, e se lo sapessi non potrei scriverlo con la mia tastiera, Gianni Clerici le chiamava tutte Lolita) Mirra Andreeva che ha lasciato soltanto 3 game alla Riske Amritray in un giorno in cui sono saltate diverse teste di serie:Kalinina con Parry, Bouzkova con Wang Xin, la campionessa di due anni fa Krejcikova con l’ucraina Tsurenko, la Azarenka con la Andreescu, la Cirstea con la nostra Paolini, la Rogers con la Martic.
Allora adesso chiudo qui ripetendo quanto ho detto ieri sera a caldo intorno alle 20 sia sull’Instagram di Ubitennis – seguiteci ragazzi, se volete ..uova fresche, siamo solo a 16.000 followers vorrei arrivare almeno a 20.000 per Wimbledon…sbrigatevi! – sia sul rituale video quotidiano di fine giornata: 11 italiani sui 15 in tabellone hanno passato il primo turno. Molti contro pronostico, come le tre vittorie su quattro ottenute questo martedì: Vavassori con Kecmanovic, Zeppieri con Bublik, Paolini con Cirstea. La sola a non compiere il miracolo è stata la campionessa di Rabat, la Bronzetti. Ma chiederle di battere la Jabeur era chiederle troppo.
Oggi 6 azzuri affrontanto il secondo turno. Il mio pronostico l’ho già “azzardato” come faccio sempre su Instagram, peggio per voi se non vi siete ancora iscritti. “Chi non li azzarda i pronostici non li sbaglia”, era solito ripetere Rino Tommasi, spesso con l’aria di rimproverare un po’ l’amico Gianni Clerici che invece non amava sbilanciarsi.
Gianni però quasi tutte le sere veniva da me in sala stampa e mi chiedeva: “Ubaldo, ma Ubitennis le ha già pubblicate le quote degli incontri di domani?”. Stavolta allora lo chiedo io alla redazione. E vediamo se i miei quattro favoriti, sui sei che scendono in campo oggi, hanno quote favorevoli oppure no. Serve per capire se i bookmakers la pensano come il sottoscritto oppure no. Più tardi verifico.
ATP
Roland Garros, Medvedev dopo l’eliminazione: “Ripenserò a questa partita per molto tempo. Contento sia finita la stagione su terra”
“Ci sono cose di questa superficie che non mi piaceranno mai” – dichiara Daniil Medvedev, già fuori dal Roland Garros. “Però la vittoria a Roma è stata straordinaria”

Daniil Medvedev, suo malgrado, ha regalato la sorpresa fin qui più grande del Roland Garros 2023. La sconfitta con Seyboth Wild, n° 172 ATP, per di più dopo che sembrava che il “mal di terra” gli fosse passato con il titolo romano, ha fatto scalpore tra gli appassionati, e c’era grande attesa per capire quello che avrebbe dichiarato il russo in conferenza stampa a fine match. E, come sempre, il n° 2 del mondo non le ha mandate a dire, soprattutto quando è tornato a parlare del suo rapporto con il rosso, stuzzicato ancora una volta dai giornalisti.
D. Daniil, non deve essere facile per te. Puoi riassumere però il match in poche parole?
DANIIL MEDVEDEV: “Partita difficile, non so cosa dire. Non la guarderò nuovamente in TV ma credo che Seyboth Wild abbia giocato bene, e io non credo di essermi espresso così male. Se continuerà a giocare così, credo possa arrivare entro la fine dell’anno nei primi 30. Spero che anche nei prossimi match disputi partite allo stesso livello, altrimenti ne rimarrei deluso e mi chiederei: perché ha giocato così bene proprio contro di me?”.
D. Sei sembrato infastidito nei confronti del pubblico in qualche momento. Qual era il tuo feeling?
DANIIL MEDVEDEV: “È andata bene. L’unico problema è stato quando ho chiesto alla giude di sedia di controllare una pallina che secondo me era molto vicina alla riga. Stavo discutendo con lei sul rimbalzo della palla e ho detto semplicemente al pubblico di zittirsi, perché non stavo dialogando con loro. Per il resto, nessuna criticità”.
D. È parso che tu abbia faticato ad adattarti al vento. È stato particolarmente difficile per te?
DANIIL MEDVEDEV: “È stato difficile, sì. È strano perché c’è lo stesso vento da 6 giorni a questa parte, cosa che non ho mai visto a Parigi. Ma è parte del gioco, sia quel che sia. Di certo, con queste palline pesanti, adattarsi al vento non è stato semplice. Penso che alcuni giocatori, come il mio rivale odierno, o come Alcaraz, o in parte come Tsitsipas hanno un grande vantaggio, perché possono creare potenza facilmente, cosa che io non posso fare. Il vento è certamente tra i motivi per cui ho perso”.
D. Eri scontento della tua attitudine nella fase finale della partita? Sembrava scuotessi la testa come se non fossi soddisfatto di qualcosa…
DANIIL MEDVEDEV: “Non direi che ci sia stato questo tipo di problema. Possiamo chiamare quel momento ‘me contro me stesso’. Niente a che vedere con l’attitudine. Penso di essermi battuto bene e di essere stato bene in campo fisicamente. Cioè, adesso mi sento un po’ stanco ma quando perdi il tuo corpo crolla più rapidamente verso il basso. Se avessi vinto non sarei così stanco ora. E anche mentalmente ho combattuto parecchio e sicuramente sono molto dispiaciuto per il risultato. Penserò per una settimana a questo match, ma al momento non ricordo di aver fatto nulla di così sbagliato, a parte i doppi falli causati dal vento”.
D. Quando giochi contro qualcuno più in basso di te in classifica, ma che si sta esprimendo splendidamente, pensi che prima o poi il livello si possa bassare oppure no? Ti ha sorpreso il fatto che non sia successo?
DANIIL MEDVEDEV: “Beh, lui è calato solo un set e ne ho approfittato. Ha fatto qualche errore nel tie-break del secondo, ma in generale ribadisco che ha giocato in modo ottimale, forse leggermente aiutato da qualche mio errore. Ha vinto lo US Open Junior, se non sbaglio, quindi sa giocare a tennis. È solo che la sua vita potrebbe essere molto migliore se giocasse sempre così. Più soldi e più sponsor, oltre a titoli importanti. Ma non deve giocare così solo sullo Chatrier, bensì su diversi campi e in diversi contesti. Credo sia capace di farlo, ma vedremo in futuro”.
D. Probabilmente il risultato di oggi mette fine alla tua stagione su terra nel 2023. Come descriveresti il tuo rapporto con la terra battuta fino ad ora?
DANIIL MEDVEDEV: “Non è cambiato il fatto che ogni volta che finisce la stagione su terra sono contento. Sono contento e ancora contento. Non mi importa a che livello del torneo io arrivi, l’importante è che finisca. Sono contento perché c’era vento, il campo era secco, e mi è entrata la terra in bocca già nel terzo gioco. Tutte cose che non mi piacciono. Non so se ad altri piaccia mangiare la terra, averla nelle borse, nelle scarpe, nelle calze. Devi buttare tutto in pattumiera alla fine della stagione. A me questo non piace. Avrò un periodo di stacco e di questo sono felice, perché devo ritrovare buona sensazioni. Un po’ di relax nei prossimi giorni, starò un po’ a Parigi, anche se c’è la terra (sorride, ndr)”.
D. Quanto sei contento di giocare invece sull’erba ora? Cosa ti aspetti dal pubblico per il fatto che lo scorso anno russi e bielorussi sono stati estromessi da Wimbledon e quest’anno riammessi?
DANIIL MEDVEDEV: “Sai, non possiamo controllare queste cose. Se le persone decidono di essere dure, non possiamo farci molto. Se invece saranno carine, meglio. Prima di Wimbledon vorrei andare ad Halle, dove ho giocato bene lo scorso anno, ma poi chiaramente sono entusiasmato dal poter andare a Wimbledon. Non posso dire che ami l’erba, ma sicuramente la preferisco alla terra. Cercherò di fare meglio ai Championships rispetto alle annate passate”.
D. Tornando per un instante alla domanda sul tuo rapporto con la terra rossa, ci hai detto che sei contento sia finita questa stagione, ma hai fatto uno step di apprezzamento in più dopo la vittoria a Roma?
DANIIL MEDVEDEV: “Certo, questo al 100%. E ripeto che nel match di oggi ho giocato bene. Ci ho provato, perlomeno. Ho sentito di aver fatto quello che potevo, semplicemente non sono riuscito a vincere contro un avversario che ha giocato bene. Ma Roma è stata incredibile, perché non avrei mai pensato di vincere nemmeno un torneo su terra, figuriamoci un Masters 1000. L’anno prossimo potrei essere ancora più motivato nel migliorare i successi di quest’anno”.