Salvà, prima all'ombra di Nadal, oggi al suo fianco: "Non riuscivo a stargli dietro"

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Salvà, prima all’ombra di Nadal, oggi al suo fianco: “Non riuscivo a stargli dietro”

Tomeu Salvà e Rafa sono cresciuti insieme. Oggi l’ex numero 288 ATP è un tecnico dell’Academy di Manacor, ma si è ritirato a soli 21 anni per la frustrazione: “I suoi progressi mi avevano fatto arrendere, non mi bastava giocarci in doppio”

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Amici d’infanzia a Mallorca, rivali durante l’adolescenza, per un breve periodo compagni di doppio e oggi ancora insieme con ruoli differenti. Le carriere di Tomeu Salvà e Rafael Nadal avevano preso strade che sembravano portarli lontano uno dall’altro, ma il cerchio si è chiuso quando Salvà (all’anagrafe Bartolomé Salvà-Vidal) è diventato uno dei tecnici dell’Academy del maiorchino. L’ormai ex tennista spagnolo, classe 1986 ed ex 288 del mondo (nel 2007), è rimasto così nell’orbita del pianeta Rafa. Fa parte del gruppo di tecnici di stanza a Manacor e segue da vicino i progressi di Jaume Munar (fresco vincitore del Challenger di Lisbona, dove ha battuto in finale Pedro Sousa).

IL PERCORSO – “Ai giocatori oggi piace cambiare spesso team – ha raccontato al sito portoghese ‘Bola Amarela’ -, io invece penso che un tennista di alto livello dovrebbe fidarsi sempre di chi gli sta intorno, sia nei momenti buoni sia in quelli brutti. Con Rafa siamo cresciuti insieme, siamo molto amici, quasi fratelli. Siamo stati numero 1 e 2 di Spagna a livello giovanile, poi a 14 anni ci siamo separati: io sono andato a Barcellona con una borsa di studio della federazione, lui è rimasto a Mallorca con lo zio Toni“.

Ognuno sul suo cammino. In realtà poi i due si sono ritrovati per giocare insieme qualche doppio (finali a Chennai e Barcellona nel 2007, ndr), ma la carriera di Salvà è terminata precocemente a 21 anni. Con la serenità dettata dal tempo e dal rapporto che si è evoluto, oggi svela: “Non riuscivo a sopportare la pressione. È stato difficile per me vedere i progressi di Rafa e non riuscire a stargli dietro. Questo ha finito per rendermi impaziente e farmi arrendere. Giocare con lui il doppio non era quello che volevo. In ogni caso – ha concluso – era evidente che aveva tanto talento e sarebbe diventato fortissimo, ma non avrei mai immaginato così tanto“.

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