Roger non stop. Sinner, semifinale di classe. Ora rivincita con Zverev (Crivelli). Sinner, segnali di maturità (Bertellino). Becker (fallito) rifiuta l'asta sui trofei. "Li ho vinti a Wimbledon, li tengo" (Piccardi). Il dritto di Steffi Graf (Mecca). Martina risorta dagli abissi. Un sorriso contro l'anoressia (Narducci)

Rassegna stampa

Roger non stop. Sinner, semifinale di classe. Ora rivincita con Zverev (Crivelli). Sinner, segnali di maturità (Bertellino). Becker (fallito) rifiuta l’asta sui trofei. “Li ho vinti a Wimbledon, li tengo” (Piccardi). Il dritto di Steffi Graf (Mecca). Martina risorta dagli abissi. Un sorriso contro l’anoressia (Narducci)

La rassegna stampa del 24 ottobre 2020

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Roger Non Stop (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

[…] Federer, il Maestro di Basilea, ha dipinto capolavori per l’eternità, ma all’alba dei 40 anni che compirà ad agosto del 2021 e dopo una stagione, per lui, senza partite da gennaio, l’orizzonte merita uno sguardo più approfondito. Un’esplorazione nelle motivazioni e nelle condizioni atletiche e mentali approdata negli ultimi giorni alla conclusione più eccitante per lui e per i suoi milioni di tifosi in tutto il mondo: «Il ritiro è una cosa a cui penso fisiologicamente da cinque anni, ma poi decido sempre di andare avanti. Giocherò fin quando mi divertirò e soprattutto fin quando il fisico mi sosterrà. Ci vediamo in Australia». Senza pressioni Alleluja. Appena raggiunto a quota 20 da Nadal in vetta alla classifica dei plurivincitori Slam, Roger è dunque pronto a ritrovare il campo di battaglia per rintuzzare gli assalti ulteriori dello spagnolo e di Djokovic, anche se l’immagine di eroe bellicoso non gli appartiene: «Ho fatto i complimenti a Rafa perché se li meritava, vincere 13 volte il Roland Garros è un’impresa che va oltre lo sport. Ma gli Slam non diventeranno mai una guerra tra me e Nadal». In visita alla fabbrica di uno sponsor svizzero, uno di quelli che gli garantisce una fetta dei 106 milioni di euro all’anno di guadagni che ne hanno fatto lo sportivo più ricco del pianeta (fonte Forbes), Roger si è addentrato sulle sensazioni del momento, dopo che a giugno la riabilitazione dall’intervento al ginocchio destro pareva un macigno di difficile soluzione: «Il recupero sta andando bene, sono sulla strada giusta, ma ho intenzione di prendermi tutto il tempo necessario, senza mettermi pressione. Tornerò solo quando sarò totalmente in condizione e gennaio mi sembra una prospettiva ideale». Da un paio di settimane ha ripreso ad allenarsi con l’intensità che richiede la preparazione di un’altra stagione intensa: «Non posso ancora stare sul campo per più di due ore di fila, ma posso lavorare intensamente sulla condizione e sulla forza, senza avvertire dolore. Perciò non saranno necessarie altre operazioni». Insomma, il triello in stile spaghetti western con Nadal e soprattutto Djokovic è pronto ad esplodere racchette alla mano, e non più a parole come accaduto nella torrida estate del nuovo sindacato dei giocatori creato da Nole senza passare attraverso l’approvazione degli altri due: «Con Novak — confessa Federer — ci siamo sentiti l’ultima volta un paio di mesi fa, ma solo per parlare della ripresa del circuito e di come organizzare nei tornei le misure di sicurezza contro la pandemia. La posta in palio era in quel momento molto alta sia a livello sportivo sia a livello economico». I programmi In attesa di capire come maturerà la situazione politica del circuito, dall’inizio dell’anno prossimo finalmente torneranno a tuonare solo i cannoni del campo da tennis, se la pandemia stavolta risparmierà il calendario.[…] Dopo il trionfo parigino, Rafa aveva addirittura paventato l’ipotesi di fermare qui la sua stagione per ripresentarsi in Australia, ma si è fatto ingolosire da qualche prestigioso traguardo intermedio. Così, dopo il relax di questo weekend sui campi da golf, a inizio novembre giocherà il torneo di Bercy (mai vinto in carriera) dove invece non ci sarà Djokovic, con la possibilità dunque di agguantare il rivale nel numero di Masters 1000 conquistati (al momento 36 a 35 per il Djoker). Poi si concentrerà sulle Atp Finals, consapevole che l’annata monca lo porterà a Londra senza tutti quegli acciacchi che spesso gli hanno impedito di essere competitivo al Masters, guarda caso mai domato. Per questo si tratta di una perla (l’unica che gli manca, peraltro) da aggiungere volentieri alla lussuriosa collana di successi. Intanto, da lunedì, Nadal avrà eguagliato Connors per le settimane consecutive in top 10, addirittura 789, una serie iniziata il 25 aprile 2005. Ma la classifica è anche l’attuale ossessione di Djokovic, che certamente non abbandona l’idea di chiudere la carriera come recordman di Slam vinti, favorito dall’età e dalla superiore adattabilità a più superfici, e però vede ormai a tiro il primato di Federer nelle settimane trascorse al numero uno: Roger è a 310, lui a 292 e se non ci saranno scossoni il sorpasso potrebbe realizzarsi a marzo. Per questo Nole ha rinunciato a Bercy, dove non poteva aggiungere punti (avendolo vinto l’anno scorso) e si ripresenterà lunedì all’Atp 500 di Vienna, prima di trovare di nuovo Nadal e gli altri sei maestri alle Finals londinesi, dove i 1300 punti in palio saranno decisivi per cementarlo in vetta oppure renderlo attaccabile proprio dallo spagnolo. Intanto, in una conferenza stampa a Belgrado, Nole ha spaziato su presente e futuro: «Ho qualche rimpianto perché non ho vinto né a New York né a Parigi sebbene fossi in grandissima forma, ma in Francia il mio avversario mi è stato superiore. I miei obiettivi sono chiari, voglio chiudere l’anno al numero uno e battere il record di settimane in testa alla classifica, uno dei miei obiettivi più importanti». Sacra fame

Sinner, semifinale di classe. Ora rivincita con Zverev (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

[…] Non è solo la seconda semifinale di sempre in carriera un anno dopo Anversa a certificare la crescita impetuosa di Jannik Sinner, ma il modo in cui la conquista: con la freddezza del predestinato. Perché dopo un primo set in cui costruisce il suo vantaggio sulla risposta al servizio di un Simon carente di prime e sulla diagonale destra, quella del dritto del francese, l’allievo di Riccardo Piatti si affloscia improvvisamente, tramortito dagli scambi lunghi cui lo costringe il rivale, che sceglie traiettorie centrali per aprirsi il campo con il rovescio. Sinner subisce un bruciante 60 e poi va sotto 2-0 anche nel terzo, un parziale di otto game di fila che manderebbe k.o. anche giocatori ben più esperti. E invece, a 19 anni, il fenomeno di Sesto Pusteria ritrova d’incanto la prima di servizio, nonché l’aggressività e la pressione dei colpi da fondo, torna a pizzicare il dritto di Simon e malgrado qualche nervosismo di troppo (si prende anche un warning per aver dato un calcetto alla racchetta) riporta il match dalla sua parte: «Simon lo avevo visto giocare tante volte in tv è molto solido, non sbaglia niente. Nel secondo set ho iniziato a forzare un po’ troppo le soluzioni e mi sono trovato indietro di un break anche nel terzo. Ho cercato di fargli giocare più il diritto dopo che ho perso otto game di fila: la prossima volta dovrò trovare delle soluzioni prima». E stavolta non ha avuto paura di mostrare le sue emozioni: «Quando perdi tanti game di fila è difficile nascondere quello che provi». Oggi all’ora di cena (non prima delle 19, diretta Supertennis) concederà la rivincita a Sascha Zverev, battuto negli ottavi al Roland Garros con una prestazione memorabile. Il tedesco è fresco del successo di una settimana fa sullo stesso campo (Colonia ha organizzato due tornei consecutivi), ma sta mostrando qualche difficoltà di troppo con il servizio, una debolezza da sfruttare per il virtuale numero 43 del mondo (ha superato Kyrgios). Intanto Fognini, in attesa dell’esito del tampone dopo la positività a Cagliari, e Berrettini, rinunciano a Vienna da lunedì: a questo punto Matteo, per sperare in una replica al Masters, dovrà fare molta strada a Parigi Bercy.

Sinner, segnali di maturità (Roberto Bertellino, Tuttosport)

[…] Per il modo con il quale l’ha ottenuta, dopo 2 ore e 33 minuti, reagendo con la prepotenza dei colpi e la testa ad un secondo set perso 6-0, e per l’avversario contro il quale è arrivata, l’esperto francese Gilles Simon. La svolta è giunta dopo che Jannik aveva perso 8 game consecutivi, fino allo 0-2 del set finale. E’ risalito sul 2-2 e nel sesto game ha recuperato sul proprio servizio dallo 0-30. Poi break per i1 4-3 e servizio e chiusura al primo match point, sul 6-3 0-6 6-4 dopo aver annullato al transalpino alcune palle break Sta maturando, il 19enne altoatesino, perché alcuni mesi fa partite come questa le perdeva, uscendo dal confronto più sotto l’aspetto mentale che tecnico. «Sono felice per il risultato – ha detto a caldo Sinner – perché sono riuscito a riprendere un match diventato diffìcile. Dopo il primo set lui non ha più sbagliato nulla, dimostrandosi come da storia personale un autentico muro. Sono rimasto in partita, anche se la prossima volta dovrò reagire prima di subire una serie negativa di 8 game. Il punteggio del secondo set non è proprio veritiero, perché le mie occasioni le ho avute ma non sono stato bravo a concretizzarle. Lui comunque ha meritato di vincerlo e io ho esagerato cercando di forzare troppo. Ho cambiato qualcosa a quel punto, soprattutto giocandogli più sul diritto. Quando perdi così tanti game non è facile nascondere le emozioni». Il tabellino dell’incontro dimostra la capacità di Sinner di giocare bene nei momenti importanti. Sono state 4 su 5 le palle break messe a segno, contro le 5 su 21 del francese, già dimostratosi negli ottavi decisamente in palla con la vittoria contro il canadese Shapovalov. Seconda semifinale a livello ATP (dopo Anversa 2019) per l’allievo di Riccardo Piatti, che durante il match è stato autore anche di un siparietto simpatico nel primo set Chiamato allo smash sul 4-2 e servizio ha colpito la palla ma perso subito dopo la racchetta, andata a incastrarsi nella rete. Simon ha rispedito la pallina dalla parte opposta del campo incamerando il punto su un colpo di testa fuori misura e ovviamente fuori regolamento del giovane avversario. Oggi per Jannik ci sarà la semifinale contro il tedesco Alexander Zverev, n.7 del mondo che ha faticato contro il mancino francese Adrian Mannarino(6-4 6-7 6-4), facendo anche ricorso al fisioterapista in campo

Becker (fallito) rifiuta l’asta sui trofei. “Li ho vinti a Wimbledon, li tengo” (Gaia Piccardi, La Repubblica)

<<Non colpevole, vostro onore». Personaggio soavemente drammatico che sarebbe piaciuto a Bertolt Brecht, ormai protagonista assoluto della sua stessa opera da tre soldi, Boris Becker si dichiara innocente davanti alla corte di Southwark, tribunale di Londra, che gli contesta 28 accuse circostanziate relative al processo che nel 2017 aveva dichiarato la bancarotta del re bambino di Wimbledon 1985, capace di annettersi il giardino più importante del tennis mondiale a 17 anni e 227 giorni. L’accusa, in particolare, contesta all’ex campione tedesco di aver occultato beni, sia pecuniari che materiali, per impedire che venissero messi all’asta allo scopo di ripianare gli ingenti debiti: nella lista delle sue proprietà sarebbero sparite proprio la coppa di Wimbledon ’85, il trofeo cui Becker è più legato, quella del 1989, i due trofei dell’Australian Open 1991 e 1996, due President’s Cup (’85 e’89), le medaglie per i trionfi in Coppa Davis con la Germania (’88 e ’89) e l’oro olimpico vinto in doppio insieme a Michael Stich ai Giochi di Barcellona ’92.[…]. II wunder kid di Germania, insomma, il ragazzino biondo di Leimen che i tifosi tedeschi sognavano fidanzato con Steffi Graf, la valchiria dei 22 titoli del Grande Slam, da grande è diventato il bad boy inseguito dagli avvocati di mezza Europa. Già nel luglio dell’anno scorso Becker aveva accettato di vendere 82 articoli della collezione privata (i cimeli della carriera) per un totale di 765 mila euro, che però non erano bastati per risolvere tutte le pendenze. Ma i ricordi di Wimbledon, il torneo più importante ed amato, quelli non si toccano: «Sono miei, li tengo». Il tocco che aveva in campo, risultato del polso di ferro che gli permetteva di giocare le celebri volée in tuffo, Boris Becker non l’ha mai avuto per gli affari. Nel passato íl tedesco era già finito nei guai con la giustizia spagnola per i lavori di ristrutturazione della mega villa di Maiorca e con quella svizzera per non aver mai pagato il pastore che nel 2009 aveva celebrato íl matrimonio con la modella olandese Sharlely Kerssenberg, dalla quale ha avuto un figlio, Amadeus, che si aggiunge ai due avuti dalla prima compagna, Barbara Feltus, Noah e Elias, e ad Anna, la figlia concepita con Angela Ermakova durante un fugace incontro nel bagno di un sushi bar di Londra, nel periodo in cui Becker era in crisi con la prima moglie. II nuovo processo, costola della prima condanna per bancarotta, è fissato per il prossimo 13 settembre e potrebbe portare Boris Becker, che nei primi 52 anni della sua vita non si è fatto mancare niente, in carcere.

Il dritto di Steffi Graf (Giorgia Mecca, Il Foglio)

[…] Un tempo gli atleti erano belli perché erano impossibili, adesso la maschera è caduta, sono persone normali, con tutti i nostri difetti. Cristiano Ronaldo che si allena sulla cyclette è un po’ meno Cr7, così come Federica Pellegrini che racconta su Instagram le cronache del contagio ci appare sempre meno divina. La verità è che non ne possiamo più di vederli così simili a noi, non ne possiamo più di vederli invecchiare, cercare ancora un po’ di luce come se non ne avessero ricevuta abbastanza. Non ne possiamo più di non provare nostalgia. In questo panorama di sipari alzati fuori tempo massimo, Steffi Graf rappresenta una meravigliosa eccezione. L’ex tennista tedesca, numero uno al mondo per 377 settimane diede l’addio al tennis in un giorno di agosto del 1999: “Lo dico subito: è una scelta liberatoria per me. Smetto anche perché, negli ultimi tempi, dopo il torneo di Wimbledon, ho perso il piacere di giocare, mi pesava prendere l’aereo per i tornei, mi pesava essere sempre lontana da casa. Insomma, non mi divertivo già e non mi era mai capitata una cosa simile in tanti anni. Il futuro? Mah, sarà il tempo a dire quello che vorrò fare”. Da quel momento in poi Steffi è diventata Stefanie ed è uscita di scena per sempre. Ogni tanto la si vedeva sugli spalti a tifare per suo marito Andre Agassi, dopodiché è sparita alimentando desideri, benedette nostalgie per quel modo di colpire la pallina. A raccontare perfettamente la vita e la carriera di una delle più grandi sportive del Novecento è Elena Marinelli nel libro “Steffi Graf. Passione e perfezione”, appena uscito per la casa editrice 66thand2nd, il primo libro della collana Vite inattese dedicato a una donna e scritto da una donna. “Steffi è quel classico tipo di ragazza che se fosse in mezzo a una folla non noteresti mai. Ma eccola, vestita di bianco, con gambe lunghissime, la camminata leggermente ancheggiante, il mutismo dell’umiltà profonda, il cassetto biondo casuale che infila un dritto mai visto prima”. Graf è silenziosa, fredda, introversa, distaccata, forse soltanto timida. È stato suo padre Peter il primo a insegnarle come si sta in campo: regola numero : “Non farti vedere mai”.[…] L’infanzia trascorsa a giocare in salotto con papà Peter, la rinuncia alla giovinezza, la rivalità con Arantxa Sanchez Vicario e con Monica Seles, la prima volta che ha giocato e perso a Wimbledon: “Papà, promettimi che non ci torneremo mai più”. Più di mille partite, novecento delle quali vinte, tutte a caro prezzo: “Steffi Graf ha cambiato per sempre la prospettiva del tennis femminile. Ha raccontato che per vincere in quel modo unico bisogna essere unici, ma lo ha fatto senza evidente brio, senza mostrare spensieratezza, e rinunciando alla sua età. Nessuna adolescente vuole essere Steffi perchè Steffi Graf adolescente in realtà non esiste, nessuno la conosce, nessuno ci ha mai parlato”. Ogni performance che non assomigli alla perfezione, per la giocatrice tedesca assume i chiaroscuri di un fallimento. Il tennis può essere una tortura, trasforma le ragazze in mostri, in macchine da guerra. Per Steffi Graf il tennis è stato bello ed è stato troppo, per questo si è ritirata a trent’anni, senza ripensamenti e sicuramente senza rimpianti. È stata dimenticata troppo presto e senza ragione. Era ora che qualcuno ricominciasse a parlare del suo dritto. Benedetta nostalgia.

Martina risorta dagli abissi. Un sorriso contro l’anoressia (Fausto Narducci, Sportweek)

[…] La prima sveglia ce l’ha data a inizio agosto una nuotatrice vincente come Ilaria Cusinato che, in una confessione in prima persona, ha raccontato la sua battaglia contro la bulimia. Chiosando con questa frase: «Mi sono trovata di fronte a una grande montagna da scalare, la più alta di tutte: chiedere una mano». Pochi mesi dopo siamo qui a confrontarci con un problema alimentare che ha le stesse radici: l’anoressia. Ce l’ha sbattuto in faccia, quasi senza parlarne, Martina Trevisan che era uno dei tanti talenti persi prematuramente dallo sport italiano. Mentre la 27enne tennista fiorentina ci incantava con la sua scalata fino ai quarti del mitico Roland Garros e all’83° posto nel ranking Wta, ci siamo ricordati la sua storia. Quella Martina. Quella promessa, figlia di una maestra del tennis e sorella di un numero uno del tennis giovanile (Matteo) che nei primi anni Duemila aveva frequentato i Major juniores e si era affacciata al grande professionismo. Poi lo stop imposto dall’anoressia che aveva trovato terreno fertile nell’incapacità di gestire le pressioni e nei problemi familiari. Martina, con quel nome che sembra un omaggio a una regina della racchetta (Navratilova) e un allenatore dal cognome profetico (Matteo Catarsi) si era persa in un labirinto. Per sopravvivere le restavano 30 grammi di cereali e una pesca che la madre le portava ogni giorno: il corpo era diventato un avversario con un servizio imprendibile. Quattro anni e mezzo di convalescenza non possono bastarti per guarire se non hai al fianco uno psicoterapeuta bravo come Lorenzo Beltrame e una capitana che crede in te come Tathiana Garbin. Pochi si sono accorti che la leonessa stava risorgendo dagli abissi. Arrivata a Parigi senza mai aver battuto una top 60, Martina fin dalle qualificazioni ha sfoderato dalla custodia un grande sorriso e si è messa in tasca rivali che la sovrastavano in classifica (Giorgi, Gauff, Sakkari e Bertens) arrendendosi alla polacca Iga Swiatek. Dal 9 novembre la rivedremo a Linz e ci sentiremo tutti più forti.

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