Numeri: la crescita di Lorenzo Sonego, il calo di Daniil Medvedev

Numeri

Numeri: la crescita di Lorenzo Sonego, il calo di Daniil Medvedev

La maturazione costante dell’azzurro: dal numero 440 di settembre 2017, al n.32 di questa settimana. Il 2020 di Carreno Busta, Medvedev un anno dopo

Pubblicato

il

Daniil Medvedev - Bercy 2020 (via Twitter, @RolexPMasters)
 

6 – le vittorie ottenute nell’ultimo mese e mezzo da Lorenzo Sonego contro tennisti nei primi 35 posti del ranking ATP. La meravigliosa prestazione che la settimana scorsa a Vienna ha portato alla vittoria sul numero 1 del mondo Novak Djokovic, per il 25enne piemontese è stata solo l’apice di una lenta ma costante maturazione tennistica iniziata sotto la guida del maestro Gian Piero Arbino poco meno di quindici anni fa, quando Lorenzo era un ragazzino che si divideva tra calcio e tennis. Sonego, arrivato al tennis professionistico senza avere mai intrapreso una seria attività agonistica da junior, è stato bravissimo a credere nelle sue potenzialità nonostante un ingresso nel circuito costellato da tante difficoltà e rallentamenti: basti pensare che nel settembre 2017, dopo aver compiuto da quattro mesi ventidue anni, era “solo” 440 ATP.

La sua carriera, poco più di tre anni fa, aveva vissuto come lampi una sola semifinale a livello Challenger, la vittoria di tre Futures, due belle partite giocate (ma perse al fotofinish) al Foro Italico contro Sousa e Almagro e non registrava nessuna vittoria contro tennisti nella top 100. Qualche mese dopo arriva però per il torinese la svolta definitiva: dopo aver chiuso in crescendo il 2017, a gennaio di due anni fa ancora fuori dalla top 200, Sonego si qualifica agli Australian Open e vince anche una partita nel tabellone principale, una scossa che gli consente di migliorare in continuità e picchi di rendimento il suo tennis. Miglioramenti che gli consentono di qualificarsi a Wimbledon e US Open e di centrare i primi quarti di finale nel circuito maggiore a Budapest: quell’anno arriva sino all’86 ATP e per poco non riesce a chiudere anche la stagione nella top 100.

I progressi lenti ma costanti di Lorenzo sono continuati lo scorso anno quando è arrivata la prima vittoria contro un top 20 (Khachanov a Montecarlo), i primi quarti in un Masters 1000 (sempre nel torneo monegasco) e il primo titolo vinto nel circuito maggiore. Lo conquista a sorpresa sull’erba di Antalya, dove in finale si impone su Kecmanovic (in quella settimana vince tutte le cinque partite vinte sin qui sui prati a livello ATP, alcune delle quali su avversari di buon livello come Mannarino e Carreno Busta). Risultati che, assieme alla semifinale raggiunta a luglio a Kitzbuhel, permettono a Lorenzo di chiudere il 2019 a ridosso della top 50, una soglia di classifica che riesce a valicare solo lo scorso febbraio con i quarti raggiunti a Rio de Janeiro, l’ultimo torneo da lui giocato prima della sospensione del circuito. Quello in Brasile è stato un piazzamento che gli ha permesso di superare un momento difficile dal punto di vista dei risultati: tra fine 2019 e inizio 2020 Sonego è incappato in una brutta serie di dodici sconfitte consecutive.

A partire dal breve tour europeo sulla terra rossa svoltosi a settembre, Lorenzo ha ulteriormente alzato di due tacche il livello del suo tennis, sconfiggendo sei tennisti entro la trentacinquesima posizione (oltre a quella su Djokovic, vanno citati i successi su Basilashvili a Roma, Fritz al Roland Garros, Lajovic, Hurkacz e Evans a Vienna). Per comprendere l’entità dei suoi miglioramenti, basti pensare che è lo stesso numero di vittorie che in tutta la parte precedente di carriera aveva ottenuto contro colleghi nei primi 35 posti del ranking. Sonego tra gli ottavi al Roland Garros e la finale a Vienna sul duro indoor – condizione di gioco sulle quali prima del torneo austriaco aveva vinto solo una partita – ha racimolato circa 500 punti che lo hanno portato al 32° posto del ranking ATP e ad essere, almeno sinora, il secondo italiano dopo Sinner ad aver fatto più punti in questo 2020.

8 – la posizione che ricoprirebbe Pablo Carreno Busta in una ipotetica Race considerante i soli risultati ottenuti nel 2020. Lo spagnolo classe 1991 la settimana scorsa eliminato da Kevin Anderson a Vienna al secondo turno, è tornato ad esprimersi quantomeno ai livelli raggiunti nella sua annata migliore, il 2017, stagione nella quale – grazie alle semifinali agli US Open e a Indian Wells, la vittoria del titolo a Estoril e la finale a Rio – raggiunse la decima posizione. Dopo quei risultati ottenuti grazie a un rendimento tenuto costantemente a buonissimi livelli (in carriera lo spagnolo ha avuto invece sinora sempre difficoltà con i top ten, sconfitti in cinque occasioni su trentotto) a partire dal gennaio 2018 sino al settembre dello scorso anno era invece iniziato per Carreno un lungo periodo di involuzione costatogli la discesa sino al 69° posto ATP. Una classifica che era l’inevitabile conseguenza della partecipazione in suddetto periodo a 39 tornei, durante i quali aveva vinto solo 53 partite e raggiunto appena sei semifinali (l’unica prestigiosa al Masters 1000 di Miami).

Un’inerzia negativa spezzata dalla vittoria dell’ATP 250 di Chengdu nell’autunno dello scorso anno: il quarto titolo conquistato in carriera nel circuito maggiore ha ridato vigore a una classifica tornata adesso prestigiosa, soprattutto grazie a un 2020 che gli ha visto raggiungere le semifinali all’ATP 500 di Rotterdam e agli US Open (persa contro Zverev dopo essere stato in vantaggio di due set), piazzamenti colti grazie a tre sole sconfitte rimediate quest’anno contro tennisti con un ranking inferiore al suo. Attualmente al numero 15 ATP, le chances di Carreno di tornare a giocare alle ATP Finals per la seconda volta (nel 2017 era subentrato in corsa nel round robin) sono ridotte al lumicino e comunque legate a una vittoria questa settimana a Bercy, dove intanto al primo turno ha sconfitto il giovane francese Gaston.

18 – le partite vinte da Daniil Medvedev nel 2020, tra i tennisti già qualificati alle ATP Finals, quello ad aver vinto meno partite da gennaio in poi. Non è stata, almeno sinora, una buona stagione dal punto di vista professionale per il 24enne moscovita, come chiaramente indicato anche da un’altra statistica: tra i tennisti già certi di essere qualificati al torneo di chiusura riservato ai migliori otto della stagione, è colui ad aver perso più partite contro colleghi non presenti nella top 30. Gli è capitato ben sei volte, l’ultima delle quali avvenuta appena la scorsa settimana ai quarti di finale di Vienna contro Kevin Anderson. Impressiona la differenza esistente tra il rendimento avuto da Medvedev tra agosto a inizio ottobre dello scorso anno, quando vinse 29 delle 32 partite (91%) giocate tra il primo turno all’ATP 500 di Washington e il Masters 1000 vinto a Shanghai e quello invece avuto nelle ultime 52 settimane (18 vittorie e 14 sconfitte, un record da giocatore a stento nella top 30).

Dall’edizione dello scorso anno di Parigi-Bercy ad oggi, Daniil ha sempre perso le cinque volte che ha affrontato dei top ten, a riprova di un suo scadimento di rendimento, che ha avuto l’unica sostanziale eccezione nell’ultima edizione degli US Open, quando ha giocato un buon tennis per raggiungere la semifinale, superando anche uno dei giocatori più in forma negli ultimi mesi, Rublev. Il piazzamento newyorkese è anche l’unica semifinale sinora raggiunta nel 2020 da Medvedev, che appena nel 2019 ne aveva raggiunte ben dodici. Per sua fortuna l’allievo di Gilles Cervara (suo coach sin dal 2014) può avere – grazie al ranking ristrutturato su base biennale a causa della pausa di cinque mesi del circuito avvenuta tra marzo e agosto scorsi – il tempo per ritrovare la fiducia nel suo tennis e la migliore condizione.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement