La filosofia di Kyrgios: “Il tennis mi manca ma c’è altro nella vita”

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La filosofia di Kyrgios: “Il tennis mi manca ma c’è altro nella vita”

L’australiano non ha più giocato dopo il lockdown. È rimasto a casa, dove aiuta la sua comunità e distribuisce cibo ai più bisognosi. E in un’intervista a ‘Stellar’ rivela: “Sono stato depresso sul circuito. Troppe aspettative”

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Nick Kyrgios - Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

Sono passati oltre nove mesi dall’ultima partita ufficiale di Nick Kyrgios, la sconfitta per ritiro all’esordio al torneo di Acapulco contro il francese Ugo Humbert. Il circuito è ripartito ad agosto ma lui non si è unito alla carovana. Piccoli fastidi fisici, i rischi di dover viaggiare per il mondo in tempi di pandemia. Ma non è di certo rimasto con le mani in mano. E qui non si parla di migliorare il rovescio o il gioco di gambe, facendo così il bene della propria carriera. Quanto di fare il bene della vita degli altri. Dare una mano alle persone meno fortunate all’interno della propria comunità a Canberra, quelle che più hanno patito le conseguenze economiche dovute al lockdown. Per esempio, facendo la spesa per loro a proprie spese e portandogliela a casa. 

“Una volta ho comprato otto mila dollari (circa cinque mila euro, ndr) di cibo e le persone mi guardavano male. Io dicevo: ‘Non è per me’”, ha raccontato Kyrgios in una lunga intervista al magazine australiano Stellar. Mi ha colpito una donna incinta. Non poteva lasciare a casa i suoi bambini per andare a fare la spesa. Era in grossa difficoltà. Quindi le ho lasciato un paio di scatole di fronte alla sua porta”. Il 25enne tennista australiano ci tiene a precisare che questi gesti di beneficienza sono assolutamente spontanei e non un modo per ottenere buona pubblicità. “Non l’ho fatto per avere attenzione dei media. Ho cercato di prendermi un po’ di tempo per fare questo perché pensavo fosse la cosa giusta, ha puntualizzato. Oltre a questa attività di porta a porta, Nick ha anche una fondazione di beneficienza a suo nome che aiuta i bambini più svantaggiati a fare sport. 

A Canberra c’è insomma la sua gente, quella che conosce il Kyrgios ragazzo sempre pronto ad aiutare gli altri e non il tennista di talento ma dal carattere turbolento. Ma c’è anche la sua famiglia, sua mamma Norlalia, suo padre Giorgos e i suoi fratelli, soprattutto Christos al quale è molto legato. “Ho sempre vissuto lì, con mia mamma e mio papà. È bello poterli vedere. Mi sento a casa. E i miei genitori sono cuochi incredibili quindi c’è sempre qualcosa di buono da mangiare”, ha detto Kyrgios. “Sono nella stessa stanza in cui ero da bambino. Non è cambiata per nulla. Io sono cresciuto un po’ lontano dalla famiglia perché viaggiavo un sacco. Era difficile mantenere i contatti. Essere di nuovo a casa è stato come tornare indietro nel tempo e ritrovare le stesse emozioni. È stato fantastico. Sul circuito c’è un blocco di sette mesi in cui non riesco a vedere la famiglia o essere a casa. Quindi cerco di sfruttare il vantaggio di quello che sta succedendo al momento”.

D’altra parte, l’australiano non ha mai nascosto di non amare per nulla la vita sul tour. Oltre ai viaggi e i pochi contatti con i propri cari, c’è anche la solitudine che accompagna inevitabilmente la vita dei professionisti della racchetta. Quella dentro il campo e quella fuori. Non penso che le persone capiscano quanto soli si possa essere nel tennis. Sei sempre da solo sul campo. Non puoi parlare con nessuno. Devi riuscire a risolvere i problemi da solo. Ho sempre fatto fatica in questo senso”, ha rivelato candidamente.

E poi c’è quella sensazione di non essere altro che un performer, dal quale la gente si aspetta sempre un passo avanti nel ranking, un trofeo in più, affermazioni brillanti. Dimenticandosi a volte che dietro la racchetta c’è sempre e comunque un essere umano. “Ci sono stati momenti in cui ero seriamente depresso”, ha ammesso Kyrgios. “Mi ricordo che una volta a Shanghai alle quattro di pomeriggio ero ancora a letto, con le tende abbassate. Non volevo iniziare la giornata. Sentivo che nessuno volesse conoscermi come persona ma solo come tennista per usarmi. Sentivo che non mi potevo fidare di nessuno.

C’è poi la questione delle aspettative, soprattutto per un tennista di indubbio potenziale come lui, in una nazione che ha dato i natali a leggende del gioco come l’Australia. “Un sacco di gente mi metteva pressione. Io stesso mettevo pressione su me stesso. Ho perso l’amore per il gioco”, ha confessato ancora Kyrgios. “Sono andato in depressione perché pensavo a quello che dovevo essere. Non volevo uscire ed incontrare persone perché pensavo di averli delusi con le mie sconfitte”. 

Da qui, da questo sconforto, nasce la decisione di prendere la sua carriera da professionista come vuole lui. Nessun allenatore che ti dica come migliorare il tuo gioco e battere gli avversari. Nessuna agenzia di management interessata a lucrare su di te. Circondarsi il più possibile di persone fidate e amici. Giocare quando si pensa di essere nelle migliori condizioni di giocare. Questa è la essenza della Kyrgios’ way. Voglio fare le cose a mio modo. Certo è sempre necessario lavorare duro. Ma ognuno deve seguire la propria strada”, ha affermato. Da questo approccio sono bandite anche parole come “Slam” o “top 10”. Non ho un obiettivo chiaro. Cerco di sentirmi bene mentalmente e fisicamente, poi vediamo come vanno le cose”, ha chiarito. 

Per questo suo anticonformismo e per il suo comportamento sopra le righe, Kyrgios è sempre stato percepito come un outsider all’interno del circuito. Un animale strano, diverso dagli altri. Ma che tuttavia riesce a magnetizzare l’attenzione del pubblico su di lui come praticamente nessun altro al di fuori dei tra mostri sacri del tennis contemporaneo. E Nick ha forse sentito molto più supporto dai fan di questo sport piuttosto che dalle sue istituzioni. “Penso che la ATP e il mondo del tennis siano stati più duri con me rispetto ad altri”, ha sottolineato. “Il tennis è uno sport per gentiluomini e c’è un gruppo ristretto nel tennis che non vuole rumore durante i punti. Ma se si guarda oltre, se si guarda allo sport, allora ci si rende conto che è intrattenimento”.

Nick Kyrgios – Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)

Quella di sentirsi un estraneo in mezzo ai campi da tennis non era però una sensazione nuova per Kyrgios. Anche da bambino, Nick era diverso rispetto a tutti i suoi coetanei aspiranti tennisti. Sovrappeso e impacciato, l’australiano non aveva per nulla l’aspetto di una promessa del tennis. Ero sovrappeso e non mi piaceva stare all’aria aperta. Ero molto introverso e insicuro. Piangevo un sacco quando mia mamma mi portava ai campi. Questi sono i miei primi ricordi del tennis”, ha raccontato ancora. “Penso a quando gli allenatori mi dicevano che non ce l’avrei mai fatta per il mio aspetto fisico. Non era facile sentirselo dire. Ma io credevo nelle mie abilità”. 

E alla fine invece è arrivato a battere tutti e due i tennisti che detengono il record del maggior numero di titoli Slam in carriera, Rafa Nadal e Roger Federer. Una sensazione, quella di disputare e vincere quel tipo di partite che, dopo nove mesi di inattività, comincia a mancargli. “Non c’è nulla di meglio di giocare nei campi più importanti al mondo contro i migliori avversari. Lavorare duro e vincere quelle partite. Mi manca molto”. Ma poi aggiunge: “La mia vita non è solo il tennis”.

C’è la famiglia, c’è ora una nuova fidanzata, a cui sembra molto legato a giudicare dalle foto postate sui social, c’è la fondazione. “So che ad un certo punto la mia carriera da tennista finirà e non c’è problema. Non penserò che avrei potuto lavorare più duro, giocare più tornei, fare quella cosa o quell’altra. Mi piace stare a casa con la mia famiglia e la mia ragazza, lavorare con la mia fondazione, aiutare la mia comunità. Ci sono un sacco di altre cose che mi piace fare a parte giocare a tennis”, ha spiegato. Ed è tutta qua la maniera di Kyrgios di vedere il tennis: vedere qualcosa oltre il tennis. 

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