La passione di Maradona per il tennis, dai tempi di Gabriela Sabatini

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La passione di Maradona per il tennis, dai tempi di Gabriela Sabatini

Guillermo Vilas, del Potro, Safin, Coppa Davis. “El Diez” e il suo “secondo sport”, seguito con irrefrenabile trasporto.

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Diego Armando Maradona - Argentina vs Italia, Coppa Davis 2017 (foto Prensa AAT / Sergio Llamera)
 

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Appena sette mesi fa, Diego Armando Maradona aveva rivolto pubblicamente un messaggio toccante di sostegno a Guillermo Vilas, da eroe a eroe: “Mio caro Willy, ti dobbiamo tante gioie ed emozioni; spero che ti venga riconosciuto SEMPRE [maiuscolo nell’originale, ndr] il rispetto e la dignità che tutti noi meritiamo, sia nei momenti migliori che in quelli peggiori. Che tutti possiamo essere in questo momento alla tua altezza. Ti mando un grande bacio, leggenda”. Di otto anni più anziano del Pibe, la salute del vincitore del Roland Garros 1977 era già chiaramente in declino – le voci che circolavano facevano riferimento a una lotta con l’Alzheimer.

Oggi, Guillermo è ancora vivo (seppur molto debole); Diego invece non c’è più. Vilas non è tuttavia la sola icona della racchetta per la quale Maradona nutriva tenerezza e ammirazione. “Adoro il tennis, è il mio secondo sport”, ha spesso ripetuto. Uno sport che praticava di destro e piuttosto goffamente, tanto che alcuni andavano dicendo che la mano di Dio “giocava con i piedi”, ma non ha importanza. È soprattutto uno sport dove ha messo tanto cuore e che l’ha riempito di emozioni nel corso di tutta la sua esistenza.

IN PRIMA FILA AD AMMIRARE SABATINI… NEGLI JUNIORES

Ha 23 anni ed è tra la fine del suo periodo al Barcellona e l’inizio della sua grande avventura napoletana, quando si concesse un grande regalo nella primavera del 1984: vivere da estatico spettatore l’ultimo fine settimana del Roland Garros. Il sabato si presentò in tribuna d’onore per seguire la finale tra Chris Evert e Martina Navratilova, ma non poté esimersi dal fare un giro sul campo numero 2 per assistere a un’altra finale, quella delle juniores femminili. Era la prima volta che partecipavo, a 14 anni, e Diego si era presentato durante la mia finale contro Katerina Maleeva”, ricorda Gabriela Sabatini. “Fu un’enorme sorpresa, non lo conoscevo ancora personalmente. Dopo la mia vittoria ho potuto parlare con lui e questo rimane un magnifico ricordo”.

Il giorno dopo, sempre in tribuna d’onore (ciao accrediti!), Maradona supportò fino alla fine John McEnroe, desideroso di vederlo completare il suo capolavoro offensivo contro Ivan Lendl. Abbattuto, tornò a scrivere la sua leggenda sui campi da calcio, ma da quel momento non perse più di vista il tennis, apparendo di tanto in tanto sugli spalti dei grandi tornei, in particolare al Roland Garros, ancora, nel 1988. Nell’ottobre del 1989, al contrario, fu Steffi Graf ad affrettare la fine del suo secondo turno del torneo a Zurigo (6-2, 6-1 contro Dinky Van Rensburg) perché ansiosa di andare a vedere subito dopo la partita di Diego, uno dei suoi idoli, che giocava in Coppa UEFA con il Napoli contro il Wettingen, una squadra locale.

GRANDE FAN DEI CAMPIONI

Dal termine della sua carriera, Maradona fu visto ancor più spesso nelle tribune di tutto il mondo, come al Master di Londra, dove scambiò due parole con Rafa Nadal e Andy Murray. A Buenos Aires, un anno, era riuscito a rendere estremamente triste l’italiano Potito Starace, battuto da David Nalbandian ai quarti di finale: “Sono di Napoli e dunque Maradona era il mio idolo. Ma è stato tutto il tempo ad insultarmi. Ero così deluso dal suo comportamento [Starace era andato a lamentarsi dall’arbitro dicendo, “o lo cacci o gli spacco la racchetta in testa”] che alla fine della partita sono corso direttamente in hotel senza neanche farmi la doccia”A Dubai, nel 2013, l’atteggiamento da fan insopportabile mutò in quello di un vero appassionato. Occupò il circolo durante tutto la durata del torneo. All’epoca ricopriva lo strano incarico d’ambasciatore dello sport di Dubai, così da avere qualcosa da fare fino al termine del suo contratto di due anni (a 24 milioni di euro) come allenatore dell’Al-Wasl, dal quale era stato esonerato qualche mese prima.

CON IL FIATO SUL COLLO DI DEL POTRO

Durante quel torneo ATP non smise per un attimo di inseguire dietro le quinte le star che amava. Era con il fiato sul collo di Juan Martìn del Potro dopo una vittoria, rubandogli una racchetta per scambiarsi qualche palla e tentando invano di ribattere ai suoi servizi, prima di terminare la sessione armando all’improvviso il suo divino piede sinistro per offrire la palla ad uno spettatore in trance sulle tribune. Qualche ora più tardi, mentre Novak Djokovic si dirigeva verso il campo centrale per la sua partita, Maradona si precipitò ingenuamente ad abbracciarlo come un bambino, perturbando la concentrazione del giocatore, cosa che infastidì non poco il team del serbo. La sera fu il turno di Roger Federer di ricevere le attenzioni argentine. Maradona gli pizzicò le guance e gli chiese notizie di Mirka, fece delle foto con lui e commosso gli disse: “Sei tu il numero uno”.

ANCORA IN COPPA DAVIS

Più che i giocatori, nel mondo del tennis è stata una competizione a colpire fortemente Maradona: la Coppa Davis. Ha spesso fissato la sua agenda in base agli incontri disputati dalla squadra argentina e non passava mai inosservato. Nel 2006, lo fece fino alla finale. Alla prima partita contro la Svezia, a Buenos Aires, mandò in piena gara un bacio a Robin Söderling, che stava affrontando David Nalbandian e che gli aveva appena comunicato di fermare le grida, gli insulti e i tentativi di destabilizzazione. Fatica sprecata evidentemente. Appena prima dei quarti di finale contro l’Australia, Maradona non si fece scrupoli a metter pressione a Lleyton Hewitt: “Pensava che stessimo vivendo ancora al tempo dell’arco e delle frecce, ora sa che l’Argentina è un Paese civilizzato. Bisogna rovinarlo, distruggerlo, schiacciarlo, ma sul campo… non altrove”.

E il viaggio a Mosca per la finale, a inizio dicembre, a -10 °C? Porque no? L’ITF aveva manifestato pubblicamente l’apprensione generata dalla presenza del Diez in Russia, temendone gli eccessi, e in effetti Maradona fece il bello e il cattivo tempo per tutto il weekend. Il primo giorno, ripristinò l’ordine (in realtà finse di farlo) quando alcuni tifosi cominciarono a intonare un coro tutt’altro che civile, facendo allusione alla presunta professione delle madri dei giocatori russi… alla fine fu la Russia ad avere la meglio e così Maran Safin dimenticò gli eccessi di Diego, concedendo l’onore delle armi. “È stato un grande onore per me stringere la mano con la quale aveva segnato un gol così famoso. Le ho strette entrambe”.

Il 2006 si chiuse dunque con una sconfitta, ma era scritto che Maradona sarebbe stato presente il giorno in cui, finalmente, l’Argentina (battuta in occasione delle finali del 1981, 2006, 2008 e 2011) si sarebbe aggiudicata la sua prima insalatiera. Bastò aspettare un decennio. Nel 2016, era ovviamente a Zagabria per il trionfo con la Croazia. La domenica, mentre l’Argentina era sotto 2-1 e Juan Martin Del Potro aveva appena perso i due primi set contro Marin Cilic, Maradona non fu il solo a gridare a pieni polmoni. Qualche ora più tardi, dopo la vittoria, in mezzo alle lacrime, Delpo, che si era fatto male al mignolo durante la partita, gli regalò la sua racchetta. Un fine settimana indimenticabile. “È la più bella emozione che abbia mai vissuto in questi ultimi anni”, disse Maradona. Una delle ultime, probabilmente.

Traduzione a cura di Chiara Ragionieri

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