Le cinque cose da salvare in questo 2020

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Le cinque cose da salvare in questo 2020

Non tutto è stato da buttare. Rafa a quota 20 Slam, Osaka attivista oltreché campionessa, il movimento azzurro scoppia di salute, l’adorabile secchiona Swiatek e lo spettacolo delle Finals

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Rafa Nadal - Roland Garros 2020 (via Twitter, @rolandgarros)
 

Il 2020 sta per finire. Per fortuna. È stato un anno terribile per l’umanità intera, di quelli da metterci una croce sopra e cercare di dimenticare in fretta. E tutti sappiamo perché. Quel maledettissimo virus, chiamato Covid-19, che al momento ha ucciso oltre 1,5 milioni di persone in tutto il mondo. Tanto per dare un’idea, è più dell’intera città di Milano. E il conteggio continua ad aumentare di giorno in giorno, attendendo che inizi la vaccinazione di massa nell’intero pianeta. Il tentativo di contenere l’avanzata della pandemia ha avuto un impatto allucinante sulle nostre vite e anche, inevitabilmente, sul tennis professionistico. Da una parte, il tennis si trovava nella privilegiata posizione di non essere uno sport di contatto. Dall’altra i circuiti maschili e femminili si fondano sul continuo movimento da un punto all’altra del pianeta di una notevole massa di persone tra atleti, allenatori, giudici di sedia eccetera. Non è un caso quindi che l’interruzione della stagione del tennis sia durata ben sei mesi, da marzo ad agosto, più di quella di tanti altri sport professionistici. 

E così se dovessimo proprio salvare una cosa in questo 2020 del tennis è il fatto che comunque si sia riusciti a ripartire e disputare diversi tornei tra fine agosto e fine novembre. Sono stati salvati gli US Open e il Roland Garros, che si è giocato in condizioni alquanto inusuali per un torneo di tennis all’aperto. Sono state salvate le ATP Finals. Certo la mancanza (o la presenza alquanto limitata) del pubblico in questi tornei ha messo un po’ di malinconia e tristezza. Ma lo show è andato avanti. E bisogna dare il merito alle due grandi istituzioni del tennis, ATP e WTA, ai giocatori e agli organizzatori dei tornei. Lo hanno fatto tutti in (buona) parte anche per interessi economici sia chiaro. Ma lo hanno fatto e hanno fatto il bene del tennis in questo anno di cui di distrazioni dalla realtà ce n’era tantissimo bisogno. Insomma, la prima cosa da salvare in questo 2020 del tennis era il tennis stesso, dalla pandemia. Ed è stato fatto. 

Detto ciò, però ci sono state altre cose da salvare in questo anno di tennis particolare e frammentato. Noi ve ne proponiamo cinque. 

20 volte Rafa

Leggendario. Non ci sono altre parole per descrivere Nadal dopo che è riuscito a conquistare il suo 20esimo Slam al Roland Garros. E quel numero, 20, non è solo una cifra tonda. È la stessa di Roger Federer, il suo grande rivale, quello a cui viene sempre accostato antitesi. I due ora sono primatisti assoluti nella classifica dei giocatori con più Major in bacheca, quella che forse conta di più per i tennisti stessi. Tutti e due lì, appaiati. Rafa ha tagliato questo traguardo nel suo torneo, nel suo campo, quello in cui ha già trionfato più volte di tutti, e per distacco anche. Lo ha fatto dominando tutti gli avversari, compreso Djokovic in finale, schiacciato con un tanto sorprendente quanto inappellabile 6-0 6-2 7-5. E, dato questo dominio, non c’è ragione per la quale Nadal non possa essere considerato il favorito della prossima edizione. Farebbero così 21 Slam, con Federer alle prese con i fastidi al ginocchio e al palo da tre anni. Il dibattito sul GOAT è totalmente inutile ma i sostenitori del partito di Rafa avrebbero dei solidi argomenti per portare avanti la loro causa. 

More than Naomi 

È stato l’anno del Covid-19. Ma negli Stati Uniti è stato anche l’anno di grandi manifestazioni in favore dei diritti dei neri, che ancora vengono sistematicamente e vergognosamente discriminati da parte della polizia. È stato il caso di George Floyd, strangolato con un ginocchio da un agente a Minneapolis, il 25 maggio. Il circuito è ripartito proprio dagli USA nel momento in cui le proteste stavano diventando sempre più accese e, in alcuni casi, purtroppo anche violente. E ad ergersi a paladina del movimento Black Lives Matter nel mondo del tennis è stata Naomi Osaka. Lei che è una cittadina del mondo, figlia di padre haitiano e mamma giapponese, cresciuta negli States. Lei che mettendo la bandierina del sol levante di fianco al suo nome ha sfidato i pesanti pregiudizi della cultura nipponica.

È stata attivista alla sua maniera, creativa e non banale. Ha indossato una mascherina diversa per ogni volta che scendeva in campo a Flushing Meadows, con i nomi delle persone di colore uccise dalla polizia di recente. Ma anche vincente dato che poi alla fine gli US Open li ha conquistati, mettendo in bacheca il suo terzo Slam a 23 anni. Con Serena vicina al pensionamento, oggi è indiscutibilmente lei il volto della WTA. È la più influente e anche la più pagata. Un volto fresco ed inclusivo. Osaka ha raccontato di come il compianto Kobe Bryant, morto anche lui ad inizio anno, le disse di non essere semplicemente come lui ma essere addirittura migliore. Naomi lo ha preso in parola.

Naomi Osaka – US Open 2020 (via Twitter, @naomiosaka)

La giovine Italia

Avevamo detto che il 2018 era stato un anno molto positivo per il tennis azzurro. Avevamo detto che il 2019 era stato straordinario. Il 2020 è stato, nonostante tutto, eccellente. Il movimento italiano ad alti livelli scoppia di salute. E questo nonostante Berrettini e Fognini, i due protagonisti dello scorso anno, abbiano avuto un anno sostanzialmente di pausa: il romano bloccato dalla pressione di doversi confermare ad altissimi livelli e il ligure dagli inevitabili acciacchi di un 33enne con tante stagioni sul circuito alle spalle. Così a portare in alto il tricolore nel circuito ATP sono stati i due ragazzini, Jannik Sinner e, in misura minore, Lorenzo Musetti. Dopo una prima parte di anno in chiaroscuro, Sinner ha ripreso il filo del discorso della crescita esponenziale che aveva fatto lo scorso anno. Al Roland Garros, su quella che forse per lui è la superficie meno congeniale, ha colto i suoi primi quarti di finale Slam, mettendo in difficoltà Nadal per più di un set. C’è stato spazio anche per il primo titolo sul circuito a Sofia sul finire di stagione. Attualmente l’altoatesino è n.37 del ranking ATP, a 19 anni. Non c’è altro da aggiungere.

Da certi punti di vista, più inatteso il fatto che Musetti, di Sinner più giovane di un anno e ben più estroso, riuscisse a fare progressi altrettanto rapidi praticamente. Le vittorie su Nishikori e Wawrinka a Roma. Il primo Challenger a Forlì. La chiusura a ridosso dei primi 100 della classifica. Il destino di questi due è tutto da scrivere ma il presente è estremamente confortante. Così come rallegra vedere otto azzurri tra i primi 100. Mentre gli anni scorsi sul fronte femminile era calma piatta, nel 2020 la tenacissima Martina Trevisan ha dato il tanto atteso scossone con gli splendidi quarti di finale a Parigi. Risultato più che meritato anche visti alcuni trascorsi di vita complicati. A 27 anni non è più una promessa ma potrebbe rivelarsi una discreta realtà.

Jannik Sinner – Roland Garros 2020 (foto Twitter @Rolandgarros)

Tutti in rIGA

Che la WTA stesse trovando nuove protagoniste capaci di suscitare interesse era evidente già da diverse stagioni. Abbiamo appunto Osaka, stralunata attivista, Andreescu, una forza della natura, Barty, elegante in campo e dolce fuori, Anisimova, che sembra la trasposizione di Shrarapova nella generazione Z. Ora abbiamo anche Iga Swiatek. Il suo personaggio all’interno di questa sit-com tutta rosa potrebbe essere quello della NERD, un po’ brava ragazza, un po’ secchiona, un po’ timida, un po’ fuori dagli schemi. Ma gli schemi del tennis la 19enne polacca li conosce tutti. Li ha studiati e li sa mettere in campo. Con naturalezza, la stessa con la quale si presenta di fronte ai microfoni, la stessa con il quale vince le partite, la stessa con la quale ha alzato il suo primo titolo Slam al Roland Garros. In molti pensavano che sarebbe arrivata lì. In pochi avrebbero immaginato che ci sarebbe arrivata così presto. Ma la ragazza studia e si applica. Sempre con naturalezza, mai con il fare da prima della classe. Forse a lungo andare cominceremo a detestare il fatto che Swiatek riesce a rendere tutto incredibilmente semplice e spontaneo. Per il momento però la adoriamo e basta.

Iga Swiatek – Roland Garros 2020 (via Twitter, @australianopen)

Le ATP Finals

I migliori otto tennisti al mondo, con Federer escluso, hanno dato vita ad uno spettacolo di tennis notevolissimo. Pensate che sia scontato. Beh non lo è stato negli ultimi anni. Causa la collocazione alla fine del calendario, dopo una stagione estenuante, per diversi anni le ATP Finals hanno offerto uno spettacolo molto al di sotto delle aspettative. Il punto più basso, con tutto il rispetto, lo si è toccato nel 2017, con la finale tra David Goffin e Grigor Dimitrov. Un po’ inspiegabilmente, l’anno scorso finalmente abbiamo potuto rivivere dei match degni di questo gran galà del tennis, a partire dalla finale vinta in tre set tiratissimi da Stefanos Tsitsipas su Dominic Thiem. Quest’anno, grazie ad un calendario ridotto, abbiamo assistito pure a diversi incontri memorabili. Nei round robin Nadal-Tsitsipas, Tsitsipas-Thiem e Nadal-Thiem. Le due semifinali Nadal-Medevedev e Thiem-Djokovic. E la finale Medvedev-Thiem. Potrebbero essere tranquillamente cinque dei migliori dieci incontri dell’anno. Segno che il tennis è spettacolare anche quando non c’è Federer in campo. Ma persino quando non ci sono Djokovic e Nadal. Segno che forse il calendario andrebbe un po’ alleggerito. Una ottima notizia e un monito per Andrea Gaudenzi. 

Daniil Medvedev e Dominic Thiem – ATP Finals 2020 (via Twitter, @atptour)
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