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Al femminile

A proposito di Karolina Pliskova e Sascha Bajin

Cosa possiamo dire, oggi, del nuovo team tecnico formato dalla tennista ceca? I precedenti di Carlos Rodriguez con Henin, Li Na e Anisimova, di Tomasz Wiktorowski con Radwanska, e le molte collaborazioni di Wim Fissette

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Karolina Pliskova con il preparatore atletico Azuz Simcich e Sascha Bajin (via Twitter, @KaPliskova)
 

Wim Fissette
Se Rodriguez e Wiktorowski hanno caratterizzato la loro attività grazie al lungo e duraturo rapporto con Henin e Radwanska, con Wim Fissette siamo di fronte a un caso quasi opposto: un allenatore di successo che però (almeno per il momento) non ha sviluppato collaborazioni moto longeve. Fissette si affaccia alla grande ribalta quando Kim Clijsters decide di tornare al tennis dopo la maternità e sceglie lui, che nel passato era stato suo hitting partner, come coach.

È il 2009, Kim ha 26 anni e Fissette 29. Insieme a Wim, Clijsters vince tre Major, migliorando nettamente il rendimento nelle finali importanti. Kim passa da un 1 successo su 5 finali Slam disputate, a 3 vittorie su 3 (bilancio di carriera: 4 vinte su 8). Questo evidente progresso è merito di Fissette?

Quando Clijsters decide di nuovo di ritirarsi, Fissette diventa per un breve periodo il coach di Sabine Lisicki. È il 2013, e lo ricordiamo sulle tribune di Wimbledon quando Lisicki sconfigge Serena e poi Radwanska, arrivando per l’unica volta in carriera nella finale di un Major. Ma Sabine non è Kim, e alla prima finale Slam quasi non scende in campo, perdendo malamente contro Marion Bartoli.

Nel 2014 Fissette diventa il coach di Simona Halep. Anche per Halep arriva la prima finale Slam, e anche per lei si conclude con una sconfitta, al Roland Garros contro Maria Sharapova. Racconto queste delusioni perché smentiscono il ritratto di Fissette (dopo l’esperienza con Clijsters) come uomo capace di trasformare il carattere delle giocatrici nelle partite decisive. D’altra parte sarebbe ingeneroso non riconoscere che le finali Slam si devono conquistare, e Halep e Lisicki le hanno raggiunte per la prima volta in carriera mentre collaboravano con lui. Insomma, viste da fuori, le valutazioni sui coach sono sempre complicate e, se si cerca di entrare nei dettagli, anche contraddittorie.

Con il passare del tempo, ci si comincia anche a chiedere come mai le collaborazioni di Fissette non sono durature. Dopo Lisicki e Halep, infatti, segue la stagione di Azarenka nel 2015-16, fermata però da infortuni e maternità. Poi Fissette prova con Kvitova, ma insieme non durano più di 15 giorni. Cosa dire? Si potrebbe dire che Lisicki ha continuato a cambiare allenatori per tutta la carriera, e dunque non c’è nulla di anomalo.

D’altra parte Halep, dopo altri avvicendamenti, ha trovato in Darren Cahill un allenatore con il quale si è costruito un rapporto strettissimo e molto forte, tanto che Simona è stata disposta ad accettare il compromesso di una collaborazione ridotta quando Cahill le ha chiesto di poter rimanere per periodi più lunghi con la famiglia in Australia.

Di nuovo: visto da fuori, diventa difficile tracciare una linea di giudizio coerente, che consenta di definire davvero, in profondità, alcuni aspetti della carriera di Fissette. Sicuramente si è costruito un curriculum ricco di successi, ma è anche vero che ha seguito quasi sempre tenniste molto forti e già formate. Fissette ha proseguito nelle sue collaborazioni piuttosto brevi seguendo nell’ordine: Konta, Kerber, Azarenka (di nuovo) e Osaka.

Con lui come coach, Kerber nel 2018 ha vinto a Wimbledon, anche se non è stata capace di ripetere la stagione fantastica avuta nel 2016; mentre di recente Naomi Osaka è tornata a vincere uno Slam, allo US Open 2020.

E sul piano tecnico? Confesso che fatico a riconoscere la mano di Fissette nel gioco delle diverse tenniste che ha seguito, però non è detto che questo sia un aspetto negativo. Potrebbe essere un segno di una personalità tecnica non molto forte (per i detrattori) ma potrebbe essere anche un segno di duttilità e flessibilità, di capacità di adeguarsi alle differenti caratteristiche delle giocatrici. Perché siamo tutti d’accordo che pretendere di allenare allo stesso modo tenniste così diverse come Lisicki e Halep o come Kerber e Osaka sarebbe assurdo.

E quindi? Quindi, almeno da parte mia, anche questa volta non c’è una conclusione certa: continuo a seguire le vicende di coach e giocatrici nel tentativo di scoprire una chiave di lettura più profonda, ma ogni volta sento di non riuscire a trovarla.

a pagina 4: Sascha Bajin e Karolina Pliskova

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