Il tennis del futuro: e se Kyrgios o Paire si 'stampassero' la racchetta in 3D da soli?

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Il tennis del futuro: e se Kyrgios o Paire si ‘stampassero’ la racchetta in 3D da soli?

Tra personalizzazione e universalizzazione: breve excursus nell’evoluzione dei materiali per racchette: i tempi della Wilson T2000 di Jimmy Connors sono ormai lontani…

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Nick Kyrgios - Australian Open 2020 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

Conclusa la nostra prima serie di articoli sui dati nel tennis (ma non temete: ne sentirete ancora parlare su Ubitennis!), il sabato rimane in qualche modo la nostra finestra sul futuro. E proprio di ‘tennis del futuro‘ parliamo quest’oggi. In particolar modo di racchette del futuro.

Il video illustra l’evoluzione delle racchette dal 1870 al 2020, sintetizzando uno studio pubblicato nell’ottobre del 2019, e dà evidenza visuale di una ricerca correlata alla precedente – la quale ha dimostrato che un giocatore odierno potrebbe servire la palla circa il 17,5% più velocemente usando una racchetta moderna rispetto a quelle usate dai primi giocatori negli anni ’70 dell’Ottocento (l’articolo originale è disponibile al seguente link). In particolare, sono interessanti i due ultimi grafici, visibili alla fine, che illustrano rispettivamente la distribuzione per decade:

  • Delle percentuali di racchette costruite con materiali diversi, con il numero in cima ai rettangoli che rappresenta il numero di costruttori
Distribuzione per decade di numero di costruttori e percentuale di racchette per materiali di costruzione
  • Della ripartizione delle lunghezze medie del manico, della gola e della testa della racchetta, con il centro della massa abbastanza stabile nel tempo

Dai grafici si evince come il passaggio dal dilettantismo o shamateurism all’Era Open avvenuto nel 1968, ma poi affermatosi definitivamente tra gli anni ‘70 e ‘80, sia risultato un momento chiave al fine di favorire l’innovazione in termini di materiali, segnando il passaggio dal legno ai materiali compositi come grafite, alluminio, acciaio, metallo a combinazioni tra gli stessi. La maggiore libertà di progettazione offerta dai materiali compositi è stata dimostrata con l’introduzione di racchette “widebody“, come la Profile di Wilson, alla fine degli anni ‘80. Le racchette “widebody” hanno sezioni trasversali più grandi attorno al centro del telaio rispetto al manico e alla punta, di modo da dare maggiore rigidità nella regione di massima flessione.

La maggiore rigidità delle racchette costruite con materiali compositi significa che perdono meno energia a causa delle vibrazioni all’impatto, così il giocatore può colpire la palla più velocemente. Esiste tuttavia un aumento del rischio di lesioni dovute a uno stress del braccio causato dall’uso intensivo di una racchetta ad alta rigidità con una testa grande.

Molto probabilmente esiste una racchetta ottimale per ogni giocatore, piuttosto che una soluzione adatta a tutti, e le preferenze dei giocatori hanno un ruolo importante. È probabile che le tecniche di personalizzazione e il monitoraggio dei giocatori tramite sensori e sistemi di videocamere giochino un ruolo importante nel futuro della progettazione delle racchette da tennis. I produttori di racchette potrebbero poi esplorare materiali più sostenibili, come i compositi di fibre naturali e riciclate, e tecniche di produzione più automatizzate come la produzione additiva. Il tema è stato oggetto di una mostra all’Australian Open del 2020 ed è stato vincolato all’evoluzione del design della racchetta.

COSA CAMBIA CON LE STAMPANTI 3D?

Ci si chiede ora se l’avvento delle stampanti 3D possa costituire un ulteriore incentivo all’evoluzione dell’attrezzo tennistico all’insegna della personalizzazione, dato che tutto sommato il “know-how” necessario per la costruzione di una racchetta risulta abbastanza stabilizzato nel tempo. 

Nel 2013 aveva suscitato un certo clamore la presentazione di un prototipo di racchetta, fatta da CRP, società leader nello sviluppo di materiali per la manifattura avanzata, che aveva messo a disposizione le proprie conoscenze a due studenti dell’Accademia di belle arti di Rimini, Mario Coppola e Salvatore Gallo, così come aveva riportato il Corriere. Il prototipo, stampato in 3D, era stato concepito scorporando la racchetta nelle sue tre parti fondamentali: il manico, la gola e la testa, studiando per ognuna delle varianti strutturali che non alterassero l’omogeneità dell’intera scocca e l’equilibrio tra i diversi componenti. Grazie alle stampanti professionali presenti nel reparto di fabbricazione additiva fu possibile creare la racchetta come parte monolitica. In particolar modo, l’oggetto era stato realizzato con il miglior materiale disponibile, Windform XT 2.0, per conferire la massima affidabilità e performance.


Racchetta realizzata da CRT in Windform 2.0 (nov 2014): sembra quasi l’arma di un personaggio di Tolkien!

Molto più interessante è invece quanto proposto da due aziende britanniche che sono Oglemodels, e Skywide, le quali hanno prodotto un manico completamente personalizzabile e con peso bilanciato che consente agli appassionati giocatori di tennis di godere dei vantaggi di una racchetta completamente su misura per portare il loro gioco al livello successivo. La richiesta fatta alle due aziende proveniva direttamente dallo specialista di personalizzazioni di racchette da tennis, Unstrung Customs, che desiderava un metodo nuovo e innovativo, lontano dallo stampaggio tradizionale, per adattare le dimensioni dell’impugnatura della racchetta. L’obiettivo era accelerare il processo di fornitura e fornire una presa di precisione per il giocatore. La sinterizzazione laser selettiva (SLS) era il più praticabile dei processi di stampa 3D per raggiungere obiettivi in ​​termini di robustezza e peso, pur mantenendo l’accuratezza del design. Inoltre, se un giocatore richiede più di un manico, SLS risulta essere un processo conveniente per la produzione di piccoli lotti di diverse varianti contemporaneamente o multipli delle stesse.


Foto concesse gentilmente da Oglemodels e Unstrung Customs

In conclusione, si ritiene possibile utilizzare stampanti 3D al fine di creare racchette con programmi CAD, ma bisogna capire se e quanto un know-how pubblico possa abbattere i prezzi di mercato, consentendo l’auspicata personalizzazione dell’attrezzo. Ad oggi sembra invece che queste nuove tecniche di produzione industriale favoriscano la creazione di attrezzi ad personam, ma con un aumento ragionevole dei costi sostenuti dall’utente finale – specialmente se padroneggiate da aziende dedite a servizi di “regolazione fine” specializzate su certe parti della racchetta come il manico o la testa.

Potenzialmente, la diffusione massiva delle stampanti 3D e lo sfruttamento di know-how pubblici (fondamentalmente specifiche tecniche plasmate in files CAD) potrebbe abbattere i costi di design, riducendo i costi di fabbricazione all’acquisto dei soli materiali, sempre che questi strumenti siano utilizzabili presso laboratori pubblici o semi-pubblici. Agendo in questo modo, l’obiettivo non sarebbe più tanto la personalizzazione dell’attrezzo tennistico ma la sua universalizzazione. Infatti, un simile approccio, alternativo ma non concorrente a quello di benefattori (come fondazioni o enti istituzionali) che incentivano la pratica del tennis in continenti molto poveri, risulterebbe più capillare e meno dipendente da interventi filantropici – che tendenzialmente si concentrano nelle zone più popolose. Perché se è abbastanza facile per un bambino a qualsiasi latitudine tirare un calcio a una palla, lo è meno impugnare una racchetta da tennis. E con la possibilità di ‘stamparsi’ la racchetta da soli, potrebbe essere un po’ più facile.

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