Sebastian Korda, una lunga strada da percorrere senza fretta

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Sebastian Korda, una lunga strada da percorrere senza fretta

Il figlio d’arte è partito a razzo nel 2021: 15 partite, una sola sconfitta. La scelta di non giocare le qualificazioni dell’Australian Open ha pagato: “A volte devi rischiare”. Da numero 88 del mondo, sembra pronto a giocarsela con i più forti

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Ha un cognome impegnativo, Sebastian Korda, magari un po’ meno di certi altri suoi colleghi, ma comunque di un peso tale da precederlo e che fa sì che tutti lo aspettino al varco. Fin dai primi incontri da junior, necessariamente. Il passaggio al professionismo sarebbe abbastanza duro di per sé senza tutti quegli occhi puntati addosso mentre cercava di farsi largo nei tornei Futures, ormai alle spalle – l’ultimo giocato un anno e mezzo fa. Sono inevitabili i confronti con la carriera del genitore, ma fortunatamente Petr ha vinto il suo Major ed è diventato n. 2 del mondo a trent’anni, quindi c’è tutto il tempo – tutto il tempo per riuscire dove finora ha fallito ogni tennista figlio di un vincitore Slam: emulare il padre. Un cognome che è anche legato al doping, con la positività al nandrolone riscontrata nel 1998 a Wimbledon, e a una gestione non proprio impeccabile del caso.

Impegnativo, dicevamo, ma non possiamo dimenticare il vantaggio di ricevere il patrimonio genetico non di uno ma di due ex atleti professionisti, dal momento che la madre, Regina Rajchrtova, ha raggiunto il n. 26 WTA. Ed è stata proprio lei a occuparsi principalmente di “Sebi”, nato il 5 luglio 2000 e passato dall’hockey al tennis all’età di nove anni, quando Petr seguiva le figlie Jessica e Nelly, golfiste professioniste, nel Tour LPGA. Jessica, classe 1993, è attualmente n. 17 del mondo, la ventiduenne Nelly n. 4.

Dal canto suo, Sebastian si è arrampicato nel ranking relativamente in fretta eppure senza troppo clamore: fuori dai primi 500 due anni fa, ha chiuso quella stagione attorno al 250° posto. A dispetto di un 2020 che certo non favoriva le scalate della classifica tra conteggi biennali e mesi senza tornei, si è fatto notare soprattutto con gli ottavi al Roland Garros (partito dalle qualificazioni e sconfitto da Nadal) assestandosi a ridosso della top 100, per farvi l’ingresso il 1° di febbraio: il più giovane debuttante dal 2016, quando toccò a Frances Tiafoe.

Quello che, secondo l’opinione della sorella Jessica, è “il più atletico dei Korda” possiede colpi a rimbalzo solidi e penetranti con una dichiarata preferenza per il rovescio ed è palpabile la sua brama di mettere i piedi in campo per far valere al massimo il gioco aggressivo. A suo agio nei pressi della rete e capace di soluzioni estrose, si dimostra rapido anche quando costretto in difesa a dispetto dei suoi 196 centimetri, cinque più di babbo Petr, il suo coach. Ma, per quanto tutti parlino del padre, il ventenne di Bradenton tiene a rimarcare il ruolo centrale di mamma Regina: “In sostanza, ha dato al mio gioco la forma che ha oggi. Non ha la stessa risonanza di mio papà, ma non sarei qui senza di lei”.

Sebastian Korda – ATP 250 Delray Beach 2020 (foto via Twitter @DelrayBeachOpen)

Il tempo ci dirà se sarà confermata la relazione dei Korda con l’Australian Open: dopo che vi hanno trionfato il padre e, nel golf, le sorelle, Sebastian non può accontentarsi del titolo junior vinto nel 2018. Un po’ anche per questo, ha sorpreso la decisione di non partecipare alle qualificazioni dell’Happy Slam ormai imminente. “A volte devi semplicemente rischiare” aveva risposto a tal proposito a Blair Henley, scrittrice, coach ed ex pro. Pur in mancanza della controprova, non si può dire che la scelta non si sia rivelata azzeccata: finale all’ATP 250 di Delray Beach (non era mai arrivato ai quarti nel Tour prima di quel torneo) e titolo al Challenger 100 di Quimper 1 che, insieme al successo sul tappeto di Eckental in novembre, significano un parziale di 14 vittorie nei 15 incontri disputati nel 2021.

Ho sempre saputo di avere il gioco per farcela sono state le sue parole riportate dal sito dell’ATP dopo il trionfo in terra francese. ”Si trattava semplicemente di mettere il corpo nella giusta condizione e circondarmi di persone valide che mi motivassero ogni giorno. Sono tante piccole cose ma davvero importanti per arrivare dove voglio. Di sicuro, sapere che sarei entrato in top 100 mi ha tolto molta pressione”.

Sembra anche che i giorni dicembrini trascorsi a Las Vegas insieme a Steffi Graf e Andre Agassi abbiano dato un piccolo contributo alla sua crescita come tennista. Inizialmente intimorito da Fräulein Forehand (nonché dallo stesso forehand), ha cominciato a raccoglierne i consigli e ammirarne l’energia in campo, lo spirito competitivo. “Non è necessariamente qualcosa di tangibile, ma ha acquisito fiducia, che è la cosa più importante” ha detto John Isner notando una differenza tra il Korda che l’aveva battuto al Roland Garros e quello che si è ripetuto in Florida. “Non si tratta tanto di ‘oh, questa sera ha colpito il dritto meglio rispetto al match Parigi’, quanto di una maggiore fiducia e di sentirti parte dei top player dell’ATP Tour. Una volta che riesci a far tua quella convinzione, ti può portare lontano.

Dopo una settimana di riposo, Sebi ripartirà dall’Italia: è infatti iscritto ai due Challenger che si disputeranno consecutivamente a Biella a partire dall’8 febbraio, dove farà compagnia a Andy Murray. Una volta concluso lo swing australiano, potrà ricongiungersi con i colleghi del circuito maggiore, dei quale – non ne dubitiamo – diventerà avversario sempre più impegnativo. Ma senza affrettare i tempi, senza pensare in termini di ranking caricandosi di conseguente di pressione. L’obiettivo di questa stagione è lo sviluppo, che sia tecnico o del proprio corpo. Di quest’ultimo, si occupa da oltre un anno il preparatore atletico Marek Vseticek, che vanta collaborazioni con Karolina Pliskova, Petra Kvitova, Radek Stepanek e con lo stesso Petr. “Direi che sto cominciando ad abituarmi a giocare a questo livello, con i fan presenti” dice Sebi. “Tante piccole cose che fanno parte dei miei obiettivi, continuare a essere positivo e a lavorare duro. Ho vent’anni e spero di giocare a tennis per altri dieci, quindici anni. La strada è lunga e io non ho fretta”.

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