Australian Open, la quarantena dura ha inciso sui risultati delle partite?

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Australian Open, la quarantena dura ha inciso sui risultati delle partite?

Diamo un’occhiata alle prestazioni di Andreescu, Azarenka, Nishikori e degli altri tennisti che non si sono potuti allenare per due settimane

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Vika Azarenka - WTA Melbourne 3, Grampians Trophy 2021 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

L’Australian Open del 2021 verrà sempre ricordato come lo Slam della quarantena, con i giocatori costretti a passare 19 ore al giorno in camera per due settimane prima di potersi allenare. Per un gruppo ristretto di partecipanti (72, i nomi di 70 dei quali sono trapelati nella seconda metà di gennaio), però, il confinamento è stato ancora più severo, perché uno o più passeggeri dei voli charter con cui sono giunti a Melbourne sono risultati positivi al coronavirus. Questa situazione si è tradotta in un isolamento di due settimane in cui questi giocatori non hanno potuto lasciare le rispettive camere d’albergo, potendo iniziare ad allenarsi solo a fine mese, quando i tornei di preparazione e soprattutto l’Happy Slam erano ormai alle porte.

Molti hanno sostenuto che per questo motivo il torneo sarebbe stato falsato, visto che i membri della malcapitata congrega avrebbero avuto solo pochi giorni per rimettersi in forma e ricominciare a sentire i colpi – ma è stato davvero così? Il nostro guru dei numeri Federico Bertelli si è quindi messo a guardare le prestazioni del gruppo (38 uomini, di cui si è occupato personalmente, e 32 donne, integrate successivamente), cercando di capire se effettivamente abbiano reso al di sotto delle aspettative.

L’idea è di classificare i giocatori sulla base della classifica degli avversari da cui sono stati battuti: quando la classifica del giocatore x è inferiore a quella dell’avversario, possiamo parlare di una performance “in linea con il ranking” (per esempio Nishikori battuto da Carreno); quando la classifica è superiore a quella dell’avversario, il giocatore ha “underperformed”, perché è stato battuto da un avversario almeno teoricamente inferiore, come successo ad Andreescu con Hsieh; infine, quando viceversa la classifica è superiore a quella di almeno un avversario battuto, il quarantenato ha “overperformed” – è il caso, fra gli altri, di Cirstea con Kvitova.

UOMINI

Questa è la lista dei 31 singolaristi:

Grafico a cura di Federico Bertelli

Come si può notare, la maggior parte ha bene o male fatto quanto era lecito aspettarsi, visto che la prestazione di 20 di loro (17 fuori al primo, 3 al secondo) è stata in linea con il ranking: vittorie con i più deboli e sconfitte con i più forti – suona come un giudizio morale ma non è così, pura vox media.

Colpisce che in questa categoria rientri anche Carlos Alcaraz Garfia, il classe 2003 che però ha effettivamente avuto fortuna con il sorteggio, incontrando un avversario dalla classifica inferiore e che aveva a sua volta fatto la quarantena dura, vale a dire Botic Van De Zandschulp – l’olandese peraltro aveva fatto benissimo nella settimana precedente allo Slam, andando vicino a battere Khachanov nei quarti di Melbourne 1, dove Alcaraz ha invece fatto gli ottavi. Alcaraz-Van De Zandschulp non è stata peraltro l’unica sfida fra sfortunati, visto che anche il ceco Machac e lo spagnolo Vilella Martinez si sono trovati di fronte dopo aver patito lo stesso destino, e lo stesso vale per l’argentino Londero e per il francese Muller, ripescato all’ultimo minuto in sostituzione di Federico Delbonis, per Ivashka-Safiullin, e per Daniel-Cressy.

Machac, Muller, Cressy e Safiullin hanno vinto i rispettivi incontri (il ceco ha poi ben figurato con Berrettini), e sono stati quattro dei sei dell’elenco a battere giocatori più alti in classifica. Anche Tomic ci è riuscito con Sugita, che si è per la verità ritirato, mentre uno, quell’Aslan Karatsev di cui abbiamo già raccontato nei giorni scorsi, ha battuto persino un Top 10 come Schwartzman e raggiunto le semifinali, affermandosi come grande sorpresa del torneo. A dire il vero, peraltro, la posizione del russo e dell’australiano non è chiara, perché ESPN, in un pezzo pubblicato ieri sull’argomento, non li ha inclusi fra gli atleti soggetti alla quarantena dura, cosa che sembra abbastanza strana quando pensiamo che tutti gli altri qualificati e lucky loser erano sullo stesso volo, ed è quindi presumibile che ci fossero anche loro, ma non ve n’è certezza al momento.

[EDIT DEL 27 MARZO 2021: Durante il torneo di Miami, Karatsev ha confermato di essere arrivato a Melbourne su un altro volo per un errore degli organizzatori, evitando così la quarantena dura:

In ogni caso, se Karatsev, come sostenuto da ESPN, si è potuto allenare, lo stesso non vale per Bernard Tomic, che pur escluso da quell’articolo ha confermato a più riprese di essere stato sottoposto al regime di quarantena dura. FINE DELL’EDIT]

Proprio El Peque ed FAA si sono trovati in una parte di tabellone curiosamente densa di quarantenati, visto che l’argentino ha affrontato solo giocatori facenti parte di questa lista, mentre il canadese aveva già battuto Stebe prima di affrontare Karatsev. Un altro che ha avuto la buona sorte dalla sua è Alex De Minaur, che ha battuto due giocatori della lista di cui sopra prima di affrontare Fognini, e chissà che la combinazione fra la differenza di condizione degli avversari e l’assenza di pubblico abbia contribuito (ancorché in misura minore, l’accoppiamento tecnico-tattico era già favorevole all’italiano) alla netta affermazione di Fabio.

Alla fine, quindi, solo cinque giocatori hanno perso contro avversari teoricamente inferiori, e due li abbiamo già citati: uno è Londero, e può anche darsi che aver cambiato avversario all’ultimo secondo abbia influito sulla sua sconfitta; poi abbiamo Vilella Martinez, che però verrà superato dal suo carnefice Machac alla fine del torneo, ed è quindi un caso limite; si aggiungono poi Ivashka e Daniel. L’ultimo è Benoit Paire, sconfitto da Gerasimov e non necessariamente la rappresentazione del tennista medio dal punto di vista dell’abnegazione e della tenuta mentale.

In sostanza, perciò, non sembra che le due settimane senza allenamenti abbiano avuto una grossa influenza sui risultati ottenuti a Melbourne da questi giocatori. Va detto però che la valutazione è resa difficoltosa dal fatto che in questa lista c’è solo una testa di serie, vale a dire Paire, e che anzi la maggior parte dei giocatori in questioni siano dei qualificati o lucky loser, e questo significa che ciascuno di loro avesse delle discrete chance di essere sorteggiato contro avversari più forti, rendendo quindi difficile sapere se un’eventuale sconfitta sia stata determinata dalla superiorità del rivale o dalla quarantena.

Attenendosi a questo parametro, inoltre, quando si guarda alla lista dei doppisti
rimane la sensazione che forse la quarantena abbia influito meno del previsto:

Grafico a cura di Federico Bertelli

Il doppio è ovviamente più opaco da questo punto di vista, perché lo sforzo fisico è minore e soprattutto si gioca in coppia, ma comunque abbiamo due giocatori che hanno fatto meglio del previsto (Monroe e Arevalo) e altrettanti che hanno fatto peggio, peraltro partner (e qui la cattiva sorte ci ha veramente messo del suo), il messicano Gonzalez e il brasiliano Demoliner (con cui abbiamo parlato in esclusiva). Nemmeno in questo limitato sample, dunque, abbiamo prove di una grande incidenza della quarantena dura.

DONNE

Questa è invece la lista, decisamente più nobile, delle 31 giocatrici (ci sono solo cinque doppiste, che quindi sono state accorpate al gruppo principale ed evidenziate in rosso, fra cui due coppie, Dabrowski/Mattek-Sands e Kalashnikova/Garcia Perez) che hanno partecipato al Grampians Trophy (torneo organizzato per le atlete soggette allo status speciale) o che, pur iscritte, se ne sono tirate fuori:

Grafico a cura di Tommaso Villa

In realtà le tenniste sarebbero 32, come scritto all’inizio, ma non è stata inclusa Yastremska, che non è potuta scendere in campo in quanto sospesa per doping.

A prima vista, la situazione sembra totalmente diversa, e forse lo è: nessuna di loro è ancora nel torneo, e ben 13 giocatrici hanno perso da favorite, incluse Andreescu, Azarenka, Bencic (che ha battuto due colleghe di malasorte prima di uscire) e Kerber, mentre le uniche a sorprendere in positivo sono state Brady (che è segnata come in linea con il ranking ma ha comunque raggiunto i quarti, dove sarà favorita con Pegula), Kuznetsova (che è comunque una campionessa e fra l’altro ha battuto un’avversaria che la segue di un solo posto nel ranking, vale a dire un’altra giocatrice danneggiata dal Covid in aereo come Strycova), Li, Potapova, Krejcikova e Cirstea – quest’ultima ha addirittura battuto Petra Kvitova, come ricordato all’inizio. Inoltre, Vika (che ha accusato problemi respiratori) e la teutonica hanno dichiarato espressamente di non essere riuscite a gestire la quarantena, attribuendole almeno in parte le ragioni delle rispettive sconfitte. A prima vista, quindi, si potrebbe dire che le giocatrici più forti siano state danneggiate dall’impossibilità di allenarsi, fenomeno come detto non verificabile al maschile.

Detto questo, però, si possono fare delle contro-osservazioni che sembrano quantomeno mitigare l’assunto secondo cui la quarantena dura avrebbe influito in maniera preponderante sulle eliminazioni di queste giocatrici. Innanzitutto, l’unica che ha perso in singolare contro un’avversaria fuori dalle prime cento è la povera Paula Badosa, unica partecipante al torneo a risultare positiva al tampone e a suo dire abbandonata da Tennis Australia; questo significa che sì, molte hanno perso con rivali sulla carta inferiori, ma sostanzialmente nessuna è stata sconfitta da avversarie inadeguate al livello di uno Slam.

Come se non bastasse, c’è una motivazione storica che ci aiuta a mettere l’impatto dell’isolamento in prospettiva. Le eliminazioni di teste di serie nei primi due turni, infatti, sono abbastanza in linea con i numeri degli anni scorsi: nel 2021, 12 delle prime 32 sono uscite nei primi due turni, fra cui sei delle prime sedici; lo scorso anno erano 11 (di cui quattro delle prime sedici), nel 2019 ancora 11 (tre delle prime sedici), nel 2018 ben 17 (di cui addirittura 10 fra le prime), nel 2017 14 (quattro delle prime).

Come si vede non c’è stata un’impennata clamorosa di upset, al limite una più lieve ai vertici, ma se guardiamo a chi è uscito presto, la quarantena dura sembra essere solo parte del problema: Andreescu non giocava da un anno, Bencic aveva fatto solo una partita dopo il lockdown dello scorso anno prima di venire in Australia, Azarenka ha avuto un momento di kleos fra agosto e settembre del 2020 ma deve ancora confermare di essere tornata al top in pianta stabile; allargando ulteriormente il campione, poi, né Kerber né Stephens, per fare due nomi di una certa schiatta, sono in un momento favorevole delle rispettive carriere, e quindi una sconfitta al primo turno può non essere così sorprendente nel loro caso, anche se va detto che la portata del 6-0 preso dalla tedesca in meno di 20 minuti contro Pera fa pensare che nel suo caso la mancanza di preparazione possa aver influito più che per altre o altri. D’altro canto, però, una tennista in ascesa come Jen Brady è riuscita ad emergere positivamente, e il numero di giocatrici che hanno avuto risultati in linea con il ranking è comunque pari a quello di chi ha reso al di sotto delle aspettative.

In conclusione, quindi, le due settimane di quarantena dura sono state un grande test dal punto di vista psico-fisico? Certamente. Hanno influito almeno in parte sul rendimento dei giocatori? Probabile – urge ripetere che solo sei atleti su 69 che hanno giocato, un singolarista, una singolarista e quattro doppisti, sono arrivati almeno agli ottavi di finale nei rispettivi tabelloni. Si può dire, però, che la valutazione del loro impatto sulle prestazioni andrebbe forse ridimensionata? L’analisi di cui sopra fa pensare che sia così.

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